Connect with us

Primo piano

Omicidi d'identità, Tagliente: "Attenzione perché i videogiochi possono alimentare la violenza"

Clicca e condividi l'articolo

Tempo di lettura 5 minuti Per il Prefetto Francesco Tagliente servono regole più severe. All'interno la valutazione del testo

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 5 minuti
image_pdfimage_print


Ieri in Senato è stato presentato un disegno di legge scritto in collaborazione con le vittime, i loro avvocati, psicologi e criminologi, sottoscritto da tutti i gruppi parlamentari con una unanimità che in questa legislatura non ha precedenti, per chiedere di introdurre l'omicidio di identità, e sanzioni specifiche con pene di 12 anni per chi sfregia le donne.
La proposta di legge prevede anche l’istituzione dell'Osservatorio permanente per le azioni di monitoraggio, prevenzione e contrasto al fenomeno, del quale fanno parte rappresentanti del ministero dell'Interno e del Ministero dell'Istruzione.
La senatrice Laura Puppato, prima firmataria del progetto di legge trasversale ha sottolineato che l'Introduzione nel codice penale degli tabella 577-bis, 577-ter e 577-quater in materia di omicidio d'identità colma un vuoto normativo e rappresenta un unicum anche in campo europeo.

In vista del dibattito parlamentare abbiamo voluto sentire punto di vista di Francesco Tagliente già questore di Firenze e di Roma e Prefetto di Pisa, da sempre attento alla tutela delle categorie più vulnerabili. Il Prefetto Tagliente in tema di femminicidio ha manifestato da sempre una particolare attenzione. A Firenze, fu tempestivo nell’applicare la nuova normativa del 2009 in materia di atti persecutori: il primo provvedimento di ammonimento fu firmato da lui, allora Questore del capoluogo toscano. A Pisa, per consentire un’immediata esecuzione alle disposizioni contenute nella nuova legge del 2013 per il contrasto della violenza di genere, da Prefetto, ha elaborato il primo protocollo attuativo. Il protocollo anti-femminicidio pisano, facendo da capofila, pone l’accento sull' esigenza garantire l'assistenza ed il sostegno alle vittime e l'incentivazione di programmi di recupero per i maltrattanti.

Tagliente ha premesso una valutazione molto positiva sul testo soprattutto per l’occasione che offre per tornare sul tema della violenza contro le donne e colmare le lacune lasciate dalle recenti disposizioni normative
“Se a distanza di 8 anni dalla prima legge di contrasto alla violenza sessuale e in tema di atti persecutori e dalle disposizioni ancora più incisive del 2013, a fronte dell'aumento delle denunce, degli ammonimenti, degli arresti in flagranza di reato, si registrano ancora così tanti gravi fatti – ha chiarito Tagliente – è evidente che qualcosa non va. Sono tanti i punti di forza delle due recenti leggi antiviolenza ma accanto agli aspetti positivi si avvertono anche delle criticità che vanno affrontate”.


“Accorerebbe curare ancora di più la formazione degli operatori, rendere effettiva la tutela della vittima prestando maggiore attenzione alla figura del maltrattante e dello stalker” e definire regole severe per video che possono alimentare atti di violenza”, chiarisce Tagliente
Per quanto riguarda l’esigenza di una maggiore professionalità ha detto Tagliente “In tema di femminicidio, e in generale di violenza nei confronti delle donne gli strumenti giuridici offerti dal legislatore con le due leggi emanate nel 2009 e nel 2013 sono importanti, ma non sufficienti, se non utilizzati congiuntamente alla professionalità e al sapere scientifico, da parte di tutti i rappresentanti delle Istituzioni, Amministrazioni e Enti, a vario titolo coinvolti nelle diverse fasi di prevenzione e repressione degli abusi. Ciò vale soprattutto con riferimento alla tutela della vittima che ha denunciato la violenza e agli interventi nei confronti del maltrattante o dello stalker, quest'ultimo, in particolare, se già ammonito.


La legge del 2009 e quella del 2013 hanno introdotto numerosi e importanti strumenti giuridici penali, procedurali e di prevenzione: il reato di atti persecutori; circostanze aggravanti generiche e specifiche per maltrattamento, atti persecutori e reati sessuali; la codificazione della violenza assistita attraverso l'aggravante per il fatto commesso “in presenza” del minore ; l'arresto obbligatorio in flagranza per maltrattamento e stalking; l'allontanamento urgente dalla casa familiare ad opera della P.G.; l'ammonimento del Questore; gli obblighi di informazione alle vittime e l'estensione della possibilità di gratuito patrocinio; l'obbligo di informazione all’ammonito circa i servizi disponibili sul territorio; gli obblighi di comunicazione tra Istituzioni.


Sono strumenti giuridici importantissimi – ha proseguito Tagliente- che permettono di registrare significativi segnali di miglioramento. Le donne appaiono più consapevoli nel riconoscere e reagire alla condizione di violenza che stanno vivendo: meno vergogna nel parlarne con qualcuno e la ricerca di aiuto in servizi pubblici e specializzati, come i centri antiviolenza. Le denunce sono in aumento cosi come risultano aumentati gli ammonimenti e gli allontanamenti”.
Passando a trattare della necessità di prestare maggiore attenzione alla figura del maltrattante e dello stalker Tagliente ha aggiunto che “L'autore è una figura essenziale, ancora in ombra. Per proteggere le vittime, oltre al prezioso lavoro svolto dai centri antiviolenza, servono professionalità specializzate nell'ascolto e nell'intervento sui maltrattanti all'interno di servizi territoriali, consultori familiari, centri di salute mentale, centri per le dipendenze e strutture specializzate del privato sociale. Si rende necessario soprattutto affinare gli strumenti per il controllo dello stalker disturbato mentalmente, che a seguito dell’ammonimento potrebbe maturare atteggiamenti non sempre prevedibili”.


Tornando sul tema della formazione ha chiarito che “un'azione formativa mirata potrebbe essere promossa, in questo senso, attraverso corsi, ove possibili universitari specialistici, che consentano l'interazione tra le conoscenze degli studiosi delle scienze comportamentali e l’esperienza professionale degli operatori di settore. Una formazione che coniughi competenza ed esperienza e che si traduca in linguaggio comune, regole condivise, procedure operative. Conoscere i maltrattanti, intervenire su di essi – ha precisato ¬ significa poter valutare il rischio, agire sulla reiterazione e dunque proteggere le vittime, attuali e potenziali. Da circa 10 anni – ha proseguito Tagliente – vado sostenendo che per ridurre i casi di femminicidio bisogna intervenire anche sugli autori, che dobbiamo far curare i carnefici, soltanto così si potranno salvare le vittime. Vado ripetendo- ha proseguito – che è giunto il momento di pensare anche a programmi d’intervento finalizzati ad incoraggiare gli autori di violenze a prendere coscienza delle loro azioni, a riconoscere le loro responsabilità e a modificare i loro comportamenti”.

Trattando dei ‘Centri di ascolto specializzati per la gestione dei maltrattanti’ ha precisato poi che “sono ancora molti a rifiutare l’idea che il maltrattante sia da educare o curare, ma negli ultimi anni in varie città, a partire dal CAM di Firenze nel 2009 continuando con molte città del nord, si stanno costituendo centri specializzati. E’ chiaro che questi centri non possono che essere uno strumento funzionale alla tutela della vittima e ad evitare la reiterazione della violenza; uno strumento, dunque, che richiede una grande accortezza e una salda professionalità. “
Passando a trattare della necessità di regole più severe per video che possono alimentare atti di violenza il prefetto Tagliente ha premesso che “Il concetto di violenza assistita individuato dai Centri antiviolenza e poi riconosciuto sul piano normativo ci dimostra come l’esposizione alla violenza su figure di riferimento crei traumi profondi e duraturi. Un bambino che ha subito un trauma o assistito a fatti di violenza, può dunque elaborare un'immagine che, da adulto, può condurlo a un comportamento e a stili di vita negativi. Dobbiamo allora interrogarci – ha proseguito- su quali conseguenze possano determinare il linguaggio e le immagini di determinati cartoni, videogiochi, pubblicità, cinematografia e talvolta, purtroppo, programmi di informazione. Corpi trattati come manichini, trailer horror prima della proiezione di un film per famiglie, videogiochi il cui obiettivo è uccidere e ancora uccidere.

Si tratta di una rappresentazione di emozioni negative che fanno parte dell’essere umano o di un’esposizione alla violenza? Di una forma di elaborazione dell’aggressività o di una forma di normalizzazione e di assuefazione alla violenza? Esiste un filo conduttore tra violenza su uno schermo ed emulazione? E’ un tema complesso, ma è uno spunto di riflessione al quale non possiamo sottrarci.”
Basti pensare – ha concluso – a come si sia rapidamente delineato tra gli adolescenti il fenomeno del sexting e un cyberbullismo di genere, in cui i comportamenti aggressivi sono legati e indirizzati al ‘genere’ e alla sfera sessuale: dai commenti volgari su corpo e abbigliamento, alle calunnie sulle relazioni, alla diffusione e manipolazione di foto private”.

Cronaca

Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura < 1 minuto
image_pdfimage_print

Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

Continua a leggere

Editoriali

19 luglio 1992: un maledetto pomeriggio

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print

Lo ricordo come allora quel tragico 19 luglio 1992.
Un caldo improponibile, come quello di questi giorni.
Ma era sabato e con gli storici amici del paese l’appuntamento era fisso: “… ci vediamo più tardi al chiosco, verso le 5, e poi decidiamo dove passare pomeriggio e serata …“.
E cosi facemmo!
Arrivammo un po’ alla spicciolata (cellulari, WhatsApp ed altro sarebbero arrivati anni dopo).
Per ultimo, ma non per questo meno importante, uno dei nostri amici, all’epoca cadetto alla scuola sottufficiali dei Carabinieri.
Lo sguardo basso, ferito oserei dire.
Il passo lento, non era il suo solito passo.
Gli occhi lucidi che facevano presagire che qualcosa di grave era successo.
“Hanno ammazzato pure Paolo”, furono le sue uniche indimenticabili parole.
In un momento i nostri sorrisi, la nostra voglia di festeggiare quel sabato si ruppe.
Non erano passati neanche due mesi dell’attentato di Capaci in cui Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta erano stati ammazzati per ordine della Mafia ed ora anche Paolo Borsellino e la sua scorta erano lì dilaniati dall’ennesimo atto vigliacco di Cosa Nostra.
Giovanni e Paolo incarnavano i sogni di quella nostra generazione pronta a scendere in piazza per dire “NO ALLA MAFIA”.
Una generazione che aveva fatto dell’impegno politico e sociale la propria stella polare.
Quei due uomini seppero farci capire quanto l’impegno dovesse essere sempre animato da uno spirito di sacrificio personale.
Ci fecero capire che per cambiare il mondo il primo impegno era mettersi in gioco.
Quel pomeriggio i nostri sogni di ragazzi che volevano un mondo migliore saltarono in aria come quella maledetta bomba in via d’Amelio.
Ma capimmo, anni dopo, che dalla loro morte sarebbe germogliato quel seme che avrebbe fatto crescere la pianta rigogliosa della legalità.
Oggi a più di 30 anni dalla loro morte tengo in mente due loro pensieri:

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

L’ importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza (Giovanni Falcone)
La paura è umana, ma combattetela con il coraggio (Paolo Borsellino)


Ecco paura e coraggio … le loro vite, il loro impegno, il loro sacrificio ci hanno insegnato che possono convivere e farci essere grandi uomini.

Continua a leggere

Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print


Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti