Nel maggio del 2011 con L.A. Noire, Rockstar Games lanciò sul mercato un prodotto originale, un titolo d’investigazione dalle tinte free roaming e con qualche pennellata action, ambientato nella Los Angeles del 1947. Il videogame, nonostante la sua natura originale, vendette poco per gli standard di Rockstar, azienda che ricordiamo con prodotti come GTA e Red Dead Redemption ha conquistato milioni di giocatori in tutto il mondo, ma fortunatamente ha poi ottenuto una “gloria postuma” sufficiente a garantirgli una riedizione sull’attuale generazione di console. In questa riedizione di L.A. Noire.
I giocatori si troveranno a vestire nuovamente i panni di un uomo di nome Cole Phelps. Egli è uno dei tanti militari che ha combattuto contro i giapponesi sul fronte del Pacifico durante la seconda guerra mondiale. Al congedo, Phelps ha cercato di lasciarsi alle spalle quel terribile trauma intraprendendo una carriera in polizia e soprattutto cercando di compiere sempre il proprio dovere in maniera zelante. Dalla fase di semplice agente di pattuglia, che funge da tutorial, fino ad approdare alla sezione investigativa, il talento del protagonista emerge con prepotenza e le promozioni arrivano senza grossi intoppi. Tutto bene fino a quando l’ingerenza del dipartimento e il suo passato bellico non torneranno a rovinargli una serenità costruita con fatica e sacrificio. Con questi presupposti L.A. Noire propone una trama sensazionale, profonda, ben scritta e assolutamente coinvolgente che non vogliamo assolutamente svelare per evitare di rovinare l’esperienza di gioco a chi non ha mai provato la versione 2011. Durante la storia Phelps occupa il presente nel portare a galla il marcio della Los Angeles anni ‘40, mentre si scopriranno i suoi trascorsi come militare attraverso alcuni flashback dalla fotografia verdognola che appariranno fra un evento e l’altro della storia.
Attraverso questi ricordi si scoprirà ben presto il tormento del protagonista, nascosto in perfetto stile noir sotto il suo inflessibile senso della giustizia. In sostanza, la trama del gioco non cerca la linea netta tra bene e male, piuttosto invita le persone a riflettere su come il vizio e la depravazione possano tristemente colpire chiunque segnandolo per sempre. Lo stile proposto è quello tipico dei giochi targati Rockstar: graffiante ma non moralista, in ogni momento cerca di fare ironia tanto nei dialoghi quanto visivamente. La sceneggiatura inserisce nel suo 1947 gli echi dei nostri tempi, con dialoghi caustici su politica, guerra, vizio, corruzione, ipocrisia e chi vuole usare la giustizia per i propri scopi. Oltre ai casi che compongono la storia principale, ossia ventuno, questa edizione rimasterizzata per Xbox One, PlayStation 4 e Nintendo Switch ovviamente propone tutti i contenuti pubblicati in digitale, dagli abiti extra ai cinque casi aggiuntivi, che hanno la funzione di far capire meglio alcuni retroscena della storia del detective Phelps. Volendo classificare L.A. Noire, si può posizionare a metà fra un action poliziesco e un’avventura grafica. Phelps infatti non è una sorta di super-poliziotto tutto sparatorie e lampi di genio, ma è una persona comune, razionale, ma dallo spiccato intuito che indaga, esamina, interroga e deduce. E proprio questo è quello che si dovrà fare per buona parte del gameplay. Ogni caso che viene assegnato al protagonista di L.A. Noire si svolgerà secondo i canoni classici dell’investigazione, quindi bisognerà recarsi sulla scena del crimine per esaminare gli indizi, raccogliere prove e sentire le testimonianze. Fulcro dell’attività di Phelps è il suo taccuino: lì saranno immagazzinate tutte le informazioni necessarie al caso, oltre che ai luoghi scoperti e le persone coinvolte. Sempre attraverso di esso passerà il sistema di interrogazione e raccolta delle testimonianze. Questi dialoghi erano e rimangono probabilmente la parte più riuscita della produzione.
Phelps porrà delle domande ai testimoni dei crimini o alle persone coinvolte, e starà al giocatore capire se la risposta è sincera o meno. L’unico modo per farlo sarà osservarli mentre parlano e aspettano, cercando di cogliere nelle loro espressioni e soprattutto nei loro sguardi qualcosa di sospetto. Alla deposizione si può reagire in tre modi: assecondare la risposta, forzare la persona a dire tutto oppure smentirla, accusandola. Va da sé che quest’ultima possibilità richiede che si abbiano prove schiaccianti, pena il rifiuto a collaborare. In sé comunque il gioco non incentiva una condotta aggressiva, spingendo più al dialogo puro. In aiuto del giocatore ci saranno inoltre i cosiddetti Punti Intuito, questi, guadagnati salendo di livello, permetteranno di evidenziare gli indizi o facilitare gli interrogatori rimuovendo una risposta sbagliata.
Nonostante la grande libertà concessa e le diverse strade possibili per concludere ogni caso, il gioco è comunque disegnato in modo tale da non far rimanere mai bloccati o rendersi irrisolvibile. A distanza di ben 6 anni dalla prima pubblicazione, L.A. Noire torna sulle attuali console con una versione potenziata, in grado di sfruttare al massimo le capacità dei moderni hardware per dare nuovo lustro a questa fantastica, ma incompresa opera di Rockstar. Questo su Xbox One e PS4 si traduce in un aumento di risoluzione rispetto al passato: 1080p per le versioni standard, 4K per Ps4 Pro e Xbox One X, un frame rate assolutamente più stabile, tempo atmosferico e una migliore gestione di luci, riflessi e effetti volumetrici. Su console Microsoft e Sony Rockstar ha provato a rendere L.A. Noire non una semplice versione in alta definizione del gioco originale. Oltre ai miglioramenti grafici appena descritti, nel gioco si possono notare alcuni elementi pensati per migliorare e ottimizzare l’esperienza. Per esempio sono state introdotte due nuove visuali che semplificare l’analisi delle scene del crimine, alcuni collezionabili legati a dei nuovi trofei, sono state inserite quattro tipi di palme differenti per migliorare l’aspetto di Los Angeles ed è stato cambiato il nome delle risposte per essere più in tema poliziesco. La riedizione di L.A. Noire ovviamente approfitta delle nuove console per stabilizzarsi tecnicamente. La città di Los Angeles appare ben costruita e assolutamente verosimile. I volti realizzati con il motion-capture non sono stati ovviamente toccati, e la loro estrema cura ancora oggi stupisce. Stesso vale per gli ambienti e le abitazioni, tratteggiati con estremo realismo. Ma nonostante sia sensibile l’aumento di dettaglio e stabilità, è palese che ci si trovi dinanzi a un software del 2011. La linea di grattacieli e macchine appare troppo squadrata, così come il poco dettaglio su vegetazione e terreno erboso possono far storcere il naso ai giocatori più attenti. Ugualmente si nota il diverso dettaglio tra i volti che hanno ricevuto il motion-capture e quelli per cui non era necessario. Fortunatamente, però, la prova attoriale per ogni personaggio è assolutamente impeccabile, e ancora adesso è quel fattore “in più” che dimostra quanto il titolo Rockstar fosse avanti per i suoi anni.
La colonna sonora non è stata ovviamente toccata, nel suo combinare pezzi jazz d’epoca con i giusti archi nelle situazioni più tese. Ancora adesso rimane bellissima e familiare la coppia di note di pianoforte che il gioco riproduce quando ci si avvicina a un oggetto che Cole può raccogliere o esaminare ed è sicuramente destinata a restare nelle menti dei giocatori più giovani. Ottimo anche il doppiaggio che rende l’esperienza di gioco completa e assolutamente credibile. Il primo e ultimo lavoro del Team Bondi è a distanza di sei anni un’opera ancora singolare, affascinante, ma purtroppo non adatta a tutti. L.A. Noire è un gioco serio, che usa la struttura open world come pretesto per un gioco più lineare e guidato, diretto però con una maestria veramente rara per essere un semplice videogioco. Alcuni limiti tecnologici sono stati accentuati con il passare del tempo, ma il restyling grafico che è stato effettuato riesce comunque a rendere il gioco piacevole da osservare anche sui moderni televisori in 4K, nonostante qualche saltuario calo nelle prestazoni. Tirando le somme, come sei anni fa, chi si aspetta da L.A. Noire un GTA ambientato negli anni ‘40, oggi come allora, rimarrà deluso, ma chi vuole un poliziesco scritto e diretto veramente bene o un’esperienza originale e ben confezionata non avrà di che pentirsene. L.A. Noire era ed è tutt’ora un capolavoro, un capolavoro incompreso che ci auguriamo possa essere capito grazie a questa edizione rimasterizzata.
Castlevania Dominus Collection è senza ombra di dubbio un vero e proprio pezzo da collezione per gli appassionati della serie dedicata alla lotta contro il malvagio Dracula. Questa raccolta, in particolar modo, offre un viaggio nel cuore di uno dei franchise più iconici di Konami ed è disponibile su PlayStation 5, Nintendo Switch, Xbox Series X|S e Steam. Il titolo include tre classici della serie Castlevania originariamente pubblicati per Nintendo DS, e sono: Castlevania: Dawn of Sorrow (2005), Castlevania: Portrait of Ruin (2006) e Castlevania: Order of Ecclesia (2008). A completare il pacchetto, troviamo due titoli bonus: Haunted Castle, la versione arcade di Castlevania, e Haunted Castle Revisited, una versione reimmaginata e ridisegnata del classico arcade con musiche riarrangiate, grafica migliorata e una giocabilità anch’essa più smart e meno legnosa. Il cuore pulsante di Castlevania Dominus Collection ovviamente risiede nei tre titoli principali per Nintendo DS, che rappresentano il periodo di massimo splendore della serie nella sua incarnazione portatile. Ognuno di questi giochi infatti è unico nel suo approccio al gameplay, ma tutti condividono quella particolare atmosfera gotica e quel livello di sfida che i fan della serie hanno imparato ad apprezzare fino in fondo. Dawn of Sorrow riprende la formula di Aria of Sorrow per Game Boy Advance, aggiungendo un sistema di magia basato sui simboli e un’ambientazione ricca di dettagli. Portrait of Ruin si distingue per la sua meccanica di gameplay a coppie, dove il giocatore può alternarsi tra due personaggi con abilità uniche, mentre Order of Ecclesia introduce un sistema di combattimento innovativo e una protagonista femminile, Shanoa, che utilizza glifi magici per sconfiggere i mostruosi antagonisti. Castlevania Dominus Collection non si limita a riproporre i giochi così come erano, ma offre una serie di opzioni che rendono l’esperienza di gioco più accessibile e moderna. La funzione di riavvolgimento, ad esempio, permette di tornare indietro nel tempo in caso di errore, una manna dal cielo per affrontare i momenti più difficili senza dover ricominciare da capo. Il quick save e il load-game sono disponibili in ogni momento, rendendo possibile salvare i progressi anche nei momenti più intensi. Inoltre, il layout dei controlli e il display per il dual screen, caratteristico dei giochi per DS, sono completamente personalizzabili, permettendo al giocatore di adattare l’esperienza alle proprie preferenze. Insomma, un bel insieme di cose per rendere l’esperienza più accessibile a tutti.
Come già accennato Castlevania Dominus Collection,oltre ai tre giochi principali, Haunted Castle e Haunted Castle Revisited, due titoli che offrono un diverso tipo di sfida rispetto ai classici per DS. Haunted Castle è la versione arcade di Castlevania, un gioco che, pur nella sua semplicità, rappresenta una parte importante della storia della serie in quanto la versione arcade classica rappresenta una vera e propria sfida per tutti coloro che cercano un intrattenimento difficile e appagante. La versione Revisited, invece, è una reinterpretazione moderna, con grafica aggiornata e un gameplay migliorato che garantisce una nuova prospettiva su un classico del passato. L’esperienza è sicuramente più accessibile della versione arcade, ma poter arrivare allo scontro con Dracula e poter salvare la sposa non è mai stato così avvincente. Insomma, con queste versioni di Haunted Castle, anche i giocatori di vecchia data potranno tornare indietro nel tempo e rivivere l’esperienza vissuta nel 1987. Castlevania Dominus Collection, essendo un titolo dedicato agli amanti della saga, offre anche una ricca modalità galleria, dove i giocatori possono esplorare artwork inediti, bozzetti di sviluppo, istruzioni e packaging originali. L’enciclopedia inclusa è un compendio completo ed esaustivo che contiene dati su nemici, equipaggiamenti, oggetti e altro ancora, rendendola una risorsa preziosa per chi vuole immergersi completamente nell’universo di Castlevania. Infine, il lettore musicale integrato permette di ascoltare tutte le tracce audio originali dei singoli giochi e di creare playlist personalizzate con i propri brani preferiti, un tocco di classe che aggiunge ulteriore valore alla collezione. Castlevania Dominus Collection è indubbiamente un prodotto di nicchia, destinato al novanta per cento ai fan della serie e a coloro che hanno già avuto modo di apprezzare questi giochi all’epoca della loro uscita originale. Tuttavia, l’ottimo lavoro di porting, le opzioni di personalizzazione e i contenuti aggiuntivi rendono questa collezione interessante anche per chi si avvicina alla serie per la prima volta. Va detto che, nonostante la qualità dei giochi, il peso degli anni si fa sentire. Le meccaniche di gioco, per quanto ancora solide e divertenti, possono apparire datate a un pubblico abituato a standard più moderni. Tuttavia, è proprio questa fedeltà all’originale che renderà felici i puristi, che potranno rivivere le stesse emozioni di un tempo senza compromessi. Tirando le somme, Castlevania Dominus Collection dimostra ancora una volta quanto la serie sia riuscita a lasciare il segno sui vari sistemi operativi in cui si è manifestata. Resta di certo l’amaro in bocca per la mancanza di un nuovo capitolo da ormai dieci anni, senza contare che non si ha ancora notizia di una riproposizione del memorabile Symphony of the Night al pubblico, ma i tre capitoli per Nintendo DS qui proposti sono ancora oggi favolosi da giocare. Che si voglia rivivere l’esperienza intransigente degli originali o che si preferisca utilizzare i miglioramenti di qualità della vita rappresentati dalla possibilità di riavvolgere il tempo e di salvare in ogni momento, in ogni caso Dawn of Sorrow, Portrait of Ruin e Order of Ecclesia sono capaci di garantire decine di ore di intrattenimento di altissima qualità, permettendo anche a chi non li aveva giocati negli anni 2000 di scoprire tre videogiochi che rappresentano eccellenze assolute. Provatelo, scoprite se non lo avete mai fatto l’incredibile profondità della serie e provate a battere i giochi senza gli “aiutini” per un’ esperienza indimenticabile.
Il Pc è pronto a vivere una nuova vita ed evolve nelle funzionalità. Alla conferenza Ifa 2024 di Berlino, appuntamento cardine per le innovazioni tecnologiche che vedranno l’arrivo nel corso dei prossimi mesi, il settore dei computer è pronto a vivere una nuova vita. Tutti i principali produttori, da Lenovo ad Asus, Acer, Samsung e Hp, hanno presentato nuovi modelli, uniti dal filo conduttore dell’intelligenza artificiale. Dopo gli anni della pandemia e il boom di vendite per le necessità di smart working e didattica a distanza, il particolare settore ha vissuto tempi difficili, con trimestri continui di decrescita. Il trend sta per cambiare proprio grazie alla promessa dell’intelligenza artificiale di dare agli utenti opportunità mai viste di produzione di contenuti, soprattutto in termini di velocità e creatività. Nelle previsioni di fine giugno, gli analisti di Canalys hanno affermato di aspettarsi spedizioni dei cosiddetti ‘Ai Pc’ in aumento del 44% dal 2024 al 2028. Si passerà, stando ai numeri, da circa 48 milioni di computer venduti quest’anno a oltre 100 milioni nel 2025 e più di 205 milioni entro il 2028. In quattro anni, quasi 7 computer comprati su 10 avranno un hardware capace di eseguire calcoli di intelligenza artificiale. Non a caso, i fornitori di semiconduttori come Intel, Amd e Qualcomm, sono in una corsa serrata per sviluppare chip ottimizzati, non solo dal punto di vista delle prestazioni ma anche del consumo energetico, una delle principali preoccupazioni quando si tratta di applicare l’IA a processi quotidiani. E dietro l’angolo c’è Apple che il 9 settembre svela la nuova linea di iPhone, che ha già lanciato la sua Apple Intelligence ancora esclusa dai Paesi dell’Unione Europea, in attesa che la tecnologia si conformi alle stringenti richieste del Digital Markets Act continentale in termini di privacy e condivisione dei dati. Nei giorni di Ifa, dopo il lancio del Samsung Galaxy Book 4 Edge da 15 pollici con chip Snapdragon X Plus a 8 core, Asus ha tolto il velo ai portatili Zenbook, Vivobook, ExpertBook e Nuc Mini Pc, con processori Intel Core Ultra 9 (Serie 2). Tutti Copilot Pc+, certificati per poter sfruttare al massimo il chatbot di Windows 11, un po’ la contrapposizione di ChatGpt e Google Gemini sugli smartphone. In Germania, Acer ha risposto con gli Swift Go 14 Ai e Swift 14 Ai, disponibili anche con processori Amd, mentre Lenovo prosegue con i prototipi che anticipano il futuro. Se a febbraio, durante il Mobile World Congress, il marchio aveva puntato su un modello di notebook “trasparente”, con uno schermo in grado di mostrare l’ambiente circostante da spento, questa volta è toccato all’Auto Twist Ai PC. Si tratta di un notebook sperimentale, la cui vendita non è prevista al momento, con una cerniera motorizzata, pensato per seguire l’utente mentre si muove in una stanza o su un palco. Ancora una volta, l’intelligenza artificiale è protagonista, per la possibilità di rispondere ai comandi vocali di chi sta dinanzi, così da chiudere o aprire il coperchio e trasformarsi in un tablet, girando il pannello di 360 gradi per piegarlo sul dorso. Un formato che apre a interessanti riflessioni per il futuro, quando i computer potranno diventare delle interfacce più complete con cui interagire, anche in maniera naturale, magari facendo a meno degli elementi che ne hanno fatto la storia, dal mouse alla tastiera.
Nobody Wants to Die, titolo sviluppato da Critical Hit Games disponibile su Pc, Xbox e PlayStation, è un’avventura di stampo noir ambientata nella città di New York del 2329. Protagonista dell’avventura è il detective James Karra che si trova a dover indagare su una serie di misteriosi omicidi. Il poliziotto però non è solo, ma dovrà affrontare le indagini assieme alla giovane collega Sara Kai, suo braccio destro nonché personaggio fondamentale nel corso della storia. Fin dai primi passi mossi in questo thriller decisamente molto curato per quanto riguarda l’aspetto grafico, siamo rimasti affascinati dall’atmosfera da detective story in stile Blade Runner, dove però il focus devia totalmente dalle dinamiche di combattimento che ci si aspetterebbe. Nel corso di tutta la durata di Nobody Wants to Die, infatti, non si incontrerà alcuna sequenza di combattimento. Un vero peccato perché a nostro avviso qualche sparatoria avrebbe sicuramente messo più pepe al tutto. Come si può intuire, quindi, i cardini della produzione sono racchiusi tutti in tre elementi: storia, personaggi e ambientazione. A livello narrativo l’avventura ha inizio con il detective James Karra che torna a lavorare in polizia dopo un recente incidente in seguito al quale sembra aver avuto delle conseguenze sulla sua salute psichica. Proprio nel suo giorno di riposo viene incaricato dal suo capo di indagare sul presunto suicidio di uno degli uomini più ricchi di New York, Edward Green. L’uomo si accorgerà ben presto però che il caso affidatogli non è quel che sembra e, in compagnia della sua collega, Sarah, si troverà invischiato in un intrigo politico estremamente pericoloso e complesso.
Fra livelli che si sviluppano in verticale man mano che aumenta il tenore di vita dei cittadini, auto volanti che affollano i cieli ed enormi insegne luminose a fendere l’oscura decadenza di una metropoli in cui piove sempre o quasi, l’ambientazione di Nobody Wants to Die si ispira in maniera palese a Blade Runner ed è ovviamente un peccato che la si possa solo ammirare da lontano. Sono presenti infatti sequenze in cui il protagonista si ritrova a contemplare il profilo della sua New York e il traffico che scorre fra i palazzi, magari mentre si affaccia dallo sportello aperto della sua stessa auto volante. Tuttavia, una volta messo in moto il veicolo, l’atto di viaggiare verso una qualsiasi destinazione viene rappresentato in maniera automatica, senza la possibilità di pilotare il mezzo. Di fatto i momenti in cui viene concesso di esplorare lo scenario sono pochi e limitati, a dimostrazione di come il contorno scenografico dell’avventura sia appunto questo: un semplice sfondo, pensato per arricchire e contestualizzare un gameplay che di fatto si limita all’analisi delle scene del crimine o ai puzzle che concludono un’indagine andando a sommare i vari elementi. A livello di giocabilità, una volta giunti sulla scena del crimine si può azionare un dispositivo in grado di “riavvolgere il tempo” e rivelare elementi da approfondire e visualizzare, ricorrendo anche ad apparecchi come la fotocamera, la lampada UV e il visore a raggi X per ricostruire di volta in volta ciò che è accaduto e chi ha fatto cosa. Questa parte dell’esperienza è piacevole e molto ben coreografata, ma come detto risulta parecchio guidata. L’interfaccia del gioco, infatti, dispensa suggerimenti in continuazione, al punto che la modalità di visualizzazione teoricamente deputata a fornire dei consigli si rivela inutile. Viene detto fino a dove far scorrere il tempo, che strumento utilizzare e quando, rendendo futile persino la ruota di selezione dei dispositivi; e così anche il gameplay stesso di Nobody Wants to Die si rivela semplicemente funzionale alla narrazione e nient’altro.
L’ambientazione oscura scelta dal team polacco è di certo la componente meglio riuscita dell’intera produzione perché, al netto delle sue evidentissime ispirazioni, riesce a far emergere una discreta personalità all’interno delle suggestioni cyberpunk grazie ad un retro-futurismo datato ma efficace: l’impatto scenografico prestato da Blade Runner è qui mescolato ad un’estetica anni Quaranta, generando una dose di malinconia mista a tristezza nell’osservare auto volanti e dal design antiquato sfrecciare tra le piogge acide di una notte perenne. La colonna sonora doom jazz accompagna le elucubrazioni di un protagonista costretto a vivere per sempre nonostante la mancanza di stimoli reali, tratteggiando i confini di un universo in cui l’immortalità non è un dono, ma una condanna a vivere con i propri rimorsi. L’Unreal Engine 5 è qui utilizzato per donare un elevato grado di dettaglio ad ambientazioni contenute e ben diverse tra di loro, con un preset “Qualità” che fa sfoggio di un ray tracing corposo e di un’illuminazione efficace, mentre quello “Prestazioni” – che mantiene stabilmente i 60 fps – smorza il colpo d’occhio facendo calare la definizione e riducendo i giochi di luce. Tirando le somme possiamo dire che questo Nobody Wants to Die è nel complesso un’avventura a base narrativa caratterizzata da un’affascinante ambientazione cyberpunk, che attinge a piene mani da alcune opere piuttosto celebri, come il già citato Blade Runner, per raccontare una storia interessante e coinvolgente, costruita interamente sui due protagonisti. È vero: il gameplay si limita all’analisi delle scene del crimine e gli sviluppatori non hanno osato sconfinare, infarcendo anzi le meccaniche investigative di suggerimenti contestuali che rendono l’esperienza parecchio guidata, ma non per questo meno piacevole. Se quello che si cerca è un titolo tranquillo, con un’ambientazione molto suggestiva e che sia privo di una componente action, allora Nobody Wants to Die è il titolo che fa per voi.