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Giorno del ricordo: l’Italia ricorda gli esuli e la tragedia delle foibe

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“Il Giorno del Ricordo richiama la Repubblica al raccoglimento e alla solidarietà con i familiari e i discendenti di quanti vennero uccisi con crudeltà e gettati nelle foibe, degli italiani strappati alle loro case e costretti all’esodo, di tutti coloro che al confine orientale dovettero pagare i costi umani più alti agli orrori della Seconda guerra mondiale e al suo prolungamento nella persecuzione, nel nazionalismo violento, nel totalitarismo oppressivo”.

Lo afferma il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del Giorno del Ricordo.

Le celebrazioni sono inziate con la deposizione di corone alla Foiba n.149 di Monrupino, poi a Basovizza la cerimonia di commemorazione al Sacrario della Foiba – Monumento Nazionale, e a seguire la resa degli onori ai Martiri delle Foibe e la deposizione delle corone da parte delle istituzioni e delle associazioni con la benedizione di mons.

Giampaolo Crepaldi, Arcivescovo – Vescovo di Trieste ai Caduti di tutte le Foibe. Da Trieste a Roma: nel pomeriggio al Senato la cerimonia con il presidente Sergio Mattarella in memoria delle vittime delle foibe. Sono previsti discorsi dei presidenti di Camera, Roberto Fico, e Senato, Elisabetta Casellati. Chiuderà la celebrazione il premier Mario Draghi.  

“Il Giorno del Ricordo permette all’intera comunità di conservare e rinnovare la memoria di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo Dopoguerra e della vicenda del confine orientale. Quegli avvenimenti – afferma il presidente della Camera Fico – rappresentano una pagina molto dolorosa della nostra storia e il tentativo, perpetrato nel tempo, di coprirne le dinamiche e i contorni storici è stata una operazione inaccettabile. Così come inaccettabili sono le tesi negazioniste: in nessun caso possono infatti ritenersi ammissibili motivazioni o compromessi ideologici volti a legittimare la violazione della dignità dell’uomo o a ridimensionare le gravi responsabilità storiche che hanno portato ad eventi così drammatici”.

“Parte dal sangue di questa terra il cuore dell’Italia e dei drammi del Novecento”, e il fatto che “le istituzioni non semplicemente ricordano ma rimarcano la verità è fondamentale”, ha detto il presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, alla cerimonia alla foiba di Basovizza.

Il messaggio del Capo dello stato – “È un impegno di civiltà conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli istriani, dei fiumani, dei dalmati e degli altri italiani che avevano radici in quelle terre, così ricche di cultura e storia e così macchiate di sangue innocente. I sopravvissuti e gli esuli, insieme alle loro famiglie, hanno tardato a veder riconosciuta la verità delle loro sofferenze. Una ferita che si è aggiunta alle altre”, afferma il Capo dello Stato. “La sciagurata guerra voluta dal fascismo e l’occupazione nazista furono seguite, per questi italiani, da ostilità, repressione, terrore, esecuzioni sommarie aggravando l’orribile succedersi di crimini contro l’umanità di cui è testimone il Novecento. Crimini che le genti e le terre del confine orientale hanno vissuto con drammatica intensità, generando scie di risentimento e incomprensione che a lungo hanno segnato le relazioni tra popoli vicini”, dice ancora Mattarella. “L’Europa nata dalla pace e il dialogo ravvivato dall’affermazione delle democrazie hanno aperto e sviluppato una strada nuova. Queste memorie hanno guadagnato rispetto, dignità, ascolto. Sono storia vissuta, monito e responsabilità per il futuro. Il ricordo, anche il più doloroso, anche quello che trae origine dal male, può diventare seme di pace e di crescita civile. Questo è l’impegno di cui negli ultimi anni il nostro Paese si è reso protagonista insieme alla Slovenia e alla Croazia per fare delle zone di confine una terra di incontro e prosperità, di collaborazione, di speranza. La scelta di Gorizia e Nova Gorica, che saranno congiuntamente Capitale della Cultura europea 2025, dimostra quanto importante sia per l’intera Unione che la memoria delle oppressioni disumane del passato sia divenuta ora strada dell’amicizia, della comprensione, del primato della dignità delle persone, nel rispetto delle diversità e dei diritti”, conclude il Capo dello Stato. 

Polemica per un convegno sull’ ‘uso politico della memoria’  – Polemiche La vigilia è stata invece segnata dalla polemica per un convegno organizzato all’Università per stranieri di Siena, dal titolo “Uso politico della memoria e revanscismo fascista: la genesi del Giorno del Ricordo”. Due giorni fa alcuni senatori della Lega hanno presentato un’interrogazione al ministro dell’Università Cristina Messa sulla legittimità dell’iniziativa. “Che forze politiche provino a impedire e muoversi contro iniziative scientifiche è di una gravità inaudita, una dimostrazione di profonda inciviltà”, ha replicato il rettore Tomaso Montanari, ieri a margine del convegno. “L’università – ha premesso introducendo l’incontro – non si schiera politicamente. Ma l’antifascismo non è una posizione politica, è una premessa costituzionale e istituzionale indispensabile e non negoziabile”. Sabato è in programma a Firenze un presidio per le vittime delle foibe, promosso tra gli altri da Casaggì Destra Identitaria e Gioventù nazionale, iniziativa contro la quale la rete Democratica Fiorentina ha scritto a sindaco e questore per dire “no a manifestazioni indette da gruppi neofascisti e neonazisti”. A Verona si è accesa la polemica invece per una lezione per le scuole con lo storico Eric Gobetti, autore del libro ‘E allora le foibe?’: alla fine, ha ricordato Montanari, “gli è stato proposto che la lezione si trasformasse in un contradditorio con un giornalista”.
    Un atto di vandalismo è stato infine denunciato dal sindaco di Udine, Pietro Fontanini. A due giorni dalla cerimonia d’intitolazione di un piazzale a Norma Cossetto, studentessa istriana uccisa e infoibata nell’autunno del 1943 a 23 anni, il palo con l’insegna è stato abbattuto. “Non c’è stato nemmeno il tempo per celebrare la cerimonia, prevista per venerdì, che già la violenza di una certa parte politica si è manifestata”, le parole di Fontanini.

Cronaca

Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

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Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

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Editoriali

19 luglio 1992: un maledetto pomeriggio

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Lo ricordo come allora quel tragico 19 luglio 1992.
Un caldo improponibile, come quello di questi giorni.
Ma era sabato e con gli storici amici del paese l’appuntamento era fisso: “… ci vediamo più tardi al chiosco, verso le 5, e poi decidiamo dove passare pomeriggio e serata …“.
E cosi facemmo!
Arrivammo un po’ alla spicciolata (cellulari, WhatsApp ed altro sarebbero arrivati anni dopo).
Per ultimo, ma non per questo meno importante, uno dei nostri amici, all’epoca cadetto alla scuola sottufficiali dei Carabinieri.
Lo sguardo basso, ferito oserei dire.
Il passo lento, non era il suo solito passo.
Gli occhi lucidi che facevano presagire che qualcosa di grave era successo.
“Hanno ammazzato pure Paolo”, furono le sue uniche indimenticabili parole.
In un momento i nostri sorrisi, la nostra voglia di festeggiare quel sabato si ruppe.
Non erano passati neanche due mesi dell’attentato di Capaci in cui Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta erano stati ammazzati per ordine della Mafia ed ora anche Paolo Borsellino e la sua scorta erano lì dilaniati dall’ennesimo atto vigliacco di Cosa Nostra.
Giovanni e Paolo incarnavano i sogni di quella nostra generazione pronta a scendere in piazza per dire “NO ALLA MAFIA”.
Una generazione che aveva fatto dell’impegno politico e sociale la propria stella polare.
Quei due uomini seppero farci capire quanto l’impegno dovesse essere sempre animato da uno spirito di sacrificio personale.
Ci fecero capire che per cambiare il mondo il primo impegno era mettersi in gioco.
Quel pomeriggio i nostri sogni di ragazzi che volevano un mondo migliore saltarono in aria come quella maledetta bomba in via d’Amelio.
Ma capimmo, anni dopo, che dalla loro morte sarebbe germogliato quel seme che avrebbe fatto crescere la pianta rigogliosa della legalità.
Oggi a più di 30 anni dalla loro morte tengo in mente due loro pensieri:

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

L’ importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza (Giovanni Falcone)
La paura è umana, ma combattetela con il coraggio (Paolo Borsellino)


Ecco paura e coraggio … le loro vite, il loro impegno, il loro sacrificio ci hanno insegnato che possono convivere e farci essere grandi uomini.

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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