“L’Italia delle partenze e dei ritorni – i pensionati migranti di ieri e di oggi”: ecco i dati

Italia delle partenze e di ritorni – i pensionati migranti di ieri e di oggi”. Questo il tema del convegno che si è svolto ieri, 10 ottobre, presso Palazzo Wedekind.

L’incontro, voluto da Inps e Fondazione Migrantes, moderato dal giornalista Fabio Insegna, ha offerto l’occasione per un confronto sul tema dei pensionati italiani all’estero.

Ad introdurre i lavori il Direttore Generale dell’INPS, Dr. Vincenzo Caridi, che ha ricordato le celebrazioni dei 125 anni dell’Inps. “Questi 125 anni hanno rappresentato un lungo periodo storico caratterizzato da cambiamenti a livello politico – sociale che hanno toccato un po’ tutti gli aspetti che riguardano il nostro vivere in comunità – ha ricordato Caridi – La storia dell’INPS ha sempre coinciso con la storia dello Stato sociale in Italia, da applicarsi anche fuori dai nostri confini, rappresentando un indicatore delle importanti trasformazioni del mondo del lavoro e delle famiglie.

In questi 125 anni, il sistema di protezione sociale nel nostro Paese è progressivamente diventato più articolato e complesso per offrire copertura assicurativa in relazione non solo alle necessità emergenti, ma anche alle ipotesi di rischio.

L’Inps ha lavorato in questi anni per rafforzare i legami con le altre amministrazioni previdenziali estere per garantire l’attuazione dei diritti umani legati alla persona, di quelli economici, sociali e culturali, includendo il diritto alla salute, alla sicurezza sociale, alle condizioni di lavoro giuste e, conseguentemente, alla tutela previdenziale e pensionistica.

Chi emigra, infatti, deve poter contare sulla possibilità di valorizzare tutti i periodi contributivi accumulati in qualsiasi parte del mondo e senza preclusioni derivanti da barriere territoriali. L’Inps ha adeguato i propri sistemi e la propria organizzazione per attuare i regolamenti europei cui l’Italia ha aderito e le convenzioni bilaterali con Paesi extraeuropei che sono state stipulate, per assicurare la tutela dei propri assicurati/pensionati anche all’estero, anche nelle circostanze eccezionali, non programmate e imprevedibili, come nel caso di una pandemia o di un conflitto. L’obiettivo prioritario, per l’Inps, è quindi di consentire al lavoratore migrante di affrontare con maggiore tranquillità il trasferimento e l’inizio di una nuova attività lavorativa altrove, con tutte le garanzie tipiche previste in Italia, e di evitare che possa sentirsi, o sia, lavoratore di “serie b” rispetto ai lavoratori originari del paese ospitante. Ecco perché la portabilità dei diritti previdenziali rappresenta un elemento di giustizia sociale irrinunciabile”.

Per la Dott.ssa Delfina Licata, della Fondazione Migrantes, in un’Italia sempre più spopolata e longeva, la mobilità continua ad essere abitata sia come elemento strutturale che lega a dinamiche nazionali tradizionali, sia come elemento nuovo che porta sempre più giovani annualmente a partire (il 42% delle partenze annuali per la sola motivazione espatrio riguarda giovani tra i 18 e i 34 anni). Eppure, gli anziani, tra gli italiani e le italiane in mobilità, continuano ad avere un ruolo da protagonisti: il 21,2% dei 6 milioni di connazionali residenti stabilmente e ufficialmente all’estero ha più di 65 anni. Le donne sono il 52,2%. L’analisi degli anziani italiani iscritti all’AIRE porta a fare un salto all’indietro di circa venti anni: è evidente, ad esempio, il protagonismo del continente americano, soprattutto dell’America Latina, con Argentina e Brasile che sono i paesi con il numero maggiore di anziani residenti. Il 52,2%  proviene dal Meridione, più esattamente da Sicilia, Campania, Calabria. La nostra attuale mobilità è, invece, euroamericana e le regioni più dinamiche risultano Lombardia e Veneto.

Il Dr. Vito La Monica, Direttore centrale Pensioni Inps, ha approfondito il tema delle pensioni pagate all’estero.  L’insieme dei pagamenti delle pensioni all’estero – a gennaio 2022 oltre 317.000 – includono non solo quelli riferiti alle prestazioni in regime di totalizzazione internazionale, ma anche a quelle liquidate sulla base di sola contribuzione italiana. Complessivamente questo aggregato rappresenta il 2,3% del totale delle pensioni erogate dall’Istituto e si distribuisce su circa 160 Paesi.

 

 

 

Con riferimento al trend quinquennale, si registra un decremento di oltre il 6%, dovuto essenzialmente alla riduzione dei pagamenti pensionistici in Aree continentali di “antica migrazione”, quali: Nord e sud America e Oceania. Ma nelle altre Aree il trend è costantemente in crescita. Da un punto di vista tendenziale, i dati interessanti sono quelli che riguardano l’incremento del numero dei pagamenti di pensioni in Europa (+4,3%), e la forte crescita di quelle pagate in America centrale, in Asia e in Africa (rispettivamente + 38,9%, + 34,9% e +30,3%).

Oggi l’Inps sta provvedendo a liquidare soprattutto le pensioni della generazione di coloro che sono emigrati dopo il secondo dopoguerra. Molte di queste sono diventate pensioni di reversibilità, destinate a ridursi nel tempo, come, ad esempio avviene soprattutto per quelle destinate in America meridionale, dove le pensioni di vecchiaia rappresentano solo il 37% e quelle ai superstiti sono oltre il 60%, con un’età media molto elevata. Pertanto, nei Paesi che, in passato, hanno rappresentato le mete di milioni di italiani, le comunità di pensionati connazionali registrano un trend in forte decremento, mentre è iniziata la liquidazione di pensioni di “nuova generazione” in nuove località.

Qui di seguito il confronto tra le pensioni dirette e quelle ai superstiti pagate nella sola Europa:

 

 

Le pensioni all’estero sono destinate sia a italiani che a stranieri che in Italia hanno maturato una pensione o una quota parte di questa che viene liquidata in regime di totalizzazione.

 

 

Le pensioni pagate all’estero – dettaglio nazionalità

Area continentale

Totale

Italiani

Stranieri

% stranieri su totale

Europa

183.795

125.529

58.266

31,7%

Africa

4.055

3.194

861

21,2%

Asia

2.163

690

1.473

68,1%

Oceania

32.921

30.754

2.167

6,6%

America settentrionale

69.768

65.978

3.790

5,4%

America centrale

1.570

909

661

42,1%

America meridionale

22.982

13.670

9.312

40,5%

Totale

317.254

240.724

76.530

24,1%

 

Agli stranieri è destinato il 24,1% del totale delle pensioni pagate all’estero, percentuale che sale in America meridionale e in America centrale, ma soprattutto in Asia. Il trend è in crescita, pari a un generale incremento del 17,4%, e con un picco in America centrale (+72,6%) e in Asia (+44,6%). Diminuiscono invece in America meridionale e settentrionale e in Africa.

 

Quello dei pensionati che decidono di emigrare all’estero è un tema di grande attualità. Questi – ha sottolineato la Dr.ssa Susanna Thomas, della Direzione Centrale Pensioni Inps – che ne ha analizzato le motivazioni che li spingono a lasciare il nostro paese sulla base dei dati raccolti. L’Inps ha iniziato ad analizzare in maniera più puntuale e sistematica l’argomento da 12 anni, da quando il fenomeno è diventato più significativo. In questo lasso di tempo il trend è stato assolutamente incostante, alternando periodi di forte crescita ad altri di decremento. Sicuramente ha inciso la pandemia: fino al 2019 i numeri di chi decideva di trasferirsi altrove si attestavano a circa 5.600 – 5.700 partenze, nel 2020 e nel 2021 si è scesi ad una media di circa 3.600 pensionati, per poi risalire, nel 2022 a oltre 4.600 partenze. L’argomento è stato affrontato partendo dalla distinzione tra pensionati italiani e pensionati stranieri. Questi ultimi hanno avuto un trend in forte crescita e nel 2022 hanno rappresentato il 40% del totale dei pensionati che hanno lasciato il nostro Paese. Per quanto concerne i soli pensionati italiani, la prima motivazione analizzata, quella della ricerca di Paesi esotici, non ha avuto alcun riscontro significativo a livello statistico. La seconda motivazione, relativa alla ricerca di paesi che offrono vantaggi economico – fiscali non è del tutto soddisfacente perché, a parte la Spagna, le altre destinazioni registrano arrivi poco consistenti dal punto di vista statistico e soprattutto è basso il numero delle donne che vi si sono trasferite. Queste in particolare scelgono come mete la Svizzera, la Germania, la Spagna, gli Stati Uniti, il Canada, l’Australia, la Francia, il Belgio e in parte la Gran Bretagna. Conteggiando anche gli uomini, questi sono i Paesi che insieme risultano i più significativi dal punto di vista statistico. La caratteristica di questi paesi è quella di aver accolto i giovani lavoratori italiani. I pensionati italiani che vi si sono trasferiti sono i genitori di coloro i quali hanno trovato lavoro e si sono stabilizzati in questi paesi numeri peraltro sottostimati, in quanto non tutti trasferiscono la residenza dall’Italia, volendo mantenere l’assistenza sanitaria italiana. Segnala, infine, che la Spagna non attira solo pensionati attratti dai vantaggi delle isole Canarie, ma anche molti genitori perché è un paese che ha accolto e continua ad accogliere numerosi giovani lavoratori italiani. Conclude, pertanto, che per contenere il fenomeno delle migrazioni di pensionati la soluzione migliore è far rientrare i giovani lavoratori in Italia.

 

Lo storico delle migrazioni, Prof. Toni Ricciardi, si è soffermato sul dimostrare come le direttrici migratorie di ieri spieghino le pensioni di oggi. L’analisi è partita dal ricordare la stagione degli accordi in emigrazione che l’Italia siglò con molto paesi all’epoca e principalmente con Stati europei, a partire dal 1946 con il Belgio, 1947 con la Francia, fino a toccare i due accordi che ne segnarono la storia migratoria del secondo dopoguerra, Svizzera nel 1948 e Repubblica Federale Tedesca nel 1955. Questa fase della storia dell’emigrazione italiana è stata caratterizzata dagli accordi, dalla stagionalità della permanenza, dai progetti migratori che ne mutarono la durata e l’essenza della Provincia italiana dalla quale i flussi principali provennero. Il rapporto con i luoghi d’origine, con i luoghi della partenza, non fu solo testimoniato durante gli anni dell’emigrazione attraverso le rimesse che, in molte realtà territoriali, rappresentarono i primi momenti di modernità e cambiamento. Infine, è stato affrontato il case studies della Svizzera, primo paese erogatore di pensioni in Italia, quasi 2 miliardi l’anno dal quale sono rientrate quasi 300mila persone. Da questo punto di vista è stato interessante notare come la presenza nella Confederazione, dove ancora oggi vive la terza comunità italiana nel mondo (700mila), abbia interessato significativamente la provincia italiana. Infatti, in province come Avellino, Bergamo, Catania, Catanzaro, Como e Lecce, la percentuale sul totale delle pensioni erogate da Inps, non scende mai al di sotto del 54%, a testimonianza dell’impatto che la migrazione ha avuto ieri, con le partenze, e oggi con i ritorni che contribuiscono in molti casi a mantenere in vita minuscoli comuni della penisola italiana.

 

 

Gli emigrati italiani sono stati e sono una risorsa per il nostro Paese? L’erogazione delle pensioni all’estero produce la dispersione di consistenti mezzi finanziari che, anziché entrare nel ciclo economico del nostro Paese e contribuire a produrre nuova ricchezza, sostengono il sistema economico dei Paesi di residenza dei pensionati? Oppure i nostri emigranti, che hanno conseguito all’estero trattamenti previdenziali per importi di gran lunga superiori alle pensioni italiane pagate all’estero, garantiscono un afflusso nel nostro sistema economico di consistenti erogazioni dall’estero? È quanto ha analizzato il Dr. Daniele Russo, dirigente della Direzione Centrale Pensioni Inps, avvalendosi di una survey elaborata dall’Inps ed inoltrata alle Istituzioni previdenziali estere per conoscere il numero e gli importi delle pensioni che erogano in Italia. Operando il confronto con alcuni Paesi sul numero di pensioni che questi erogano nel nostro territorio e che al contrario l’Inps paga nel loro si è rilevato che i Paesi che storicamente hanno rappresentato le mete privilegiate dei migranti italiani e che sono vicini ai luoghi di origine, come Germania, Francia, Svizzera, Belgio, ma anche Olanda e Austria, sono quelli che pagano un rilevante numero di pensioni in Italia, a coloro, cioè, che, conclusa l’esperienza lavorativa all’estero, hanno deciso di far rientro nei nostri confini. Al contrario, in quelli più lontani, come Australia, Stati Uniti e Canada, dove gli italiani migrati hanno preferito rimanere perché la lontananza ha contribuito a ridurre i legami con il nostro Paese, l’Inps registra un consistente numero di pensioni da pagarvi.

 

 

 

 

 

 

 

Le conclusioni sono state affidate a Mons. Giancarlo Perego, Presidente della Fondazione Migrantes e della Commissione Cei per le Migrazioni che ha sottolineato come la migrazione è ormai un fenomeno strutturale che la Fondazione Migrantes studia da anni attraverso alcune ricerche come il Rapporto Immigrazione (realizzato con Caritas Italiana), il Rapporto Italiani nel Mondo sul fenomeno dell’emigrazione italiana e il Rapporto Asilo. Il tema migratorio è sempre al centro del dibattito pubblico spesso con una narrazione non conforme alla realtà e che porta a farlo diventare capro espiatorio del disagio sociale che si avverte nelle nostre città. Si registra una certa stanchezza soprattutto nelle fasce più bisognose e che imputando le cause ad una immigrazione irregolare. Questo è causa, spesso, di fatti che finiscono sulle pagine di cronaca dei giornali. 

Tra la Fondazione Migrantes e l’Inps si è istaurata, da anni, una collaborazione che porta, con studi ed eventi come questi, a incidere nel dibattito culturale di oggi. Non servono, comunque, solo le statistiche e gli studi che rimangono nascosti nei cassetti. Questi studi e ricerche, devono arrivare sulle scrivanie dei decisori politici e soprattutto è necessario che affianchino le istituzioni, le indirizzino per giusti e nuovi percorsi di lavoro per e con i migranti. Il passaggio dallo studio all’azione è fondamentale, ma di difficile realizzazione se non si conviene a uno sforzo collettivo nell’interesse del benessere comune. Ed è quello proponiamo di fare ancora una volta oggi riconfermando la collaborazione tra Inps e Fondazione Migrantes.

 

È seguita poi una Tavola Rotonda su Pandemia, guerra e movimenti migratori alla quale hanno partecipato Micaela Gelera, Commissario straordinario dell’Inps, mons. Gian Carlo Perego, Presidente della Fondazione Migrantes, e Luigi Maria Vignali, Direttore generale per gli italiani all’estero e le politiche migratorie del MAECI.

 

 

Privo di virus.www.avast.com




Vasco Electronics celebra la Giornata Internazionale del Turismo promuovendo viaggi senza barriere linguistiche

a Giornata Internazionale del Turismo, celebrata ogni anno il 27 settembre, è stata un’occasione speciale per riflettere sull’importanza del turismo e dei cambiamenti che ha subito nel corso degli anni, divenendo un fenomeno importante a livello economico e sociale, grazie al suo importante ruolo nel favorire scambi e dialoghi tra culture diverse. Viaggiare per immergersi nelle culture locali è un desiderio sempre più diffuso, un numero crescente di persone sceglie di visitare mete fuori dai circuiti turistici convenzionali, con l’obiettivo principale di immergersi completamente nella cultura locale e stabilire un legame profondo con il territorio visitato.
 
A questo proposito, tra i compagni di viaggio ideali di ogni turista, dal principiante a quello “esperto”, si può citare il traduttore vocale Vasco Translator V4 di Vasco Electronics
 
Tascabile, moderno e di facile uso, permette di tradurre facilmente conversazioni,testi e persino foto supportando fino a 108 lingue per comprendere ed essere compresi da oltre il 90% della popolazione mondiale. Questo dispositivo
può quindi costituire  quindi un alleato indispensabile per superare le barriere linguistiche e cogliere appieno le sfumature culturali di queste destinazioni inedite, dove sapere l’inglese non basta.   Inoltre, se la preoccupazione principale all’estero è la connessione a Internet, i traduttori universali Vasco Translator dispongono di una SIM integrata per il collegamento Internet illimitato in quasi 200 paesi per usufruire di traduzioni efficaci senza dover cercare hotspot Wi-Fi o sottostare a piani tariffari locali. Il traduttore Vasco V4 è pensato per diverse tipologie di viaggiatori, da quelli che partono all’avventura “zaino in spalla”, a quelli appassionati di vacanze tutto compreso, dai giovani alle prese con le prime esperienze di viaggio, a quelli più esperti, tutti accomunati dalla passione per l’esplorazione e la curiosità di conoscere nuove culture.
Superando le barriere linguistiche, questo strumento apre le porte a un’esperienza di viaggio autentica, consentendo di stabilire connessioni profonde con le persone e le tradizioni e incentivando così un nuovo modo di viaggiare e vivere il turismo.
Per conoscere le ultime novità di Vasco Electronics e scoprire da vicino i suoi rivoluzionari traduttori vocali è possibile visitare www.vasco-electronics.it
 
Vasco Electronics
 
Nelson Mandela diceva “Se parli a una persona in una lingua che capisce, arriverai alla sua mente. Se le parli nella sua lingua, arriverai al suo cuore”.
Vasco è un’azienda internazionale specializzata nella progettazione di traduttori elettronici realizzati con tecnologia di ultima generazione, che consentono di comunicare in oltre 70 lingue. Convinta che la comunicazione sia la chiave per rendere migliore il nostro pianeta, l’azienda si è posta l’obiettivo di far dialogare e comprendere reciprocamente le persone. Con questo pensiero a mente,progetta i traduttori elettronici avendo a cuore il benessere della società. Con sede negli Stati Uniti e in Polonia, Vasco ha uffici commerciali in tutto il mondo: Germania, Francia, Italia, Spagna, Regno Unito, Giappone e Indonesia.

Privo di virus.www.avast.com




Caro vita, al via da oggi il trimestre anti inflazione: negli esercizi che hanno aderito prodotti a prezzo calmierato

Al via a partire da oggi 1 ottobre, il Trimestre Anti-Inflazione, a cui hanno già aderito oltre 23mila punti vendita in tutta Italia. Molte saranno le adesioni che giungeranno nei prossimi giorni, in particolare dal commercio al dettaglio e dalle singole attività commerciali.

L’iniziativa promossa dal Mimit, che ha l’obiettivo di tutelare il potere d’acquisto dei cittadini e delle famiglie, – ricorda una nota del ministro – durerà fino al 31 dicembre: i punti vendita aderenti presenti sul territorio nazionale proporranno a prezzi calmierati una vasta gamma di prodotti di prima necessità, alimentari e non, per l’infanzia e di largo consumo – che saranno determinati dalle aziende e dalle catene distributive – con l’impegno a contenere e non aumentarne i prezzi nel periodo di riferimento.

Un vero e proprio “paniere tricolore” che verrà messo a disposizione dei consumatori, attraverso iniziative come prezzi fissi, promozioni, prodotti a marchio del distributore, carrelli a prezzo scontato o unico. Gli esercizi aderenti proporranno i prodotti a prezzo calmierato rendendoli facilmente riconoscibili ai consumatori attraverso l’esposizione negli esercizi commerciali e sugli scaffali del logo del “Trimestre Anti-inflazione”: un carrello della spesa tricolore.

L’elenco dei punti vendita che aderiscono al Trimestre Anti-Inflazione, suddivisi per provincia, è consultabile al sito https://mimit.gov.it/it/anti-inflazione.




Riciclo, con la produzione di alluminio l’Italia è leader in Europa

“Riciclo Alluminio: Italia leader in Europa. Rischi e opportunità nei nuovi scenari economici e normativi”, questo il titolo della conferenza tenutasi a Roma, presso l’Associazione della Stampa Estera e condotta da Andrew Spannaus, consigliere delegato Stampa Estera sede di Milano,, indetta da CIAL, il Consorzio Nazionale Imballaggi Alluminio con l’obiettivo di rendere noti i risultati derivati dall’attività di recupero degli imballaggi di alluminio giunti al termine del loro ciclo di vita – provenienti dalla raccolta differenziata effettuata dai singoli Comuni – e mettere in luce l’efficacia e il virtuosismo del modello italiano, in atto dal 1997. L’incontro ha fornito anche l’occasione per presentare i risultati del recente dossier ‘Miniere Urbane’ condotto da Duccio Bianchi – studioso di politiche ambientali – che evidenzia per il prossimo futuro un deciso trend di crescita a livello globale dell’utilizzo di alluminio, sia primario sia da riciclo. Roberta Niboli, già Presidente di Assiral-Associazione dei raffinatori di Alluminio, ha inoltre evidenziato il contributo fornito dall’industria del settore di riferimento al processo di decarbonizzazione.
 
Partiamo da un dato: in Italia nel 2022 è stato avviato a riciclo il 73,6% degli imballaggi in alluminio immessi sul mercato (ovvero 60.200 tonnellate): un traguardo che ha già consentito di superare abbondantemente gli obiettivi comunitari fissati per il 2025 (50%) e il 2030 (60%).
 
L’efficienza del sistema italiano è ancor più evidente se si analizza lo spaccato del tasso di riciclo per le sole lattine in alluminio per bevande, pari al 91,6% per il 2022. Un risultato da record, in linea con quello dei paesi i cui sistemi sono basati sul deposito cauzionale e di gran lunga superiore al tasso medio di riciclo europeo del 73%.  “L’alluminio è il material condiviso per eccellenza.” ha esordito Giusi Carnimeo, Direttore Generale CIAL “Qualsiasi prodotto, al termine del suo ciclo di vita, ha di fronte due strade. O viene dismesso e successivamente smaltito, oppure – se possibile – viene recuperato e successivamente riciclato o riutilizzato. Da questo punto di vista l’alluminio è un materiale con caratteristiche intrinseche straordinarie. Impiegato per realizzare milioni di prodotti è riciclabile al 100% e all’infinito. È infatti in grado di conservare in eterno le sue proprietà strutturali. Basti pensare che oltre il 75% dell’alluminio da sempre prodotto è tutt’ora in circolo.”Da sempre CIAL si fa portavoce di un concetto evoluto di sostenibilità, basato sulla cooperazione fattiva di tutti gli attori coinvolti nella filiera, dalle imprese, alla pubblica amministrazione, ai cittadini affinché concorrano al raggiungimento dei più sfidanti traguardi nei moderni modelli di produzione, consumo e riciclo. È una questione di responsabilità circolare”.
 
Il nostro Paese è un esempio particolarmente virtuoso: il 100% della produzione italiana di alluminio proviene dal riciclo
 
In chiave verde non è cosa da poco. La produzione di alluminio da riciclo rispetto a una produzione ex novo permette infatti un risparmio energetico di circa il 95% ed evita emissioni serra pari a 423mila tonnellate di CO2. Grazie alla leggerezza del materiale, inoltre, l’imballaggio in alluminio rappresenta solo lo 0,5% del peso dell’imballaggio complessivo immesso sul mercato. Parliamo infatti di 81.800 tonnellate (lattine, vaschette, scatolette, bombolette, tubetti, foglio sottile, ecc.) su un totale di oltre 14.500.000 tonnellate complessive derivate dai sei principali materiali di imballaggio. Questo perché, negli ultimi 20 anni, il comparto globale dell’imballaggio in alluminio è stato caratterizzato da una costante evoluzione in chiave ambientale tesa a ridurre lo spessore e di conseguenza il peso (misurabile in grammi). Un esempio può servire a rendere l’idea. Grazie alla ricerca, il peso di una lattina per bevande da 33 cl è passato dai 14g del 2000 ai 12,2g attuali, con un calo del 12%. Per la tutela dell’ambiente, sono grammi ‘pesantissimi’ che, moltiplicati per i milioni di lattine prodotte ogni anno, si trasformano in tonnellate risparmiate in fase di produzione.
 
Un nuovo Regolamento UE, tra rischi e opportunità – A novembre 2022 la Commissione Europea ha presentato una proposta di Regolamento, noto come PPWR (Packaging and Packaging Waste Regulation), che indica nuovi parametri operativi e nuovi obiettivi in tema di imballaggio e di smaltimento dei rifiuti da imballaggio. L’obiettivo è aumentare la circolarità dei prodotti puntando sul riutilizzo del packaging a scapito del riciclo. “Pur condividendo la finalità di prevenire la produzione di rifiuti di imballaggio, preoccupa che gli obiettivi di riutilizzo, in particolare quelli per alimenti e bevande, manchino di solide analisi scientifiche prodotto per prodotto. Riteniamo che l’approccio più equilibrato e adatto per ottimizzare la sostenibilità ambientale dell’uso degli imballaggi sia quello di consentire agli Stati membri di bilanciare caso per caso la scelta della migliore soluzione tra riutilizzo e/o riciclo preservando sia l’obiettivo principale del Regolamento sia la vocazione – anche infrastrutturale – del singolo Stato membro. Gli obiettivi del PPWR sono ovviamente condivisibili. Non è però una questione di finalità, ma di metodo. Il riciclo, alla base del nostro sistema nazionale di gestione dei rifiuti da ormai 25 anni, ha permesso che in Italia sia stato possibile raggiungere risultati eccellenti”, conclude Giusi Carnimeo.
 
In Italia si privilegia il riciclo di qualità attraverso la raccolta differenziata che, da più di 25 anni, è estesa a tutte le tipologie di imballaggi in alluminio, non solo a quelle più redditizie e facili da raccogliere. È questa la differenza tra il cosiddetto “closing loop”, dove una singola tipologia di imballaggio viene raccolta in maniera selettiva e riciclata per ottenere lo stesso prodotto e il “metal to metal loop” che caratterizza il modello italiano e che prevede la raccolta e la massimizzazione del recupero di tutte le tipologie di imballaggi, e un (ri)utilizzo allargato dell’alluminio riciclato, senza limiti applicativi. La proposta del Regolamento nella sua struttura attuale impone soluzioni che non tengono conto delle strade già percorse, spesso con ottimi risultati, dai singoli Stati. Nel caso dell’Italia, non solo l’intero sistema che coinvolge imprese, lavoratori e tecnologie è stato costruito con successo sul riciclo, ma è stato finora possibile raggiungere con anni di anticipo gli obiettivi di riciclo sui singoli materiali di imballaggio imposti dalle attuali normative europee emanate in forma direttiva.
 
Un ‘tesoro’ per la transazione ecologica – Duccio Bianchi, consulente e ricercatore in materia di pianificazione ambientale e di gestione dei rifiuti, autore del dossier ‘Miniere Urbane’ recentemente pubblicato, pronostica che “entro il 2030, la domanda globale di alluminio aumenterà di quasi il 40% passando dalle attuali 86,2 Mt a 119,5 Mt. E tale crescita sarà in buona parte trainata dalla transizione ecologica. Ad esempio, nel settore automobilistico e più in generale nei trasporti, l’ormai inarrestabile processo di elettrificazione comporterà un crescente impiego di componenti in alluminio. Di pari passo lo sviluppo del fotovoltaico (i pannelli sono costituiti per l’88% da alluminio) determineranno una domanda di alluminio aggiuntiva pari a circa 10 Milioni di tonnellate annue”.Lo studio di Bianchi sottolinea inoltre che in Europa ben il 79% dell’alluminio post-consumo è riciclato (era il 65% del 2005) e che gli scarti pre-consumo hanno un tasso di riciclo poco meno che totalitario. Ma un incremento a livello globale di alluminio da riciclo è comunque fortemente auspicabile. Anche per motivi ambientali. Si tenga infatti presente che la produzione di alluminio primario ha un importante impatto ambientale. A fronte di emissioni di CO2 pari a 0,5 t per ogni tonnellata di alluminio secondario, la media mondiale della produzione primaria è di circa 17 t di CO2 (ovvero 34 volte quella dell’alluminio secondaria).
 
Italia leader nella produzione di alluminio da riciclo – Il nostro Paese è il primo produttore europeo di alluminio riciclato, sia per quantità di produzione sia in termini di rottame impiegato. Nel 2021 la produzione nazionale di alluminio secondario ha raggiunto i massimi storici, raggiungendo quota 954 mila tonnellate. Ma la strada è ancora migliorabile: incrementando la massa complessiva del materiale raccolto e riducendo le ‘perdite di materiale’. Conti alla mano, lo studio evidenzia infatti che, a fronte di una potenziale presenza di circa 167 mila tonnellate di alluminio nei rifiuti urbani, vi è una ‘perdita’ di alluminio – apparentemente non riciclato o recuperato – di circa 65 mila tonnellate, poco meno del 40% del totale. È soprattutto sul versante ‘rifiuti ingombranti’ che esistono i maggiori spazi di miglioramento. “Basti pensare che dalla gestione dei rifiuti ingombranti, cui affluiscono circa 60 mila tonnellate di alluminio, si recuperano oggi meno di 1.500 tonnellate di alluminio a causa dell’assenza (o della impropria gestione) dei dispositivi di cattura dei metalli non ferrosi.” conclude Duccio Bianchi.
 
Il contributo dell’industria dell’alluminio alla decarbonizzazione – Per quanto concerne il settore dell’alluminio proveniente da raffinazione, l’Italia primeggia in Europa da oltre 10 anni (escluso il biennio 2017-2018). Ne produciamo ben 717 mila le tonnellate (contro le 473 mila della Germania e le 300 mila della Spagna). Questo il primo dato evidenziato da Roberta Niboli, già Presidente di Asssiral, Associazione Italiana Raffinatori Alluminio.
 
Dal punto di vista dell’ambiente il dato è importante, visto che l’alluminio da riciclo richiede il 95% di energia in meno rispetto all’alluminio primario da bauxite.
 
È quello dei trasporti, il principale settore di destinazione delle leghe di alluminio (70%) seguito dalla meccanica (12%), dall’elettromeccanica (8%) e dall’edilizia (7,5%). Con le ulteriori esigenze di alleggerimento, lo stimolo verso l’elettrificazione e l’aumento della quota di veicoli più grandi e di fascia alta, il contenuto di alluminio nei veicoli aumenterà nei prossimi anni. Così come aumenterà in tanti altri settori. È dunque evidente che il rottame di alluminio rappresenti una fondamentale banca energetica. Occorre limitarne l’esportazione proprio per evitare la perdita di una materia prima che può essere facilmente recuperata e riutilizzata per creare alluminio con un dispendio di energia molto inferiore rispetto alla produzione ex-novo. L’equazione è semplice: se esportiamo rottame perdiamo energia e anche materia prima disponibile per alimentare l’intera filiera manifatturiera europea.
 
“Se il fine del CBAM – Carbon Border Adjustment Mechanism (che prevede una tassa sul carbonio su alcuni prodotti importati) è quello di tutelare l’industria europea, c’è il rischio che l’Europa, avendo una forte dipendenza per l’alluminio primario da bauxite da Paesi extra-Eu, si ritrovi a pagare costi aggiuntivi sull’import di materiale di cui comunque abbiamo bisogno. Sarà importante a livello europeo sia aumentare la percentuale di riciclo sia la possibilità di avere alluminio primario e le altre materie prime accessibili e a costi che permettano di competere a livello globale.” conclude Roberta Niboli.
 
 
 



Il mercato delle auto usate in Italia nel 2023

La crescita del mercato delle auto usate in Italia sembra confermata anche per il 2023, visto che, secondo i dati provenienti dall’UNRAE (Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri), già nel mese di maggio ha riscontrato un incremento del 9,6% rispetto all’anno scorso. Aggiungendo al calcolo anche le minivolture, ovvero le automobili usate che sono acquistate da concessionarie che offrono il servizio usato, come ad esempio Romana Auto, per essere rivendute al cliente, il dato sale fino a superare il 12%.

Sempre più italiani, quindi, sembrano preferire l’usato, per ragioni di risparmio ma anche di sostenibilità ambientale. Scopriamo di più in merito all’argomento.

Regioni in cui si acquistano più auto usate

Secondo un’analisi di ACI (Automobile Club Italia), rispetto allo scorso anno, nel 2023 in Italia si sono firmati il 9,6% in più di passaggi di proprietà: per l’esattezza, 242.842 nel mese di giugno. Un numero sempre maggiore di persone preferisce l’usato, anche se il bilancio rimane positivo anche sui nuovi acquisti. I dati diffusi da UNRAE, infatti, mostrano che alla fine del mese di giugno 2023 erano già state chiuse più di 138 mila immatricolazioni, con un incremento, anche qui, del 9,2% rispetto al 2022.

La crescita del mercato delle auto usate in Italia però risulta più esponenziale rispetto al trend degli ultimi anni, che vede sempre in testa per numero di trasferimenti la Lombardia (+15,6%). A seguire troviamo il Lazio, che vede una particolare concentrazione di auto usate Roma, e solo al terzo posto la Campania, che rappresenta anche una delle regioni in cui l’acquisto di veicoli usati risulta più vantaggioso in termini economici.

Auto usate più comprate nel 2023: tipologie e modelli

Anche i dati sulle tipologie e i modelli di auto usate più acquistati dicono molto sulla situazione odierna nazionale e internazionale. I trasferimenti di macchine alimentate a metano hanno subito un drastico calo, a seguito degli aumenti del costo del gas a cui il Paese è stato soggetto negli ultimi tempi.

Al contrario, rispetto all’anno scorso c’è stato un incremento del 4% sulla vendita di auto elettriche usate: l’attenzione alla sostenibilità e a fare scelte più green è una realtà sempre più diffusa. E ce ne accorgiamo anche da altri dati: continuano ad essere le più scelte le auto alimentate a diesel e benzina, ma l’incremento maggiore si è riscontrato per i veicoli ibridi.

Per quanto riguarda le tipologie più acquistate, invece, al primo posto troviamo i SUV, le utilitarie sportive: con la loro combinazione di design, praticità e prezzo, restano ancorate al podio. Anzi, aumentano il distacco passando dal 35% del 2022 al 42,8% di quest’anno.

A seguire crossover e berline, mentre con un distacco piuttosto definito troviamo più in basso le station wagon e le monovolume. Solo dopo arrivano le city car.

E quali sono i modelli di auto usate più richiesti, invece? Fiat rimane in testa con la Panda, mentre a completare il podio troviamo la Renault Clio e la Toyota Yaris.




Caro energia, arrivano i bonus del governo Meloni

Bonus sociale sulle bollette rafforzato con un contributo extra che sale con il numero dei figli.

Bonus benzina per i beneficiari della social card. E ancora, per il gas conferma degli oneri azzerati sul gas e Iva agevolata al 5%, mentre cambiano i sostegni per le imprese energivore.

Arriva con queste misure l’intervento che stanzia 1,3 miliardi per aiutare le famiglie contro il caro-energia anche nel quarto trimestre.

Cambia invece volto la sanatoria sugli scontrini, fortemente contestata nei giorni scorsi: ci si potrà mettere in regola ricorrendo all’istituto del ravvedimento operoso. Un intervento, fanno sapere dall’esecutivo, che consentirà di salvare 50mila esercizi.

Il nuovo decreto energia varato in un consiglio dei ministri lampo, interviene in sostegno soprattutto delle famiglie in difficoltà. Al posto del bonus riscaldamento annunciato a marzo, si rafforza il bonus sociale destinato ai nuclei con Isee fino a 15mila euro: per i tre mesi da ottobre a dicembre riceveranno un contributo straordinario crescente in base al numero dei figli. Inoltre gli 1,3 milioni di nuclei (sempre con Isee massimo di 15mila euro) che hanno la social card ‘Dedicata a te’ potranno usarla oltre che per pagare i beni di prima necessità anche per fare benzina: un bonus di 80 euro a famiglia, con uno stanziamento complessivo di circa 100 milioni. Per il gas viene confermato l’azzeramento degli oneri di sistema e l’Iva agevolata al 5%. Arriva il rifinanziamento del bonus trasporti per acquistare l’abbonamento dei mezzi pubblici. Ma non di sola energia si occupa il decreto.

L’ultima bozza circolata, ridotta rispetto alle precedenti, proroga anche i termini per aderire ai mutui per gli under36, mentre saltano le proroghe per le cripto-attività e l’abilitazione scientifica. Una norma interpretativa esclude inoltre che nel passaggio da Alitalia a Ita ci sia continuità fra le due aziende. Chiuso il provvedimento energia ora l’attenzione del governo si sposta sulla manovra.

L’attesa è per la Nota di aggiornamento al Def, che definirà la prima cornice delle risorse e darà una prima idea delle misure che potranno vedere la luce nel 2024. Il cdm che esaminerà il documento, inizialmente convocato per giovedì, è stato anticipato a mercoledì. L’osservato speciale è l’indebitamento 2024, da cui si capirà lo spazio in deficit che il governo si apre per la manovra. Per metterlo nero su bianco però, l’esecutivo attende il responso di Eurostat sul Superbonus, che a questo punto potrebbe essere in dirittura d’arrivo. Il 3,7% fissato nel Def ad aprile dovrebbe essere rivisto al rialzo di qualche decimo di punto, comunque entro la soglia del 4%.




Ryder Cup di Roma, è boom di prenotazioni per gli alberghi a 5 stelle della Capitale

Boom negli alberghi di Roma e provincia, in particolare di quelli a cinque stelle e prezzi senza controllo per un indotto che potrebbe raggiungere un valore pari a un miliardo di euro.

Magia e valore economico della Ryder Cup di Roma, il Mondiale di golf al via che si prospetta come un evento molto ricco che allo stesso tempo vuole lasciare un’eredità altrettanto importante sul territorio che ospita la gara di golf più attesa ed importante del mondo. Evento sportivo a cinque stelle e opportunità per inserire Roma nel circuito del turismo tematico, quello appunto legato al golf.

Per una settimana i giocatori e gli appassionati di golf prenderanno d’assalto il Marco Simone Golf e Country Club di Guidonia, alle porte della capitale, per assistere alla sfida tra golfisti europei e americani: una settimana di eventi che culminerà con la gara vera e proprio in programma dal 29 settembre al 1 ottobre. I numeri fanno sognare: il percorso potrà ospitare fino a 50mila persone al giorno, mentre le tribuna della buca 1 ha una capienza di 4.800 persone. Inutile però cercare un biglietto all’ultimo momento: sono già andati venduti tutti
nelle prime 36 ore in cui sono stati messi a disposizione. La mole di richieste ha spinto la Ryder Cup Europe a effettuare un sorteggio per soddisfare il più possibile le richieste giunte da 140 Paesi. La formula prevedeva abbonamenti settimanali (che partono da 1000 euro) e vari gradi di ospitalità. In Italia per l’evento verranno appassionati da 85 nazioni: i più rappresentati sono Usa, Gran Bretagna, Irlanda, Germania e ovviamente l’Italia.

Gli hotel della zona sono esauriti da tempo, alcuni già da un anno, con i prezzi che sono esplosi. In particolare gli alberghi a cinque stelle sono tutti pieni e prenotati da oltre un anno. Per l’ospitalita’ di una settimana, alcune famiglie a Tivoli hanno investito circa 5.000 euro. Stesso discorso per i ristoranti, alcuni sold out da mesi e pronti a stupire gli appassionati giunti a Roma per seguire la Ryder con menu e iniziative a tema golf. Gli organizzatori prevedono un indotto che può arrivare al miliardo di euro. Numeri così alti sono giustificati dal fatto che l’evento sportivo è molto seguito nel mondo anglosassone al punto da collocarlo al terzo posto tra i più visti dopo le Olimpiadi ed i Mondiali di calcio. Per questa edizione si stima che circa 800 milioni di spettatori da tutto il mondo guarderanno l’evento. E’ la terza volta che l’Europa continentale ospita la Ryder Cup, dopo la Spagna nel 1997 e la Francia nel 2018. Oltre settemila saranno le persone che lavoreranno all’evento di cui 1.600 volontari, mentre hanno raggiunto quota 39 i broadcaster coinvolti. Nel Media Centre del Marco Simone Golf & Country Club ci saranno circa 450 giornalisti ma, se si considerano i broadcaster, il numero complessivo degli operatori media sarà di circa 900 persone. Il tutto per un ‘Mondiale di golf’ che che sarà trasmesso e visto in almeno 180 Paesi. Di sicuro la Ryder Cup lascerà in eredità a Roma il raddoppio della Tiburtina, un’opera infrastrutturale attesa a lungo e che proprio ieri è stata inaugurata.




Auto elettriche,acquisti in aumento +20%

l mese di agosto si è chiuso in modo positivo per il mercato europeo dell’auto, grazie al forte balzo delle elettriche.

In Ue, Paesi Efta e Regno Unito – secondo i dati diffusi oggi dall’Acea – sono state immatricolate 904.509 auto, il 20,7%in più dello stesso mese del 2022.

Nei primi 8 mesi sono state vendute 8.516.943 auto, in crescita del 17,9% sull’analogo periodo del 2022. Le immatricolazioni di auto elettriche nell’area sono state in agosto 165.165, in aumento del 118,1% con una quota del 21%. Tutti i mercati tranne Malta (-22.6%) hanno registrato una crescita a doppia o tripla cifra, in particolare la Germania (+170.7%). Il gruppo Stellantis ha venduto 145.392 auto nel mese di agosto in Ue, Paesi Efta e Regno Unito, il 6,3% in più dello stesso mese del 2022. La quota di mercato scende dal 18,2% al 16,1%. Nei primi 8 mesi le immatricolazioni del gruppo sono state 1.450.361, in crescita del 4,3% sull’analogo periodo dell’anno scorso, con la quota di mercato al 17% a fronte del 19,2%.  

Promotor, volano elettriche in Europa ma frena domanda privati

“Il mercato dell’Europa Occidentale appare sostenuto dalla domanda delle flotte e dalla domanda di auto elettriche: in agosto hanno toccato quota 196.647 con una crescita di ben il 101,6% rispetto alle 97.556 immatricolazioni dell’agosto 2022”. Lo sottolinea il Centro Studi Promotor. Considerando il periodo gennaio-agosto il tasso di incremento delle auto elettriche – spiega – si ridimensiona, ma rimane comunque molto significativo in quanto è del 53,6% con 1.284.920 auto elettriche immatricolate contro le 836.802 dello stesso periodo del 2022. Ovviamente la domanda di elettriche è fortemente sostenuta da incentivi generosi che in qualche caso scadevano in agosto, il che spiega la forte crescita in questo mese in Germania in particolare. Nel periodo gennaio-agosto la quota delle auto elettriche sulle immatricolazioni è salita al 15,1% contro l’11,6% dello stesso periodo 2022. L’incremento interessa tutti i 31 mercati dell’Europa Occidentale con la sola modesta eccezione di Malta in cui la quota scende dal 14,9% al 14,2%.La quota più elevata è quella della Norvegia (83%), seguita da Islanda (39,9%) e Svezia (37,8%), mentre la Germania registra una quota del 18,6%, il Regno Unito del 16,4% e la Francia del 15,4%. Una delle quote più modeste è quella dell’Italia che, pur crescendo dello 0,3% rispetto al 2022, non va oltre il 3,9%. Peggio fanno solo Polonia (3,5%), Croazia (2,8%), Repubblica Ceca (2,7%) e Slovacchia (2,4%). “La domanda dei privati è fortemente ostacolata da due fattori. Il primo è costituito da incertezze sul tipo di alimentazione per la nuova auto da acquistare legate alla transizione energetica, il secondo è la forte crescita dei prezzi delle auto e l’aumento del costo del denaro che ha determinato significativi incrementi anche del costo del finanziamento per l’acquisto di auto”, commenta Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor.




Mobilità, studio McKinsey: entro il 2035 l’uso di auto private diminuirà notevolmente

Si prevede un calo notevole delle vendite di automobili, che nell’UE diminuiranno di circa il 20% e negli USA del 30% rispetto al 2015

Aumenterà l’utilizzo di mezzi di trasporto pubblico, assieme a nuove opzioni di mobilità condivisa come i servizi di bike o car sharing o i robo-shuttle

Attualmente l’auto privata rappresenta la modalità di trasporto più utilizzata, costituendo il 45% della quota totale di mobilità: secondo il recente report di McKinsey, in tutto il mondo sono in uso 1,3 miliardi di veicoli, di cui molti di proprietà privata. Tuttavia nei prossimi 12 anni si prevede una flessione importante in quanto, pur restando l’auto il mezzo di trasporto preferito, entro il 2035 la quota di mobilità totale a livello globale diminuirà del 15%. Si prevede infatti che le vendite di automobili subiranno, rispetto al 2015, una flessione del 20% nell’UE e del 30% negli USA, comportando quindi un calo delle vendite di circa 1 milione di unità (84 milioni) rispetto agli 85 del 2015. Le auto saranno sostituite da nuove forme di mobilità, più convenienti e sostenibili: si prevede un incremento della micromobilità (e-bike, e-scooter, auto molto piccole), tanto che il valore di questo mercato potrebbe più che raddoppiare nel 2030 raggiungendo i circa 440 miliardi di dollari. Ugualmente, forme di mobilità condivisa come il car sharing o le navette automatiche, già in aumento, potrebbero generare fino a 1 trilione di entrate entro il 2030. Ci sono poi nuove modalità di trasporto come i robo-shuttle che oggi rappresentano l’1% della quota totale di mobilità a livello globale e che entro il 2035 vedranno una crescita del +7%. In Cina, in particolare, è prevista una crescita di questi servizi innovativi del +22%, raggiungendo il 24% della quota totale di mobilità. Nelle grandi città europee invece la tendenza maggiore sarà l’utilizzo del trasporto pubblico tradizionale, potendo raggiungere questo il 35% della quota totale di mobilità nel 2035 rispetto all’attuale 23%.

“In quest’ottica diventa fondamentale integrare le diverse modalità di trasporto, in modo da offrire alle persone scelte diversificate e flessibili per le singole esigenze, incentivando così soluzioni di viaggio più rispettose dell’ambiente e più intelligenti”, sottolinea Edoardo Bevilacqua, Area manager di Mia-Platform, tech company italiana che accelera la creazione di piattaforme e applicazioni digitali anche in ambito mobility. Questi cambiamenti favoriranno l’evoluzione verso una mobilità più intelligente, connessa e soprattutto sostenibile, permettendo per esempio di diminuire le emissioni di carbonio, oltre che il traffico urbano, o di aumentare le aree verdi, ridimensionando invece la percentuale di suolo destinata ai parcheggi. Un’evoluzione, questa, che rispecchia il desiderio dei cittadini di optare per scelte di mobilità più ecologiche e rispettose dell’ambiente: per esempio, se prendiamo in esame l’Italia, secondo quanto riporta il sondaggio realizzato da ANGI Ricerche e Lab21.01, il 51,4% degli italiani è propenso ad utilizzare i mezzi elettrici e quasi il 60% è favorevole alla regolamentazione UE per l’azzeramento della CO2 entro il 2035. Nel 2020, infatti, circa il 20% delle emissioni totali di gas serra a livello globale derivava proprio dai trasporti, con le auto private che contribuivano per oltre il 40% del totale. In quest’ottica i governi stanno cercando di promuovere opzioni più ecologiche: la Commissione Europea ha approvato la Sustainable and Smart Mobility Strategy, un piano di azione compreso all’interno del Green Deal, che mira a ridurre del 90% le emissioni di gas serra nell’UE entro il 2050, prevedendo per esempio il raddoppio del traffico ferroviario ad alta velocità, l’ampliamento di infrastrutture ciclabili e l’aumento di mezzi di trasporto a zero emissioni. Inoltre, tra gli obiettivi della stessa strategia compare anche la realizzazione di una mobilità multimodale connessa, cooperativa e automatizzata, che integra le diverse modalità di trasporto e sfruttando le soluzioni digitali intelligenti.

“I sistemi di trasporto integrati più efficienti combinano architetture IT e piattaforme digitali componibili che riescono ad offrire una mobility experience efficiente e omogenea. I passeggeri possono infatti accedere in tempo reale a percorsi, orari e modalità di trasporto disponibili attraverso applicazioni mobili o display interattivi nelle stazioni. In questo modo ogni cittadino in viaggio può prendere decisioni più consapevoli e scegliere il percorso migliore in base alle proprie preferenze e alle condizioni attuali del traffico”, prosegue Bevilacqua. Dunque da un lato la sfida è costruire piattaforme moderne che facilitino e accelerino l’integrazione all’interno dell’ecosistema di mobilità, dall’altro, includere nel trasporto multimodale offerte complementari provenienti da player esterni al settore della mobilità, sempre al fine di creare un customer journey quanto più completo e fruibile. In questo modo l’azienda di trasporti potrà integrare alla propria offerta di servizi anche prodotti di aziende terze utili ad ottimizzare l’esperienza di viaggio, come l’accesso ai musei, i servizi di noleggio auto, le soluzioni per l’alloggio o la ristorazione. D’altro canto, di fronte a un aumento della collaborazione e integrazione dell’offerta di tutti i player dell’ecosistema della mobilità, si pone la sfida tecnologica di standardizzare i dati per aumentare l’interoperabilità e migliorare la comunicazione fra aziende che talvolta operano in settori diversi. A questo proposito l’Unione Europea ha proposto l’introduzione di diversi standard tecnici per lo scambio di dati al fine di uniformare la comunicazione fra i diversi attori, come ad esempio NeTEx (Network Timetables Exchange) e SIRI (Service Interface for Real-Time Information). A questi, si aggiungono anche standard de facto, adottati attraverso l’uso comune, che sono riconosciuti a livello globale e ampliamente utilizzati nel settore della mobilità, come GFTS (General Transit Feed Specification), GFTS-RT (General Transit Feed Specification Real-Time), TOMP (Transport Operators and MaaS Providers).

“Sarà quindi fondamentale per le transportation company affrontare due particolari sfide tecnologiche. Da un lato, abilitare un’esposizione dei dati corretta ed efficiente in conformità agli standard vigenti verso tutti i player dell’ecosistema, per massimizzare le opportunità di integrazione con i partner anche in modalità self-service. Dall’altro lato, costruire una piattaforma digitale di mobilità integrata evolvibile e componibile, che permetta l’adozione di un approccio omnicanale e faciliti l’integrazione di nuovi canali e servizi digitali, anche da parte di provider esterni al settore della mobilità, per garantire un’esperienza di viaggio sempre più completa e flessibile”, conclude Bevilacqua.




Lavoro: cresce la richiesta delle imprese. Il 48% non trova risposte

Sono 531mila i lavoratori ricercati dalle imprese a settembre, settemila in più rispetto a un anno fa, secondo il Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere con Anpal.

Tra settembre e novembre, le assunzioni previste superano di poco 1,4 milioni, in aumento dell’1,9% rispetto all’analogo periodo del 2022. Continua a crescere al tempo stesso, la difficoltà di reperimento che coinvolge il 48% delle assunzioni programmate delle imprese, in aumento di 5 punti percentuali rispetto a dodici mesi fa. Per molte figure tecnico-ingegneristiche e di operai specializzati tocca quote comprese tra il 60% e il 70%. 

Il quadro delle difficoltà

Le imprese dichiarano difficoltà di reperimento per oltre 252mila assunzioni a settembre, confermando come causa prevalente la “mancanza di candidati” con una quota del 31,7%, mentre la “preparazione inadeguata” si attesta al 12%. Mancano operai specializzati (il 64,2% delle entrate è difficile da reperire), i conduttori di impianti fissi e mobili (53,2%) e le professioni tecniche (49,5%).

Le figure più difficili da trovare sono, secondo il rapporto di Unioncamere, gli attrezzisti, operai e artigiani del trattamento del legno (74,1% e un picco dell’87,7% nel Nord Ovest), gli operai specializzati addetti alle rifiniture delle costruzioni (73,6%), i meccanici artigianali, montatori, riparatori, manutentori macchine fisse e mobili (73,1%) e i fabbri ferrai costruttori di utensili (72%). E’ arduo reperire anche i tecnici della gestione dei processi produttivi di beni e servizi, i tecnici in campo ingegneristico, i tecnici della salute e i tecnici della distribuzione commerciale.

A livello territoriale evidenziano maggiori difficoltà di reperimento le imprese delle regioni del Nord Est, dove il 53,4% del personale ricercato è difficile da trovare, una quota notevolmente superiore a quella registrata nel Sud e Isole (43,5%) e nel Centro (45,9%), mentre il valore nel Nord Ovest (47,4%) si mantiene vicino alla media.

Le assunzioni programmate e la manodopera

Tornando alle assunzioni programmate, il tempo determinato si conferma la forma contrattuale maggiormente proposta con 284mila unità, pari al 53,4% del totale. Seguono i contratti a tempo indeterminato (108mila), i contratti di somministrazione (57mila), gli altri contratti non alle dipendenze (32mila), i contratti di apprendistato (26mila), gli altri contratti alle dipendenze (14mila) e i contratti di collaborazione (11mila).

Tra i settori è in crescita la domanda per servizi alle persone e logistica, mentre aumenta l’incertezza per commercio e turismo. Sale infine il ricorso alla manodopera straniera che passa da 95mila ingressi dello scorso anno, pari al 18,2% del totale entrate, agli attuali 108mila ingressi, pari al 20,4% del totale entrate (+13mila contratti; +13,6%). A ricorrere maggiormente alla manodopera straniera sono i servizi operativi di supporto a imprese e persone (il 35,2% delle entrate programmate è riservato a manodopera straniera), i servizi di trasporto, logistica e magazzinaggio (32,7%), le industrie metallurgiche e dei prodotti in metallo (25,8%), i servizi di alloggio ristorazione e turistici (25,7%) ed infine le industrie alimentari (25,1%).




Tecnologia d’avanguardia per il primo Airbus A220 livrea azzurra che entra nella flotta di ITA Airways

Il primo Airbus A220-300 con livrea “azzurra” entra nella flotta di ITA Airways.  Al termine di una cerimonia di consegna che si è svolta presso lo stabilimento di Airbus dedicato agli A220 a Mirabel, in Canada, alla presenza del Generale Francesco Presicce, Accountable Manager ITA Airways e Chief Technology Officer, di Benoit Schultz CEO Airbus Canada, Head of A220 Programme Office,  Wouter Van Wersch, Airbus Executive Vice President Region e Sales Europe e Walter Garrett, Chief Representative, Technical Asset MGT, l’A220 ha effettuato il ‘ferry flight’ di trasferimento su Fiumicino dove, a seguito delle previste ispezioni dell’Autorità nazionale per la Certificazione e Aeronavigabilità (ENAC), dove inizieranno i voli di linea della Compagnia.
 
Dedicato ad Alessandro Mazzola, leggenda del calcio italiano, l’Airbus A220 è il primo esemplare A220-300 interamente configurato per ITA Airways, con design della cabina firmato da Walter De Silva
 
“Oggi aggiungiamo alla nostra flotta il primo Airbus A220 completamente realizzato secondo il nuovo design di cabina ITA Airways all’insegna del made in Italy – ha dichiarato Francesco Presicce, nuovo Accountable Manager di ITA Airways e Chief Technology Officer – L’A220 consentirà alla compagnia di sviluppare ulteriormente il proprio network nazionale e internazionale e rappresenta un ulteriore passo nella strategia di sviluppo della nuova flotta più sostenibile ed efficiente con tecnologie all’avanguardia che ottimizzano l’efficienza e la qualità del servizio, riducendo significativamente l’impatto ambientale. Presicce ha continuato complimentandosi con il personale di ITA Airways per il grande lavoro effettuato – “Vorrei ringraziare tutta la squadra coinvolta nel progetto – dal Team di Entry into Service alla componente legale, dal team di Aircraft transfer agli equipaggi di volo, dal Team Acquisti alla componente Tax e fiscale per l’impegno profuso. Grazie a tutti loro, e senza dimenticare chi ha collaborato anche “da dietro le quinte”, alla loro grande professionalità e passione, è stato possibile muovere un ulteriore passo verso questo prestigioso, ambizioso e sfidante risultato.” Quindi, Presicce ha voluto partecipare e coinvolgere il fornitore di riferimento – Airbus – sottolineando la necessità di rispettare le tempistiche di delivery con cui ITA Airways potrà disporre dei mezzi con cui esprimere le ambizioni di crescita previste nel Piano Industriale – “I traguardi non possono essere raggiunti se non si instaura un vero e trasparente rapporto con la controparte industriale che deve essere parte dello stesso piano. Ed a loro mi rivolgo affinché si possano gestire in maniera proattiva e costruttiva percorsi virtuosi e collaborativi con cui assicurare sempre di più la bontà del prodotto e la gestione dei ritardi di consegna causati dell’onda lunga post covid: improvviso incremento della domanda e le evidenti difficoltà della supply chain”.
 
Quinto A220-300 ad entrare nella flotta ITA Airways e primo a sfoggiare la livrea azzurra, l’A220 è equipaggiato con elementi innovativi, che rendono l’esperienza di volo comoda, rilassante e piacevole per i passeggeri, grazie ai sedili più ampi, al nuovo lighting personalizzato, ai finestrini più grandi e alle cappelliere più capienti. La cabina offre complessivamente 149 posti ed è configurata nelle classi di servizio Business ed Economy con poltrone in pelle reclinabili firmate Safran, nei toni blue e beige della cabina, dotate di prese elettriche USB. La configurazione della cabina con interni firmati dal designer Walter De Silva sono l’espressione perfetta della identità della Compagnia, riprendono in modo completo lo stile del brand e sono indirizzati alla “customer centricity”.  Nel realizzare gli interni dell’A220 di ITA Airways, il genio di Walter De Silva si è ispirato all’idea di riportare all’interno dell’aereo una sensazione piacevole e allo stesso tempo coerente con la scelta di un viaggio sopra le nuvole. Al centro del concept creativo spiccano elementi come comfort, eleganza, semplicità, ma soprattutto materiali e colori naturali. Il tutto con un unico obiettivo: valorizzare la qualità della vita a bordo, e garantire il massimo benessere dei passeggeri in tutte le fasi del volo. I colori blu e sabbia sono predominanti, come anche l’attenzione ai dettagli, che si ritrovano nel logo ricamato dei poggiatesta, o nella bandiera italiana come elemento di identità. L’A220-300 è inoltre dotato di un sistema di connessione Wi-Fi grazie al quale il “viaggiatore” potrà utilizzare pacchetti modulati in base alle sue esigenze: messaggistica, mailing e streaming. Leggero, silenzioso ed efficiente, l’Airbus A220 ha consumi di carburante ed emissioni di CO₂ per posto inferiori del 25% rispetto alla precedente generazione di aeromobili di corto raggio. E segna un altro importante tassello del Piano di Sostenibilità di ITA Airways che prevede una flotta composta per l’90% da aeromobili di nuova generazione entro il termine di Piano 2023-2027. Grazie alla combinazione tra aerodinamica all’avanguardia, tecnologie e motori di ultima generazione, l’A220 presenta le dimensioni ideali per servire il network nazionale ed europeo e può vantare un’autonomia fino a 3.450 nm (6.390 km). Basato su un design “clean-sheet”, l’A220 è realizzato con materiali avanzati e offre una struttura più leggera e al contempo efficiente dal punto di vista dei costi. È contraddistinto dalla bassa resistenza aerodinamica del muso e del cono di coda e vanta un’aerodinamica ottimizzata delle ali. I motori Pratt & Whitney PurePower® PW1500G di ultima generazione consentono di ottimizzare l‘autonomia e il carico utile a vantaggio dell’efficienza. L’A220 “Alessandro Mazzola” va a consolidare ulteriormente la strategia di ITA Airways che prevede una flotta interamente composta da aeromobili Airbus, 74 attualmente in operativo. Entrerà in servizio sulle destinazioni del corto raggio nella rete nazionale e internazionale da Roma Fiumicino e Milano Linate verso Genova, Torino, Napoli, Ginevra, Zurigo e Monaco.

Privo di virus.www.avast.com