Estensione legittima difesa: in Parlamento esultano sulla bocciatura e intanto a Budrio ci esce il morto

 

di Roberto Ragone

 

Tutto secondo copione. Un bandito armato di fucile da caccia e di pistola irrompe in un bar, a Riccardina di Budrio, nel bolognese, e intima al proprietario di consegnare la cassa.

 

 
 
Nel bar tabacchi a quell’ora sono presenti altre persone. Il titolare del bar, Davide Fabbri, di 52 anni, afferra la canna del fucile, e ingaggia una colluttazione con il malvivente, vestito con una tuta mimetica e a volto coperto. Parte un colpo, e alcuni pallini feriscono leggermente un paio di persone, e forse anche lo stesso bandito. A questo punto, il rapinatore estrae una pistola – risultata essere una 9×21 rapinata il 29 marzo ad una guardia giurata a Consandolo, in provincia di Ferrara – e spara un unico colpo al cuore di Davide Fabbri, uccidendolo.
 
Nella concitazione del momento, il rapinatore fugge, non si sa se a piedi o con un mezzo diverso, su cui avrebbe potuto aspettarlo un complice. Alla luce delle indagini immediatamente scattate, viene sospettato un ex militare dell’Est, già ricercato per alcune rapine violente commesse in provincia di Ferrara. Alcuni cittadini riferiscono  di aver visto una persona che indossava un giubbotto militare aggirarsi  in bicicletta nella zona pianeggiante fra Ferrara e Bologna, con un fucile a tracolla, ma tutti hanno pensato ad un cacciatore. Alcune considerazioni: è chiaro che, a posteriori, tutti possiamo convenire che sarebbe stato meglio consegnare al rapinatore l’incasso, che di sicuro non sarà stato cospicuo.
 
Ma non siamo delle macchine. Piuttosto dobbiamo fare alcune considerazioni. Qui è mancato il controllo del territorio. Se è vero che il rapinatore è quella persona già ricercata per rapine violente, commesse non molto tempo prima, visto che la pistola è stata rapinata alla guardia giurata solo il 29 di marzo, è molto grave che lo stesso abbia potuto andare in giro libero e in bicicletta sotto gli occhi di tutti, e magari anche dei Carabinieri che avrebbero dovuto arrestarlo. Il fucile, poi, era stato usato anche nella rapina alla guardia giurata. A nessuno è venuto in mente di controllare i documenti del ‘cacciatore’, né ad una guardia venatoria, né ad un rappresentante delle forze dell’ordine, visto che il fucile era in bella vista. E poi, come fanno gli investigatori a sapere che si tratta di un ex militare, per giunta venuto da oltre cortina?

Non sarà che, come succede fin troppo spesso, sia stato fermato e rimesso in libertà da uno dei soliti giudici, che non ha ben valutato la pericolosità sociale dell’individuo? Se Fabbri fosse stato armato, avrebbe potuto legittimamente difendersi? Ma in quel caso sarebbero partiti alti lai, dalla parte dei buonisti a tutti i costi, e ci troveremmo di fronte ad un altro caso Sicignano, o Mattielli, o Stacchio. E qualcuno sarebbe andato a mettere un fiore sul terreno, dove il bandito avrebbe esalato l’ultimo respiro. Invece, tutto secondo copione, ce lo insegnano i film americani, in cui il buono viene sacrificato all’inizio, per permettere la vendetta dell’eroe. Solo che qui non siamo in un film. Il copione buonista prevede che il morto debba essere l’Abele sacrificato dal Caino di turno, e così tutto rientra nella normalità: difendersi per lo stato italiano è un crimine, ancor più se si causa la morte dell’aggressore. Lasciamo i criminali a fare il loro mestiere, e facciamo il nostro, cioè le vittime.Tutto secondo copione, dunque, e così eviteremo le mielose e pietose rimostranze nei vari programmi tv, che condannano l’onesto che difende la sua vita, di fronte ad un morto straniero che, magari, non aveva ancora trent’anni, e aveva ‘tutta una vita davanti’. Da trascorrere in carcere, speriamo.
 
La Commissione parlamentare di recente ha bocciato la richiesta di una estensione all’esercizio della legittima difesa, in pratica l’eliminazione, o quasi, dell’eccesso in legittima difesa, e tutti hanno esultato. Perché le destre hanno perso, dicono alcuni, e Salvini è rimasto "scornato". Chissà perché, poi, il diritto alla difesa dev’essere soltanto di destra, assimilando una certa fama di violenza – peraltro abbondantemente condivisa con la sinistra negli anni 70 – alla reazione armata di fronte ad un’aggressione.
 
Quindi, la sinistra difende i ladri, e la destra i cittadini? La proposta di estensione dell’art. 52 è stata bocciata per motivi elettorali: infatti non s’è voluto dare a Salvini neanche l’appiglio per una presunta vittoria politica. La sicurezza non è di destra, né di sinistra, e chi rema contro dimostra di non essere intelligente. Se alcuni esprimono in TV il timore che l’Italia diventi un Far West, dico subito che l’Italia è già un far West, e questi episodi lo dimostrano. E la responsabilità, come è giusto che sia, va a chi governa e ha governato negli ultimi venti/trent’anni, e anche a chi ha impedito di governare. Eliminare l’eccesso in legittima difesa, sempre con le dovute precauzioni, non avrebbe portato a creare una popolazione di armati.
 
Angelo Mascolo, un magistrato di Treviso, ha dichiarato: “Lo stato non c’è più, abbiamo perso il controllo del territorio. È tempo che la gente impari a difendersi da sola. Darei la pistola perfino a mia figlia. Meglio un brutto processo che un bel funerale.” Un vecchio proverbio, ma sempre più d’attualità. L’eliminazione dell’eccesso in legittima difesa, che oggi riguarda anche i tutori dell’ordine, quelli che girano armati per dovere d’ufficio, e che sono preposti alla nostra sicurezza e al rispetto della legge, avrebbe avuto un effetto che nessuno ha messo in evidenza, cioè la preclusione, ai familiari del bandito morto nell’esercizio delle sue funzioni, di potersi costituire parte civile e, confortati da leggi assurde e da magistrati compiacenti, ottenere un risarcimento molto più importante di quello che sarebbe stato il bottino del loro congiunto, e questo riguarda anche polizia e carabinieri, come abbiamo visto anche di recente. Oggi questo è reso possibile dal fatto che si presume che chi uccide un rapinatore commetta un illecito, e quindi da’ agio ai parenti di andare in tribunale e spogliare la vittima. Non altrettanto accade quando il morto è il commerciante, o il privato cittadino, dato che questa gentaglia che vive sulle spalle degli altri non ha beni di fortuna. Bisogna partire da questa riforma dell’art. 52 CP, consentendo la legittima difesa, sempre legittima quando si è fatti oggetto di rapina. Dico rapina e non furto. Il ladro entra quando non c’è nessuno, ruba a e va via. Il rapinatore affronta il rapinando e lo brutalizza. Bisogna poi considerare che il danno della rapina – e questo lo devono fare i giudici e i legislatori – non è soltanto patrimoniale, e considerare la rapina come crimine verso la persona. Chi viene rapinato, e magari è costretto a sparare e a uccidere, ne porta le conseguenze per tutta la vita; quindi adeguare le pene per rapina a questa nuova visione. Il terzo punto è: eliminare tutti i benefici di legge.
 
La pena si chiama pena perchè deve punire, e non solo rieducare, a prescindere dal soggetto, come ad esempio, quello di Budrio. Un ex militare che ha partecipato ad una guerra come quella dei Balcani, non è recuperabile, almeno non con qualche anno di galera in Italia. Uno sconto di tre mesi ogni anno di buona condotta, il rito abbreviato – concesso sempre e a tutti – che riduce la pena di un terzo,  la semilibertà, per cui chi è condannato esce e magari, com’è successo, va a continuare a fare rapine, l’affidamento ai servizi sociali, la libertà provvisoria, sono tutti istituti che vanno rivisti. Quarto punto, la certezza della pena, quindi. Quinto punto, nuove carceri. Invece di impegnare le nostre risorse in ‘grandi opere’, che portano solo a favorire gli amici degli amici, nella ricerca di un consenso sempre più ampio, di elargizioni alle ‘fondazioni’ di turno, e di una maggioranza parlamentare sempre più robusta, si potrebbe impegnare il denaro delle nostre tasse in costruzione di nuovi edifici carcerari, risparmiando così il denaro delle multe che paghiamo mensilmente all’UE a fondo perduto, invece di depenalizzare i reati che più colpiscono l’uomo della strada, per tenere sotto controllo l’affollamento carcerario.
 
Questo è un punto che è stato dibattuto anche dai sindacati di polizia, ultimamente, durante la puntata dello scorso 9 marzo di Officina Stampa. Sesto ed ultimo, mettere finalmente le forze dell’ordine – polizia, carabinieri, finanza – in condizioni di avere uomini e mezzi sufficienti ad un vero e stretto controllo del territorio. Sia la polizia, che i carabinieri, che la finanza sono sotto organico, e la politica non ascolta. È una questione di denaro e di opportunità. Durante il breve, ma fin troppo lungo, regno di Matteo Renzi, il debito pubblico è aumentato, secondo alcuni giornali, di quaranta miliardi di euro, spesi in prebende elettorali, come gli ottanta o i cinquecento euro, e in viaggi all’estero con aereo personale, oltre che per altre cose che non è dato a noi di conoscere. Quaranta miliardi di euro sono tanti, una finanziaria e mezzo, in tre anni, oltre alle bugie che ci sono state propinate a man salva. Come sempre, il pesce puzza dalla testa. I mezzi ci sarebbero, anzi ci sono, ma la politica è in tutt’altre faccende affaccendata. Soprattutto a guadagnare voti. E la gente muore.



COMUNICATO STAMPA GDF

 
COMUNICATO STAMPA GUARDIA DI FINANZA
 
Comando generale della Guardia di Finanza V Reparto – Comunicazione e Relazioni Esterne Ufficio Stampa 00162 Roma, Viale XXI Aprile 55 Telefono +39 06.4422.35821 – 3534 e-mail: ufficio.stampa@gdf.it COMANDO GENERALE DELLA GUARDIA DI FINANZA V Reparto – Comunicazione e Relazioni Esterne Ufficio Stampa COMUNICATO STAMPA Roma, 28 marzo 2017 GUARDIA DI FINANZA: PUBBLICATO IL BANDO DI CONCORSO, PER TITOLI ED ESAMI, PER L’ARRUOLAMENTO DI 461 ALLIEVI MARESCIALLI PRESSO LA SCUOLA ISPETTORI E SOVRINTENDENTI – L’AQUILA – ANNO ACCADEMICO 2017/2018. Sulla Gazzetta Ufficiale – IV Serie Speciale n. 21 del 17 marzo 2017 – è stato pubblicato il bando di concorso, per titoli ed esami, per l’ammissione all’89° corso presso la Scuola Ispettori e Sovrintendenti della Guardia di Finanza di: a) n. 415 allievi marescialli del contingente ordinario; b) n. 46 allievi marescialli del contingente di mare, così suddivisi: 1) n. 31 per la specializzazione “nocchiere abilitato al comando” (NAC); 2) n. 15 per la specializzazione “tecnico di macchine” (TDM). Al concorso possono partecipare i cittadini italiani che: – alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda, abbiano compiuto il 18° anno di età e non abbiano superato il giorno di compimento del 26° anno di età; – siano in possesso, alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda, di un diploma di istruzione secondaria di secondo grado che consenta l’iscrizione ai corsi di laurea previsti dalle Università statali o legalmente riconosciute; – non essendo in possesso del citato diploma alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda, lo conseguano nell’anno scolastico 2016/2017. La domanda di partecipazione al concorso, da presentare entro il 18 aprile 2017, deve essere compilata esclusivamente mediante la procedura informatica disponibile sul sito www.gdf.gov.it – area “Concorsi Online” seguendo le istruzioni del sistema automatizzato, con la possibilità di scegliere una delle seguenti modalità: a) “SPID”, sistema pubblico per la gestione dell’identità digitale; b) “PEC”, posta elettronica certificata. Sul predetto sito internet è possibile acquisire ulteriori e più complete informazioni di dettaglio sul concorso e prendere visione del bando di concorso.



Napoli: fermato dalla Guardia di Finanza un funzionario del CNR


di Roberto Ragone

NAPOLI – Nell’ambito delle indagini condotte e coordinate dalla Procura della Repubblica di Napoli, Sezione Reati contro la Pubblica Amministrazione, militari del Nucleo di Polizia Tributaria della GDF di Napoli hanno provveduto al fermo di Vittorio Gargiulo, già segretario amministrativo dell’Istituto Ambiente Marino Costiero del CNR, gravemente indiziato per i reati di peculato e concussione commessi negli anni dal 2011 al 2015.

 

Il fermo si è reso necessario per evitare il pericolo di fuga, dato che il Gargiulo, già a conoscenza delle indagini di cui era oggetto, avendo subito due perquisizioni, si stava adoperando per allontanarsi dal territorio nazionale. Dalla indagini è emerso che il Gargiulo si sarebbe appropriato della somma di circa 1.000.000 di euro, di pertinenza dell’Istituto Ambiente Marino Costiero. Le indagini sono state avviate a seguito di verifiche interne al CNR, culminate in una denuncia presentata dal Direttore Generale del CNR Paolo Annunziato alla Procura della Repubblica di Napoli.

 

Alle indagini avviate in seguito alla denuncia, è risultato che il Gargiulo utilizzasse somme riferite all’istituto di cui era segretario amministrativo, per acquisti personali. In particolare, la somma di oltre 32.000 euro, contabilizzata come materiali di consumo da laboratorio per l’Istituto, la cui consegna era avvenuta invece presso l’abitazione del Gargiulo, riguardava invece l’acquisto di giochi per bambini. In particolare si trattava di giostre e giochi per bambini gonfiabili che il Gargiulo utilizzava nell’ambito della sua attività ‘Facimm fest’.  Nel prosieguo, la somma di oltre 11.000 euro, contabilizzata come ‘Ripristino locali interni dell’Istituto’, era utilizzata per lavori di ristrutturazione della propria abitazione, con installazione di vasca idromassaggio. Contabilizzata come ‘Studio e progettazione per tenda jack-up’, la somma di oltre 40.000 euro era destinata all’acquisto di tende e teloni per uso personale. La ‘Spesa per campagne oceanografiche’ di oltre 16.000 euro nascondeva l’acquisto di mobili. Il materiale informatico, acquistato per la somma di oltre 500.000 euro, e contabilizzato come ‘Materiali di consumo, cancelleria, beni mobili, materiali di ufficio’ sarebbe stato rivenduto a terzi e ricollocato sul mercato tramite il sito ‘Subito.it’, e solo in minima parte trattenuto dal Gargiulo per sé o ceduto a colleghi, parenti e amici. Acquisti fittizi presso aziende compiacenti: 150.000 euro per acquisti di frutta e verdura; 40.000 per acquisti all’ingrosso di saponi e detersivi; 95.000 per prodotti cartotecnici scolastici e commerciali; 40.000 per trasporto merci su strada, giustificate contabilmente con motivazioni varie, pagate dall’Istituto con bonifici poi in parte stornati su conti correnti di soggetti compiacenti, per una somma totale di 325.000 euro.

 

Parte del materiale oggetto di appropriazione è stato rinvenuto presso l’abitazione del Gargiulo nel corso di due successive perquisizioni, compreso un televisore di grandi dimensioni e alcuni giochi gonfiabili. Dalle indagini, inoltre, è emerso un episodio di concussione per costrizione commesso dal Gargiulo nei confronti di un’azienda che stava eseguendo dei lavori per l’Istituto Ambiente Marino Costiero.

 

 




Messina, smantellato il clan Mangialupi: 21 arresti e sequestro di beni per 10 milioni di euro


di Roberto Ragone




MESSINA – La vasta operazione del G.I.C.O., denominata 'Dominio', scattata in seguito a indagini durate due anni, coordinate dal Comando Provinciale delle GDF di Messina, ha portato all’esecuzione di 21 ordinanze di custodia cautelare in carcere, oltre a tre provvedimenti di presentazione alla P.G. emessi dal G.I.P. del Tribunale di Messina, dottoressa Monia De Francesco, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia di Messina, operazione che ha colpito e smantellato il clan ‘Mangialupi’.




Con l'accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso sono stati arrestati: Domenico La Valle, Paolo De Domenico, Francesco Laganà, Antonino Scimone, Alfredo Trovato, Salvatore Trovato e Giovanni Megna, tutti appartenenti al clan Mangialupi, operante a sud di Messina. Altre quattordici persone sono state arrestate per traffico di stupefacenti, estorsione, furti, rapine e detenzione illegale di armi. Le complesse indagini svolte dalla GDF hanno messo in luce attività economiche facenti capo in particolare al La valle, fiancheggiato da Paolo De Domenico e Francesco Laganà, cioè società di noleggio di apparecchi da gioco e scommesse, una sala giochi, un distributore di carburante, una rivendita di generi di monopolio e numerosi immobili, tutti intestati a prestanome. È stato anche accertato che il distributore di carburante fungeva anche da ‘cassa continua’ per l’organizzazione, mentre un  bar di proprietà del La Valle era luogo di incontro per gli elementi della banda. Sono stati anche messi in evidenza i metodi mafiosi di gestione delle attività: le videoslot non di proprietà del La Valle subivano furti continui e danneggiamenti.


 


In un caso, invece, a subire un brutale pestaggio è stato un extracomunitario, reo di aver realizzato una grossa vincita presso le macchinette del La valle. Il prestigio del La Valle era tale, che anche privati cittadini si rivolgevano a lui per avere giustizia, come il proprietario di un cane da caccia di un certo valore, che ne aveva subito il furto. Il cane fu restituito, con le scuse del ladro. Sono stati quindi apposti i sigilli a tre società di noleggio di apparecchiature da gioco e scommesse e a diciotto immobili, fra i quali una lussuosa villa con piscina e un attico a Messina, una rivendita di generi di monopolio, e  un’imbarcazione tipo gommone, per un complessivo valore di circa dieci milioni di euro. Arrestati inoltre, per reati che vanno dal furto all’illecita detenzione di armi, a plurime cessioni di stupefacenti e a reiterate violazioni delle disposizioni di sorveglianza speciale di P.S., anche Alberto e Francesco Alleruzzo, Angelo e Giovanni Aspri, Carmelo Bombaci, Nunzio e Santo Corridore, Francesco Crupi, Domenico Galtieri, Giuseppe Giunta, Daniele Mazza, Francesco e Gaetano Russo, e Mario Schepisi.




Cosenza, la Finanza arresta un falso funzionario Ue

Rob. Rag. 

Arrestato in flagranza di reato DAI Finanzieri della Compagnia di Rossano Calabro (CS), falso funzionario dell’Unione Europea. L’operazione è stata condotta con il costante coordinamento della Procura della Repubblica di Castrovillari. Il falso funzionario, tale Sergio Cottignoli, presentandosi come funzionario dell’Unione Europea addetto alla revisione di progetti finalizzati ad ottenere finanziamenti ‘a fondo perduto’ destinati allo sviluppo, richiedeva indebitamente denaro, promettendo una più sollecita approvazione delle pratiche e  millantando particolari conoscenze in ambito comunitario. Truffati alcuni imprenditori edili locali, impegnati nel progetto di costruzione di insediamenti turistici sulla costa calabra. Le indagini hanno preso avvio proprio dalla denuncia di costoro, non convinti della buona fede del Cottignoli. Le successive indagini consentivano di identificare nel Cottignoli, un pensionato di 76 anni, un soggetto assolutamente estraneo ad ogni attività da lui proposta, né in possesso di alcun titolo per l’intermediazione diretta con soggetti interessati alla percezione di finanziamenti comunitari. Alla richiesta del Cottignoli della somma di 48.000 euro da conferire ad una banca tedesca, uno dei denuncianti consegnava al falso funzionario un assegno a lui intestato. Immediatamente il Cottignoli veniva arrestato e posto agli arresti domiciliari. Durante la successiva perquisizione personale, e nella valigetta del Cottignoli, venivano trovati e sequestrati numerosi documenti falsi riferibili all’Unione Europea e ad Istituti bancari tedeschi, oltre a un timbro con il logo dell’Unione Europea e alcuni tesserini identificativi falsi con il titolo di ‘Revisore progetti finanziari Italia’ per conto della commissioni FESR – FSE – FEAOG – SFOP. Ad una successiva perquisizione nel domicilio dell’arrestato, rinvenuti e sequestrati timbri recanti il logo della Banca Centrale Europea, tesserini simili a quello presentato dall’arrestato e documentazioni riguardanti false pratiche di finanziamento. L’arresto del Cottignoli costituisce una utile occasione per ribadire che le procedure e l’erogazione dei finanziamenti europei, segnatamente i Fondi Europei di Sviluppo Regionale (F.E.S.R.) vengono gestite dalla Regione Calabria con procedure registrate, senza la necessità di alcun contatto diretto tra i richiedenti il finanziamento e i funzionari incaricati di seguire le pratiche amministrative di erogazione.




Catanzaro, narcos sudamericani: Inflitto durissimo colpo alla 'ndrangheta


di Roberto Ragone

CATANZARO – Conclusa una complessa attività investigativa, condotta dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Catanzaro e coordinata dalla Procura della Repubblica – DDA di Reggio Calabria, con l’impiego di oltre 150 finanzieri, unità Antiterrorismo
 
E' stata smantellata un’organizzazione internazionale di stampo mafioso legata ai narcos sudamericani, in grado di importare in Italia  grossi quantitativi di cocaina. ‘Gerry’, tale il nome dell’operazione, finora ha portato all’arresto di 18 persone fra Calabria e Toscana, oltre all’esecuzione di numerose perquisizioni.
 
Dell’organizzazione facevano parte le famiglie Bellocco di Rosarno, Molè-Piromalli di Gioia Tauro, Avignone di Taurianova, e Paviglianiti, presente sul versante jonico reggino. Tra i soggetti fermati, Bellocco Michele, accusato dell’importazione di centinaia di chili di cocaina dal Sudamerica. Gli arresti operati dimostrano come ormai i clan calabresi siano in grado di interagire alla pari con i cartelli sudamericani. Sequestrati nel porto di Livorno 300 kg. di cocaina e circa 17 chili di codeina, oltre a ricostruire un’ulteriore importazione di 57 chili di narcotico e numerosi tentativi falliti.
 
L’operazione antidroga, condotta dalle Fiamme Gialle della Sezione G.O.A. del G.I.C.O. di Catanzaro, con il supporto del II Reparto del Comando Generale e della D.C.S.A., ha evidenziato come l’organizzazione importasse anche hashish e marijuana, e come attirasse nel traffico di stupefacenti gli investimenti di personaggi insospettabili, commercianti e professionisti. Sintomatico quanto scoperto dai finanzieri: partendo infatti dalla potente organizzazione di narcos che operava fra Rosarno, Gioia Tauro, Melicucco e S. Luca, sono arrivati ad un libero professionista, finanziatore dell’attività criminosa e acquirente di ingenti partite di droga. Identificati complessivamente 32 soggetti, ognuno con un ruolo preciso: finanziatori, mediatori, oltre agli incaricati dell’accoglienza dei narcos in trasferta nel nostro paese. Arrestato anche  un soggetto oriundo calabrese, da anni emigrato a Livorno, che operava nel porto con una squadra di complici per aprire i containers e spostare la merce in luogo sicuro. Importante la perdita inflitta a tutta l’organizzazione, sia sotto il profilo dei capitali investiti, che sotto quello dei mancati guadagni; la droga sequestrata, una volta messa in commercio, avrebbe fruttato alla banda oltre 100 milioni di euro. Nel corso dell’indagine è stato sviluppato lo stretto coordinamento con la Direzione Distrettuale Antimafia presso la Procura della Repubblica di Firenze. 



DURISSIMO COLPO ALLA NDRANGHETA DELLA COCAINA

DURISSIMO COLPO ALLA ‘NDRANGHETA DELLA COCAINA

SMANTELLATA ORGANIZZAZIONE CALABRESE LEGATA AI NARCOS

DI ROBERTO RAGONE

A conclusione di una complessa attività investigativa, condotta dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Catanzaro e coordinata da questa Procura della Repubblica – DDA, con l’impiego di oltre 150 finanzieri, unità Antiterrorismo Pronto Impiego, unità cinofile e , è stata smantellata un’organizzazione internazionale di stampo mafioso legata ai narcos sudamericani, in grado di importare in Italia  grossi quantitativi di cocaina. ‘Gerry’, tale il nome dell’operazione, finora ha portato all’arresto di 18 persone fra Calabria e Toscana, oltre all’esecuzione di numerose perquisizioni. Dell’organizzazione facevano parte le famiglie Bellocco di Rosarno, Molè-Piromalli di Gioia Tauro, Avignone di Taurianova, e Paviglianiti, presente sul versante jonico reggino. Tra i soggetti fermati, Bellocco Michele, accusato dell’importazione di centinaia di chili di cocaina dal Sudamerica. Gli arresti operati dimostrano come ormai i clan calabresi siano in grado di interagire alla pari con i cartelli sudamericani. Sequestrati nel porto di Livorno 300 kg. di cocaina e circa 17 chili di codeina, oltre a ricostruire un’ulteriore importazione di 57 chili di narcotico e numerosi tentativi falliti. L’operazione antidroga, condotta dalle Fiamme Gialle della Sezione G.O.A. del G.I.C.O. di Catanzaro, con il supporto del II Reparto del Comando Generale e della D.C.S.A., ha evidenziato come l’organizzazione importasse anche hashish e marijuana, e come attirasse nel traffico di stupefacenti gli investimenti di personaggi insospettabili, commercianti e professionisti Sintomatico quanto scoperto dai finanzieri: partendo infatti dalla potente organizzazione di narcos che operava fra Rosarno, Giouia Tauro, Melicucco e S. Luca, sono arrivati ad un libero professionista, finanziatore dell’attività criminosa e acquirente di ingenti partite di droga. Identificati complessivamente 32 soggetti, ognuno con un ruolo preciso: finanziatori, mediatori, oltre agli incaricati dell’accoglienza dei narcos in trasferta nel nostro paese. Arrestato anche  un soggetto oriundo calabrese, da anni emigrato a Livorno, che operava nel porto con una squadra di complici per aprire i containers e spostare la merce in luogo sicuro. Importante la perdita inflitta a tutta l’organizzazione, sia sotto il profilo dei capitali investiti, che sotto quello dei mancati guadagni; la droga sequestrata, una volta messa in commercio, avrebbe fruttato alla banda oltre 100 milioni di euro. Nel corso dell’indagine è stato sviluppato lo stretto coordinamento con la Direzione Distrettuale Antimafia presso la Procura della Repubblica di Firenze.

 




PRESTA E PEREGO: BUFERA O BUFALA?


PRESTA E PEREGO: BUFERA O BUFALA?


DI ROBERTO RAGONE


 


Impensabili e imprevedibili, per alcuni, le conseguenze di quel funesto sabato, durante il quale una delle solite grafiche partorite da agenzie di sondaggio, o da dati statistici , ha precipitato nel baratro Paola Perego, conduttrice del programma ‘Parliamone sabato’, del quale è responsabile insieme al marito Lucio Presta, agente televisivo. Capo cosparso di cenere, il direttore di Rai 1, Andrea Fabiano, ha fatto ammenda dell’errore: “Gli errori vanno riconosciuti sempre, senza se e senza ma. Chiedo scusa a tutti per quando visto e sentito.” Terrorizzati dalla collera della Boldrini, e dalle reazioni della politica, che non si sono fatte attendere, anche i top manager della Rai, a cui non spetta di verificare le scalette dei programmi, hanno preso immediatamente le distanze da quanto accaduto. Da parte sua, Monica Maggioni, presidente della Rai,  ha dichiarato di non aver visto il programma. “Quello che vedo è una rappresentazione surreale dell’Italia del 2017” ha detto “se poi questo tipo di rappresentazione viene fatta sul servizio pubblico, è un errore folle, inaccettabile. Personalmente mi sento coinvolta in quanto donna, mi scuso.” “Gli errori si fanno, e le scuse sono doverose, ma non bastano” rincara il direttore generale della Rai Campo Dall’Orto. Secondo lui, “occorre agire ed evolversi.” E questa non è la mission del servizio pubblico come vorrebbe che fosse, seconda la linea editoriale del programma. E' davvero rimarchevole notare come i politici, e loro propaggini, si preoccupino di certi temi che potremmo definire altamente sociali e spirituali, e non di quelli pratici, con la nazione che fa acqua da tutte le parti. Insomma, come direbbe William Shakspeare, ‘Much ado about nothing’, ‘Molto rumore per nulla’.    La notizia bomba è che Paola perego starebbe per tornare a Mediaset, come pubblica anche il settimanale Oggi, per condurre una nuova edizione de 'La Talpa' suo vero grande successo, che ha riscosso percentuali d'ascolto sopra i 4 milioni a puntata, con un picco di 5.7 in chiusura. Bisognerà in ogni caso, se già non è stato fatto, prima risolvere la controversia fra la Triangle, detentrice dei diritti de 'La Talpa', e Mediaset, per cui non sono chiare le ragioni di queste indiscrezioni. Vista la nuova politica low cost di Italia 1, bisogna vedere se Canale 5 è pronta a ricevere il reality. L'estromissione di Paola Perego dalla trasmissione del sabato pomeriggio suscita tuttavia alcuni interrogativi. La prima ad essere provocata dalla famosa grafica, infatti, sarebbe stata la deputata PD Lorenza Bonaccorsi, componente della Commissione di Vigilanza Rai, secondo la quale "Su certi argomenti non si scherza". A lei aveva fatto eco il collega di Sinistra Italiana Fratoianni, mentre Roberto Fico, Cinquestelle, presidente della Commissione, dichiarava che "Quanto avvenuto…..è esattamente la negazione di servizio pubblico". Come è evidente, tutte le altre reazioni autorevoli – Maggioni, Campo Dall'Orto, Boldrini – sono state successive. Guardiamo la cosa da un altro punto di vista. Sembra che alla Perego, per 'La Talpa', sia stato offerto un compenso all'incirca quadruplo rispetto alla cifra della trasmissione Rai, e l'occasione per salire su quel treno sarebbe passata una volta sola. Ma per interrompere il rapporto con la Rai prima del tempo, Perego e Presta avrebbero dovuto sborsare una penale molto pesante. La Bonaccorsi, Fratoianni e Fico sarebbero stati complici, più o meno consapevoli, o vittime, di una manovra per la quale ora Paola Perego ha potuto cessare il rapporto con la Rai senza sborsare un euro, potendo così ora accettare la conduzione del reality, anche alla luce dei risparmi che la Rai, con l'aiuto dei sindacati, sta cercando di realizzare, cessando le collaborazioni esterne, e incentivando i contratti interni. Una grande bufala? Se fosse così, ci sarebbero cascati un po' tutti, e ora chi riderebbe sarebbero proprio Presta e Perego, finte vittime di una presunta prepotenza.


 


 


 


 


 


 


 

 




L'IRA DELLA BOLDRINI

L’IRA DELLA BOLDRINI CONTRO LA PEREGO

BUFERA SUL PROGRAMMA DEL SABATO POMERIGGIO

DI ROBERTO RAGONE

 

Non sono un difensore dei programmi Rai, che ritengo responsabili del progressivo rimbambimento degli Italiani che li seguono. Sono decenni che la Rai, correndo dietro a Mediaset e all’audience, direttamente proporzionale al costo degli spot, che la Rai ha rinunciato ad una televisione di qualità. Oggi i gusti della parte più consistente della piramide dei telespettatori vengono soddisfatti da programmi come ‘Ballando con le stelle’, ‘Standing ovation’, ‘Storie vere’, ‘Tempo e denaro’, ‘Torto o ragione’, – pietosa imitazione di Forum, in onda alla stessa ora – ‘Detto fatto’, due ore e mezzo di programma del nulla, in replica addirittura alle 4,50 del mattino. L’elenco potrebbe continuare, ma sarebbe impietoso farlo. L’impressione che si ricava da tutto questo, è che alcuni dei programmi citati – e non dico quali, ma lo spettatore attento lo può capire da solo – siano stati montati per dare a qualche conduttrice/conduttore un posto in Rai-TV. Da sempre c’è in fondato sospetto che in Rai si possa lavorare per ‘amicizie’ e ‘conoscenze’, a scapito dei talenti e della qualità, ma anche questo, come tante altre cose, è stato assimilato come ‘normale’ dalla massa, e quindi è divenuto legittimo. Non sono quindi particolarmente propenso alla difesa di un particolare programma, come ‘Parliamone sabato’, né a quella di Paola Perego, onesta travet di un carrozzone troppo coinvolto nella politica, con troppi dirigenti, troppo costoso per le tasche degli abbonati – una volta pagare l’abbonamento era giustificato dal fatto che non c’erano introiti pubblicitari, poi arrivò ‘Carosello’, che oggi tutti rimpiangiamo – troppo costoso come gestione, con stipendi troppo alti, e soprattutto con le nomine fatte per via politica. Tuttavia il ‘caso’ montato a scapito della Paola nazionale ha assunto proporzioni e termini esagerati. Da quello che avrebbe potuto essere uno scherzo, un paradosso, siamo arrivati addirittura al presidente, anzi alla presidenta, della Camera dei deputati Laura Boldrini. La quale nel suo profilo Facebook ‘Basta Bufale’ ha pubblicato un pistolotto repressivo di quella grafica pubblicata durante la trasmissione di sabato 18. Secondo lei, le donne dell’est sono rappresentate come (cito testualmente): “animali domestici di cui apprezzare la mansuetudine, accondiscendenza, sottomissione.” In pratica dei ‘peluche’. Così la società avrebbe “fatto un passo indietro di un secolo.” Ancor più grave che il fatto sia accaduto durante una trasmissione di servizio pubblico. Sappiamo da tempo che la Rai non è un servizio pubblico, ma un servizio ‘a servizio’ di chi la gestisce e la orienta politicamente, da ‘Porta a porta’, al mattutino ‘Agorà’, e così via. “Così” continua la Boldrini “si rischia di vanificare i tanti sforzi  che la Rai stessa sta facendo per dare un’immagine della donna dignitosa e contemporanea.” Già, come con i costumi di ‘Ballando con le stelle’, che mostrano più di ciò che nascondono, per attirare più ‘audience’. Si augura, l’ineffabile donna Laura, che “siano fatte le dovute verifiche e siano presi adeguati provvedimenti.” In pratica, chi ha cacciato la Perego è stata lei. Si lamenta, la presidenta, del fatto che con questa lista si propongano stereotipi sorpassati da decenni, si renda la donna un oggetto, propiziando così il ‘femminicidio’, termine orribile ma imposto dall’imperante becero retrogrado e obsoleto – deo gratias – femminismo, che ancora qualcuno dall’alto del proprio scranno si ostina a voler imporre. “Con una lista del genere non si fa altro che proporre stereotipi sorpassati da decenni: si rende la donna un oggetto, e da questo alla violenza il passo è breve. In un tempo in cui, nel nostro Paese, una donna ogni tre giorni viene ammazzata dall’uomo che dovrebbe amarla, dobbiamo impegnarci tutti per contrastare lo squallore di certe rappresentazioni e dare alle donne la dignità e il rispetto che meritano.” Amen. Ma qual è la lista che cotanto scalpore avrebbe provocato, e che certo sarebbe passata inosservata al pubblico, senza invece accendere un dibattito nel merito? Il titolo recitava: ‘I motivi per scegliere una fidanzata dell’Est’. Motivi, aggiungo io, tutti da verificare. 1) Sono tutte mamme, ma dopo aver partorito recuperano un fisico marmoreo. Il lato senz’altro positivo, in periodo di decremento demografico, è che siano tutte mamme, recuperare un fisico ‘marmoreo’ – forse l’estensore intendeva ‘scultoreo’ ‘ non è altro che ciò che fanno le nostre compagne di vita andando in palestra. Forse donna Laura Boldrini preferirebbe donne grasse e sfiancate? La linea si recupera per rispetto di sé, e non soltanto per mantenere un buon rapporto con il marito e quindi avere un matrimonio solido. 2) Sono sempre sexy, niente tute, né pigiamoni. Come sopra: se parlate con un consulente familiare, vi dirà le stesse cose. Per le donne: cercate sempre di mantenere vivo il rapporto con vostro marito, senza per questo trasformarvi in geishe tuttofare. Quello che conta nel matrimonio è l’equilibrio, il rispetto reciproco, l’essere pari, ma soprattutto non dimenticare quali sono state le ragioni che ci hanno spinto l’uno verso l’altra, e viceversa, e non farle dimenticare a lui. 3) Perdonano il tradimento. Perdonare, se non si vuole che tutto vada a catafascio, è qualche volta necessario. Nessuno è santo, neanche la donna, che sia dell’est o dell’ovest, e perdonare è comunque facoltativo e non istituzionale, anche oggi. Nonostante la Boldrini. 4) Sono disposte a far comandare il loro uomo. Intendiamoci sul termine ‘comandare’. Nella famiglia, come nella società, esistono i ruoli. Se volessimo fare tutti le stesse cose nello stesso momento sarebbe il caos. Il ‘comando’ presuppone una presa di responsabilità e lo svolgimento di un ruolo. Purtroppo, da quando la donna è diventata moderna e come la Boldrini vuole che sia, la famiglia si è sfasciata. Essere disposte a far comandare il marito, non è segno di sottomissione, ma di intelligenza. Qualcuno avrà la responsabilità di alcune cose, e qualcun altro di altre. Una voce che nella diatriba boldrinesca non appare è: Amore. Si vive insieme, si fanno le cose insieme, ci si dividono i compiti per Amore. 5) Sono casalinghe perfette e fin da piccole imparano i lavori di casa. Una volta a scuola si studiava una materia che si chiama va ‘Economia domestica’. Una moglie che sappia cucinare, tenere la casa in ordine, crescere i figli e farli studiare, attaccare un bottone, azionare la lavatrice, stirare, mettere un punto, togliere una macchia, non è una schiava, è una rarità. Rendiamoci conto che la donna, nella famiglia, ha un compito fondamentale, e non perché sia un peluche. La donna è moglie, madre, sorella, amante. La famiglia si regge su di lei. La famiglia ha incominciato a sgretolarsi proprio sotto le bordate di un femminismo stupido  e retrogrado,  perché cieco. 6) Non frignano, non si appiccicano e non mettono il broncio. Dobbiamo pensare che frignare, appiccicarsi e mettere il broncio siano qualità predilette dalla signora Boldrini, e che lei le applichi nella sua relazione coniugale. Se così fosse, non invidieremmo il marito. Avere vicino una persona che ti risponde sempre con asprezza non è piacevole. I più bei matrimoni si sono sciolti per un comportamento del genere. Riassumendo: per Laura Boldrini le donne, per essere moderne come la Rai si sta sforzando, con i suoi programmi, di farle diventare, devono: 1) dopo il parto lasciarsi andare e diventare obese; 2) girare per casa in tuta e pigiamone – il che, considerando il n.1, diventa inguardabile, come avere per casa Dumbo. 3) cacciare di casa il marito ad ogni minimo accenno e sospetto di tradimento, e magari mentre dorme versargli addosso una confezione di acido muriatico acquistata al discount. 4) prevaricare il loro uomo, schiavizzarlo e costringerlo ai loro voleri, magari anche di perversione sessuale. 5) far crescere lo sporco in tutta la casa, ordinare i pasti alla tavola calda, utilizzando piatti, posate e bicchieri di carta, portare quotidianamente i panni in tintoria, affidare i presunti figli ad apposita organizzazione per la loro educazione ed istruzione. 6) Ogni giorno, prima e dopo i pasti, frignare, appiccicarsi con il marito e rendergli la vita impossibile, tanto per fargli capire chi comanda in casa. Cui prodest? Campo Dall’Orto, direttore generale della Rai, ha preso la palla al balzo, parlando di un presunto e futuro rimescolamento dei programmi per il quale ‘Parliamone sabato’ avrebbe comunque trovato la sua fine naturale. La verità è un’altra, e i commenti dai toni eccessivamente accesi lo confermano: Boldrini comanda, Dall?orto esegue, i giornali si accodano e si uniscono al coro. Grottesco. Era solo uno scherzo, qualcosa di bassa lega, ma su cui impiantare una futile discussione di gossip pomeridiano. È diventato un caso nazionale. C’è qualcuno che non ha il senso dell’umorismo. Si chiama Laura Boldrini ed è la presidenta della camera dei deputati.

 

 

 

 

 

 




LA GUERRA DI PIERO


·        ‘LA GUERRA DI PIERO’


QUANDO LA POLITICA CI COSTRINGE AD UCCIDERE


 


DI ROBERTO RAGONE


 


Assistiamo da anni, ormai, alla trita polemica della difesa personale, se sia o no legittima:  quando è legittima o quando è un eccesso, quando è un diritto, e quando un abuso. Su questo tema si sono consumati i banchi della politica, senza trovare soluzione. Da una parte gli ipergarantisti, per i quali uccidere è sempre e comunque sbagliato, e quindi, munirsi di un’arma è da potenziali assassini affetti da paranoia. Dall’altra, chi ritiene che difendere con ogni mezzo la propria vita, i propri beni, la propria casa, la propria famiglia, sia sacrosanto; un diritto che dovrebbe essere garantito da un regime democratico; un diritto, oltre che costituzionale, anche legale e umano. Opinioni muro contro muro, su cui soffiano opposte parti politiche per attizzare il fuoco, ognuna portando le proprie ragioni. E così, ogni volta che accade un fatto di sangue, come in questi giorni con l’oste Mario Cattaneo in provincia di Lodi, – alcuni dicono abbia volontariamente ucciso un rapinatore notturno, altri che il fatto sia stato solo un tragico incidente, lo deciderà la magistratura, accertando la ‘verità processuale’ dei fatti – tornano alla ribalta le due fazioni. Chi dice, come Fabrizio Rondolino ad Agorà, che “Chi uccide un ladro è un delinquente”, e vorrei sapere cosa ne pensano poliziotti e carabinieri; o chi, invece, ritiene la difesa un diritto, e l’eccesso di legittima difesa qualcosa da eliminare. Diciamo subito una cosa: è facile, a mente fredda, giudicare l’operato di chi s’è trovato, di notte e al buio, mentre l’allarme ancora suona, ad affrontare due o più energumeni, giovani e violenti. È troppo facile crocifiggere come assassino chi invece è una vittima delle circostanze. L’orrore dell’uccisione di un essere umano l’ha rappresentata molto bene Fabrizio De Andrè, nei versi toccanti de ‘La guerra di Piero’. L’orrore di una morte è descritto fino in fondo. Piero, che s’è trovato di fronte un uomo, ‘in fondo alla valle’, che la pensava come lui, ma aveva una divisa diversa. “Sparagli Piero, sparagli ora/e dopo un colpo sparagli ancora”: per essere sicuro d’uccidere. Ma Piero si attarda, pensando di alleviare la sofferenza dell’altro, sparandogli in fronte, o nel cuore, per una morte istantanea, anche se “Vedere gli occhi di un uomo che muore” è una frase terribile. Questa esitazione è fatale per Piero. Infatti l’altro lo vede, ha paura e “Imbracciata l’artiglieria” “Gli ricambia la cortesia”. Quell’istante ha perduto Piero, che cade in terra “senza un lamento”, e in attimo s’accorge che la sua vita finisce lì. Qualcuno dirà: è la guerra. Bene, anche questa è una guerra. Anche qui bisogna decidere in un attimo cosa fare. Anche noi abbiamo paura, come il soldato che uccide Piero. Uccidere è contro la natura umana, e se ne porta il marchio per tutta la vita. Questo accade anche a coloro a cui è capitato in guerra, specialmente se hanno avuto il tempo di ‘vedere gli occhi di un uomo che muore’. Su un punto siamo d’accordo, con i garantisti: uccidere non è mai una cosa bella; possiamo dire che non è mai una cosa giusta. Allora, dov’è il guasto? Non è certamente nel fatto, sbandierato dai media a suon di statistiche improbabili, che i reati sono diminuiti e che la nostra percezione del pericolo è eccessiva, e quindi la colpa è nostra nel valutare un pericolo inesistente: in pratica, siamo tutti paranoici. Noi diciamo invece che anche se le statistiche dovessero dire il vero, ci sono sempre furti, rapine e aggressioni, e questo non è cancellabile con una statistica. Al prossimo aggredito e rapinato mostreremo le statistiche, e gli dimostreremo che si sbaglia, non è possibile che abbia subito un’aggressione e una rapina, perché le statistiche dicono il contrario. In realtà, se le denunce sono diminuite, il sintomo è allarmante, perché vuol dire che il cittadino giudica la denuncia di un reato solo un fastidio e una perdita di tempo, e questo significa una perdita di fiducia nelle forze dell’ordine e nelle istituzioni. Se poi polizia e carabinieri non sono messi in grado di effettuare un adeguato controllo del territorio, se le leggi sono sbagliate e male applicate, se le pene non sono certe, se è certa invece l’impunità – solo l’1% dei colpevoli sono processati e condannati -, se fra indulti, buona condotta, legge Gozzini e varie i delinquenti escono troppo presto; se poi i reati fino a cinque anni di detenzione sono depenalizzati, e polizia e carabinieri non ti arrestano neanche più; se le carceri sono piene e non c’è più posto, e quindi si tende a comminare pene alternative, che lasciano i colpevoli in libertà: se tutto questo causa ciò di cui abbiamo parlato, bene la colpa è della politica, e di chi ne ha il controllo. Il guasto è dei governi, e le vittime siamo noi cittadini, non adeguatamente difesi, messi sotto processo quando siamo costretti a difenderci, e condannati all’ergastolo dalla nostra coscienza quando malauguratamente dovessimo togliere la vita a qualcuno. Uccidere un altro essere umano è un evento tragico, e nessuno se lo augura. Speriamo che qualcuno lo capisca e provveda, invece di occuparsi solo di faccende di partito e di maggioranze.


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CHI COMANDA IN ITALIA

LEGITTIMA DIFESA: CHI HA PAURA DEL CITTADINO ARMATO?
CHI COMANDA DAVVERO IN ITALIA?
DI ROBERTO RAGONE
La televisione è oggi la nostra maggior fonte di informazione, quella più a portata di mano, nazionalpopolare, e fatalmente influenza le nostre scelte e le nostre idee. Questo l’ho già scritto su queste pagine, e il motivo per cui sia la Rai che Mediaset sono, a livello dirigenziale, lottizzate politicamente, è proprio questo: lo stato non può permettersi di non controllare le idee e gli orientamenti politici,sociali, ideologici della nazione. Tutti lo sanno e subliminalmente lo giustificano, in un certo senso, pensando che dopo tutto l’orientamento della nazione è determinato da chi la governa, destra, sinistra, centro, dittatura, monarchia o altro, e questo in una certa maniera viene giustificato e riconosciuto dal fatto che, in democrazia, o presunta tale, il diritto di cui sopra è stato acquisito da una maggioranza elettorale o da altri sistemi di presa di potere. In pratica, se sei al potere, comandi tu, e io ascolto ciò che dici. Se tu comandi, vuol dire che hai vinto, e se hai vinto, vuol dire che hai ragione, o che, almeno, la tua idea è quella della maggior parte dei cittadini, e se è vero che in democrazia la maggioranza ha ragione, anche io mi devo adeguare. Tutto questo cappello, per dire cosa? In questi giorni s’è affacciato nuovamente lo spettro della difesa personale, legittima o no, con il caso di Mario Cattaneo, aggredito di notte da tre o più banditi, ed uno dei rapinatori è rimasto sul terreno. Avrebbe potuto essere Cattaneo, la vittima, e allora tutto sarebbe rientrato nei canoni, tutti avrebbero pianto, avrebbero portato fiori, fatto lacrimevoli interviste ai colleghi del piccolo schermo, addestrati, comme il faut, a mostrare il lato pietoso della faccenda: ma nessuno si sarebbe sognato di far notare la stortura e l’iniquità dell’accaduto. Un libero e onesto cittadino, un commerciante mite e amante della famiglia, svegliato nella notte dall’allarme della serranda del suo esercizio, ucciso per rapinarlo di sessanta euro in monetine e qualche stecca di sigarette. Da chi, non ha importanza; e se qualcuno parla di rom, rumeni, stranieri, è un razzista. Ecco la stortura, l’imprevisto. Il rapinato si è difeso, e il morto è il cattivo della situazione, uno dei rapinatori, che ancora oggi non si sa quanti fossero. Cattaneo è sceso impugnando il suo fucile da caccia, e quanti non l’avrebbero fatto? Quanti non avrebbero difeso il proprio diritto? Anche lui avrebbe potuto essere ucciso, nonostante tutto, durante la colluttazione, con un colpo al capo, o una coltellata. Una colluttazione è un corpo a corpo, e i due contendenti vengono a contatto, quindi un fucile perde la sua efficacia, dato il fatto che la lunghezza della canna, o delle canne, nel caso di una doppietta, lo rende inoffensivo. A botta calda, tutti danno ragione a Cattaneo, e quindi bisogna che l’opinione del pubblico sia riportata alla ragione: tutti i programmi TV che parlano del fatto tendono a condannare la reazione di Mario Cattaneo, e parlano di Far West e di Giustizia fai-da-te. Quest’ultima definizione è idiota, falsa e faziosa: chi si difende da un rapinatore non intende farsi giustizia, ma evitare di soccombere, e questo, al di là di ogni altra considerazione, mi sembra più che legittimo. Ma una certa parte politica adotta questa frase in modo subdolo, colpevolizzante, per dimostrare il torto di chi si difende.  A nulla vale chiedere quale sarebbe l’alternativa: aprire le porte ai ladri, risparmiando il denaro di riparazioni di porte e finestre, far trovare loro cappuccino e cornetto e un biglietto di saluto, e magari denaro e preziosi sul tavolo di cucina, per evitare scassinamenti di casseforti e botte per averne la combinazione; oppure fare come un signore che essendo stato avvertito da un allarme silenzioso, e avendo seguito l’assalto dei delinquenti sul sistema di TV a circuito chiuso, si è barricato con il figlio di pochi anni in una ‘panic room’ blindata appositamente allestita, finchè quella gente non è andata via, dopo aver fatto i propri comodi. Alla fine: le minacce ci sono, e colpiscono il cittadino comune, ma solo lui. Mi sono sempre chiesto: ma perché questa resistenza a modificare la legge sulla legittima difesa, da parte di tutti i governi? Perché non possiamo difendere la nostra vita e quella dei nostri cari, oltre che la nostra proprietà? Perché questo dev’essere di incentivo per i malintenzionati notturni, certi di ogni impunità? Il sospetto è legittimo, ma può essere molto vicino alla verità. Se lo stato ammettesse che possiamo difenderci in casa, di notte, a mano armata, contro i malintenzionati, mostrerebbe tutta la sua debolezza, rinunciando alla sua autorità e delegando a noi il diritto/dovere della difesa. Lo stato non vuole il cittadino armato, perchè il cittadino armato acquisirebbe una sua autorità, e per lo stato debole, incapace di controllarlo, sarebbe una spina nel fianco, a prescindere da intenzioni eversive. Il cittadino armato sarebbe in certo modo autosufficiente e non soccombente nelle cause del tipo di quella che Mario Cattaneo dovrà subire, dato che il fratello del morto ha già dichiarato che ‘non vuole vendetta, ma solo giustizia’, facendo chiaramente intendere che mira al denaro di Cattaneo, in sede civile. E purtroppo la storia ci insegna che i giudici sono molto propensi a concedere risarcimenti a chi non ne ha diritto, e che, anzi, ha violato il diritto altrui. Un’Italia alla rovescia, ha detto qualcuno. No, dico io, un’Italia esattamente come la vogliono i nostri potenti. Le vittime di una rapina devono sapere subito una cosa: che se si difendono saranno soccombenti, in tribunale e nell’opinione pubblica, e che questo può costare loro la libertà e anche tutto il capitale accumulato in una vita.  Allora un’altra domanda si affaccia alla mente: a chi fa comodo questa situazione? Chi comanda davvero in Italia? Si parla sempre di poteri forti, di poteri occulti. Falcone parlava addirittura di ‘mafia nello stato’. Peter Gomez, durante il programma di Corrado Augias ‘Tante storie’, in onda su Rai 3, alla domanda di una studentessa che gli chiedeva quando le lobbies si fossero colluse con lo stato, ha risposto che questo è accaduto quando l’attività politica, da essere un servizio, è diventata un mestiere, anche troppo ben remunerato.  Tirando il filo d’Arianna, allora, potremmo dire che a chi comanda, non importa chi sia, non fa comodo che il cittadino sia armato. E non è vero che in America i crimini aumentino in maniera direttamente proporzionale al numero di armi in circolazione. Sarebbe come dire che gli incidenti stradali sono più numerosi perché circolano più auto. Le statistiche dimostrano esattamente il contrario: i crimini con effrazione sono diminuiti in tutti gli stati in cui è stata concessa libertà di armarsi, come la Florida, mentre i nostri soloni in TV dicono genericamente il contrario, senza portare riferimenti.  La favola del fatto che in USA se qualcuno ti entra in casa lo puoi legittimamente uccidere comunque sia, rimane una favola. È vero che in quel caso puoi esercitare il tuo diritto alla difesa, ma poi gli inquirenti svolgono indagini molto accurate per stabilire se hai agito correttamente, tenendo presente anche la concitazione del momento. Il risultato non è che i ladri ti entrano in casa armati di mitra, ma che non entrano proprio, sapendo che rischiano la vita, e il loro scopo non è quello di ingaggiare un conflitto a fuoco, ma quello di rubare e andar via rapidamente e in silenzio. L’America è una nazione con uno stato forte, una polizia forte, leggi che hanno consentito a Rudolf Giuliani di adottare la ‘tolleranza zero’ e di ripulire New York, trasformandola in una città sicura. L’Italia ha uno stato debole, un governo sempre più debole, una polizia che non è messa in grado di svolgere bene il proprio compito, e che alcune volte viene messa sotto accusa, quando ci riesce. Una opinione pubblica buonista orientata ad arte dai media e una cronica resistenza a concedere ai cittadini il proprio diritto, cioè quello di potersi difendere in casa propria. A chi giova tutto ciò? L’impressione è che il teatrino della politica a volte si trasformi in teatro dei pupi, e che tutti coloro che lo animano siano mossi da mani invisibili. Mani potenti che comandano al di là di ogni legge, governo, costituzione, ma che le leggi se le fanno da soli. Sarà così?