Connect with us

Cronaca

PIETRO MASO RICOVERATO IN UNA CLINICA PSICHIATRICA, DON MAZZI: "NON BISOGNA LASCIARLO SOLO"

Clicca e condividi l'articolo

Tempo di lettura 5 minuti Nei giorni scorsi gli inquirenti hanno intercettato delle conversazioni di Pietro Maso in cui diceva: "Le mie sorelle? Su di loro devo finire il lavoro di 25 anni fa”

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 5 minuti
image_pdfimage_print

di Angelo Barraco
 
Verona – Pietro Maso è ricoverato da due giorni in una clinica psichiatrica di Verona. Un uomo con alle spalle 22 anni di carcere per il duplice omicidio dei genitori avvenuto il 17 aprile del 1991 quando era appena maggiorenne. Oggi Maso ha 44 anni e le vicende che lo coinvolgono e di cui si parla tanto sembra continuino a girare attorno ai soldi e ad incubi del passato che, sembra, non siano mai andati via. A confermare il ricovero è Don Antonio Mazzi che avrebbe riferito le condizioni critiche di Maso e che si sarebbero ulteriormente aggravate a causa dei problemi economici. Don Mazzi ha inoltre riferito: “Non bisogna lasciarlo solo”. Ma cosa era successo negli ultimi tempi?
 
Nei giorni scorsi gli inquirenti hanno intercettato delle conversazioni di Pietro Maso in cui i toni hanno destato non poca preoccupazione: “Le mie sorelle? Su di loro devo finire il lavoro di 25 anni fa”. Gli inquirenti reputano questa  frase una minaccia diretta nei confronti di Nadia e Laura Maso. Nella giornata di martedì, la questura di Milano gli ha notificato un foglio in cui gli ha imposto il “via obbligatorio”, Pietro Maso deve lasciare la città. Ricordiamo che l’uomo si è macchiato del duplice omicidio dei genitori, Antonio e Marirosa, nel 91 e da gennaio è indagato per tentata estorsione. Nelle intercettazioni in mano agli inquirenti, Maso parla con due persone e in entrambe le circostanze ci sono stati i presupposti di minacce, ritenute “gravi e fondate”. Nella giornata di martedì 1 è stata data un’ulteriore protezione alle sorelle, malgrado già lo fossero da febbraio. 
 
“Stanno parlando tutti, state parlando tutti di me. Fate pure, continuate così.C’è libertà e ciascuno è libero di dire ciò che vuole, anche chi mi accusa. Dite pure, fate pure. Non ho bisogno di difendermi”, sono queste le parole di Pietro Maso in un’intervista al Corriere del Veneto. Qui si parla dell’ultima vicenda giudiziaria che lo vede coinvolto, dell’sms con relative intimidazioni che doveva pervenire all’amico Fabio ma che invece, per errore, giunge a una delle due sorelle che preoccupata e allarmata presenta un esposto alla magistratura per tentata estorsione. Pietro Maso nell’intervista sottolinea: “Stavolta non ho fatto nulla, questa è la verità e io la conosco” aggiungendo inoltre “Non ho bisogno di difendermi da nulla perché non ho fatto nulla. Stavolta non ho commesso niente di grave”. Ha sottolineato inoltre: “Stanno cercando di rimettermi in carcere. Possono anche farlo, la galera non mi fa più paura. Ci sono già passato e so cosa vuole dire. La differenza è che stavolta non ho fatto nulla e so di essere nel giusto”. Ma cosa c’era scritto in quell’sms? Parole forti, parole dure che sono giunte per errore sul cellulare della sorella Nadia e che hanno fatto suonare dei campanelli d’allarme riconducibili al passato.
 
Ecco il testo del messaggio: “Ora Fabio pensaci bene. Domani mattina ti chiamo e se rispondi bene, e fai quello che dico, ok. Altrimenti vengo lì e ti stacco quella testa di cazzo che hai”. L’sms doveva pervenire ad un amico che gli ha negato un prestito di 25mila euro. Maso risponde all’esposto delle sorelle: “Mi avete messo nei casini, adesso ve la vedrete con i miei avvocati”, inoltre Maso ha preannunciato alle sorelle una denuncia per diffamazione. L’ultimo incontro tra l’uomo e le sorelle avviene il 21 dicembre nella sede di Telepace a Cerna (Verona). La sorella descrive il fratello così: “L’ho visto in uno stato confusionale e di onnipotenza, nei suoi occhi ho colto deliri euforici che mi hanno lasciato sorpresa e spaventata, ricordandomi lo stato in cui versava nel 1991, prima di commettere degli omicidi”. La Procura di Verona sta esaminando anche i bonifici dell’uomo e deciderà se nel caso specifico, l’ipotesi di reato è minacce o estorsione. L’amico ha riferito agli inquirenti che in questi due anni –nel periodo in cui Maso lavorava per Telepace- ha prestato a Maso 25mila euro. Maso sarebbe stato “Fortemente attratto dalla sua personalità”  ed è per questa ragione che chiedeva i soldi. Ricordiamo inoltre che è stato condannato a 30 anni di carcere e gli è stata riconosciuta la seminfermità mentale, ha scontato 22 anni di carcere. 
 
La storia di Pietro Maso gira ancora attorno ai soldi, dentro e fuori il carcere, da giovane e da uomo maturo si torna ad associare la sua figura a quella del denaro. Ciò che dovranno accertare adesso gli inquirenti è se oltre alla richiesta di denaro vi sia stata anche la minaccia anche ai danni delle sorelle. Lui però in un’interchista a Chi ha dichiarato: “Adesso che ho scontato la mia pena lo posso dire: non ho ucciso i genitori per soldi, perché i soldi li avrei avuti lo stesso”. Venticinque dopo il terribile massacro di Antonio Maso (56 anni) e Rosa Tessari (48 anni) avvenuto  il 17 aprile del 1991 a Montecchia di Crosara, con la complicità di tre amici. Gli fu inflitta una condanna a 30 anni e due mesi e la Corte d’Assise sentenziò: “Li ha massacrati per mettere le mani sull’eredità”. 
 
Il delitto: E’ la sera del 17 aprile del 1991, i coniugi maso sono ad un incontro di catechesi e di preghiera  a cui partecipano regolarmente. Antonio e Rosa accompagnano in Piazza il figlio, dove lo aspettano 3 amici. Il progetto di Pietro Maso era quello di uccidere la sua famiglia per mettere mano all’eredità, a beni mobili e immobili e voleva dividerlo con i suoi amici. Alle 23.10 i signori Maso rientrano a casa, il primo a varcare la porta è Antonio Maso che viene assalito dal figlio e colpito a sprangate alla testa, l’amico Damiano è intervenuto colpendo l’uomo con una pentola. Nel frattempo era arrivata la madre di Pietro Maso che fu aggredita brutalmente da Paolo e Giorgio e fu tramortita con forti colpi alla testa. Giorgio soffocò Rosa con una coperta, mentre gli altri la colpivano sulla testa e ripetutamente su tutto il corpo. Antonio Maso è stato ucciso con un piede sulla gola, soffocato. I genitori di Pietro Maso sono stati massacrati dal figlio e da tre suoi amici dopo venti minuti di agonia. Inizialmente simula una rapina, e in un primo momento ci credono, ma quando la scena viene analizzata per bene e non viene rinvenuto nessun segno oggettivo di rapina, il quadro che si prospetta è chiaro ed inquietante. Anche le sorelle si insospettiscono e si accorgono di una mancanza di 25 milioni dal conto della madre e la firma falsa di Rosa e la scritta della cifra scritta sulla rubrica telefonica di casa. Pietro le rivela dell'assegno intestato a Giorgio Carbognin, aggiunge che era stata la loro madre a firmarlo, ma non sa spiegare il perché di quelle scritte di prova sulla rubrica. Pian piano il quadro si fa sempre più nebuloso e pressato dagli inquirenti confessa il delitto. Tutti vengono arrestati per omicidio volontario, accusa che a chiusura d'istruttoria diventerà duplice omicidio volontario premeditato pluriaggravato. Le aggravanti sono infatti la crudeltà, i futili motivi e, per Pietro, anche il vincolo di parentela. Il 29 febbraio del 1992 viene emessa la sentenza, Pietro Maso viene condannato a 30 anni e 2 mesi di reclusione, Cavazza e Carbognin a 26 anni ciascuno, Burato, non essendo ancora diciottenne, verrà giudicato dal tribunale dei minori che lo condannerà a 13 anni.

Continua a leggere
Commenta l'articolo

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Cronaca

Roma, operazione decoro alla stazione Termini: arrestata una persona e 13 denunciate

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print

ROMA – Nella giornata di ieri è scattata un’attività di controllo dei Carabinieri del Comando Provinciale Roma nell’area della stazione ferroviaria Termini, finalizzata alla tutela del decoro e al contrasto di ogni forma di illegalità.
Decine di Carabinieri della Compagnia Roma Centro, supportati dai colleghi del Gruppo di Roma, hanno passato al setaccio l’area antistante la stazione, da piazza dei Cinquecento fino ai giardini Einaudi e sotto i portici adiacenti al Museo Nazionale Romano – Palazzo Massimo, dove hanno rimosso numerosi giacigli di fortuna, lì ammassati come bivacco per senza fissa dimora.
In particolare, i Carabinieri del Nucleo Roma Scalo Termini hanno sanzionato 2 cittadine peruviane sorprese in via Enrico De Nicola dove avevano allestito la loro attività di rivendita di cibo pronto, completamente abusiva.
Le donne, infatti, stavano vendendo bottiglie di birra in vetro, lattine di bevande analcoliche e generi alimentari, contenuti in pentolame e confezioni di plastica già suddivise in porzioni.
Due i “punti vendita” al dettaglio, con relativi menù e prezzi, scoperti dai Carabinieri sul marciapiede antistante l’ingresso del complesso monumentale delle Terme di Diocleziano, sequestrate bibite e 240 kg di generi alimentari contenuti in pentolame e confezioni di plastica di varie dimensioni, il tutto sottoposto a sequestro amministrativo. A loro carico sono state elevate sanzioni pari a 10.000 euro.
Un 46enne peruviano è stato invece denunciato perché trovato in possesso di 72 capi di abbigliamento, ancora con i cartellini dei prezzi applicati, di dubbia provenienza.
I Carabinieri della Compagnia Roma Centro hanno poi arrestato un cittadino italiano, senza fissa dimora, bloccato appena dopo aver rubato alcuni capi di abbigliamento da un negozio all’interno della Galleria Forum Termini.
Altre 12 persone sono state denunciate a piede libero: quattro persone per tentato furto, una perché trovata in possesso di un coltello, una perché trovata in possesso di documenti di terze persone, due responsabili per inosservanza del divieto di ritorno nel comune di Roma e altre 4 responsabili di inosservanza del D.a.c.ur., emesso nei loro confronti dal Questore di Roma.
Durante l’attività i Carabinieri della Compagnia Roma Centro hanno anche eseguito numerosi posti di controllo alla circolazione stradale che hanno permesso l’identificazione di 173 persone e la verifica su 48 veicoli.

Continua a leggere

Cronaca

Roma, Eur. Beccato con 12 dosi di cocaina addosso: arrestato un 53enne cn precedenti

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura < 1 minuto
image_pdfimage_print

ROMA – I Carabinieri della Compagnia di Roma E.u.r., con il supporto del Nucleo Radiomobile Sezione Motociclisti del Gruppo Roma, hanno effettuato un servizio straordinario di controllo del territorio finalizzato alla prevenzione e alla repressione della criminalità diffusa. Il bilancio dell’attività ha portato al controllo di 52 veicoli e all’identificazione di 78 persone, tra cui una persona arrestata per spaccio, e due denunciate. In via Vera, i Carabinieri hanno arrestato un cittadino albanese di 53 anni, senza fissa dimora e con precedenti, poiché durante il controllo dei Carabinieri è stato trovato in possesso di oltre 12 dosi di cocaina e durante il quale ha fornito ai militari generalità false sulla propria identità.
 
Privo di virus.www.avast.com

Continua a leggere

Cronaca

Roccalvecce, inaugurata la nuova lapide per i caduti di tutte le guerre

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print

Ieri mattina in piazza Umberto I a Roccalvecce è stata scoperta la nuova lapide, apposta dal Comune di Viterbo, in memoria dei Caduti di tutte le guerre. Sono intervenuti per l’occasione la sindaca Chiara Frontini, l’assessore al decentramento Katia Scardozzi e il consigliere comunale delegato ai rapporti con le forze armate Giancarlo Martinengo insieme alle rappresentanze d’arma e combattentistiche. “Siamo andati a sostituire la vecchia lapide marmorea – ha spiegato la sindaca Chiara Frontini – collocata dai nostri predecessori ormai diversi decenni fa. Il tempo aveva reso illeggibili alcuni nomi. Era giusto provvedere alla sostituzione della lapide anche e soprattutto in segno di rispetto verso quegli uomini originari di questo territorio che hanno perso la loro vita durante le guerre”.
 
“La sostituzione della lapide marmorea che ricorda i Caduti che la frazione di Roccalvecce ha subìto durante tutte le guerre era un impegno che questa amministrazione aveva preso pochi mesi fa – ha aggiunto il consigliere Martinengo -. E un Paese senza memoria è un paese destinato a essere privo di identità. Un debito morale nei confronti dei concittadini che hanno offerto il bene più prezioso per la nostra libertà che abbiamo voluto sanare con immediatezza e con la fierezza di una amministrazione attenta”. A prendere la parola anche il generale di Corpo d’Armata Rocco Panunzi, il tenente Pasquale Trabucco dell’associazione 4 Novembre e il presidente della sezione UNUCI di Viterbo Luigino Chizi.
 
Da ieri Roccalvecce ha anche due nuove targhe toponomastiche, ovvero quelle posizionate all’inizio e alla fine di via Majocchi, strada di collegamento con la piazza centrale. “Abbiamo sostituito le targhe toponomastiche riportando il nome esatto della persona a cui la via è dedicata – ha affermato l’assessore Scardozzi –. Anche questo in segno di rispetto per il concittadino di Roccalvecce Domenico Majocchi, studioso che ha garantito un enorme e prezioso contributo nel settore della dermatologia. A questo proposito voglio ringraziare Marco Piazza, esperto del territorio, che ci ha chiesto di intervenire per la sostituzione delle precedenti targhe riportanti le diciture inesatte”. Alla cerimonia è intervenuto anche il parroco di Roccalvecce Don Mauro Manzoni.
 
Privo di virus.www.avast.com

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti