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PD – FI: SI CERCA INTESA SU CAPO DELLO STATO

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Tempo di lettura 2 minuti In realta' i 'desiderata' della minoranza dem sono noti: il profilo e' quello di un politico autorevole che provenga proprio dall'area di sinistra.

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Redazione

E' caccia al nuovo Capo dello Stato. Un politico che non indossi la 'casacca' del Pd, 'low profile' ma affidabile e allo stesso tempo autorevole, preferibilmente che abbia smesso l'attivita' parlamentare.E' questo l'identikit che, riferiscono fonti parlamentari, avrebbe fornito il premier Matteo Renzi ai suoi per il futuro Capo dello Stato, e sul quale si sarebbe raggiunto un accordo di massima anche con Forza Italia. Regge per ora l'asse tra largo del Nazareno e il partito azzurro.La premessa e' l'intesa sull'Italicum 2: domani la legge elettorale sara' incardinata nell'Aula del Senato senza il voto della commissione, non comincera' neanche la discussione, se ne riparlera' il 7 gennaio. Ma nella legge elettorale verra' inserita la 'condizione' chiesta dagli azzurri, entrera' in vigore a settembre 2016. Su questo punto e' d'accordo anche l'ala rappresentata da Raffaele Fitto. L'europarlamentare azzurro che 'controlla' circa 40 parlamentari ieri sera a cena ha visto il plenipotenziario azzurro Denis Verdini. C'e' l'ok alla riforma del sistema di voto, se conterra' nero su bianco la certezza che la finestra elettorale in primavera sara' 'chiusa'.

Per quanto riguarda l'elezione del successore di Giorgio Napolitano l'obiettivo e', spiegano dalla maggioranza dem, allargare lo 'schema' a tutte le forze politiche, anche se gia' si mette in conto che il Movimento cinque stelle non si siedera' neanche al tavolo. Al momento nomi non sono stati fatti, Silvio Berlusconi nei suoi ragionamenti privati avrebbe avanzato il nome di Sergio Mattarella, ma in campo c'e' anche l'ipotesi Sabino Cassese, una figura che – viene spiegato – sarebbe gradita anche all'attuale Capo dello Stato.

"A Renzi – sottolinea un parlamentare vicino all'ex sindaco di Firenze – serve una personalita' di garanzia e verra' individuata una persona che corrisponda a questo profilo".

La convinzione e' che anche la minoranza del Pd difficilmente potrebbe sfilarsi.
  In realta' i 'desiderata' della minoranza dem sono noti: il profilo e' quello di un politico autorevole che provenga proprio dall'area di sinistra.

Una condizione non dirimente, sottolineano sempre fonti parlamentari, per il premier. "Serve – questo l'identikit che viene suggerito dalle stesse fonti – un presidente che sappia gestire le forze politiche e i passaggi parlamentari, che firmi l'Italicum e possa sciogliere le Camere all'accorrenza".Non prima del 2016 in ogni caso, su questo punto Fi e' netta.

In realta' il partito azzurro punta ad un altro scopo: Berlusconi a febbraio – lo ha annunciato lui stesso in diverse occasioni – riavra' la sua 'liberta'', ma si starebbe studiando la possibilita' di ridare al Cavaliere la piena agibilita' politica, ovvero la possibilita' di candidarsi.

Lunedi' Fitto incontrera' Berlusconi: l'obiettivo dell'ex ministro e' quello di chiudere un accordo sul partito, ma la partita sul Quirinale pesa, visto che l'europarlamentare ha dalla sua parte quasi un terzo dei parlamentari. L'ex premier avrebbe riallacciato i contatti anche con Angelino Alfano.

Il 'dossier' Colle e' comunque ancora da aprire, visto che Renzi aspettera' fino all'ultimo minuto prima di scoprire le carte per poi provare a mettere in pratica il 'metodo Ciampi'.
  La minoranza del Pd ha gia' fatto sapere che non fara' alcun nome prima della prevista Assemblea, proprio per aspettare le mosse del Capo dell'esecutivo e non bruciare alcuna candidatura. L'identikit fornito da Renzi – un politico, non Pd – difficilmente sara' 'appoggiato' da tutto il partito. Ma senza un accordo interno, spiega un altro renziano, non e' escluso che si possa puntare su un 'piano B', su un nome vicino al presidente del Consiglio, tipoGraziano Delrio o Paolo Gentiloni.

Scenari assolutamente prematuri, ma che si 'rincorrono' in Transatlantico dopo che il presidente della Repubblica ha ufficializzato che il suo addio e' ormai imminente.

Cronaca

Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

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Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

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Editoriali

19 luglio 1992: un maledetto pomeriggio

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Lo ricordo come allora quel tragico 19 luglio 1992.
Un caldo improponibile, come quello di questi giorni.
Ma era sabato e con gli storici amici del paese l’appuntamento era fisso: “… ci vediamo più tardi al chiosco, verso le 5, e poi decidiamo dove passare pomeriggio e serata …“.
E cosi facemmo!
Arrivammo un po’ alla spicciolata (cellulari, WhatsApp ed altro sarebbero arrivati anni dopo).
Per ultimo, ma non per questo meno importante, uno dei nostri amici, all’epoca cadetto alla scuola sottufficiali dei Carabinieri.
Lo sguardo basso, ferito oserei dire.
Il passo lento, non era il suo solito passo.
Gli occhi lucidi che facevano presagire che qualcosa di grave era successo.
“Hanno ammazzato pure Paolo”, furono le sue uniche indimenticabili parole.
In un momento i nostri sorrisi, la nostra voglia di festeggiare quel sabato si ruppe.
Non erano passati neanche due mesi dell’attentato di Capaci in cui Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta erano stati ammazzati per ordine della Mafia ed ora anche Paolo Borsellino e la sua scorta erano lì dilaniati dall’ennesimo atto vigliacco di Cosa Nostra.
Giovanni e Paolo incarnavano i sogni di quella nostra generazione pronta a scendere in piazza per dire “NO ALLA MAFIA”.
Una generazione che aveva fatto dell’impegno politico e sociale la propria stella polare.
Quei due uomini seppero farci capire quanto l’impegno dovesse essere sempre animato da uno spirito di sacrificio personale.
Ci fecero capire che per cambiare il mondo il primo impegno era mettersi in gioco.
Quel pomeriggio i nostri sogni di ragazzi che volevano un mondo migliore saltarono in aria come quella maledetta bomba in via d’Amelio.
Ma capimmo, anni dopo, che dalla loro morte sarebbe germogliato quel seme che avrebbe fatto crescere la pianta rigogliosa della legalità.
Oggi a più di 30 anni dalla loro morte tengo in mente due loro pensieri:

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

L’ importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza (Giovanni Falcone)
La paura è umana, ma combattetela con il coraggio (Paolo Borsellino)


Ecco paura e coraggio … le loro vite, il loro impegno, il loro sacrificio ci hanno insegnato che possono convivere e farci essere grandi uomini.

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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