L'INCHIESTA – ROMA VINOPOLI: MERCATO CHE VAI ROMANELLA CHE TROVI… INCLUSA QUELLA DI BERTUCCI
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Tempo di lettura10minuti Speciale video inchiesta “Vinopoli”: Il reportage e i video che immortalano il sindaco di Nemi Alberto Bertucci al mercato romano di piazza Gimma mentre vende la Romanella di famiglia
di Maurizio Costa, Christian Montagna, Angelo Parca, Chiara Rai
Sono tantissimi i vini “tarocchi” che circolano per i mercati rionali della città eterna. Nonostante la fioritura di nuove denominazioni di origine controllata ci sono due mondi opposti che camminano paralleli: mentre istituzioni, consorzi e grandi cantine lanciano le novità della Doc Roma, tra cui il tradizionale spumante Romanella, molti venditori al mercato propinano alla clientela ignote bottiglie spacciate per “Romanella”, ma che in realtà sono spesso dei comuni vini gassificati e zuccherati che nulla hanno a che fare con lo spumante tutelato Roma Doc.
Tra questi appare addirittura il sindaco di Nemi Alberto Bertucci che, al mercato di piazza Gimma di Roma, vende a 2,90 euro delle bottiglie con etichette prive delle indicazioni di legge, con su scritto “Romanella”.
Si tratta di un amministratore pubblico del territorio dei Castelli Romani, patria di ottimi vini Doc. L’osservatore d’Italia ha immortalato il sindaco nemese, intento a servire i clienti dietro il banco, vicino agli scaffali con su esposta la Romanella by Bertucci, venduta perdipiùsenza rilasciare lo scontrino fiscale. Purtroppo non è l’unico ad alimentare questo modus operandi.
I controlli ci sono ma il fenomeno è molto diffuso: “Abbiamo intensificato i controlli – afferma Stefano Vaccari, capo dipartimento dell’Ispettorato centrale Tutela Qualità e Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari – e operato sequestri e sanzioni che sono regolate dal decreto legislativo 61 del 2010”. Nel decreto, salva l’applicazione delle norme penali, per il suddetto fenomeno è prevista una sanzione amministrativa da 2 mila fino a 13 mila euro. E la cassazione penale (Sez. III, 6.10.2010 n. 39714) dice esplicitamente che il reato di frode si configura non solo quando il prodotto sia pericoloso ma anche se viene commercializzato con indicazioni non veritiere.
Dunque, non si scherza con la “Doc” che è a tutti gli effetti un marchio di garanzia dei vini prodotti in zone delimitate e con indicazione del loro nome geografico. Il disciplinare è rigido in quanto i vini tutelati, prima di essere immessi al consumo, devono superare approfondite analisi chimiche e sensoriali. La nuova Doc Roma, nata nel 2011, prevede i vini: bianco, rosso, rosso riserva, rosato, “Romanella” spumante, Malvasia puntinata, Bellone. Nel 2013 conta ben 500 mila bottiglie sul mercato con 21 aziende a regime per una superficie coltivata di 58 ettari. Mentre la Romanella registra a consuntivo circa 50 mila bottiglie.
Al momento l’unica cantina che produce la Romanella Doc Roma è Fontana Candida che con coraggio e un importante investimento, ha recuperato la tradizione dello spumante Romanella immettendo sul mercato un prodotto tutelato e di elevata qualità al prezzo di circa 10 euro.
Un forte contrasto rispetto all’opera devastante dei furbetti frodatori: “E’ un fenomeno radicato da troppi anni – spiega l’enologo e direttore della cantina Fontana Candida Mauro Merz – i prodotti spacciati per Romanella non hanno nulla a che fare con questo tradizionale spumante. Chi si appropria indebitamente di questa denominazione dev’essere perseguito”. Merz dichiara che ogni anno vengono commercializzate dai 4 ai 5 milioni di bottiglie di Romanella “tarocca”. La Romanella autentica altro non era che una rifermentazione in bottiglia, ma senza aggiunta di lieviti e con naturale formazione di anidride carbonica. La Doc Roma, sostituisce la pratica empirica con processi di spumantizzazione razionali quali il metodo charmat o il metodo classico.
LA ROMANELLA BY “BERTUCCI” E IL SINDACO DI NEMI
Il primo cittadino Alberto Bertucci è stato immortalato dalle telecamere de L’osservatore d’Italia al banco che riporta il suo cognome, all’interno del mercato di piazza Gimma di Roma nel quartiere africano, dove sono esposte in bella vista delle bottiglie con su scritto “Romanella” ma che in realtà non hanno niente a che vedere con l’unica Romanella che può essere commercializzata e prodotta in quanto tutelata dalla Doc Roma. Sull’etichetta della Romanella del sindaco c’è scritto: “Romanella Dolce, azienda agricola Bertucci Romano & figli” (Bertucci Romano è il padre del sindaco). C’è poi una immagine con dei grappoli d’uva. Oltre a questo non c’è nulla. Insomma è una Romanella griffata “Bertucci”. Il consumatore non sa dunque che cosa c’è nella bottiglia che non costa neppure poco per essere anonima: 2,90 euro. Sarà così onerosa perché si tratta dell’esclusiva Romanella del primo cittadino di Nemi? Una regolare etichetta deve riportare invece la denominazione di vendita (vino bianco, rosso, oppure rosato), l’indicazione dell’azienda imbottigliatrice o del produttore con relativo indirizzo, l’indicazione del paese di provenienza, il volume nominale del recipiente nonché la percentuale di alcol contenuta e il lotto. Quest’ultimo, è lo strumento essenziale per la rintracciabilità del prodotto che permette di risalire a un imbottigliatore, a una data, a una partita. Inoltre, laddove necessario, deve essere presente la dicitura “contiene solfiti” e infine il codice ICQRF deve comparire sul sistema di chiusura dei vini spumanti e sulla capsula degli altri vini. Si tratta, anche in questo ultimo caso, di uno strumento per la rintracciabilità del prodotto e la sua mancanza è tutt’oggi una causa di sequestro di partite di vino da parte delle autorità competenti a vigilare. Infine, il titolo alcolometrico effettivo deve essere indicato con precisione, altrimenti si configura una mancanza di sicurezza informativa e possono essere contestate ipotesi di frode. Che non si tratti di una trovata pubblicitaria? Certo è che risulta alquanto singolare vedere un primo cittadino vendere una bottiglia del genere. Tra l’altro Alberto Bertucci è già imputato per turbativa d’asta e frode nei pubblici incanti rispetto allo stesso Comune che amministra.
IL SINDACO AL MERCATO “SAVOIA” A PIAZZA GIMMA
Un sindaco che ultimamente si è dichiarato “inoccupato” che vende la Romanella di famiglia, perdipiù senza scontrino fiscale. Il mercato Savoia di piazza Gimma nel cuore del quartiere Africano a Roma ha anche altre tipologie di vini “fai da te”. Si può trovare con molta facilità la bottiglia in plastica senza tappo ermetico e privo di etichetta e soprattutto c’è un prodotto non plus ultra, che non appare da nessun’altra parte: la Romanella del sindaco. Non è uno scherzo, è tutto vero!
Al banco 47 vicino all’ingresso al mercato coperto in via Tripolitania c’è il sindaco di Nemi Alberto Bertucci che vende al banco che riporta il suo cognome “Bertucci” e dove è esposta frutta e verdura e soprattutto La Romanella prodotta dall’azienda agricola “Bertucci Romano & figli”. L’osservatore d’Italia ha immortalato il sindaco in azione. Sulla bottiglia di Bertucci c’è una etichetta che non riporta alcuna ulteriore indicazione oltre al nome “Romanella dolce” e alla denominazione dell’azienda. Gli altri banchi non sono da meno ma sicuramente non scrivendo assolutamente nulla sulle bottiglie hanno perlomeno evitato di scrivere sulle bottiglie la denominazione “Romanella”, prodotto disciplinato esclusivamente dalla Doc Roma. Infatti proseguendo la passeggiata per il mercato di piazza Gimma, sono numerose le bottiglie anonime vendute. Molte riportano ancora l’etichetta dell’acqua minerale in parte strappata e in parte deteriorata. In queste bottiglie in plastica vi è presumibilmente del vino ignoto che potrebbe essere anche frutto di un esperimento casalingo ad opera del commerciante stesso. Eppure siamo in un posto snob dove i prodotti non costano poi così poco. Infatti la Romanella del primo cittadino costa 2,90 contro 1,90 del vino gassificato etichettato e imbottigliato di Genzano di Roma che costa 1,90 a bottiglia venduto al mercato di Don Bosco.
Insomma, il Savoia, è un grande mercato, nato dalla fusione di altri due (quello di via Tripolitania e quello di viale Eritrea) che risale agli anni ’70, e stride il fatto che vengano venduti anche dei prodotti di discutibile provenienza. In questo mercato sono presenti diversi coltivatori diretti di Latina e dintorni che da anni sono un punto di riferimento per la clientela dello storico quartiere. “Mi dà una bottiglia di vino rosso? – chiediamo ad un negoziante – certo signore è quello nostro, genuino”. E si torna a casa con un’altra bottiglia senza identità. Si potrà bere? E chi lo sà, magari è più buona dell’originale.
IL MERCATO “CARLO CALISSE” A DON BOSCO
La caratteristica di questo mercato è la vendita del vino Romanella, ma che con questo prodotto non ha nulla a che fare
Quando su un prodotto c’è scritto Romanella eppure, con grande stupore, Romanella non è. Abbiamo trovato anche questa tipologia di prodotto. Il “Carlo Calisse” nel quartiere Don Bosco è un mercato rionale in piedi da oltre un decennio che per ambientazione somiglia agli scenari popolari che si potrebbero trovare immortalati in frammenti di film pasoliniani. Solo che entrandovi si trova un po’ di tutto: le persone di diverse nazionalità che lasciano un po’ di amaro in bocca rispetto alla tradizione romanesca che arretra. Oltre ai venditori “stranieri”, si può trovare il pugliese, il produttore di amatrice e il marchigiano. Insomma Il mercato coperto Don Bosco è variopinto soprattutto grazie alle diverse provenienze dei protagonisti che lo animano. La caratteristica di questo mercato è che qui si vende il vino Romanella con scritto sull’etichetta “Romanella” ma che con questo prodotto non ha nulla a che fare perché contiene anidride carbonica aggiunta e quindi non può neppure essere definito un vino spumante, come invece riportato in etichetta, bensì si tratta di un vino gassificato. L’etichetta, in ogni caso, riporta le indicazioni obbligatorie per legge, almeno su questo c’è chiarezza. Peccato però che non si tratti dello spumante Romanella. Per il resto è un normale vino gassificato proveniente da Genzano di Roma e venduto ad un prezzo più che accessibile: soltanto 1 euro e 90 per una bottiglia di Romanella “tarocca”. Abbastanza pulito il “Calisse” è generoso nella quantità di frutta e verdura e soprattutto di vini esposti: dai classici bottiglioni regolarmente etichettati alle ormai sempreverdi bottiglie anonime in plastica chiuse con un tappo arrangiato e approssimato, senza l’ombra dell’etichetta e tantomeno così lindo e garbato da dire “lo compro”. Insomma ce n’è per tutte le tasche e tutti i gusti.
Convivono le bottiglie regolari con le bottiglie fuorilegge: per esempio c’è un cesto di vini con una indicazione ben chiara “Vini doc dei Castelli Romani” ma dentro, a parte una sola tipologia di Doc, ci sono vini che non hanno la denominazione controllata e che vengono mischiati nel calderone dei vini la cui origine è protetta. La signora Lina è vicina al bancone con i vini esposti, le abbiamo chiesto che tipologia di vino acquista: “Acquisto solo il vino garantito – dice – lo vede questo cartello? Ci sono dentro solo i vini doc e io questi compro!”. In realtà non è così perché in quel cesto ci sono anche i vini che non sembrano Doc ma la differenza è percepibile soltanto a coloro che conoscono minimamente la differenza tra l’uno e l’altro e che comunque si fermano un attimo a leggere l’etichetta. Non ci vuole molto, per chi ne ha bisogno, s’inforcano gli occhiali e si legge. Laddove non vi è la denominazione di origine ci si trova di fronte ad un vino, seppur tracciato, di qualità enochimica e sensoriale inferiore rispetto ad uno Doc.
IL MERCATO “BELSITO” ALLA BALDUINA
La Romanella è un prodotto noto in questo mercato ma nessuno lo vende
Le cose funzionano anche a Roma dove il rispetto per i prodotti di qualità Made in Italy esiste ancora. Il mercato rionale di Belsito nel quartiere di Roma Nord Balduina è un buon esempio che abbiamo deciso di raccontare, facendo emergere che la buona condotta esiste e che non sempre si può fare di tutta l’erba un fascio. Il culto per i prodotti enogastronomici può esistere anche in ambienti dove forse la scarsa informazione sui nuovi dispositivi e denominazioni di origine controllata non sono poi così celebri. La Romanella è un prodotto noto in questo mercato ma nessuno lo vende. Anzi i commercianti consigliano di andarla a comprare nelle enoteche o nei supermercati qualora ne vendano o ancora meglio nei ristoranti del Lazio. Insomma la distribuzione tradizionale che sicuramente avrà i prodotti di cui si può certificare la garanzia e la tracciabilità. Belsito è un mercato grande dove tutta la settimana c’è frutta e verdura fresche e pesce a volontà. La curiosità ci ha spinti a chiedere ai commercianti perché non prediligessero la vendita del vino: “siamo un mercato che si concentra sui prodotti agroalimentari – dice un venditore – ci sono dei controlli e non vorremmo farci carico di pesanti sanzioni soltanto per qualche bottiglia di vino che essendo magari “fatto in casa” risulterebbe fuorilegge”.
IL MERCATO DI TORRE SPACCATA IN VIALE DEI ROMANISTI
La caratteristica di questo mercato è il vino ignoto che può diventare tutto e niente a seconda delle esigenze.
Il mercato coperto di “Torre Spaccata” in Viale dei Romanisti, che prosegue anche al di fuori con bancarelle lungo la strada, è molto grande e la varietà di vini sospetti è vasta. La caratteristica di questo mercato è il vino ignoto che può diventare tutto e niente a seconda delle esigenze. Chiedo un Frascati doc? Mi si dà una bottiglia con liquido giallognolo senza etichetta spacciandola per il vino castellano. Chiedo un Colli Lanuvini? E mi si propina una bottiglia in plastica di liquido rosso che all’occorrenza si trasforma nell’oggetto dei desideri del consumatore. Insomma ce n’è per tutti gusti. Nei banchi lungo l’ingresso ecco apparire la prima anomalia: una esposizione di bottiglie in plastica vecchie e rovinate, senza nessun tappo sigillato o traccia di etichetta, se non quella della marca dell’acqua precedentemente imbottigliata in quel contenitore. La plastica potrebbe deteriorare il vino e inoltre, ad occhio nudo, le condizioni igieniche di imbottigliamento e conservazione sono pessime. Come biglietto da visita iniziale non c’è male e per questo si è deciso di entrare e proseguire il tour alla ricerca dei vini “tarocchi” di cui la provenienza e più che improbabile per non parlare del contenuto: dentro, repetita iuvant, potrebbe esservi di tutto e per di più non vi è chiusura ermetica. Una volta all’interno del mercato si è aperto un sipario a dir poco pittoresco, di quelli che ricordano altri tempi: il macellaio di fiducia intento a tagliare la carne alla signora anziana che non entra nei supermercati, il norcino con i salumi appesi e il fruttivendolo che soltanto a guardare la merce esposta mette allegria per la varietà di colori degli alimenti ben evidenziati dai cartellini variopinti con indicati i prezzi della merce al chilogrammo. Ai primi banchi abbiamo chiesto se da qualche parte avremmo potuto trovare la Romanella, che, come si è già detto, è un marchio in esclusiva della Doc Roma e non può essere venduta senza autorizzazioni e conseguente etichetta nel rispetto del disciplinare. In tutta risposta il commerciante ha da subito impugnato una bottiglia scura e anonima spacciandola per il famoso “spumantino de noantri”. E voilà il gioco è fatto: una strizzatina d’occhio da parte del venditore che veste i panni dell’intenditore collaudato che impersonifica la garanzia stessa del vino ignoto che si trova tra le mani. Con soli 2,50 euro passa la paura e si acquista un vino che sarà pure “genuino” ma non è certo la Romanella che ci si aspetta. L’unica cosa certa è lo scontrino del pagamento effettuato. E il turista in visita ai pittoreschi mercati romani? Si fiderà delle bottiglie senza nome vendute da chi magari non masticando la lingua ciancicherà due o tre battute all’Albertone nazionale? Le opinioni dei frequentatori dei banchi coperti a Torre Spaccata sono diverse: c’è il consumatore che si fida ciecamente del banchista che da anni lo serve bene, e quindi si compra anche il vino ignoto e c’è il consumatore che preferisce acquistare i vini nell’enoteca: “li pagherò un po’ di più – dice una signora – ma almeno so quello che bevo!”.
LA ROMANELLA E IL WEB
I vini gassificati spacciati per “Romanella”, quelli tarocchi per intenderci, sfilano anche sul web. Girando sulla rete ci si imbatte nei siti più svariati che propongono l’acquisto di romanelle che nulla hanno a che fare con l’originale Doc Roma. “Vino Rosso dei Castelli Romani denominato “romanella” è un vino amabile…” si legge sul sito http://www.salumieprodottitipici.it dove in bella vista c’e’ una bottiglia – senza nessuna etichettatura – e un bel bicchiere contenente il liquido rosso. Il tutto per soli euro 4,90 a bottiglia. “Romanella bianco secco e frizzante vino” si legge sul sito http://italian.alibaba.com dove per poter acquistare il “prezioso liquido” occorre telefonare al signor P. C. il cui numero viene riportato nello stesso sito. Ma andando avanti nel nostro viaggio internautico alla scoperta di falsi d’autore. Ecco apparire sul campo di battaglia “La Romanella del Gladiatore” , e anche una bottiglia denominata Romanella accostata a della porchetta il tutto sul sito http://statigr.am. Ce ne sarebbero delle altre ma lasciamo a chi di dovere il compito di scovarle.
Nella notte i Carabinieri della Compagnia di Colleferro hanno arrestato in flagranza di reato una coppia di conviventi, un uomo 47 anni e una donna 33, domiciliata ad Artena, già nota alle forze dell’ordine, indiziati fortemente di furto aggravato di tabacchi all’interno di un bar di Via Latina.
Nello specifico, i militari della Stazione di Artena, ricevuta la segnalazione dalla Centrale Operativa di un furto all’interno di un bar, hanno raggiunto rapidamente sul posto e alla presenza del titolare dell’attività eseguivano un minuzioso sopralluogo visionando le immagini del sistema di video-sorveglianza ritraenti due persone, uomo e una donna, parzialmente travisate che, dopo aver forzato la serranda e la porta di ingresso, si sono introdotti all’interno impossessandosi di circa 100 pacchetti di sigarette per poi darsi alla fuga poco istanti prima che il titolare sopraggiungesse sul posto.
Le immediate ricerche diramate, grazie anche alla descrizione dell’autovettura utilizzata dai malviventi fornita dal titolare dell’attività, consentivano ai Carabinieri dell’Aliquota Radiomobile di Colleferro di rintracciare, nel giro di poche decine di minuti, nel limitrofo comune di Valmontone, l’autovettura segnalata con a bordo il 47enne e la 33enne che sottoposti a perquisizione personale sono stati trovati in possesso dell’intera refurtiva e degli arnesi da scasso.
I militari, oltre ad acquisire la denuncia del responsabile dell’esercizio commerciale, hanno anche acquisito i video delle telecamere di videosorveglianza che documentano gli attimi in cui la coppia si impossessava della refurtiva.
Tutti i tabacchi rinvenuti, sono stati restituiti al proprietario dell’esercizio commerciale, mentre i due verranno giudicati nella mattinata odierna, con rito direttissimo, dinanzi al Tribunale di Velletri.
MONTE COMPATRI (RM) – I Carabinieri della Stazione di Monte Compatri hanno arrestato due cittadini del posto, un 48enne e 44enne, già noti alle forze dell’ordine, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Velletri per i reati di rapina, lesioni personali, estorsione e furto. Il provvedimento è stato emesso a seguito delle indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Velletri, scattate dalla denuncia presentata ai Carabinieri da parte di un 46enne romano residente a Monte Compatri, anche lui con precedenti, che riferiva di essere vittima di una serie di episodi violenti da parte dei due indagati che lo accusavano del mancato saldo di un debito, di circa euro 1.200, che però il 46enne riferiva di aver sanato. In particolare, l’uomo ha raccontato di aver chiesto un prestito a due suoi conoscenti e, nonostante lo avesse saldato – con ricariche PostePay documentabili – sarebbe stato preso di mira dai due che pretendevano altro denaro, nonostante avesse già restituito circa 1.600 euro, ben oltre la somma ricevuta. Sempre secondo quanto denunciato, in più occasioni, sarebbe stato avvicinato dagli indagati e minacciato fino a quando, la notte tra il 17 e 18 aprile scorso, sarebbe stato raggiunto presso la sua abitazione e aggredito con pugni al volto e al petto, riportando 25 giorni di prognosi. In quella occasione, i due indagati riuscirono a sfilare all’uomo le chiavi dell’autovettura intestata alla madre e a prelevare il veicolo stesso, parcheggiato in strada poco distante, che fu rinvenuto qualche giorno dopo danneggiato. La notte tra il 27 e 28 aprile scorso, invece, l’uomo ha denunciato di essere stato nuovamente raggiunto dagli indagati presso la sua abitazione e che, non avendo aperto la porta per timore di una nuova aggressione, i due avrebbero danneggiato il portone d’ingresso e successivamente anche l’autovettura, che aveva parcheggiato nel centro cittadino, mediante il lancio di grossi sassi che infrangevano il parabrezza e alcuni vetri dei finestrini. Le attività dei Carabinieri hanno portato all’identificazione del 48enne e del 44enne grazie anche alla visione delle immagini delle telecamere di videosorveglianza nel centro cittadino che hanno immortalato il danneggiamento dell’auto della vittima e grazie all’analisi dei tabulati telefonici che hanno permesso di accertare la ricezione di numerosi messaggi minatori, tramite una nota App di messaggeria istantanea. L’Autorità Giudiziaria ha quindi emesso il provvedimento che i Carabinieri della Stazione di Monte Compatri hanno eseguito sottoponendo, come disposto, il 48enne alla misura cautelare nel carcere di Velletri e il 44enne alla misura cautelare degli arresti domiciliari. Si precisa che il procedimento è nella fase delle indagini preliminari, per cui gli indagati sono da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva.
Aliquota Comunicazione e Stampa – Comando Provinciale Carabinieri Roma P.za San Lorenzo in Lucina, 6 00186 Roma
La Regione Lazio revoca il patrocinio alla manifestazione “Roma Pride 2023”. Anche se la Giunta del Lazio “ribadisce il proprio impegno sui diritti civili – sottolinea l’ente – , come dimostra, del resto, l’operato pluriennale del Presidente Francesco Rocca”, la firma istituzionale della Regione Lazio “non può, né potrà mai, essere utilizzata a sostegno di manifestazioni volte a promuovere comportamenti illegali, con specifico riferimento alla pratica del cosiddetto utero in affitto”.
La decisione di revocare il patrocinio per il Roma Pride in programma sabato prossimo “si è resa necessaria e inevitabile a seguito delle affermazioni, dei toni e dei propositi contenuti nel manifesto dell’evento intitolato ‘Queeresistenza’, consultabile pubblicamente sul sito della kermesse.
Tali affermazioni violano le condizioni esplicitamente richieste per la concessione del patrocinio precedentemente accordato in buona fede da parte di Regione Lazio”.
E anche “alla luce di quanto dichiarato da Mario Colamarino, presidente del Circolo Mario Mieli e portavoce del Roma Pride”.
“Si esprime altresì rammarico per il fatto che il patrocinio, concesso in buona fede da Regione Lazio, sia stato strumentalizzato. Quanto avvenuto rappresenta un’occasione persa per costruire un dialogo maturo e scevro da ogni ideologia – fortemente voluto e sentito da questa Amministrazione – per promuovere una reale inclusione e combattere ogni forma di stigma e discriminazione”. La Giunta del Lazio “ribadisce il proprio impegno sui diritti civili – sottolinea la regione Lazio revocando il patrocinio al Roma pride – , come dimostra, del resto, l’operato pluriennale del Presidente Francesco Rocca su temi fondamentali che nulla hanno a che vedere con la maternità surrogata, questione peraltro totalmente estranea alle competenze regionali”. “In particolare, il testo viola le condizioni di rispetto esplicitamente richieste nei confronti delle sensibilità dei cittadini del Lazio e rivendica l’imposizione della legalizzazione di azioni illegali e vietate dall’ordinamento italiano”.
“La revoca del patrocinio al Pride di Roma da parte della Regione Lazio è atto grave – spiega Cecilia D’Elia, senatrice Pd -, un passo indietro sul terreno dell’impegno dei diritti, della lotta alle discriminazioni. Inutile agitare lo spettro della GPA, il Pride è da sempre il momento in cui la comunità lgbtq+ si mostra con tutto l’orgoglio delle sue battaglie per una piena cittadinanza, a partire dal doveroso riconoscimento dei diritti delle bambine e dei bambini delle famiglie arcobaleno”. Per Emanuela Droghei, consigliera regionale e vicepresidente della Commissione bilancio alla Pisana, “la decisione della Regione Lazio di revocare il patrocinio al Roma Pride è inspiegabile. Il centrodestra, ancora una volta, conferma la sua posizione purtroppo irremovibile su diritti e inclusione. Per governare è necessario avere il coraggio di fare delle scelte e di scontentare qualcuno, anche all’interno del proprio partito, pur di fare la cosa giusta per tante cittadine e tanti cittadini che aspettano ancora di vedere riconosciuti i propri diritti”.