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Potenza, Acquedotto Lucano: minacce di morte all’amministratore unico

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POTENZA –  Michele Vita, Amministratore Unico di Acquedotto Lucano è stato minacciato, insieme ad un altro dirigente di Acquedotto. Si tratta di minacce di morte che aprono un fascicolo della Procura della Repubblica. In precedenza erano state inviate lettere a carattere intimidatorio presso la sede principale dell’acquedotto in via P. Grippo a Potenza, ma credendole di poco conto, nessuno se ne è preoccupato, omettendo la denuncia. L’apice si è avuto questa mattina, con il ritrovamento di una testa d’animale sgozzato nel giardino dell’Amministratore Michele Vita, che attualmente si trova a dover viaggiare con la presenza di una scorta.

Ha mantenuto un profilo accettabile relativamente all’alta carica che rappresenta, o avrà forse pestato i piedi a qualcuno? Risulta che recentemente Acquedotto Lucano, sotto la firma di Vita, lo scorso 13 Settembre, abbia dato un ultimatum alle 1.914 utenze che non pagano le bollette da tempo. L’azienda ha dato un limite di tempo di 15 giorni per regolarizzare, al termine dei quali l’emissione dell’acqua sarà sospesa, garantendo solo il minimo vitale previsto dalla legge. E così i morosi dopo 15 giorni dall’ultimatum, il 28 settembre, hanno rischiato di vedersi annullato il contratto di fornitura e chiusi i rubinetti.

Acquedotto Lucano, tramite l’ufficio stampa ha fatto sapere che la cifra d’ammanco è di 6 milioni e 200mila euro, inoltre Vita ha sottolineato il fatto che Acquedotto Lucano “è anche disposta a concedere ai condomini morosi un piano di dilazione, ma nell’ambito della certezza dell’impegno che si assume”. Intanto, la società ha portato avanti “la campagna di recupero del credito dovuto dai villaggi e residence turistici del Metapontino e del Tirreno”, riuscendo a regolarizzare “235 delle 259 utenze fino ad ora interessate. Soltanto 24 utenze non si sono messe in regola con i pagamenti con la conseguente sospensione dell’erogazione idrica. Questa attività ha consentito di recuperare da subito circa mezzo milione di euro, mentre somme per 1.800.000,00 euro sono state rateizzate. La campagna, che comprende anche altre utenze commerciali – si legge ancora nel comunicato di Acquedotto Lucano – prosegue con la finalità di recuperare ulteriori 2.200.000,00 euro mai entrati nelle casse di Acquedotto Lucano”.

Lo scorso 19 luglio dall’Acquedotto Lucano era già arrivato un primo appello, riguardante però villaggi turistici, alberghi e complessi residenziali per lo più della costa jonica e tirrenica lucana: 450 utenze il cui debito era di circa 5.500.000,00 euro. C’era stato l’invio di avvisi bonari, poi i solleciti telefonici, infine le lettere raccomandate. A un certo punto, erano stati inoltrati telegrammi ultimativi che, nella maggior parte dei casi, non hanno avuto alcun riscontro. Pertanto Acquedotto Lucano aveva annunciato la sospensione della somministrazione dell’acqua potabile, secondo le norme del Regolamento del Servizio idrico integrato. A subire la sospensione sarebbero state le utenze con morosità superiore a 10mila euro (a volte superiori anche a 100mila euro) imprese spesso di fuori regione che proprio dai consumi idrici traggono i loro profitti.

Alla fine, le aziende hanno cominciato a pagare, ma rimane qualcuno fuori dal coro. Che le minacce siano inerenti o meno con la campagna dell’acquedotto è ancora un mistero, sul quale gli inquirenti faranno presto chiarezza. Michele Vita è stato nominato Amministratore di Acquedotto Lucano  per 3 esercizi, per quasi 130mila euro all’anno, come dimostra il suo compenso presente sul sito ufficiale dell’acquedotto, aggiornato all’anno 2016, sul quale si legge anche di viaggi e missioni inerenti alla sua carica per un corrispettivo di 2.000 euro in un anno, concentrando tutte le spese tra giugno e dicembre, oltre ai suoi possedimenti patrimoniali (quasi 20 tra terreni e fabbricati) , due automobili e uno yacth.

Giulia Ventura

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In Italia primi casi di puntura letale: sono i “parenti” della Dengue

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Un virus d’importazione, “parente” della Dengue e del West Nile, della famiglia delle arbovirosi che è già stato diagnosticato in Italia, intorno alla metà di luglio, nel laboratorio dedicato alle Bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano in due pazienti arrivati dal Brasile e da Cuba, e anche in Veneto, al Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell‘Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona), sempre in una paziente con una storia recente di viaggi nella regione tropicale caraibica. In tutto, i casi diagnosticati finora in Italia sono stati quattro. L’infezione provoca febbre molto alta, dolori articolari e muscolari e rash cutaneo e si trasmette all’uomo attraverso le punture di moscerini o di zanzare, principale vettore (la zanzara Culicoides paraensis) è attualmente presente solo in Sud e Centro Americhe e non è presente in Europa e ad oggi non esistono prove di trasmissione interumana del virus Oropouche.

Il segretariato di Bahia riferisce che i pazienti deceduti a causa della febbre Oropuche avevano sintomi come febbre, mal di testa, dolore retro-orbitale(nella parte più profonda dell’occhio), mialgia (dolore muscolare), nausea, vomito, diarrea, dolore agli arti inferiori e debolezza. In entrambi i casi, poi, i sintomi si sono evoluti con segni più gravi come macchie rosse e viola sul corpo, sanguinamento, sonnolenza e vomito con ipotensione, gravi emorragie e un brusco calo dell’emoglobina e delle piastrine nel sangue.

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Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

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Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

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Crollo della vela a Scampia, gravi due bambine

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Sono in gravissime condizioni due dei sette bimbi ricoverati all’ospedale Santobono di Napoli dopo il crollo della scorsa notte a Scampia.

Due delle sette piccole pazienti, rispettivamente di 7 e 4 anni, sono in gravissime condizioni per lesioni multiple del cranio e, attualmente, sono ricoverate in rianimazione con prognosi riservata.

Nello specifico, si legge nel bollettino dell’Ospedale Santobono, una bimba è stata sottoposta nella notte ad intervento neurochirurgo per il monitoraggio della pressione intracranica, presenta emorragia subaracnoidea, fratture della teca cranica e versa in condizioni cliniche gravissime, con prognosi riservata. L’altra, ha una frattura infossata cranica e grave edema cerebrale. È stata sottoposta ad intervento di craniectomia decompressa nella notte e impianto di sensore per il monitoraggio della pressione intracranica. Attualmente è emodinamicamente instabile e versa in condizioni cliniche gravissime con prognosi riservata. Altre tre piccole pazienti, rispettivamente di 10, 2 e 9 anni, hanno riportato lesioni ossee importanti e sono attualmente ricoverate in ortopedia. Una per un trauma maxillo facciale con grave frattura infossata della sinfisi mandibolare e con frattura di femore esposta, un’altra con frattura chiusa del terzo distale dell’omero sinistro, l’ultima con frattura dell’omero sinistro scomposta prossimale. Sono state stabilizzate e saranno sottoposte in giornata a intervento chirurgico ortopedico. Le ultime due, rispettivamente di 2 e 4 anni, hanno riportato contusioni multiple con interessamento splenico, trauma cranico non commotivo e contusioni polmonari bilaterali, ricoverate in chirurgia d’urgenza sono state stabilizzate e, al momento, non presentano indicazioni chirurgiche.

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