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Fire Emblem Engage, l’evoluzione della saga

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Fire Emblem Engage è il secondo videogioco della serie di strategici a turni ad arrivare su Nintendo Switch, dopo l’apprezzatissimo quanto diverso dal solito Three Houses. Diverso perché ha introdotto nel gameplay della serie una componente sociale piuttosto corposa, che dava al giocatore la possibilità di vivere una vita sociale vera e propria, gestire i rapporti con i personaggi secondari e persino compiere delle scelte rispetto alle tre case presenti nel gioco. Un cambio importante, che arrivava dopo la rinascita della serie su 3DS. Fire Emblem è una serie che esiste da molti anni, che trae le sue origini in Giappone durante gli anni ’90, ma è approdata in occidente soltanto nel 2003 su Game Boy Advance. Il pubblico non era ancora pronto, forse anche per un approccio artistico differente da quello dei capitoli più moderni. Sarà Awakening a trasformare la serie nel nuovo campione d’incassi di Nintendo, aprendo le porte a Intelligent System verso nuovi e promettenti orizzonti. Fire Emblem Engage continua a seguire quella filosofia, scegliendo di perfezionarsi e reinventare il modo in cui si dipana l’esperienza tattica. Le sue basi restano saldamente ancorate alle origini, proponendo un gameplay perfettamente in linea con i precedenti capitoli. La narrazione a capitoli inquadra un susseguirsi di scontri di difficoltà crescente, con un sistema di tipo “sasso, carta, forbice” dove le unità munite di spade vincono sulle asce, le asce sulle lance e le lance sulle spade. Tutto ciò serve a determinare i rapporti di forza tra le classi delle unità, mentre i turni che si alternano fra player e avversario a scandire l’alternarsi della fase d’azione del giocatore e quella nemica. Nel reinventarsi però, Fire Emblem Engage sceglie di omaggiare le origini della serie introducendo la meccanica degli Emblemi, la novità più importante introdotta da questo ultimo titolo. Ogni personaggio a disposizione infatti potrà equipaggiare un anello, al cui interno risiede lo spirito di un eroe dei precedenti Fire Emblem. Con 12 anelli a rappresentare tutti i capitoli principali della serie, Intelligent System ha creato una meccanica non solo interessante tatticamente, ma anche incredibilmente divertente. Ogni personaggio potrà infatti unirsi con lo spirito contenuto nell’anello, accedendo ad abilità e attacchi unici per 3 turni. In un gioco tattico, questa meccanica aggiunge importanti variabili all’esperienza. Prima di tutto nell’incedere dell’azione, dando al giocatore la possibilità di attivarla nel momento che ritiene più necessario, ma anche nella gestione delle unità. Questo perché gli anelli sono liberamente utilizzabili da ogni unità a disposizione di chi gioca, che potrebbe avere più – o meno – affinità con la stessa, magari sfruttando armi in cui è più specializzata. Questa nuova funzione non solo funziona a meraviglia, ma viene approfondita anche al di fuori degli scontri. Nel Somniel – l’hub di gioco – sarà possibile gestire gli Emblemi, spendendo i punti esperienza guadagnati durante gli scontri per acquistare nuove abilità uniche. L’utilizzo degli emblemi è fondamentale, poiché ad ogni livello di legame l’unità a cui essi sono associati potrà ereditare dallo spirito del guerriero associato abilità uniche da equipaggiare. Portare il livello degli emblemi al massimo, sfruttare abilità e armi uniche d’ognuno aggiunge inoltre un livello di profondità mai visto prima di adesso nella serie.

Proprio per tali ragioni Fire Emblem Engage si dimostra essere un prodotto eccezionale, ed offre un’esperienza tattica accessibile a chiunque ma anche piuttosto profonda. La gestione delle unità e degli emblemi è fondamentale, ma lo è ancor di più imparare a sfruttare l’ambiente. Ogni mappa offre un design eccellente, con meccaniche e conformazioni uniche che sfidano l’approccio del giocatore. Non mancano ostacoli naturali, o caselle con vari status d’effetto. Nascondersi nell’erba aumenterà il livello di evasione, ad esempio, aumentando la possibilità che il colpo del nemico non vada a segno. In altre sono disponibili baliste, da utilizzare con un arciere, per potenziare l’efficacia dei colpi dalla distanza e aumentare il raggio d’azione. Ogni unità ha delle caratteristiche peculiari, di movimento o d’attacco, con annessi punti di forza o debolezza. Le unità voltanti sono ad esempio deboli agli arcieri, che li esporrà ad uno status chiamato “breccia” e al conseguente rischio di morte immediata. Lo status “breccia” si attiva quando un’unità subisce un attacco da un’unità a cui è debole. Nel subire e nell’infliggere questo status, l’unità non potrà più contrattaccare nel turno. Questo è solo una delle possibili variabili presenti nel gameplay di Fire Emblem Engage. Il titolo sviluppato da Intelligent System è un concentrato di strategia e complessità, ma è anche il titolo più vicino ai nuovi giocatori. Oltre alle opzioni di difficoltà, che permettono di eliminare la morte permanente e diminuire la crudeltà degli scontri, Fire Emblem Engage offre un sistema di movimento libero sulla mappa, rendendo l’esperienza meno rigida e più fluida. Nel caso in cui si commettesse un errore fatale è poi presente la Cronogemma del drago, ossia un oggetto magico che permette di ritornare ad un’azione precedente, per fare scelte differenti e correggere gli errori fatti in precedenza. Per quanto riguarda il sopracitato Somniel, l’hub di cui parlavamo qualche riga più sopra, esso è essenzialmente un’ambientazione separata dal resto del mondo di Elyos, in cui poter gestire tutto ciò che riguarda le unità e il benessere del protagonista. L’area è piuttosto ampia, ed è ricca di attività utili e svaghi interessanti. Qui si può acquistare nuovo equipaggiamento, strumenti o rifarsi il look acquistando nuovi abiti e accessori. E’ anche il luogo dove poter gestire una piccola fattoria, con gli animali adottati nei villaggi o luoghi liberati dalle grinfie degli Abomini.

Fire Emblem Engage pecca nella scrittura del racconto, compensando con una direzione artistica azzeccata e una messinscena convincente, con colori sgargianti e una cura per i modelli poligonali decisamente impressionante per l’hardware di Nintendo Switch. Nell’arco delle decine e decine di ore di contenuto offerte, riesce ad essere banale e carismatico allo stesso tempo, con personaggi macchiettistici e dialoghi al limite dell’imbarazzo. Ma anche per questo ricchi di spirito, delineando un cast variegato e peculiare, che sicuramente riesce a intrattenere. Dal punto di vista tecnico Fire Emblem Engage è davvero splendido da vedere ed è ottimizzato a dovere per poter girare in maniera dignitosa. La modellazione poligonale e le ambientazioni sono più che soddisfacenti, il comparto animazioni si difende egregiamente e durante la nostra prova non abbiamo riscontrato alcun problema prestazionale. Certo, come già avvenuto con Three Houses prima e con Three Hopes poi, per raggiungere questo livello di performance sono stati necessari compromessi spesso anche visibili: i nemici sono praticamente tutti uguali, tanto nell’apparenza quanto nel “moveset”, e nelle fasi di esplorazione libera gli elementi sullo sfondo appaiono sfocati e girano ad un frame rate ridotto per consentire a Switch di reggere i trenta frame per secondo con una certa stabilità. Nel complesso, comunque, la qualità dell’immagine, le prestazioni generali e la definizione delle texture appaiono superiori rispetto al recente passato, segno che il lavoro di ottimizzazione è stato svolto con cura certosina. Stesso discorso per quanto concerne i filmati, che brillano per qualità e per spettacolarità, pur non eccedendo nel numero, ma su televisori in risoluzione 4K sgranano un po’, rispetto all’ottima figura che riescono a fare in modalità portatile, e in particolare per i possessori del modello OLED della console Nintendo. I caricamenti sono frequenti durante l’andare avanti e indietro tra la mappa ed il Somniel, ma la loro durata è assolutamente accettabile e, vista la natura a turni del prodotto, essi non vanno a spezzare più di tanto il ritmo già compassato dell’avventura. Di grande pregio, e questa fortunatamente non è una novità per il brand, il lavoro sulla colonna sonora, che contiene tracce davvero magnifiche e splendidamente accordate agli eventi a schermo, e sul doppiaggio, disponibile anche in giapponese ma perfettamente godibile anche nella controparte inglese. In entrambi i casi sono stati ripescati e coinvolti, ove possibile, visto che molti dei personaggi presenti come Emblemi non erano doppiati al tempo, i doppiatori originali, con risultati ottimi anche a livello di “fanservice”, che, come abbiamo visto, è uno dei marchi distintivi del prodotto. Ovviamente tutta l’opera è sottotitolata in italiano e quindi, anche per chi non dovesse masticare l’inglese o il giapponese, non ci sarà alcun problema di comprensione della trama. Tirando le somme, Questo Fire Emblem Engage è sicuramente un titolo da non perdere per tutti gli amanti della serie, ma anche per chi si avvicina per la prima volta a questo incredibile mondo. Il nostro consiglio? Giocatelo assolutamente, un gioco di questo livello non può mancare nella biblioteca videoludica di ogni appassionato delle esclusive Nintendo.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 9

Gameplay: 8,5

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise

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Luigi’s Mansion 2 HD, il titolo icona del 3DS torna su Switch in alta definizione

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Luigi’s Mansion 2 ritorna, a più di 10 anni dalla sua uscita originale su Nintendo 3DS, in versione rimasterizzata per Nintendo Switch. Questa nuova edizione in alta definizione del piccolo capolavoro del colosso nipponico offre l’opportunità di rivivere una delle avventure più amate del fratello di Mario, con una veste grafica rinnovata e alcune migliorie tecniche. Ma come si comporta questo titolo del 2013 nel panorama videoludico attuale? Analizziamo nel dettaglio questa riedizione per scoprire se il fascino di Cupavalle resiste ancora alla prova del tempo oppure è destinato a soccombere sotto il peso degli anni. Seguendo in modo abbastanza diretto dal primo episodio, uscito su Game Cube nel lontano 2001, Luigi’s Mansion 2 HD (al tempo Luigi’s Mansion 2 o Luigi’s Mansion Dark Moon negli Usa) catapulta i giocatori nuovamente nell’avventura con un incipit decisamente semplice: dopo la vittoria dell’idraulico in verde nel primo capitolo, i fantasmi si sono acquietati e vivono in serenità con gli umani, permettendo al Professor Strambic di continuare i suoi studi con grande efficienza. Un “misterioso intervento esterno”, però, distrugge e frammenta la pietra a forma di luna che teneva sotto controllo gli spiriti, mandandoli in agitazione e costringendo lo scienziato a chiedere il soccorso del miglior acchiappafantasmi in circolazione. Così in men che non si dica quel fifone di Luigi si trova nuovamente impegnato a catturare spettri con aspirapolvere alla mano e gambe tremolanti. Questa volta però non si troverà più in una sola, vasta, magione, ma dovrà spostarsi in differenti aree per recuperare i pezzi del cristallo, scoprire chi si nasconde dietro le quinte e ripristinare tutto alla normalità, assicurandosi che nessuno dei suoi amici sia finito nei guai. Il tutto è possibile grazie al genio di Strambic, che oltre a essere il massimo esperto di fantasmi è anche riuscito a sviluppare una tecnologia chiamata “pixeltrasporto”, in grado di muovere Luigi da una parte all’altra del mondo sfruttando schermi e telecamere come veicolo. Da qui inizia un’avventura tendenzialmente in linea con gli altri episodi, che vede il buon Luigi esplorare ogni angolo delle location da lui visitate alla ricerca di tesori, chiavi, fantasmi e segreti: insomma, tutto il necessario per proseguire di livello in livello e soddisfare le richieste di Strambic. Idealmente la progressione ricorda un po’ quella di un metroidvania, in quanto c’è la libertà di muoversi in aree tutto sommato limitate, da sbloccare di volta in volta, mentre vengono mostrati al tempo stesso tanti passaggi apparentemente inaccessibili, muri misteriosi che sembrano nascondere qualcosa, stanze prive di accesso o sistemi di controllo che sembrano non rispondere alle sollecitazioni di chi gioca.

Luigi questa volta avrà insomma un bel da fare dovendo ripuloire ben cinque magioni infestate nel tentativo di ricomporre la pietra a forma di Luna e domare gli ectoplasmi aiutato dal fido aspirapolvere Poltergust 5000, versione potenziata del modello 3000 comparso in Luigi’s Mansion, e da una torcia multifunzione. Sulla carta per avere la meglio basterebbe “sparaflashare” gli evanescenti invasori per poi pescarli con l’aspirapolvere assecondando i loro movimenti. Nella pratica, però, i dispettosi fantasmi faranno di tutto per vendere cara la melma ricorrendo a trucchetti, armature o alla forza bruta: tutte cose che costringeranno i giocatori a indebolirli, aggirarli o quant’altro prima di poter procedere con la cattura. Su 3DS, come accennato, queste meccaniche soffrivano un poco i limiti del sistema di controllo, ma qui sono una vera goduria e bastano davvero pochi minuti per prenderci la mano e farsi trascinare dalla moltitudine di interazioni escogitata da Next Level Games e Nintendo per spremere fino all’ultima goccia le possibilità del Poltergust 5000 e il pensiero laterale dei giocatori. Il Poltergust 5000 nasce per aspirare i fantasmi, OK, ma nulla vieta di invertire il flusso e/o sfruttarlo per sollevare tappeti, afferrare tende, tovaglie e in generale passare al setaccio le magioni infestate svelandone i vari segreti o espugnandone le ricchezze in modo da potenziare il proprio arsenale. Sempre grazie all’aspirapolvere si può, ad esempio, afferrare oggetti congelati e trasportarli fino alla fiamma più vicina, oppure gonfiare dei palloncini e creare una piccola mongolfiera per raggiungere aree altrimenti inaccessibili; e queste sono solo alcune delle tante interazioni possibili per sfruttare o aggirare i limiti fisici del gioco. La torcia a sua volta non si limita a rendere vulnerabili gli spiriti ma consente di attivare interruttori e meccanismi, mentre l’Arcobaluce – sorta di versione “mariesca” degli ultravioletti – è in grado di svelare porte e oggetti nascosti aggiungendo di fatto una dimensione extra all’avventura, obbligando così il giocatore a prestare particolare attenzione a tubi mancanti, zerbini e persino ai complementi d’arredo apparentemente asimmetrici. Attorno a queste dinamiche gli sviluppatori hanno costruito un sistema di enigmi incredibilmente sofisticato; le missioni inizialmente appaiono circoscritte, ma col procedere del gioco diventano sempre più elaborate facendo “esplodere” il level design delle singole magioni e servendo alcune delle boss fight più creative mai viste in un videogioco Nintendo. Di contro il cuore dell’esperienza resta la caccia, e anche sotto questo aspetto dopo le prime semplici battute è necessario ricorrere all’astuzia e a tutte le opportunità offerte dai propri strumenti, senza contare le occasionali disinfestazioni da ragni, piante carnivore e altre simpatiche creaturine che infestano le aree di gioco.

Se il titolo originale ha proposto una più che discreta esperienza portatile, in questa occasione è opportuno chiedersi se e quanto abbia giovato la transizione a una nuova piattaforma. La risposta è a nostro avviso: decisamente più performante ma meno “peculiare” rispetto alla piccola console portatile della grande N. A livello puramente visivo, nulla da dire: pur non raggiungendo le vette di Luigi’s Mansion 3, questa edizione HD del secondo capitolo risulta comunque molto curata, potendo godere di modelli e texture ricreati da zero e un impatto scenico dovuto al cambio di proporzioni dello schermo decisamente più efficace. Molto bene invece per quello che concerne il lato controlli, che tornano a contemplare l’utilizzo dell’analogico destro (assente su 3DS) per rendere più agile il movimento che su portatile risultava piuttosto sacrificato. Forse il cambiamento più importante che il gioco ha vissuto in positivo. Esplorazione e combattimenti risultano quindi più fluidi e divertenti, così come tutte le prove “speciali” che vedono variare il gameplay. Dove si paga lo scotto è nella trasposizione dell’esperienza “stereoscopica” originale: in particolare basta vedere i boss, comunque tuttora apprezzabili, per cogliere come la messinscena sia frutto di un design collegato allo speciale effetto visivo offerto dallo schermo superiore di Nintendo 3DS, risultando sacrificata, se non quasi banalizzata, quando riprodotta in modo tradizionale. E’ necessario, quando si parla di Luigi’s Mansion 2 HD evidenziare due note sulla longevità e il multigiocatore. Per quanto concerne la durata, il titolo si assesta sui livelli del terzo capitolo, quindi intorno alle 10/15 ore per una partita classica, salendo se si va alla ricerca del completismo, sebbene il tutto possa risultare un po’ allungato per via del continuo “vai e vieni” dovuto alla struttura a missioni. Per quanto riguarda il multigiocatore tocca constatare come il tutto sia in linea con il titolo d’origine, mancando quindi di una modalità storia cooperativa e limitandosi invece alla Torre del Caos in cui collaborare fino a 4 giocatori, in wireless locale o online, per superare le tante e appassionanti sfide proposte. Tirando le somme, poter tornare a giocare a Luigi’s Mansion 2 HD è sempre un piacere, soprattutto perché in termini di level design, struttura degli enigmi e gestione dell’arsenale è sicuramente il capitolo più interessante della serie, persino al netto del terzo. In più il salto in avanti per quanto riguarda il sistema di controllo offerto a suo tempo da 3DS rappresenta una vera benedizione, persino più gradita del passaggio all’alta definizione. Certo, aggiornare anche il sistema dei salvataggi sarebbe stato un gradito cambiamento, ma tutto sommato non possiamo lamentarci. Tuttavia tra gioco base, contenuti extra e tutte le cose da fare per completare il titolo al cento per cento, ci sarà da spassarsela davvero per molte ore.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8,5

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise

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iPhone pieghevole nel 2027, un nuovo brevetto online fa esplodere i rumors

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iPhone pieghevole? Tornano i rumors. Le ultime indiscrezioni arrivano proprio da un nuovo brevetto che Apple ha registrato negli Stati Uniti. Il lancio però dovrebbe avvenire tra qualche anno, non prima del 2027. Il nome del documento, ripreso dal sito Cnet, è “dispositivi elettronici con display pieghevoli durevoli”, depositato nel 2021 ma concesso il 16 luglio di quest’anno. Al suo interno, alcune soluzioni che la Mela potrebbe seguire per realizzare l’iPhone Flip, ossia un telefono che si chiude a conchiglia, come il recente Motorola Razr 50 Ultra. Il testo elenca in modo dettagliato la presenza delle varie componenti del prodotto, dalla batteria alla ricarica wireless, connettività Bluetooth e Wi-Fi, display led o lcd, microfoni e sensori capacitivi, tattili e così via. C’è un riferimento esplicito ad un display pieghevole di 180 gradi, o completamente piatto, in linea con le declinazioni attualmente sul mercato anche a marchio Samsung e Oppo. Se sembra alquanto certo che Apple stia esplorando la possibilità di lanciarsi nel mercato dei pieghevoli, più dubbi sussistono sulle tempistiche. L’analista Ross Young ha affermato che un modello del genere è stato posticipato ad almeno il 2025. Più o meno la stessa tempistica suggerita dall’analista esperto di Apple, Ming Chi Kuo, che ha ribadito la possibile finestra di presentazione. C’è chi va anche oltre: i ricercatori di TrendForce sottolineano che le rigorose procedure di controllo qualità di Cupertino e l’aumento nella richiesta di pannelli flessibili porterà l’azienda a concludere un primo lotto di disponibilità dell’iPhone Flip non prima del 2027, quanto Samsung sarà alla nona generazione di Galaxy Z Flip. Insomma, stando alle nuove indiscrezioni nel futuro degli smartphone della Mela il dispositivo pieghevole sembra essere presente. Non resta altro che aspettare per saperne di più.

F.P.L.

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Elden Ring: Shadow of the Erdtree, molto più che una semplice espansione

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Elden Ring: Shadow of the Erdtree è un’espansione enorme e sorprendente, che conferma la posizione di FromSoftware tra i migliori team di sviluppo in circolazione nel panorama videoludico contemporaneo. Il dlc (anche se chiamarlo così è riduttivo) è ovviamente disponibile su Pc, Xbox e PlayStation, quindi tutti coloro che hanno potuto giocare a Elden Ring (qui la nostra recensione), potranno cimentarsi in questa nuova avventura e proseguire il loro cammino. Ricordiamo a tutti coloro che sono interessati a intraprendere questo nuovo viaggio che per entrare nell’universo offerto da Shadow of the Erdtree è necessario aver ucciso Radahn e Mohg. Una volta fatto ciò si deve interagire col bozzolo di Miquella, parlando prima con un NPC che si troverà proprio lì davanti. Essendo una macro-area da visitare dopo l’endgame, il livello di difficoltà dei nemici al suo interno è piuttosto sostenuto. Questo vuol dire che provare a esplorare stando al di sotto di un livello medio che si aggira attorno al 140, o addirittura di parecchio inferiore, si va incontro alla morte anche coi nemici più insignificanti. Prendere sotto gamba il livello è un errore da non fare in quanto per chi volesse provare l’ebbrezza di addentrarsi nel “nuovo mondo”, l’impatto sarà assolutamente traumatico. Gli antagonisti sono capaci di uccidere con uno o due colpi e le zone più avanzate, assieme a quelle segrete e ai boss facoltativi, risultano quasi impossibili da completare. Eppure Elden Ring Shadow of the Erdtree, così come il gioco principale, non è mai scorretto col giocatore. Ovviamente il titolo impartirà dure lezioni ancora una volta, ma quando si inizierà a comprendere il gioco delle minacce che piagano la Terra delle Ombre, affrontare ogni ostacolo sarà fonte di assoluta soddisfazione. Differentemente da quanto i più possano pensare, l’aumento di livello non è la chiave per poter dominare sul campo di battaglia. Stavolta From Software ha applicato una sorta di sistema di potenziamento interno all’espansione che funziona grossomodo come i pezzi di maschera già visti in Sekiro. Va da sé che le reali differenze durante l’avanzamento, e soprattutto durante gli scontri coi boss, si notano solo raccogliendo i frammenti sparsi per la mappa di gioco, taluni ben nascosti o accessibili solo dopo alcune fasi di sbarramento. Una volta fermi ai Luoghi di Grazia, si potrà consultare il menù arricchito con una nuova voce che consente di migliorare in modo permanente alcune delle statistiche passive. Questa scelta adottata per Elden Ring Shadow of the Erdtree ha una duplice funzione: non rendere il contenuto troppo semplice anche per i veterani e obbligare i giocatori a esplorare davvero a fondo ogni angolo di mappa. L’esperta FromSoftware non ha però reso semplice l’accesso a tutte le aree, e in questa espansione si percepisce un senso della scoperta ancora più meraviglioso e sbalorditivo, reso tale da un design delle aree molto più articolato e complesso.

Il Regno delle Ombre è una mappa affascinante e con un design complesso e raffinato che conquista. Tuttavia è doveroso fare una menzione speciale ai dungeon/legacy, che presentano le medesime qualità. Anche qui il team di From Software è riuscito a creare livelli pieni di anfratti, percorsi alternativi, uscite, scorciatoie e connessioni all’interno di architetture colossali e uniche. Tra quelle esplorate ce ne sono due in particolare che abbiamo apprezzato. Autentiche opere di ingegneria studiate nei minimi dettagli: dalla disposizione dei nemici a quella delle sezioni interconnesse con una naturalezza disarmante. Un altro aspetto positivo positivo di Elden Ring: Shadow of the Erdtree riguarda la significativa riduzione del numero di mini-dungeon. Ora ce ne saranno di meno, ma più interessanti, elaborati e complessi. Spesso con meccaniche uniche e con boss sempre differenti, che garantiranno uno stimolo costante per quanto concerne l’esplorazione. Altro punto di forza della produzione sono i boss. In Elden Ring: Shadow of the Erdtree ce ne sono circa una decina, e sono tutti assolutamente straordinari sia per design che per le meccaniche di combattimento. E’ davvero sorprendente vedere come il team di From Software continui a sorprendere la sua fan base con creature così imponenti e ricche di personalità, capaci di proporre battaglie uniche, intense e sempre molto complesse da affromntare. Oltre a quanto detto, quest’espansione di Elden Ring ha un altro merito, ovvero: riuscire a sorprendere anche per il numero smodato di armi, talismani e magie aggiuntive, oggetti peraltro pensati per modificare sensibilmente lo stile di qualunque giocatore. Si vede chiaramente che l’intento di FromSoftware nella Terra delle Ombre è stato chiaramente uno solo: offrire un gran quantitativo di strumenti adatti a ogni genere di build, dotati di mosse e poteri così unici da spingere i giocatori a testarli anche se non necessariamente ottimali. E se da una parte alcune combinazioni del gioco base restano spettacolarmente efficaci e difficilmente sostituibili, riteniamo che FromSoftware abbia davvero trovato la chiave di volta qui, perché è stato praticamente impossibile non cambiare varie volte specializzazioni ed equipaggiamento dinanzi a certe novità. Ci sono ben otto categorie di armi del tutto nuove, e alcune di queste coprono delle mancanze significative del gioco base. A tutto ciò va anche sommato un discreto numero di ottime nuove stregonerie e un mix incredibile di incantesimi Il risultato finale? Un vero paradiso per chi ama sperimentare con statistiche ed equipaggiamento. Tirando le somme, questo Elden Ring: Shadow of the Erdtree è un’espansione incredibile, un lavoro di grande pregio che torna in parte alle origini dei souls, senza però tradire lo spirito del gioco base né abbandonare le caratteristiche che lo hanno fatto amare da così tanti giocatori. Si tratta di un lavoro impressionante, capace di stupire sia per il suo incredibile map design sia per la varietà delle novità introdotte. Impossibile, davanti a un’opera simile, non confermare il già notevole voto del gioco base. Impossibile lasciarselo sfuggire se avete amato il titolo originale.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9,5

Sonoro: 9,5

Gameplay: 9,5

Longevità: 9,5

VOTO FINALE: 9,5

Francesco Pellegrino Lise

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