Connect with us

Castelli Romani

Davide Cervia, un mistero custodito negli abissi della Marina Militare: parte l’inchiesta de L’Osservatore d’Italia

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 5 minuti
image_pdfimage_print

Molto difficile trovarsi di fronte ad un foglio bianco con la volontà di fare chiarezza su uno tra i numerosissimi misteri italiani: la scomparsa di Davide Cervia. Una vera e propria impresa dopo oltre 27 anni di silenzio a cui non intendiamo esimerci ma che non vorrei affrontare in solitario.

Un silenzio e solitudine che ha vissuto soprattutto la famiglia di Davide Cervia, la moglie Marisa e i figli Erika e Daniele alle prese con muri di omertà e con tentativi di depistaggio. Un dolore grande con il quale convivere e proprio questo ho per loro il massimo rispetto perché si tratta di una famiglia che cerca di sapere dove è finito Davide. Se è vivo o se non c’è più e chi lo ha fatto sparire strappandolo alla sua famiglia.

 

La scomparsa

Davide Cervia è scomparso misteriosamente nel 1990 dopo un turno di lavoro alla Enertecnel Sud di Ariccia, a circa 15 minuti dalla sua abitazione a Velletri, nella zona dei Castelli Romani in provincia di Roma.

La mattina del 12 settembre del 1990 è uscito di casa presto per recarsi alla Enertecnel Sud di Ariccia, l’azienda dove lavora come perito elettronico, a circa un quarto d’ora di auto. Alle 17, finito il turno, ha salutato i colleghi ed è salito sulla sua Volkswagen Golf bianca per tornare a casa, dove non è mai arrivato. Gli inquirenti hanno parlato subito di allontanamento volontario, anche quando, circa due mesi dopo, un vicino di casa ha dichiarato di aver visto alcuni uomini caricare a forza Davide Cervia su un’auto di colore verde scuro. Posizione mantenuta anche dopo la testimonianza dell’autista di un autobus, che il giorno della scomparsa fu costretto a effettuare una brusca frenata a causa di una Golf bianca e di un’auto verde che non avevano rispettato lo stop e gli avevano tagliato la strada a forte velocità, provenendo da via Colle dei Marmi, dove si trova casa Cervia.

 

La lettera anonima e il ritrovamento dell’auto

Il 1 marzo 1991, una lettera anonima recapitata a “Chi l’ha visto?” ha permesso di ritrovare l’auto di Cervia, parcheggiata a Roma nei pressi della stazione Termini. Un ex commilitone del periodo in cui Cervia era arruolato nella Marina Militare, contattato dalla moglie, ha ipotizzato che la scomparsa sia da mettere in relazione con le conoscenze sulle armi elettroniche che lui aveva acquisito. Dopo il diploma di perito elettronico, nel 1978, all’età di 19 anni, si era arruolato come volontario entrando a far parte come sottufficiale degli addetti agli armamenti tecnologici della nave Maestrale. Nel 1980, inoltre, aveva frequentato il corso di specializzazione che lo aveva qualificato esperto in guerra elettronica con la sigla ETE/GE.

 

La sentenza che non arriva

Il 5 aprile 2000 il caso è stato archiviato dalla magistratura come “sequestro di persona a opera di ignoti” per l’impossibilità di rintracciare i responsabili. I figli Erika e Daniele insieme alla madre Marisa a settembre del 2102 hanno citato a giudizio i Ministeri della Difesa e della Giustizia davanti al Tribunale civile di Roma, chiedendo il risarcimento dei danni subìti “per la violazione di ciò che può definirsi il diritto alla verità”. E ora si attende la sentenza che avrà non pochi colpi di scena ma che forse, proprio per questo motivo, tarda ad arrivare.

Quando si riprende un “cold case” bisogna sempre azzerare la propria mente e scansare tutte le tesi finora costruite. Cercare di andare a fondo alla questione provando a suscitare una reazione in qualcuno che sa o che ha visto qualcosa.

 

Il ruolo della Marina

Ciò che è certo è che la Marina Militare non è stata fin da subito trasparente, neppure nel rivelare. La Marina Militare ha negato per anni la specializzazione di Davide, esperto in guerra elettronica con la sigla ETE/GE. Davide era esperto di un sistema di puntamento Teseo Otomat che veniva installato sulle principali fregate italiane che venivano vendute all’estero, come la Lupo o la Maestrale, dove lo stesso Davide Cervia era stato addestrato e aveva partecipato all’istallazione del Teseo Otomat.

Il fatto è che a negare è stato lo stesso reparto che ha rilasciato all’uomo la specializzazione

Per la Marina Davide era un semplice elettricista ma la famiglia dell’uomo a quel punto, il 12 settembre del 1994, occupò per una decina di ore le stanze del ministero della Difesa, allora diretto da Cesare Previti, ottenendo, dopo un paio di giorni, il foglio matricolare con le specializzazioni dell’uomo. Nel 1998 la Procura generale di Roma  ottenne dal Sismi (Servizio per le informazioni e la sicurezza militare) le note informative, che ipotizzavano il rapimento da parte di stati mediorientali e nordafricani. Per i servizi segreti della Marina militare (Sios), il caso era irrilevante: “I responsabili non ritennero l’episodio più di pertinenza di quell’ufficio”, si legge nella richiesta di archiviazione del fascicolo del 1999.

 

Lo scoraggiamento

Si riparte ad analizzare il caso di Davide Cervia da un sottile scoraggiamento avvenuto da persone senza volto e senza nome. Per loro Davide era un giovane molto buono ed ingenuo, si faceva voler bene. La sua specializzazione all’epoca non sarebbe stata di grande valore e il sistema di puntamento sul quale aveva lavorato Cervia era una roba che conoscevano tutti, forse anche superata. In fondo è stato arruolato solo per un breve periodo. Non conosceva chissà che segreti e noi saremmo degli esaltati a fantasticare su una dietrologia che ci lascia pensare che un organizzazione criminale sia l’artefice della scomparsa di Cervia, sequestrato sei anni dopo il congedo, a poca distanza dall’invasione del Kuwait e dallo scoppio della prima Guerra del Golfo. Insomma c’è un’entità invisibile che tenta di proporre una tesi meno complottistica e invita a seguire altre piste come quella familiare in cui c’era un presunto uomo che avrebbe prelevato chissà che cifra di denaro prima di morire. Insomma dovremmo seguire una pista di usura e problemi familiari. Ma noi preferiamo andare controcorrente.

 

Le intenzioni

Quello che si farà, qui sulle colonne dell’Osservatore d’Italia è raccontare tutto ciò che è possibile. Snocciolare il fascicolo Cervia, scrivere ogni sensazione e particolare che può e deve essere utile per avvicinarci alla verità. Sarà un lavoro lungo ma inizia proprio con questo articolo dopo un primo tentativo di scoraggiamento che ci fa intendere che la volontà di riparlare del caso Cervia è la strada giusta a prescindere dall’esito.

 

Il pezzo di carta

Altro elemento che aggiungiamo in questo pezzo, oltre alla volontà di scoraggiamento, è un documento importante che non possiamo non citare e che inizia a smontare ciò che gli “invisibili” vorrebbero farci credere. Il 4 marzo del 1991 l’allora capitano della compagnia dei Carabinieri di Velletri Marcello Galanzi rilasciò una dichiarazione firmata e timbrata dove scriveva che Davide Cervia dal 22 febbraio 1981 al 9 aprile 1982 ha frequentato presso la società “Elettronica” di Roma in via Tiburtina un “corso di istruzione di secondo livello per personale tecnico della Marina Militare su apparati MM/SçR – 4, MM/SLQ-D e pannello interfaccia. Detto corso frequentato dall’allora Sergente della Marina Militare Italiana abilitava i frequentatori all’uso di sottosistemi di guerra elettronica installati sulle fregate della classe “Maestrale” della Marina Militare Italiana. Il livello di classifica del corso era riservatissimo. Il Cervia, sempre presente alle lezioni aveva superato il corso. Personale dell’Elettronica non hanno saputo specificare se le informazioni acquisite dal Cervia siano o meno appetibili ad organizzazioni segrete o simili precisando che gli apparati della classe Maestrale citati, sono ancora installati sulle navi della Marina Militare Italiana”. Questo è solo un atto dei tanti. Difficile poter credere che Davide era un semplice elettricista. Chi sa parli!

Chiara Rai

VIDEO

Marisa Gentile moglie di Davide Cervia ospite a Officina Stampa del 16/11/2017 per parlare del caso che ha riguardato il marito

Castelli Romani

Montecompatri, neonato morto dopo circoncisione: in manette due donne accusate di omicidio preterintenzionale

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura < 1 minuti
image_pdfimage_print

Indagata anche la mamma del piccolo
 
MONTECOMPATRI (RM) – Sono state fermate dai Carabinieri della sezione Operativa della Compagnia di Frascati e della Stazione di Colonna, su decreto di fermo del Pubblico Ministero della Procura della Repubblica di Velletri, per i reati di omicidio preterintenzionale aggravato ed esercizio abusivo di una professione, due donne nigeriane gravemente indiziate di avere operato l’intervento di circoncisione sul bambino nigeriano morto la mattina del 24 marzo scorso.
 
Anche la madre del bambino è indagata in stato di libertà, gravemente indiziata per concorso in omicidio preterintenzionale. L’autopsia accerterà le cause della morte del bimbo. L’ininterrotta attività di indagine svolta dai Carabinieri, coordinati dalla Procura della Repubblica di Velletri, dal momento in cui il bambino era deceduto, ha consentito di raccogliere gravi elementi indiziari in ordine al fatto che la madre del neonato avesse richiesto per il tramite di una delle due donne l’intervento della seconda al fine di praticare la circoncisione al figlio presso la propria abitazione di Montecompatri; che la seconda donna avesse effettuato l’intervento con l’aiuto della prima. La mattina del 24 marzo scorso la mamma disperata, dopo il malore del bambino, ha chiamato il 112 e ha chiesto aiuto a una pattuglia di Carabinieri della Stazione di Colonna che stava eseguendo un posto di controllo in via Casilina, all’altezza del capolinea della metro C; inutile la corsa in ospedale dell’ambulanza scortata dai Carabinieri. Sono stati sequestrati i cellulari di tutti i coinvolti nella vicenda e, presso l’abitazione della seconda donna, la somma di euro 4.240, ritenuta provento dell’esercizio abusivo della professione, numerose siringhe e medicinali vari. Entrambe le donne fermate sono state tradotte presso la casa circondariale di Roma Rebibbia-Femminile in attesa della convalida.
 

Continua a leggere

Castelli Romani

Colonna, un borgo pieno di strade dedicate alle donne

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 4 minuti
image_pdfimage_print

Il Comune ha deciso di cambiare la toponomastica per ben sei vie cittadine e contrastare così la forte disparità di genere

Ci sono storie di donne che hanno contribuito a rendere ricca di valori la società. Vanno ricordate e il fatto che esistano amministrazioni talmente sensibili da intraprendere un percorso virtuoso in questa direzione è qualcosa che dona speranza e desiderio di coltivare ancora quei valori che un tempo erano molto floridi. Ci sono sei strade dedicate alle donne che si sommano alle altre quattro già esistenti . È  nel piccolo borgo di Colonna ai Castelli Romani che il Comune ha deciso di cambiare la toponomastica per ben sei vie cittadine e contrastare così la forte disparità di genere che, censimento alla mano, esiste nelle titolazioni. 

Da oggi nella cittadina che conta poco più di 4 mila abitanti, troveremo via Rosalia Marazzano, la storica levatrice di Colonna e poi via Rita Atria, la collaboratrice di giustizia che si uccise pochi giorni dopo la strage di via D’Amelio e via Eunice Kennedy, figlia della famiglia stanutitense Kennedy impegnata nel sociale e nella disabilità e fondatrice di Special Olympics.

Oltre a queste tre grandi donne le cui storie sono ricche di valori, ci sono tre strade che omaggiano tutte le lavoratrici della terra di Colonna, terra ricca di vigneti e di uliveti: via delle Sermentatrici, via delle Scacchiatrici e via delle Legatrici: «Ci alzavamo alle quattro e andavamo nei campi – ha raccontato una donna di 96 anni –oggi i ragazzi che fanno i vandali dovrebbero andarea lavorare in campagna per capire bene il valore della vita». 

Sabato alla presentazione di queste sei nuove strade c’è stata una grande partecipazione da parte della comunità colonnese, donne e uomini del territorio che hanno apprezzato: «Ci siamo mossi – ha detto il sindaco Fausto Giuliani – ancor prima che l’Anci esortasse in maniera virtuosa i Comuni a dedicare tre aree a tre donne, una di rilevanza locale, una nazionale e una straniera. Noi questo percorso lo abbiamo già intrapreso diverso tempo fa, oggi abbiamo cambiato la toponomastica di sei strade e possiamo raccontare le storie delle donne che abbiamo scelto».

E  l’assessora alla Scuola e Pari Opportunità Valeria De Filippis insieme all’assessora alla Cultura Serena Quaglia hanno aggiunto: «Il nostro percorso teso a colmare il divario di genere – dice – non si esaurisce con questa iniziativa perché intraprenderemo prossimamente un progetto con le scuole per titolare alcune classi alle donne costituenti».

Chi era Rosalia Marazzano? La levatrice del paese che tra il 1950 e il 1975 fece nascere a Colonna 625 bambini e bambine. Oggi la strada a lei intitolata si trova in pieno centro storico, sotto palazzo Colonna e ha sostituito una parte di via Della Madonnella che continua ad esistere. Una donna, tra le prime negli anni ’60  a prendere la patente, costantemente aggiornata e soprattutto empatica con le famiglie e con le donne che ha aiutato a partorire: «dare il nome di una strada alla levatrice del paese – ha detto l’insegnante Rossana Laterza dell’associazione Toponomastica Femminile – significa contribuire a dare una identità a questo luogo. La media di strade intitolate a donne va dal 3 al 5 per cento e sono in prevalenza sante, mentre quelle dedicate agli uomini sono circa il 40 per cento. C’è ancora molta strada da fare».

E poi l’assessora alla Cultura serena Quaglia ha fatto un passaggio su via Via Rita Atria, che si trova nella parte superiore di Colle Sant’Andrea: «È stata una testimone di giustizia – ha detto – che ha 17 anni si è tolta la vitauna settimana dopo che venne ucciso il magistrato Borsellino. Era una donna che ha deciso di mettersi contro la mafia e di credere nella giustizia».

Via Eunice Kennedy prende una parte di via Colle Sant’Andrea di Sopra e un pezzo di via dei Mattei: «Una donna che ha fatto la differenza per le persone con disabilità intellettive – hanno detto l’insegnante Gabriella Giuliani e la responsabile di Special Olympics Silvia Merni – ha coltivato una cultura del rispetto e inclusione che passa anche per una pratica sportiva condivisa».  

Continua a leggere

Castelli Romani

Ariccia, la Locanda Martorelli partecipa alle Giornate Nazionali delle Case dei Personaggi Illustri italiani

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo

Tempo di lettura 3 minuti

image_pdfimage_print

Sabato 1 e domenica 2 aprile 2023, la Locanda Martorelli-Museo del Grand Tour di Ariccia partecipa alla seconda edizione delle Giornate Nazionali delle Case dei Personaggi Illustri italiani, patrocinata dal MIC e dall’Icom Italia. Una giornata dedicata ai luoghi che custodiscono la memoria e il lascito dei “Grandi” alla quale parteciperanno ben 114 case museo.
 
È per celebrare questi luoghi carichi di suggestione che l’Associazione Nazionale Case della Memoria ha deciso di promuovere in tutta Italia la Giornata nazionale delle Case dei personaggi illustri, in programma per il prossimo sabato 1 e domenica 2 aprile. Piccole case o ville storiche, abitazioni o veri e propri musei, residenze stabili o “rifugi” estivi, in cui si respira un’atmosfera diversa, in cui la Storia si mescola con il presente, per mantenere vivo il ricordo di chi, pur non essendo più in vita, ha ancora molto da dire. Tutte unite idealmente per due giorni sotto la stessa insegna: valorizzare la memoria del passato per tramandarla alle nuove generazioni.
 
“Due giorni di porte aperte per riaccendere l’attenzione sulle tantissime case di personaggi illustri di cui è disseminato il nostro Paese – spiega Adriano Rigoli, presidente dell’Associazione Nazionale Case della Memoria -. Un modo per ‘unire le forze’ e dire: noi ci siamo. Quello che da quasi vent’anni anima la nostra associazione è proprio la voglia di non lasciare indietro nessuno, ma anzi fare il più possibile rete per arrivare a un fine comune: che si parli delle case dei ‘Grandi’, per alimentare la voglia di scoprirle e immergersi nella loro atmosfera”.
L’Associazione Nazionale Case della Memoria è in Italia l’unica rete museale di case museo di personaggi illustri a livello nazionale, partecipa alla Conferenza Permanente delle Associazioni Museali Italiane di ICOM Italia ed è “istituzione cooperante” del Programma UNESCO “Memory of the World” (sottocomitato Educazione e Ricerca).
 
La Locanda Martorelli, di proprietà del Comune di Ariccia – (Roma), è un edificio storico sul corso Garibaldi ad Ariccia ed affaccia sulla Piazza di Corte realizzata nella seconda metà del ‘600 su progetto di Gian Lorenzo Bernini. Nella seconda metà del ‘700 era di proprietà dell’artista Giovan Battista Stazi e a questo periodo risalgono le tempere murarie a carattere storico mitologico opera del pittore polacco Taddeo Kuntze e degli artisti suoi collaboratori. Il pregevole ciclo pittorico si compone di 11 tempere murarie che raccontano la storia dell’antica città di Aricia e dei suoi culti quali Diana e Ippolito.
 
Il Casino Stazi nell’800 viene acquistata da Antonio Martorelli che la trasforma in un albergo che ha ospitato numerosi artisti quali Massimo D’Azeglio, Nino Costa, William Turner, Camille Corot, Henry Wadswort Longfellow e tanti altri. Dal 2009 il Comune di Ariccia ha affidato il servizio di custodia e visite didattiche all’Associazione Archeoclub Aricino Nemorense aps (iscritta al Registro Unico del Terzo Settore) che ha musealizzato alcuni ambienti con un percorso dedicato al Grand Tour e all’Appia Antica.
 
“Sono estremamente soddisfatta – ha commentato la consigliera comunale Irene Falcone – per essere riuscita, insieme alla collega Anita Luciano e a tutta l’amministrazione comunale, a portare la Locanda Martorelli all’interno della rete nazionale delle Case Museo. Questi due giorni di visite guidate saranno importanti per continuare quel processo di marketing culturare del territorio che stiamo portando avanti da qualche anno e che sta mettendo Ariccia sempre più al centro dell’area dei Castelli Romani, non solo per le sue eccellenze enogastronomiche ampiamente riconosciute, ma anche per il valore storico, artistico e culturale del proprio territorio”



Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

SEGUI SU Twitter

I più letti