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Cultura e Spettacoli

LA RIVINCITA DEI VALORI DELLA TERRA SULL'ERA INDUSTRIALE E TECNOLOGICA

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Alessandro Petruccelli: “In occasione dell'Expo Milano 2015, che ha come centro la genuinità dei cibi e dei sapori, mi sembra giusto e doveroso rivolgere un saluto a coloro che, per millenni, di padre in figlio hanno coltivato la terra e hanno garantito la suddetta genuinità. Essi si chiamavano contadini.“ 

 

di Gabriella Resse

Personaggio di profondo sapere e percettibilità, indagatore della realtà, immerso in un una sorta di neorealismo favolistico, un po’ filosofo, Alessandro Petruccelli, nato a S.S. Cosma e Damiano cittadina in provincia di Latina  vive e lavora a Formia (LT) .

Laureato in lettere, vincitore di numerosi premi letterari e con al suo attivo la pubblicazione di diversi libri e favole illustrate, ha insegnato negli istituti superiori e tra gli altri, di lui ricordiamo il best seller “ Un giovane di campagna “ . Avendo  in sé una profonda conoscenza della campagna e del mondo contadino, egli ha sentito l’esigenza di dare voce al suo disappunto verso una società moderna e metropolitana che oggi scopre inaspettatamente ciò che un tempo era stato, ghettizzato, considerato gretto, brutto, cafone, come economicamente sfruttabile, bucolico, Bio, pittoresco, genuino, ecosostenibile. E ci regala questo monito, come un buon padre di famiglia che cerca di insegnarci il senso delle nostre azioni, affinché non siano vuote e mirate solo ad meschino tornaconto, ricordando a tutti che le ricchezze della terra, sono sempre state davanti ai nostri occhi, e che non sono preziose solo perché si riscoprono essere una delle principali risorse economiche del nostro paese, ma perché lo sono, come lo sono sempre state, anche dal punto di vista umano, sociale , culturale e spirituale. Un patrimonio di incalcolabile valore che in passato, nell’era dello sviluppo industriale e metropolitano e dei concetti associati di profitto e competitività su ampia scala, fu, insieme a coloro che lo custodivano, avvilito, disprezzato e abbandonato. Ora la terra ed i suoi magici doni, i suoi segreti ed i piccoli misteri svelati, si sta riprendendo una rivincita su un concetto di sviluppo che appare ormai freddo, svenduto e privo d’attrattiva  e lo scrittore Alessandro Petruccelli  lo sottolinea  in questa “ Lettera ai contadini della mia terra e di tutte le terre“ che compare nel suo sito. Un messaggio fresco, diretto, denso di significato, un percorso nella memoria, che molto può dirci sul nostro presente ed  incoraggiarci ad intraprendere strade nuove nel nostro futuro, come persone e come paese.             
                                     
Ecco la lettera "ai contadini della mia terra e di tutte le terre" di Alessandro Petruccelli

Cari contadini della mia terra e di tutte le terre, vi ricordate quel giorno? È stato un bel giorno quel giorno in cui abbiamo capito che se ci volevamo riscattare sul serio dal disprezzo del mondo e dalla schiavitù delle zolle, questo riscatto doveva essere pagato con il nostro sudore e il nostro sacrificio. Io sono andato a scuola a piedi tra il vento e la pioggia, per impervi sentieri, con lunghi cammini, voi siete andati all'estero indifesi e soli tra gente sconosciuta; avete dormito nelle baracche e avete fatto i lavori più umili e nei momenti di riposo vi siete preparati i pasti e lavati la biancheria o avete scritto alle famiglie lontane e avete desiderato avere accanto la moglie e i figli.

Voi con l'emigrazione e io con i libri abbiamo raggiunto lo stesso scopo.

Con i risparmi che avete fatto, vi siete costruiti le case in città o nei pressi di strade frequentate e avete aperto botteghe e trattorie, dopo anni di servizio in ristoranti e negozi stranieri; o, dopo anni di apprendistato, siete entrati nelle fabbriche come operai specializzati. Avete viaggiato e accumulato tante esperienze e mentre prima pensavate che la vita consistesse solo nei doveri, da anni ormai conoscete dove arrivano i vostri diritti. I nostri figli, diversamente da noi, non sono cresciuti dietro gli animali e non hanno imparato solo la fatica. Occorreva andarsene dai campi per non essere più contadini. Noi ce ne siamo andati, rompendo gli schemi di un ordinamento sociale che durava da millenni. E' stata una rivoluzione totale la nostra e l'abbiamo fatta senza barricate, senza sangue e senza bandiere.

In ogni epoca, presso ogni popolo, nessun padre, potendo scegliere tra i mestieri, ha consigliato al proprio figlio di fare il contadino, nessun figlio, anche se appartenente agli strati più poveri, un bel mattino si è alzato ed è corso ad annunciare ai genitori e agli amici la sua vocazione di arare i campi. Il contadino è l'unico mestiere che, costretti, hanno continuato a fare i figli dei contadini.

Da anni, da sempre, gli altri ci hanno considerati fuori dal mondo civile. Ogni tanto sono venuti a osservare il nostro comportamento e a studiarci come se fossimo scimmie e pappagalli, sono venuti superbi o pietosi in mezzo a noi, ci hanno interrogati e hanno assistito curiosi o divertiti alla nostra lealtà, hanno goduto delle nostre reazioni e se ne sono andati, contenti di non essere come noi. La nostra fede l'hanno chiamata superstizione, la nostra pensosità intontimento; il nostro amore passione selvaggia, la nostra energia forza bruta, la nostra semplicità nient'altro che ignoranza.

La nostra, poi, non è stata ritenuta cultura,  ma folclore e a nulla sono valsi i nostri innesti, i tralci disposti con simmetria, i solchi diritti, le mete di paglia e di fieno con pendenza perfetta, le decorazioni dei carri e degli aratri, le serenate che abbiamo composto per l'amata e cantato sui colli, le ninne nanne con cui abbiamo acquietato i bambini del mondo, le canzoni con cui abbiamo accompagnato i nostri lavori e i nostri pellegrinaggi. Allo stesso modo, non è stata data alcuna importanza al nostro rispetto nei confronti della terra madre. Infatti, finché noi siamo stati custodi del territorio, rari o rarissimi sono stati gli smottamenti e le frane, rare o rarissime sono state le alluvioni, perché piantavamo alberi che con le loro radici trattenevano il terreno che tendeva a scivolare, perché ogni rettangolo o quadrato di terra era delimitato da fossi che ogni anno venivano rifatti o puliti e non permettevano il ristagnare neppure a una goccia d'acqua.

Solo quando abbiamo fatto del male, ci hanno reputato consapevolmente cattivi, razionalmente spietati: per il resto, ci siamo comportati con istinto e senza gusto e siamo stati come animali che si accoppiano mangiano bevono e lavorano, ripetendo gesti e azioni di cui non si rendono conto. Tuttavia, nei periodi di decadenza ci hanno considerati come la loro riserva umana e come uccelli rapaci sono venuti a cercare e a prendere da noi quei sentimenti originari che per smodatezza o ambizione avevano perduti. Si sono appropriati così dei nostri usi, delle nostre parole, dei nostri riti, dei nostri balli, delle nostre cassepanche; hanno attraversato in lungo e in largo le campagne alla ricerca dei nostri cibi genuini e del nostro modo di prepararli: e tutte queste cose quando erano presso di noi le hanno schifate presso di loro invece, sono diventate belle, hanno acquistato prestigio e hanno dato al loro animo una verniciatura di sensibilità.

Cari contadini, da anni, da sempre tra capo e collo ci stava una tradizione che era disprezzo. Sugli autobus, sui treni si sono seduti a forza accanto a noi. "Ecco, questo è un contadino" diceva tra se' il truffatore e si preparava a intrappolarci. "Ecco, questo è un contadino" pensava il medico e ci trovava malattie lunghissime. Se ci trovavamo in città, quelli che ci vedevano passare ci additavano ai loro figli: "Guardate, sono quelli i cafoni". Se una donna andava vestita male o alla buona la rimproveravano: "Sembri una contadina". Quando un bambino mangiava la mela o il pane, tagliandoli a pezzi con il coltello, i presenti lo aggredivano: "Non così, così mangiano i contadini". Ogni ragazzo che andava male a scuola o non voleva imparare un mestiere, i genitori lo minacciavano: "Zapperai la terra!". Quando un giovanotto faceva l'imbecille o il maleducato con una ragazza, quando uno entrava col cappello in testa o usciva lasciando la porta aperta, quando uno beveva e si asciugava bocca con la manica, gli dicevano o pensavano di dirgli: "Villano!", attribuendo così a noi ogni loro indecenza.

A chi aveva uno schizzo di fango o una macchia qualunque sul vestito o sulle scarpe si chiedeva con disgusto: "Da dove vieni, dalla campagna?", e poiché i luoghi ritenuti colpevoli di sporco erano i nostri, noi, quando uscivamo da essi, ci rimboccavamo i calzoni, esponendo nudi gli stinchi alle spine, attraversavamo scalzi i rivi, camminavamo scalzi sui sassi appuntiti e solo prima di entrare in paese ci mettevamo le calze e le scarpe.

Ora che la civiltà contadina non c'è più, ai giovani che vivono nelle comodità, ai giovani che sono diplomati o laureati, ai giovani che conoscono ogni segreto dei telefonini e dei computer diciamo di provare a entrare nel mondo che noi abbiamo lasciato. Coltivare i campi per loro non sarà una condanna, ma una libera scelta; non solo, ma nessuno può sapere quali orizzonti gli potrà aprire davanti il contatto vero con la natura. Essi, poi, useranno le macchine e non saranno chiamati contadini, ma tecnici o industriali della terra.
 

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Cronaca

Roma, conto alla rovescia per la 4 edizione dell’Hip Hop Cinefest: un fine settimana all’insegna di cinema, musica e cultura

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Venerdì 10 e sabato 11 maggio alla Casa della Cultura di Torpignattara (Via Casilina, 665 – Roma) – Ingresso Libero
 
L’unico evento italiano e uno dei cinque al mondo dedicato alle storie scritte, prodotte e dirette da amanti della cultura Hip Hop, passando per tutti i generi cinematografici compresi quelli sperimentali.
 
La forte vocazione internazionale dell’Hip Hop Cine Fest conferma l’evento come punto di incontro di culture e idee che arrivano da tutto il mondo. Come nelle passate edizioni, oltre alla proiezione delle opere cinematografiche selezionate, l’evento diventa un forum di discussione sui temi complessi della narrazione culturale attuale. La kermesse, nelle varie attività e azioni di cui si compone, è un laboratorio di creazione, condivisione, ispirazione e sperimentazione che si muove oltre le barriere geografiche, favorendo scambi artistici su scala globale. L’Hip Hop Cine Fest esplora le intersezioni tra cinema, musica e le sfide culturali del nostro tempo, celebrando la ricchezza della cultura Hip-Hop e il suo impatto trasformativo nella società.
 
Durante la due giorni, si terranno dibattiti e workshop, con una particolare attenzione ai processi educativi non formali dell’Hip-Hop come strumento pedagogico innovativo. Le categorie in gara includono documentari, fiction, video musicali, e opere sperimentali, sia lunghe che corte. Per l’edizione 2024 sono stati selezionati 112 progetti provenienti da 26 paesi: 22 documentari lunghi, 19 documentari corti, 6 cortometraggi di finzione, 20 progetti sperimentali, 6 progetti web/seriali e 39 videoclip musicali.
 
Tra le opere in concorso i documentari: “Street Heroines” di Alexandra Henry dagli Stati Uniti, la celebrazione del lavoro di tre artiste latine attive nella scena dei graffiti tra NY, Città del Messico e San Paolo, e “Olossa” diretto da F.Randrianambinana, J.O.Tsibeny E M.A.Ramangason, un viaggio nella drill del Madagascar. Tra i progetti di finzione “The last Carreo” dal Perù di P.Malek, 24 ore nella vita di Lucho freestyler di Lima, un action tra contraddizioni e dura realtà. Tra i progetti sperimentali “The graffiti mistery” dalla Francia di C.Diaz, un progetto che esplora il lettering attraverso la settima arte; per i best of the web “Fazilona” di Z.Bandido, M.A.Verdiell, E.d.G.Koperuna, web serie dedicata alla scena delle fanzine di Barcellona. Tra i videoclip musicali “Survaival” del regista cubano A.V.D’Mente.
 
Per tutte la durata della manifestazione, sarà allestita una mostra d’arte curata dalla galleria Croma e una selezione espositiva dell’Italian Hip Hop Museum.
Tutti progetti selezionati saranno trasmessi in streaming gratuito sulla piattaforma filmocracy.com dal 29 aprile al 19 maggio.
 
 
Il programma
 
venerdì 10
ore 13.00 – 21.30
Proiezioni non stop delle opere in concorso
dalle ore 15
graffiti live painting a cura dell’artista peruviano suc
ore 15.00
workshop di Djing con DJ Mixturesse dall’Olanda
ore 16.30 – 17.30
Talk “Hip Hop e Narcostati”, tra gli ospiti il regista Federico Peixoto.
All’interno dei difficili contesti del Latinoamerica dove i narcotrafficanti dettano legge, l’Hip-Hop è capace di veicolare un messaggio di resistenza e fratellanza, il tutto raccontato direttamente da un artista della Costa Rica.
Ore 18.00 – 19.30
Panel “Hip Hop e resistenza: Tunisia, Palestina e Siria”, tra gli ospiti l’artista tunisino Elyes Fatnassi. Testimoni diretti provenienti da tre paesi attualmente infiammati da guerre, oppressioni e instabilità: Palestina, Siria e Tunisia si incontrano sulla scia di un insolito filo conduttore: L’Hip Hop e la sua capacità di diventare strumento di resistenza per cultura anche nei contesti più difficili, restituendo speranza
 
 
Sabato 11
Ore 10.00 – 22.00
Proiezioni non stop delle opere in concorso.
Ore 11.00 – 12.30
Panel “Breaking: dall’arte-educazione alle olimpiadi”, tra gli ospiti il tecnico federale e giudice Edoardo Bernardini.
Partendo dal potere arte-educativo del Breaking, nato tra i vicoli delle periferie, fino alla consacrazione olimpica della disciplina, che futuro si prevede per la “original street dance”? La sua formalizzazione in disciplina olimpionica sarà preponderante, o rimarrà più forte il richiamo della strada?
Dalle ore 13
Graffiti live Painting a cura dell’artista palestinese Hamza Abu Ayyash.
Ore 13.30 – 14.30
Workshop “Hip Hop Filmaking” con il regista olandese Stephan Velema.
Ore 15.00 – 16.30
Panel “Hip Hop – Femminismo – Empowerment”, tra gli ospiti Martha Diaz dell’Hip Hop Education Center di New York.
In questa sezione si cercherà di affrontare le delicate questioni che riguardano il ruolo troppo spesso marginalizzato della donna a livello globale, tanto nella società come anche nella cultura Hip-Hop. È in questo contesto che nascono movimenti come il femminismo hip-hop e l’afro-femminismo, che promuovono l’empowerment femminile e un cambio di paradigma radicale.
18.00-19.30
Tavola rotonda “Storia del cinema hip hop vol. 4”, tra gli ospiti il professore e ricercatore Giuseppe Gatti.
Quarto appuntamento con la riflessione sulla natura e lo stato del cinema Hip-Hop, quest’anno si andranno ad analizzare le prospettive future di questo genere ibrido e le sue possibilità evolutive, sia dal punto di vista produttivo, che soprattutto distributivo.
Ore 21
Cerimonia di premiazione dei vincitori del festival.
 
Privo di virus.www.avast.com

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Cultura e Spettacoli

Prato, il museo di Palazzo Pretorio celebra i suoi 10 anni

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Inaugurata una nuova sala con dipinti del ‘400 e del ‘500  provenienti dai depositi
 
 
Sono trascorsi dieci anni dall’inaugurazione del Museo del Palazzo Pretorio di Prato che aprì il 12 aprile 2014, dopo un complesso restauro del Palazzo, iniziato nel 1998, sede dal 1912 del Museo Civico. E molti sono stati i progetti realizzati, guidati da un unico obiettivo: essere interprete della contemporaneità di ogni tempo e diventare sempre più inclusivo.
 
“Festeggiamo i 10 anni dall’apertura del Museo di Palazzo Pretorio con la presentazione di una nuova sala, a dimostrazione che il Pretorio non è mai rimasto fermo: mostre, nuove sale, linguaggi inclusivi, un polo culturale con una particolare attenzione all’autismo, sono la testimonianza di come l’arte sia capace di coinvolgere tutti con la sua bellezza e la sua capacità di comunicare.
 
Da oggi al primo piano si potranno ammirare opere del ‘400 e ‘500 provenienti dai depositi, grazie alla volontà di investire per valorizzare il patrimonio esistente”, dichiara Matteo Biffoni  sindaco di Prato. Un anniversario significativo, quello del decennale, che il Museo condivide con la comunità rendendo godibili diciassette opere che fino ad ora sono state custodite nei depositi e adesso hanno trovato collocazione nella nuova sala “Dai depositi al museo: dipinti del Quattrocento e del Cinquecento”, posta al primo piano nell’area recentemente restaurata dell’antico Monte dei Pegni. Il percorso espositivo così si amplia con un nucleo di maestri del Quattrocento che documentano il clima culturale che si riflette nelle tante botteghe attive a Firenze e nelle periferie; e con la preziosa raccolta di Sacre Famiglie e di Madonne con Bambino del secolo XVI composta da dieci dipinti.
 
La nuova sala rientra in un progetto di ampliamento dell’offerta museale che vedrà a breve altri due spazi dedicati, rispettivamente, “Prato prima di Prato” con reperti archeologici provenienti dal territorio e dalla vicina area di Gonfienti, sede di un insediamento etrusco del VI secolo avanti Cristo, arricchito anche da contenuti multimediali, e al Museo del Risorgimento, con una raccolta di cimeli dell’antico Museo del Risorgimento che dai primi del Novecento fu allestito nel Pretorio e ancora conservati nei depositi. “In questi dieci anni, il Museo civico di Palazzo Pretorio è diventato un punto di riferimento nel panorama non solo toscano. Un lavoro costante – in prima fila la Direttrice Rita Iacopino, tutto lo staff ed il Comitato scientifico – ha consentito di intrecciare relazioni e consolidare ed arricchire un patrimonio inestimabile. La scelta dell’amministrazione di ampliare il percorso della Collezione recupera l’idea del progetto di Gae Aulenti e Bianca Ballestrero e restituisce con ancora maggiore aderenza la storia non solo artistica del nostro territorio”, aggiunge Simone Mangani, Assessore alla cultura del Comune di Prato, presentando il nuovo allestimento anche a rappresentanti della stampa estera. Questi allestimenti si aggiungono al recente percorso parallelo multisensoriale arricchito di contenuti interattivi, opere da toccare e da ascoltare, guide nella lingua dei segni, nuovi dispositivi multimediali.
 
Il Museo celebra il decennale proponendo anche un originale programma di eventi, spettacoli, danza, laboratori, musica, incontri a tema e attività, rivolte a pubblici diversi. Tra gli altri ha organizzato, in collaborazione con la Fondazione Opera Santa Rita, la mostra “PretorioAPERTO – 10 anni 1000 sguardi”, i cui I protagonisti sono i ragazzi con sindrome dello spettro autistico del Centro “Silvio Politano”, che attraverso il loro punto di vista regalano ai visitatori una chiave di lettura alternativa delle opere del Museo di Palazzo Pretorio; le loro produzioni artistiche, inedite e originali, sono realizzate in collaborazione con i loro educatori, gli operatori museali e il contributo degli studenti del Liceo Artistico “Umberto Brunelleschi”di Montemurlo. Uno spazio di confronto, conoscenza e dialogo con le diversità. La mostra è ad accesso gratuito, dal 20 al 29 di aprile.
Con Prato Card è disponibile un unico biglietto che permette di visitare i quattro musei principali di Prato: Museo di Palazzo Pretorio, Museo del Tessuto, Museo dell’Opera del Duomo di Prato e Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci. Una tessera rivolta a tutti, turisti e residenti, con offerte per giovani e famiglie.
 
Tuttavia Prato merita anche una rapida conoscenza del suo centro storico, con una passeggiata definibile “Prato Classica – La città dei mercanti, di ieri e di oggi”: Itinerario a piedi nel centro cittadino. Si parte da Francesco di Marco Datini, il mercante che nel ‘400 fondò la prima conglomerata europea e che con il suo lascito contribuì a fondare l’Ospedale Degli Innocenti di Firenze, per arrivare alla monumentale Forma Squadrata con taglio di Henry Moore, installata a Prato nel 1974, 50 anni fa, la cui presenza rappresenta il segno tangibile del rinnovato mecenatismo degli imprenditori tessili pratesi del secondo Novecento e l’inizio del rilancio culturale e artistico della città laniera. Imperdibile una vista all’antica chiesa diSan Francesco, con il chiostro di Santa
Maria delle Carceri e il Castello dell’Imperatore.
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Castelli Romani

“Firmitas, utilitas, venustas”: a Frascati il convegno per la rinascita di un’architettura umana

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Villa Falconieri dal 26 al 28 aprile

“Tutte queste costruzioni devono avere requisiti di solidità, utilità e bellezza.
Avranno solidità quando le fondamenta, costruite con materiali scelti con cura e senza parsimonia, poggeranno profondamente e saldamente sul terreno sottostante; utilità, quando la distribuzione dello spazio interno di ciascun edificio di qualsiasi genere sarà corretta e pratica all’uso; bellezza, infine quando l’aspetto dell’opera sarà piacevole per l’armoniosa proporzione delle parti che si ottiene con l’avveduto calcolo delle simmetrie”

Vitruvio nel “De Architectura” sviluppa un concetto costruttivo che può essere racchiuso in tre semplici parole “Firmitas, utilitas, venustas” – solidità, funzione, bellezza – e partendo proprio da queste tre espressioni l’accademia Vivarium Novum di Frascati, nell’incantevole cornice di Villa Falconieri dal 26 al 28 aprile, terrà un Convegno dal titolo “Firmitas, utilitas, venustas: per la rinascita di un’architettura umana”.

Iniziativa estremamente lodevole patrocinata da School of Architecture della Notre Dame University, dal movimento internazionale New traditional architecture, dall’Università degli studi di Roma “Tor Vergata”, dal FAI – Fondo per l’ambiente italiano – Delegazione di Roma, dall‘Ordine degli architetti PPC di Roma e provincia, dall’Ordine degl’ingegneri di Roma, da Pulchria, dallo Studio ACAM, dal Festival dell’innovazione di Frascati.

Un “nuovo approccio della concezione architettonica” si legge nelle parole del Comunicato stampa diffuso in occasione di questo convegno che evidenzia, inoltre, la necessità di individuare “criteri e approcci architettonici e urbanistici rispondenti alle reali necessità materiali e spirituali dell’uomo, che da un lato aspira a proporzione ed equilibrio, dall’altra richiede socialità piena e vitale desiderosa di spazi da condividere con altri” – prosegue il comunicato stampa.

L’architettura deve tornare ad esprimere armonia con i luoghi ed, assieme alla solidità, offrire spazi capaci di rispondere ai bisogni sociali delle persone.

Lo scopo di Accademia Vivarum Novum punta ad una profonda “riflessione che possa approdare ad un rinnovamento delle pratiche culturali, artistiche e architettoniche, affinché esse pongano la naturale disposizione umana verso l’armonia e la bellezza al centro del loro operato, perseguendo inoltre un’idea di continuità, piuttosto che di rottura, coi paesaggi naturali e culturali costruiti attraverso i secoli”.

Un rinascimento architettonico che porti di nuovo l’Uomo al centro di ogni arte.

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