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Cronaca

Emilia Romagna, compromessi 10 milioni di alberi da frutti. “Crisi ambientale e socio-economica”

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E’ il primo bilancio tracciato da Confagricoltura Emilia-Romagna. In particolare peschi e kiwi i più sensibili al ristagno idrico, ma anche albicocchi, in uno dei distretti agricoli che produce una grandissima parte della frutta che finisce nei mercati europei.


    I danni sono lungo l’arteria sommersa d’acqua che lega Bologna a Rimini, fino a sfiorare in parte il territorio ferrarese. Il bilancio potrebbe ulteriormente aggravarsi, perché nella stima non sono incluse le colture arboree distrutte dalle frane o trascinate a valle dalla furia del fango, nelle aree collinari e pedemontane. Nelle prossime settimane, rischia l’espianto un numero quattro-cinque volte maggiore: oltre 40 milioni di alberi da frutto delle specie più resistenti e robuste tra cui melo, pero, susino, ciliegio, olivo e vite.
    “Si è aperta una voragine socio-economica e ambientale – commenta Confagricoltura Emilia Romagna – occorrono non meno di 40-50 mila euro a ettaro per reimpiantare un frutteto o un vigneto e diversi anni per arrivare alla piena produzione, fermo restando che è quasi impossibile reperire sul mercato un quantitativo così alto di piantine. Nel frattempo è già partita la gara di solidarietà tra agricoltori per portare soccorso e salvare il salvabile nei campi”.

I DANNI – Confagricoltura Emilia Romagna parla di danni fino a 6.000 euro a ettaro per i seminativi (grano, orzo, mais, soia, girasole, erba medica, orticole e colture da seme) e 32.000 euro a ettaro per frutteti, vigneti e oliveti, inclusi raccolti persi e costo dei reimpianti. Il calcolo non comprende però le ripercussioni su scorte, strutture, macchinari e neanche le anticipazioni di liquidità finalizzate a far ripartire l’attività. Le operazioni colturali, segnala inoltre la confederazione agricola, sono sospese, in un momento cruciale dell’annata agraria, pure i trattamenti andando così ad aumentare il rischio di fitopatie future. Particolarmente critica la situazione nella dorsale appennina, dove i movimenti franosi non sono assestati. Si segnalano frutteti e vigneti trascinati a valle dagli smottamenti ma irraggiungibili, poderi distrutti, allevamenti isolati. È impossibile fare sopralluoghi. L’imprenditore di Confagricoltura Alessandro Bacchilega è un giovane agricoltore che ha investito nell’alta collina, a Brisighella (Ravenna), mettendo a terra un impianto di kiwi di 15 ettari affacciato sulla valle del torrente Sintria. Il corso d’acqua inondato da una forte e improvvisa piena, ha trascinato a valle decine di migliaia di metri cubi di terreno e centinaia di piante. Adesso il dissesto idrogeologico si sta mangiando parte del suo frutteto. “In montagna manca completamente la manutenzione degli alvei quindi si riempiono di legname e detriti”, attacca il frutticoltore che ora teme l’ampliamento della frana e chiede con forza «di mettere in sicurezza la zona”. Per Bacchilega i danni al momento sono incalcolabili, si parla di centinaia di migliaia di euro. Intanto l’alluvione ha letteralmente sommerso l’azienda di Luigi Bosi, vicepresidente dei Giovani di Confagricoltura Emilia Romagna, a Boncellino di Bagnacavallo (Ra), dove il fiume Lamone è esondato per ben due volte in quindici giorni. L’acqua ha invaso l’80% dei suoi campi, spazzando via ortaggi prossimi alla raccolta e allagando una ventina di ettari di viti e alberi da frutto (peri, meli, peschi e ciliegi). “La furia del fango ha sradicato interi filari, molte piante rischiano di marcire per asfissia radicale – dice con l’acqua a mezza gamba, a poche ore dalla tracimazione -. Le drupacee preoccupano di più perché sensibili al ristagno idrico”. Parte dei terreni aziendali sono ancora allagati mentre altri restano gonfi d’acqua, coperti da uno strato di limo, argilla e sabbia. “L’emergenza non è finita, continua a piovere – spiega l’imprenditore – i campi non sono accessibili. In questa situazione è impossibile riprendere l’attività agricola. L’unica certezza è che non riuscirò a salvare tutte le mie piante”.

RACCOLTO COMPROMESSO – In Emilia Romagna “il raccolto della frutta sarà compromesso per i prossimi quattro o cinque anni perché l’acqua rimasta nei frutteti ha ‘soffocato’ le radici degli alberi fino a farle marcire con la necessità di espiantare e poi reimpiantare intere piantagioni” . Non solo: nelle aree colpite dall’alluvione “sono a rischio almeno 50mila posti di lavoro tra agricoltori e lavoratori dipendenti nelle campagne, nelle industrie e nelle cooperative di lavorazione e trasformazione” . La Coldiretti, fa notare come ad essere sconvolto sia un territorio con la diffusa presenza di albicocche, pesche nettarine, susine, mele, pere, kiwi, fragole e ortaggi che fanno della Romagna la “fruit valley” italiana. Quest’anno la produzione è “di almeno 400 milioni di chili di grano nei terreni allagati dell’Emilia Romagna, dove si ottiene circa 1/3 del grano tenero nazionale” .

“Consistente” anche la produzione persa di mais, orzo, girasole, soia, erba medica e “molto rilevante dal punto di vista economico sono le colture da seme per cereali, bietole, girasole, erba medica ed ortaggi con migliaia di ettari coltivati completamente coperti dal fango”. Ai danni sulla produzione agricola si aggiungono – sottolinea la Coldiretti – quelli alle strutture come gli impianti dei frutteti, le serre, gli edifici rurali, le stalle, i macchinari e le attrezzature perse “senza contare la necessità di bonificare i terreni e ripristinare la viabilità nelle aree rurali dove si moltiplicano frane e smottamenti”. Per questo “serve garantire l’arrivo degli aiuti nel minor tempo possibile e dare a queste zone martoriate la possibilità di riparare i danni e ripartire con la nomina di un Commissario alla ricostruzione come fatto ai tempi del terremoto” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare in vista del Consiglio dei Ministri che “gli strumenti ordinari di intervento vanno attivati quanto prima, ma non sono sufficienti a garantire il salvataggio e la continuità delle filiere agricole del territorio colpito”.

IL PREZZO DELLA FRUTTA – Atteso un forte impatto sui prezzi della frutta dopo l’alluvione in Emilia Romagna. In Romagna, infatti, sottolinea Coldiretti si produce piu del 20% delle albicocche italiane e oltre il 10% di pesche e nettarine. Secondo Coldiretti Emilia Romagna arriverebbe a 15 milioni di piante da estirpare il tragico bilancio delle inondazioni dei frutteti, a partire dalle pesche, poi le nettarine, i kiwi, le albicocche, le pere, le susine, le mele, i kaki e i ciliegi.

Un calo della disponibilità di frutta per le prossime settimane del 15-20 per cento a livello nazionale. Questa una prima stima di Italmercati, la rete nazionale dei mercati all’ingrosso, che esprime “forte preoccupazione per le conseguenze che l’alluvione dell’Emilia Romagna sta generando nella vita degli operatori locali e che nelle prossime settimane si estenderanno all’interno settore agroalimentare nazionale e a quello della distribuzione”. Il territorio colpito dalla calamità gode di un’indiscussa vocazione alla qualità dei prodotti agroalimentari con oltre 50mila aziende agricole: “Non è ancora possibile stimare il danno reale causato dalle forti precipitazioni ma sull’intera filiera e a livello nazionale ci aspettiamo nelle prossime settimane un vero terremoto nel nostro settore, con un incremento di prezzi e una diminuzione della disponibilità dei prodotti”, afferma il presidente di Italmercati, Fabio Massimo Pallottini. L’alluvione ha distrutto i prodotti di stagione come pere, mele, susine, kiwi e vigne, in piena fase di maturazione “per cui vi sarà una generale diminuzione della qualità e della quantità di frutta e verdura solo a partire dalle prossime settimane con un incremento dei costi”, spiega Pallottini chiarendo che l’aumento dei prezzi di frutta e verdura di questi giorni non è legato all’alluvione in quanto in questo momento la domanda nazionale proviene da altre aree. I mercati all’ingrosso intorno a cui gravitano oltre 3.000 imprese e 26.000 posti di lavoro, conclude Pallottini, “si sono dimostrati ancora una volta una rete di sicurezza per il settore agroalimentare riuscendo a dare continuità all’intera filiera in questi giorni difficili”.

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Cronaca

Morte Tina Turner, lutto nel mondo dello spettacolo e della cultura

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In molti hanno reso omaggio alla superstar della musica Tina Turner, morta all’età di 83 anni dopo una lunga malattia nella sua casa di Küsnacht, vicino a Zurigo, in Svizzera. Dal frontman dei Rolling Stones Mick Jagger a Elton John, passando per Diana Ross e Angela Bassett, che ne aveva interpretato il ruolo in “What’s Love to do with it”.

Le parole di Mick Jagger scritte su Twitter: “Sono così addolorato per la scomparsa della mia meravigliosa amica Tina Turner. Era davvero un’artista e una cantante di enorme talento. Era stimolante, calorosa, divertente e generosa. Mi ha aiutato tantissimo quando ero giovane e non la dimenticherò mai”. Tina si è esibita con Jagger durante il live Aid del 1985 ed è stata in tour con la band negli anni 60. Anche l’altro Rolling Stones, Ronnie Wood, l’ha ricordata come “una grande amica della nostra famiglia”.

Da Elton John ad Angela Bassett

Erykah Badu ha detto che Tina Turner era una “icona culturale”, mentre Alicia Keys la considerava una guerriera. “Abbiamo perso una delle più emozionanti ed elettriche performer del mondo. Una leggenda assoluta su disco e sul palco. Era intoccabile. Condoglianze a Erwin e alla sua famiglia. La notizia più triste”, ha commentato sui social network Elton John. “Come dire addio a una donna che si è appropriata del suo dolore e del suo trauma e lo ha usato come mezzo per aiutare a cambiare il mondo? Attraverso il coraggio di raccontare la sua storia, l’impegno a mantenere la rotta nella sua vita, a prescindere dai sacrifici, e la determinazione a ritagliarsi uno spazio nel rock and roll per se stessa e per gli altri che le assomigliano, Tina Turner ha mostrato agli altri che vivevano nella paura come dovrebbe essere un bel futuro pieno di amore, compassione e libertà. Le sue ultime parole per me sono state: ‘Non mi hai mai imitato. Invece, hai raggiunto il profondo della tua anima, hai trovato la Tina che è in te e l’hai mostrata al mondo’. Terrò queste parole vicino al mio cuore per il resto dei miei giorni”, il ricordo dell’attrice Angela Bassett, che ha interpretato la Turner nel film del 1993 “What’s Love Got to Do With It”.

Il mondo black femminile “Sono triste, sono sotto shock”, ha twittato Diana Ross, postando una foto che le ritraeva assieme all’altra sua contemporanea. Per Viola Davis, Tina Turner è stata “iconica, bellissima, una sopravvissuta, brillante” e “il nostro primo simbolo di eccellenza”. E anche Gloria Gaynor ha salutato “una leggenda iconica che ha aperto la strada a tante donne nella musica rock, sia nere che bianche”.

Altri omaggi “La sua musica continuerà a ispirare le generazioni future”, ha scritto Mariah Carey. Eros Ramazzotti: “Ti sarò sempre riconoscente”. “Sarò per sempre grato per il fatto di essere stato in tour con te, in studio insieme ed essere tuo amico”, ha scritto Bryan Adams. “Era Vota la Voce 1989 quando conobbi Tina Turner. Una vera star, una bestia da palcoscenico. In trasmissione ci divertimmo molto. Poi non andammo a cena… Ma ricordo il suo sorriso e quella grinta”, scrive Vasco Rossi ricordando l’incontro con la cantante. Debbie Harry dei Blondie spiega di avere “beneficiato dell’energia, della creatività e del talento di Tina Turner. Una donna che ha iniziato nei campi di cotone della zona rurale di Nutbush, TN, ed è arrivata al top”.

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Castelli Romani

Rocca di Papa, dai Pc alla penna e calamaio? Ballottaggio o viaggio nel tempo?

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Rocca di Papa – Il comandante della Polizia Locale di Nemi e funzionario di Roma Capitale Gabriele Di Bella, per circa 3 anni comandante della Municipale e responsabile dell’Ufficio Risorse Umane di Rocca di Papa fino allo scorso 29 novembre torna sull’argomento del completo abbandono della macchina organizzativa del comune collinare.

“Mi chiedo dove sono finiti tutti i leoni da tastiera che mi attaccavano sui social, mentre cercavo di sistemare le situazioni precarie e di completo abbandono che ho trovato in Comune, dal punto di vista amministrativo, tecnologico e organizzativo con mezzi e strutture che non venivano aggiornate da decine di anni. Ora che la macchina amministrativa è ferma completamente da alcuni mesi, e addirittura si rischia di perdere quanto fatto di buono negli anni precedenti. Di recente, afferma Di Bella, ho saputo che i nuovi computer e l’adeguamento tecnologico stipulato a prezzi convenienti, grazie ad una collaborazione intrapresa con una azienda leader di Roma, dopo regolare bando, rischiano di andare persi: “Si potevano acquistare 50 computer a poche migliaia di euro, come da stipula precedente da me redatta, invece è stata rinnovata la proroga con l’azienda al doppio della spesa per le casse comunali, senza studiare le carte amministrative“.  Un fatto gravissimo che potrebbe portare al prossimo inquilino del palazzo comunale a trovarsi senza pc e con penna e calamaio non per sua colpa.

I fatti sono molto chiari: quando Di Bella arriva nel 2019trova sulla sua scrivania polvere e scartoffie. Chiede formalmente un computer ma senza ottenere risposta quando diventa Responsabile delle Risorse Umane riscontra un situazione ai limiti della legalità o fuori, tra cui programmi senza licenze, mancata informatizzazione e carenza di strumenti. Con le poche risorse in bilancio individua sul Mepa la possibilità di noleggio Pc con possibilità di riscatto. Il contratto ha scadenza 31/12/2022. Una corrispondenza con la società in data 15 novembre chiarisce i passi futuri: con 7 mila euro si riscattano i computer che diventano del Comune. La proroga è scaduta il 31 marzo 2023. Quindi ci si chiede a che titolo sono all’interno del Comune quei Pc? Qual’è adesso il contratto e l’impegno di spesa visto che per legge è possibile una sola proroga? Chi garantisce poi la manutenzione resta un vero e proprio mistero se si pensa che il prossimo fine settimana si tiene un ballottaggio elettorale. Il venerdì prima del week end elettorale c’è stato un guasto nel sistema informatico e anche l’impossibilità di stampare documenti e tessere elettorali. Chi ha riparato il guasto e quando? “Il Comune – aggiunge Di Bella – non può essere sicuramente gestito come fosse casa propria. Ci sono delle regole sugli appalti da rispettare, bisogna agire con trasparenza e nel rispetto delle norme altrimenti si incorre in problemi seri. In attesa di risposte – prosegue il Comandante Di Bella – mi auguro che il Prefetto Giannini voglia adottare le dovute precauzioni al fine di garantire il corretto svolgimento del prossimo ballottaggio elettorale“.

Il comandante e funzionario della Polizia Locale Gabriele Di Bella, in partenza per l’Emilia Romagna,  come da richiesta del suo Comando di Roma, per dare aiuto e sostegno nelle operazioni di soccorso torna anche sul discorso delle assunzioni di personale e delle progressioni verticali su cui aveva lavorato per far assumere e promuovere il personale cercando di migliorare la professionalità della macchina amministrativa. 

“Le due deleghe che avevo come comandante della Municipale e responsabile del personale, assegnatemi dalla giunta, dopo il pensionamento del mio predecessore, le ho portate a termine con passione e nell’interesse dell’amministrazione pubblica e del personale tutto, come nello spirito e nell’indirizzo dell’intera giunta e sindaco in primis. Ci tengo a precisare che con il mio cessare dall’incarico per volere del commissario prefettizio giunto in Comune per la caduta del sindaco e dell’amministrazione comunale, dalla sera del 29 novembre, non ho potuto partecipare alla commissione esaminatrice per le progressioni professionali verticali. Quindi è fuori luogo accusare il sottoscritto di non aver contribuito a far crescere il personale alle categorie professionali superiori, come scrive qualcuno sui social, in quanto non ne facevo parte. Anzi ci tengo a precisare, che mi era stato detto che il responsabile del personale, quando ero ancora in carica, non avrebbe potuto partecipare alla commissione esaminatrice, quando ne ha invece come da normativa vigente pieno titolo. E difatti in quella nuova composta dal commissario prefettizio e segretario comunale ; il mio sostituto attuale nelle due deleghe che avevo (polizia locale e personale), ne ha poi fatto parte. Con le carte alla mano posso dire questo; forse era solo il mio nome e la mia persona che non era gradita in quella commissione, per motivi legati a questione politiche da parte di qualche ex componente della giunta decaduta, non certo per le normative vigenti . Per concludere, dice un sempre combattivo Di Bella, sono in attesa, con l’arrivo del nuovo prefetto di Roma Giannini, di essere ricevuto, per portare all’attenzione degli organi superiori competenti le situazioni anomale che in questi mesi sono accadute ed ho riscontrato al Comune di Rocca di Papa. Che hanno arrecato danno alle casse comunali e all’intera macchina amministrativa, situazione amministrativa comunale che il sindaco eletto si ritroverà a gestire, partendo da sotto zero, trovando un Comune privo di figure importanti e professionalmente preparate per portare avanti virtuosamente un Ente Pubblico, visto il fuggi fuggi di molti qualificati dirigenti e funzionari verso altri comuni avvenuti in questi ultimi mesi”.  Nei prossimi giorni il comandante Di Bella, illustrerà in una conferenza stampa, anche altre situazioni a suo dire anomale che ha riscontrato tra le carte e documenti alla mano in suo possesso.

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Cronaca

Roma, Palazzo Marina apre al pubblico

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Sabato 27 e domenica 28 maggio, la Marina Militare partecipa alla 11a edizione della manifestazione di architettura, arte e cultura denominata Open House Roma, aprendo le porte di Palazzo Marina alla cittadinanza e offrendo visite guidate gratuite.
 
Open House Roma è un evento annuale che consente l’apertura gratuita di circa 200 siti di qualunque epoca della Capitale, notevoli per le loro caratteristiche architettoniche e solitamente inaccessibili, con visite guidate gratuite. La Marina Militare, grazie a Open House, ha la possibilità di mostrare ai cittadini con quale passione mantiene e valorizza questo patrimonio storico, artistico e culturale. Una visita che porta gli ospiti a scoprire i luoghi caratteristici della sede dello Stato Maggiore della Marina: dal cortile interno al monumentale Scalone d’Onore, dai lunghi corridoi screziati dai marmi all’elegante Biblioteca Storica, fino ad arrivare alle imponenti ancore nere provenienti dalle corazzate austroungariche Teghettoff e Viribus Unitis, simbolo della vittoria italiana sul mare nella Prima Guerra Mondiale, che per i romani rendono Palazzo Marina il “Palazzo delle Ancore”. 
 
Le visite sono su prenotazione (www.openhouseroma.org/node/5621) e l’ingresso avviene dall’entrata in Lungotevere delle Navi 17 (lato Ancore), dalle ore 09.00 alle ore 12.00 e dalle ore 14.00 alle 18.00 (ultimo ingresso) in entrambi i giorni. In occasione dell’evento è disponibile un punto informativo presso il quale ricevere materiale promozionale e conoscere i prodotti editoriali della Marina Militare come il Notiziario della Marina, Rivista Marittima e i volumi dell’Ufficio Storico, insieme al personale di Forza Armata che illustrerà le opportunità professionali che questa offre.
 
Approfondimenti:
Palazzo Marina si erge sulle sponde del Tevere a ribadire la naturale e storica vocazione marittima dell’Italia e a ricordare come la penisola abbia conquistato un ruolo preminente nella storia ogni qual volta abbia investito sul mare, assecondando la sua geografia. Questo è il messaggio che l’edificio “trasmette” da oltre 90 anni attraverso la sua posizione e attraverso un programma iconografico (e quindi comunicativo) espresso fin dalla facciata e poi ribadito all’interno, nel susseguirsi degli ambienti di rappresentanza. Palazzo Marina fu inaugurato il 28 ottobre 1928 e autorizzata la sua costruzione con Legge speciale del 18 luglio 1911. L’’edificio, destinato ad ospitare il Ministero della Marina, in base al “policentrismo delle sedi” imposto da Giolitti, non fu allineato con gli altri palazzi della Difesa su via XX Settembre ma fu “destinato” al quartiere Flaminio, che offriva, all’epoca, nuovi spazi e nuove prospettive all’espansione della città.
L’ubicazione in prossimità del Tevere, e in particolar modo del porto fluviale (poi Scalo de Pinedo) fu ritenuta di valore simbolico tale da indurre il Governo Giolitti a investire solo per il Ministero della Marina – la cui costruzione era giudicata urgente giacché gli spazi nella temporanea sede nel Convento di Sant’Agostino erano insufficienti – denaro pubblico nell’acquisto da privati del terreno su cui edificare il palazzo, mentre per tutti gli altri dicasteri coevi impose tassativamente l’utilizzo di aree demaniali. La vicinanza al fiume, infatti, colloca il Palazzo della Marina in una “ideale e anche fisica continuità tra il Tevere navigabile e il mare” e rimanda all’identità marinara che Roma, attraverso il suo fiume – e sua antica via per il Mediterraneo -, ha sempre rivendicato, ponendosi alla stregua di Venezia e Genova. Genova, Roma e Venezia sono, infatti, i nomi iscritti sulle tre finestre monumentali dell’avancorpo centrale della facciata di Palazzo Marina sul Lungotevere: sono i simboli dell’Imperium Maris italiano nella storia che vengono menzionati anche all’interno dell’edificio, sia nelle decorazioni pittoriche di Antonino Calcagnadoro, Giuseppe Rivaroli, Pieretto Bianco, Pio e Silvio Eroli, sia nelle arti applicate realizzate da Umberto Bellotto. Il palazzo,eretto appositamente per la Marina Militare (all’epoca Regia Marina) e ad essa esclusivamente dedicato, “parla” di mare attraverso iscrizioni, simboli, raffigurazioni e quello straordinario “ordine architettonico marinaro” che il suo progettista, Giulio Magni, inventa per l’occasione. Vero e proprio unicum per la sua intonazione navale, Palazzo Marina offre l’occasione di percorrere un viaggio simbolico e storico a ritroso attraverso le glorie d’Italia sul mare, dalla Grande Guerra all’antica Roma. Un percorso che, nel lungo periodo di gestazione dell’edificio, ha assunto la sua definitiva configurazione nel giugno 1929, quando furono posizionate in facciata le ancore delle corazzate austroungariche Teghettoff e Viribus Unitis,
 



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