QUOTE ROSA, I COMUNI CHE NON HANNO DONNE IN GIUNTA RISCHIANO SENTENZE DI CONDANNA DEL TAR A PRESCINDERE DAGLI STATUTI COMUNALI

Chiara Rai

 

Nel 2012 non è possibile vedere giunte nelle quali sono assenti le donne. Di recente un’altra pronunziazione del Tar, riferita al Comune di Viterbo, ha concentrato l’attenzione su questo tema così scandaloso della mancanza di rispetto delle pari opportunità all’interno delle giunte comunali. “'La nomina di una giunta municipale – recita la sentenza –  deve fissare il giusto punto di equilibrio tra l'ampia discrezionalità del potere del sindaco e il rispetto del principio della identità di genere quale condizione costituzionalmente tutelata per l'accesso alle cariche pubbliche, ovvero il principio della pari opportunità’’. Da queste sentenze del Tar si possono trarre diverse considerazioni che diventano fondamentali per arrivare a far rispettare la legge alle amministrazioni e quindi arrivare a pretendere la presenza di donne all’interno delle giunte. Notizia, che forse è passata in sordina è il fatto che nel caso di Viterbo, come in altri numerosi casi che hanno interessato diversi comuni italiani, il Tar non ha ritenuto fondamentale prendere in considerazione lo statuto comunale. Nel caso del Comune di Roma, lo statuto prevede che il sindaco sia obbligato ad assicurare una presenza equilibrata tra uomini e donne.  Alemanno invece aveva nominato una sola donna su 12 assessori nonostante la chiarezza dello Statuto. Ma non è necessario che lo preveda lo statuto. Lo dice la legge. L’ordinamento nazionale e quello comunitario contengono disposizioni che tutelano non soltanto il principio della parità formale tra i generi ma anche quello di pari opportunità. L’art. 23 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea impone di assicurare la parità tra uomini e donne in tutti i campi (comma 1) e stabilisce che il principio della parità non osta al mantenimento o all'adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del genere. L’art. 51 comma 1 della Costituzione da un lato prevede che tutti i cittadini, indipendentemente dal genere, possano accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, e dall’altro stabilisce che la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini. Questa seconda parte della norma non consente di intervenire sul peso del voto mediante sistemi elettorali che alterino la volontà degli elettori modificando la composizione consiliare (v. C.Cost. 14 gennaio 2010 n. 4) ma si traduce in un vincolo applicabile alla formazione degli organi che non sono eletti direttamente, come è il caso della giunta comunale. Dunque la libertà del sindaco di scegliere gli assessori, a differenza della libertà di voto degli elettori, non è assoluta, in quanto deve piegarsi alla necessità di garantire la rappresentanza di genere, riflesso applicativo del principio costituzionale di pari opportunità.

 

La necessità di garantire la rappresentanza di genere si impone quindi persino agli atti aventi contenuto politico, come la nomina degli assessori, anche in assenza di una norma intermedia nei regolamenti comunali; dunque gli statuti degli enti locali possono stabilire forme originali e avanzate di attuazione del principio di pari opportunità (ad esempio imponendo una compresenza dei generi rafforzata e tendenzialmente paritaria in giunta e negli altri organismi pubblici) ma non possono scendere al di sotto del livello minimo costituito dalla rappresentanza di genere. Questo significa che nel silenzio degli statuti gli enti locali sono comunque obbligati a garantire la presenza di almeno un soggetto appartenente al genere che altrimenti non sarebbe rappresentato, ossia, con riguardo alla questione che qui interessa, almeno un assessore donna

 

La mancanza di specifiche norme statutarie sulla rappresentanza di genere è irrilevante, in quanto per previsione legislativa (attraverso un’interpretazione costituzionalmente orientata) il sindaco è vincolato a formulare le proprie scelte in modo da conseguire anche tale obiettivo (per un caso analogo sotto questo profilo, ma riguardante la nomina di assessori regionali, v. TAR Cagliari Sez. II 2 agosto 2011 n. 864); il vincolo si scioglie solo se il sindaco offre la dimostrazione di non aver potuto in concreto individuare un assessore di genere femminile. La prova è particolarmente ardua, in quanto non possono essere utilizzate motivazioni di tipo meramente soggettivo (mancanza di conoscenza personale o di un preesistente rapporto fiduciario) e neppure ragioni di opportunità collegate agli equilibri tra i gruppi politici di maggioranza.


 

Facendo, ad esempio, una analisi dei 17 Comuni dei Castelli Romani, ci sono tre Comuni che non hanno donne in giunta. E sono Albano, Marino e Monte Compatri.  


All’Art. 25 del capo III dello statuto comunale di Albano Laziale (Composizione della giunta comunale) e seguenti, non si fa riferimento alla rappresentanza di genere (quote rosa) nell’attuazione del principio di pari opportunità. Si fa riferimento alle pari opportunità (senza citare la giunta) all’art. 4 “definizione e ruolo” che recita testualmente: “ (Il Comune) Assume le iniziative e promuove gli interventi necessari per assicurare pari dignità ai cittadini, per garantire la pari opportunità tra i sessi e per tutelare i diritti fondamentali della persona umana, ispirando la sua azione a principi di equità e di solidarietà, per il superamento degli squilibri economici e sociali esistenti nella comunità. Quindi è possibile l’impugnazione (criteri di selezione della giunta con riferimento alla verifica se fosse venuta o meno a mancare la garanzia di rappresentanza di genere femminile).

  

Nello statuto Comunale di Marino, l’unico riferimento alle pari opportunità è contenuto nell’Art. 20 “Consulte” e recita testualmente “Il Consiglio comunale, con appositi regolamenti istituisce le consulte e le commissioni a partire da quelle degli anziani e la commissione delle pari opportunità uomo – donna alla quale deve corrispondere istituzionalmente una specifica delega. Consulte e commissioni non significa giunta. Quindi è possibile l’impugnazione (criteri di selezione della giunta con riferimento alla verifica se fosse venuta o meno a mancare la garanzia di rappresentanza di genere femminile).

 

Nello statuto comunale di Monte Compatri, tale riferimento è assente tranne che al punto 8 che riguarda esclusivamente i contributi alle associazioni (ma che nulla ha a che fare con la previsione di quote rosa all’interno dell’amministrazione).

Quindi è possibile l’impugnazione (criteri di selezione della giunta con riferimento alla verifica se fosse venuta o meno a mancare la garanzia di rappresentanza di genere femminile).

 

Tanto per dimostrare che si può ricorrere in difesa del diritto delle pari opportunità riferite alla composizione di una giunta. Sebbene è da ricordare che il Tar in merito alla sentenza che riguarda il Comune di Viterbo, abbia specificato che: Tutto ciò non significa che s'imponga al sindaco di realizzare obbligatoriamente la parità (numerica) di genere nella nomina dei componenti della giunta, ma impone, questo sì, che la verifica preventiva volta ad individuare i soggetti nominabili sia effettuata con un serio approccio non preclusivo verso gli appartenenti dell'uno ovvero dell'altro genere”. Le conclusioni sono che i Comuni che non hanno donne in giunta sono poco difendibili di fronte alla legge.