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Cambiamenti climatici e infrastrutture insufficienti: l’Italia conta i danni ma rimane un territorio fortunato

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Massimo Gargano (Dir. Generale ANBI): “Urgente un piano nazionale invasi”

“E’ stata un’autentica cascata di pioggia, quella abbattutasi nei giorni scorsi sul territorio, di cui però raccogliamo solo i cocci, nonostante la determinante funzione avuta dagli invasi e dalla rete idraulica minore, appositamente svuotata, nel contenere i danni.”

Ad esprimersi così è Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio, commentando i dati dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche.

Eccezionali sono soprattutto le portate registrate dai fiumi in Emilia Romagna: tutti in crescita e largamente sopra i dati storici, hanno l’apice nel Reno (303,26 metri cubi al secondo contro  una media dicembrina di mc/sec  38,4) e nel Secchia (mc/sec 203,7 contro una media di mc/sec 26,5). Meno eclatante, ma altrettanto evidente è l’andamento dei principali fiumi veneti (Piave, Livenza, Brenta, Bacchiglione) con l’Adige, che segna la migliore performance nei 7 anni più recenti.

Però, a conferma di un sempre più  marcato andamento pluviometrico “a macchia di leopardo”, cambia lo scenario man mano che ci si sposta verso Ovest ad iniziare dal fiume Po che, pur in costante crescita, solo nel ferrarese segnala una portata superiore al piovoso Dicembre 2019. È così anche per i grandi laghi: tutti in crescita, ma il Maggiore rimane sotto la media storica del periodo e se, in Lombardia, il fiume Adda è in linea con la portata del 2019, i corsi d’acqua piemontesi  sono largamente al di sotto dello scorso anno con il Tanaro, che ha registrato 68,2 metri cubi al secondo contro i circa 400 di 12 mesi fa. 

L’estremizzazione degli eventi atmosferici appare evidente anche nel Lazio, dove ad un contenuto aumento idrico dei laghi e del fiume Tevere (dati: Open Ambiente Regione Lazio) corrisponde l’innalzamento di portate nei corsi d’acqua del bacino Liri-Garigliano con il Sacco, che da un’altezza idrometrica di cm. 2 nel 2019 (era addirittura – 8 nel 2018 e – 21 nel 2017) è salito fino agli attuali  288 centimetri (dati: Centro Funzionale Multirischi della Protezione Civile della Campania)!

Tutte in crescita le portate dei fiumi campani (Volturno, Sele) con il Liri-Garigliano, che raggiunge l’altezza idrometrica di 998 centimetri contro i cm. 193 del Dicembre 2019; in crescita anche i livelli degli invasi di Piano della Rocca sul fiume Alento e di Conza della Campania sull’Ofanto.

A godere maggiormente delle piogge è stata la Basilicata, i cui bacini, in deficit idrico da mesi, registrano un’impennata, che li porta ad un surplus di quasi 11 milioni di metri cubi sulle disponibilità 2019.

Analogo andamento per gli invasi di Puglia, il cui deficit annuale si riduce a circa 39 milioni di metri cubi, grazie ad un apporto pluviometrico superiore ai 30 milioni di metri cubi.

Registrano, infine, una buona percentuale di riempimento i laghi artificiali in Calabria, dove alla diga Sant’Anna sul fiume Tacina si registra il record del recente quadriennio (trattenuti quasi 6 milioni di metri cubi d’acqua).

“Questa disamina – conclude Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – conferma l’urgente necessità di un piano nazionale invasi, la cui funzione si rivela indispensabile per contenere le ondate di piena, creando al contempo riserva idrica. E’ in contingenze come l’attuale, che si evidenzia l’utilità di trasformare un problema in risorsa, incrementando la capacità di trattenere le acque di pioggia al suolo, oggi ferma all’11%. E’ del 2017 il nostro Piano Invasi, insieme all’allora Struttura di Missione #italiasicura, per realizzare 2000 bacini in 20 anni, grazie ad un investimento di 20 miliardi di euro; è di pochi mesi fa, invece, il Piano ANBI per l’Efficientamento della Rete Idraulica, redatto in funzione delle scadenze del Recovery Plan, grazie ad 858 progetti definitivi ed esecutivi, capaci di attivare oltre 21.000 posti di lavoro con un investimento  di circa 4 miliardi e 400 milioni. I progetti sono cantierabili;attendiamo risposte.”

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Sicurezza idrogeologica, nasce “l’ANBI Air Force”

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E’ già stata simpaticamente definita l’ “ANBI Air Force” e sono le decine di droni, che quotidianamente si alzano sui comprensori italiani per controllarne la sicurezza idrogeologica, accompagnati anche da natanti radiocomandanti e sonde deputate ai controlli degli specchi d’acqua: è questa la novità più sorprendente, emersa nel meeting sulle innovazioni messe in atto dai Consorzi di bonifica ed irrigazione, dove anche la figura professionale del pilota di quadricotteri è ormai divenuta familiare negli organigrammi; l’evento è andato in scena a Vercelli, organizzato dall’Associazione Irrigazione Ovest Sesia nell’ambito della Planet Week, prologo al vertice G7 “Clima, Ambiente ed Energia” previsto a Torino a fine mese.
“Abbiamo voluto essere in questo contesto, perché siamo consapevoli di quanto facciamo a servizio del Paese e vogliamo proseguire, aumentando la capacità di fare sistema – commenta Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) – Nei Consorzi di bonifica c’è una grande capacità progettuale, promotrice di un modello irriguo sostenibile, che deve essere riconosciuto in un’Europa, da cui l’Italia è ancora troppo distante. La questione acqua è ormai un problema planetario.”
Se il miglior consiglio irriguo di Irriframe e la certificazione volontaria Goccia Verde, voluti da ANBI, sono il presente della sostenibilità nel settore primario, nuovi orizzonti stanno aprendosi dall’applicazione dell’Intelligenza Artificiale, i cui algoritmi vengono “addestrati” per dare risposte all’agricoltura di precisione ed alla salvaguardia idrogeologica, aumentando l’efficienza, riducendo tempi e costi.
La rete idraulica lungo la Penisola è ormai pressochè totalmente automatizzata e controllata da remoto, nonché luogo di costanti innovazioni: dai pannelli fotovoltaici galleggianti alle barriere per il recupero delle plastiche galleggianti; c’è inoltre una rinnovata concezione della manutenzione lungo i corsi d’acqua, rispettosa dei tempi della natura per favorire la conservazione degli ecosistemi.
I Consorzi di bonifica ed irrigazione sono però consapevoli dell’emergente complessità della gestione idrica di fronte alla crisi climatica: il problema di fondo è la ricerca del punto di equilibrio fra esigenze agricole ed ambientali, valorizzando le molteplici funzioni collegate alla gestione dell’acqua sui territori (dalla ricarica delle falde alla conservazione dei giardini storici); in questo quadro si chiede che l’utilizzo delle acque reflue per l’irrigazione debba essere accompagnato da una certificazione di salubrità, redatta da un ente terzo.
“C’è una profonda ingiustizia in questo Paese, che non percepisce la differenza fra il contributo ai Consorzi di bonifica, che non gravano di oneri il servizio irriguo a servizio dell’agricoltura che produce cibo e la tariffa, imposta dalle società del servizio idrico integrato, che invece legittimamente puntano anche ai dividendi per i soci – chiosa, concludendo, Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – L’Italia non ama la prevenzione, ma il futuro non può che essere legato ad un nuovo modello di sviluppo che abbia, al centro, la valorizzazione del territorio e la promozione della resilienza delle sue comunità.”



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Clima, osservatorio ANBI: “Dopo l’estate anticipata, l’inverno ritardato”. Ecco il quadro nazionale

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Assieme a raffreddori ed influenze, nonché al rischio di gelate per le colture, lo sbalzo termico verso il basso dei giorni scorsi ha portato una benefica discesa nelle temperature dei mari italiani, ricondotte a livelli più in linea con le medie del periodo. Secondo i dati del Programma europeo Copernicus e dell’European Centre for Medium-Range Weather Forecasts (ECMWF), a livello mondiale si registrano, da oltre un anno, le acque marine più calde di sempre, così come conferma il report “European State of the Climate 2023” per quelle, che bagnano i confini esterni del Vecchio Continente.

“Un aspetto della crisi climatica poco percepito dall’opinione pubblica è la sua complessità: la biosfera è unica e l’alterazione di un elemento influisce sull’equilibrio generale – evidenzia Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) – Per questo, confinare la siccità come un problema meramente agricolo è un gravissimo errore, perché molteplici sono i servizi ecosistemici apportati: dall’equilibrio ambientale all’attrattività turistica.”

Secondo il report dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche, chi non pare beneficiare dell’instabilità climatica di questi giorni sono la Sicilia e la Calabria dove, ad esempio, il fiume Lao è al 43% della portata media di questo periodo e l’Ancinale tocca addirittura -95% (fonte: Centro Funzionale Regionale Protezione Civile Calabria); entrambe le regioni sono caratterizzate da enormi deficit idrici, a causa di molti mesi privi di significative precipitazioni.

In Puglia, nei giorni scorsi, si sono registrate piogge sull’Alto Salento (quasi 10 millimetri) e sul Leccese (fino a mm. 5), ma i bacini del Tavoliere trattengono il 37% di acqua in meno rispetto al 2023, cioè mancano oltre 112 milioni di metri cubi.

Non va meglio in Basilicata, dove è impietoso il confronto tra la quantità d’acqua invasata quest’anno e negli anni passati: nella seconda metà di Aprile 2023, rovesci torrenziali avevano fatto confluire ben 14 milioni di metri cubi d’acqua nei bacini della regione; attualmente le disponibilità idriche sono più che dimezzate (-54%) ed il deficit, nonostante un recente apporto di piogge (mln. mc. 2,74), si attesta a quasi 124 milioni di metri cubi (fonte: Autorità Bacino Distrettuale Appennino Meridionale).

Notizie preoccupanti arrivano anche dall’Abruzzo, dove il deficit pluviometrico registrato nei primi 4 mesi del 2024, unitamente alla poca neve caduta sull’Appennino, ha pressochè dimezzato la quantità d’acqua trattenuta nel bacino di Penne, il principale ad uso irriguo, dove mancano all’appello circa 3.600.000 metri cubi; fiducia si ripone nello scioglimento del manto nevoso ora presente a Campo Imperatore (cm. 34) e che potrebbe incrementare la portata del fiume Tavo, che alimenta l’invaso.

Nel Lazio il livello del lago di Bracciano rimane, come un anno fa, 1 metro al di sotto dello zero idrometrico, mentre continua a calare il piccolo lago di Nemi, ora 34 centimetri sotto il livello del 2023. Il fiume Tevere rimane largamente sotto media, così come decrescente è il livello dell’Aniene, mentre incrementi si registrano nei flussi della Fiora.

In Umbria crescono le portate dei fiumi Velino e Topino, mentre cala il Chiascio e l’altezza idrometrica del lago Trasimeno scende a -cm. 1,28.

“E’ la persistente condizione di allarme ecosistemico nel principale lago dell’Italia centrale, l’immagine di un Paese che, al di sotto degli Appennini, non riesce a recuperare il deficit idrico, dovuto a mesi di insufficienti apporti pluviali. E’ quantomai urgente prepararsi a gestire, in maniera condivisa e nel rispetto delle priorità di legge, una condizione d’emergenza che, seppur in maniera non uniforme, appare inevitabile nei mesi a venire” commenta Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.

Restano modesti, nonostante gli incrementi registrati questa settimana, i livelli dei fiumi nelle Marche. A far da contrappeso rimangono i circa 53 milioni di metri cubi invasati nei bacini e che, pur essendo inferiori a quelli del 2023 caratterizzato da fenomeni meteorologici estremi nei primi 4 mesi dell’anno, rappresentano una garanzia d’approvvigionamento per i mesi più caldi e secchi.

Sull’Appennino di Toscana è apparsa tardivamente la neve, che era mancata in inverno: cm. 44 sull’Abetone, oltre 30 centimetri in Garfagnana, mentre sull’Amiata il manto è superiore ai 20 centimetri. Ricchi d’acqua sono i principali alvei con l’eccezione dei bacini più a Sud (Ombrone, Albegna, ecc.).

In Liguria tornano a crescere le portate dei fiumi Vara e Magra, mentre registrano un abbassamento quelle dell’Entella e dell’Argentina.

In Emilia Romagna, oltre mezzo metro di neve è ora presente sui monti bolognesi, reggiani e parmensi (cm. 63 a Lagdei), mentre su quelli romagnoli la cumulata si attesta tra i 15 ed i 30 centimetri.

In Veneto, il bilancio idrico resta ampiamente positivo, nonostante drastiche riduzioni di portata per i fiumi Adige, Piave, Livenza, mentre Bacchiglione, Brenta e Muson dei Sassi scendono addirittura sotto media.

Anche in Lombardia le riserve idriche restano largamente confortanti (+45% sulla media), seppur il fiume Adda cali, pur mantenendo una portata superiore a quella degli scorsi 7 anni.

Ad eccezione del lago di Como, i grandi bacini naturali del Nord restano vicini al colmo: Maggiore 97,7%; Sebino 93,6%; Benaco 98,6%.

I fiumi sono in calo anche in Piemonte ad iniziare dal Po, che resta comunque sopra la media, mentre Tanaro e Stura di Lanzo tornano sotto.

In Valle d’Aosta, infine, il manto nevoso supera i 2 metri e mezzo nelle stazioni sopra i m. 2200; terminati temporaneamente gli apporti dalla fusione nivale, dovuta all’anomalo anticipo d’estate della scorsa settimana, le portate dei corsi d’acqua hanno subìto una decisa contrazione: a Nus, la Dora Baltea in 7 giorni è passata da mc./s 29 a mc/s 6,50 (fonte: Centro Funzionale Regionale Valle d’Aosta)!

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Clima, l’Organizzazione meteorologica mondiale lancia l’allarme rosso: siamo a un soffio dalla soglia di riscaldamento da non oltrepassare

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Il rischio è quello di disastri ambientali incontrollabili

Nel 2023 il riscaldamento globale è arrivato a 1,45 gradi sopra i livelli pre-industriali.

Siamo a un soffio dal limite di 1,5 gradi fissato dall’Accordo di Parigi, e poi dalla Cop26 di Glasgow. Per questo, l’Organizzazione meteorologica mondiale, la Wmo, parla di “allarme rosso” per il clima.

L’agenzia dell’Onu aveva già rivelato a gennaio che il 2023 era stato l’anno più caldo mai registrato da quando ci sono rilevazioni scientifiche, cioè dalla metà dell’Ottocento. Non solo, aveva aggiunto che il 2024 potrebbe essere ancora peggio. Oggi, con un nuovo rapporto, ha rincarato la dose. La temperatura media globale sulla superficie terrestre nel 2023 è stata di 1,45 gradi sopra la media pre-industriale 1850-1900. L’Accordo di Parigi nel 2015 aveva fissato a 2 gradi dai livelli pre-industriali la soglia di riscaldamento da non oltrepassare, pena disastri ambientali incontrollabili. La Cop26 di Glasgow del 2021 aveva ulteriormente abbassato questa soglia, a 1,5 gradi.

Il problema, certifica ora la Wmo, è che questa soglia il mondo l’ha quasi raggiunta. E non ci sono segnali che il riscaldamento debba fermarsi. L’aumento delle temperature, ricorda la Wmo, è dovuto all’aumento in atmosfera dei gas serra di origine umana. Le concentrazioni dei tre principali gas (anidride carbonica, protossido di azoto e metano) hanno raggiunto livelli record nel 2022, e mostrano una continua crescita nel 2023. Oggi, i livelli di Co2 nell’atmosfera sono del 50% più alti rispetto all’era pre-industriale. Per di più, l’anno scorso all’effetto dei gas serra si è aggiunta l’influenza nel Nino, il riscaldamento periodico del Pacifico centromeridionale e orientale.

“Non siamo mai stati così vicini, anche se per ora temporaneamente, al limite più basso dell’Accordo di Parigi sul cambiamento climatico, 1,5 gradi -, ha commentato la segretaria generale dell’Organizzazione, Celeste Saulo -. La nostra comunità della Wmo lancia l’allarme rosso al mondo”. Nel 2023 quasi un terzo degli oceani, il 32%, è stato colpito quotidianamente da un’ondata di calore, contro il record precedente del 2016, il 23%. Alla fine dell’anno, oltre il 90% degli oceani aveva registrato ondate di calore in qualche momento durante l’anno. Sulla terraferma, i ghiacciai hanno perso il maggior volume di ghiaccio mai registrato. Il riscaldamento globale, col suo codazzo di siccità, alluvioni, ondate di calore e incendi, ha avuto effetti disastrosi sui paesi più poveri e vulnerabili. Il numero di persone soggette ad acuta insicurezza alimentare nel mondo è più che raddoppiato oggi rispetto a prima della pandemia: da 149 milioni si è arrivati a 333 milioni nel 2023. La Wmo segnala che la finanza per il clima nel biennio 2021 – 2022 è arrivata a quasi 1.300 miliardi di dollari, quasi raddoppiando rispetto ai livelli 2019-2020. Si tratta però dell’1% del Pil mondiale. Per mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi dai livelli pre-industriali, gli investimenti di finanza climatica dovrebbero aumentare di 6 volte, arrivando a 9.000 miliardi al 2030 e ad ulteriori 10.000 miliardi al 2050.

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