Connect with us

Editoriali

ritornano i concorsi

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 5 minuti
image_pdfimage_print

TOH, RITORNANO I CONCORSI PUBBLICI!
DI ROBERTO RAGONE
I sondaggisti continuano a sondare, e, come previsto, il gradimento del premier dopo questa visita è arrivato al 51%, soprattutto perchè se l’è presa con l’Unione Europea. Renzi è intervenuto a Bari, alla Fiera del Levante, all’assemblea dell’ANCI, presieduta dal neo eletto sindaco di Bari De Caro, dichiarando il superamento del turn over ridotto. “Va bene al 25% nella pubblica amministrazione, ma non va bene per le forze dell’ordine e per gli infermieri”, volendo venire incontro alle esigenze già manifestate da tempo nella sanità pubblica, oltre che nella Polizia, in particolare dal SAP, il cui presidente Gianni Tonelli ha effettuato un lunghissimo sciopero della fame. Secondo Tonelli, infatti, la Polizia lamenta un buco di organico di almeno 45.000 uomini, e quelli in servizio a volte hanno passato l’età che consentirebbe loro il pattugliamento nelle radiomobili, oltre che un turn-over del 45%. Annunciare 10.000 assunzioni, quindi, è solo una goccia nel mare, e riveste quella parvenza propagandistica tipica di questo governo. Neanche Checco Zalone l’ha passata liscia. Forse ricordando le sue origini pugliesi, Renzi si è scagliato contro la parodia dell’impiegato resa famosa in un recente film di Checco-Luca Medici. Ricordiamo che il compito di un comico è anche, e soprattutto da’ un senso alla sua performance, fare satira, che sia sociale o politica, e prendersela con chi ha voluto mettere in luce una caratteristica della nostra classe impiegatizia è un colpo in acqua. Specialmente dopo che Berlusconi ha fatto propaganda, negli anni del suo governo, alla libera iniziativa, dichiarando che ormai il posto fisso era morto e sepolto. A proposito di pensioni, Renzi ha rivendicato il patto con i sindacati, per cui pare che, per l’uscita dal lavoro, vengano riconosciuti lavori usuranti e lavori particolarmente faticosi, con nette distinzioni. Anche a questo proposito il premier ha detto di contare su di un certo turn-over, per lasciare il posto libero ad altri. “Non so quanti accetteranno di andare in pensione anticipata, è un’opportunità.” Un’opportunità per le banche, aggiungiamo noi: l’APE è al limite della truffa, a meno che non si lasci il vecchio lavoro per prenderne un altro, magari in nero, ciò che fatalmente accadrà. In Emilia Romagna i bambini non possono accedere all’asilo se non sono vaccinati, e don Matteo ha lanciato un assist molto forte alla’AIFA: secondo lui bisogna che i bambini siano vaccinati, “con un investimento nella scienza, e non nelle invenzioni di chissà chi.” Peccato che questi ‘chissà chi’ siano medici e scienziati, e che noi siamo liberi di far vaccinare o no i nostri figli, come siamo liberi delle nostre scelte. Comunque, caffè pagato dalla Lorenzin. Un punto che vale parecchio è quello dell’edilizia scolastica, specie dopo la recente ennesima caduta di intonaco dal soffitto di una scuola media. Le nostre scuole sono al limite della fatiscenza, come testimoniano le condizioni di parecchi edifici scolastici. Peccato che siano opere pubbliche, risultato di appalti, subappalti e sub subappalti, per cui il cemento ad ogni passaggio di mano diventava sempre di meno, sostituito da sabbia. Pare che si potrà mettere mano ai restauri al di fuori della ‘legge di stabilità’, quella che tutti noi automobilisti ricordiamo nelle nostre preghiere quando incontriamo buche e sassi sulle strade. Quella stessa che i meccanici ringraziano ad ogni riparazione. “Il punto chiave è tornare a progettare” tuona il premier. Ma chi glie lo impedisce? Noi stiamo a guardare, poi con la Merkel se la vede lui, non è compito nostro. Più che gridare che serviva sciogliere le briglie al cavallo dell’economia, non possiamo fare. Se l’Italia si è fermata non è stato per colpa degli Italiani, ma dell’Unione Europea e di chi ne ha fatto gli interessi, come Monti, e come lui stesso. Ora ci viene a dire che bisogna investire. Tralasciamo di citare i numeri, che sono alla Renzi, sempre generosi. Dopo un intervento di De Caro a favore dei provvedimenti per i Comuni, Renzi ha dichiarato che “Viviamo nel complottismo e nell’idea che siano tutti ladri che vanno scoperti.” Beato lui. Anche in Sicilia molti dicono che la mafia non esiste. Sentiamo cosa ne pensa il presidente dell’ANM Piercamillo Davigo, prima di trinciare giudizi. Ultimo argomento – last but not least – quello più demagogico e populista che potesse trovare: l’abolizione di Equitalia. Conosciamo tutti, per averlo sentito chiaro in televisione da un suo ex funzionario, il dottor Luciano Dissegna, quali siano i metodi di Equitalia. L’abolizione di Equitalia è anche nei programmi di Cinquestelle, che non sono i primi. Noi diciamo che se si abolisce Equitalia – invenzione di Prodi, che di equo non ha nulla – bisognerà incaricare qualcun altro delle riscossioni. Quello che bisogna abolire è il sistema e la mentalità di Equitalia, organismo definito da Dissegna ‘estorsore’, e riconosciuto come tale nei metodi. Possiamo anche abolire Equitalia, dopo che tanti poveri disgraziati sono falliti o si sono suicidati perché ingiustamente perseguitati, ma bisogna abolire il metodo e la filosofia che fino ad oggi sono adottati. Ma per far questo bisogna resettare la mentalità di alcuni funzionari pubblici, e trasferire l’onere della prova all’ente riscossore, eliminando l’iscrizione a ruolo per presunzione di insolvenza. E poi, ma questo sarebbe troppo chiedere, andare a trovare quelli che evadono davvero, e non gli 80 cent. di un caffè senza scontrino, ma i milioni di euro di IVA e di IRPEF. Visto che per colpa loro l’Italia è diventata il Paese degli evasori. Ma, si sa. Chi è più grosso e ammanigliato riesce sempre a cavarsela. Ricordiamo i 98 miliardi dovuti dalle società delle macchinette ridotti a 2,5 miliardi di euro, con conseguente trasferimento dell’allora colonnello delle Guardia di Finanza Umberto Rapetto, solo perché, a quanto pare, in quella società apparivano i nomi di importanti personaggi politici; ma mai nessuno è andato a fondo alla questione. È di questi giorni una notizia su L’Espresso che riguarda il figlio di Cossutta, contitolare con Tronchetti Provera ed altri della Tamerice s.r.l. , cordata creata per acquisire ciò che restava degli storici marchi Rinascente e Upim. Del gruppo facevano parte anche la Pirelli Real Estate e una società lussemburghese. Il sistema di elusione fiscale è stato scoperto nel 2008 dalla Guardia di Finanza. L’Agenzia delle Entrate aveva successivamente quantificato in 883 milioni di euro la cifra da pagare. La Tamerice SRL è stata perciò condannata a pagare in prima e seconda istanza dalla Commissione Tributaria della Regione Lombardia. Poi si è giunti alla transazione. Secondo i documenti di cui L’Espresso è entrato in possesso, l’Agenzia ha praticato uno sconto alla Tamerice del 93%, accontentandosi di appena 61 milioni. Molto diverso da ciò che accade al comune cittadino, a cui vengono imposte cifre addizionali e more da usura, pena sequestri e pignoramenti con vendite all’asta. Due pesi e due misure? Non siamo un Paese di evasori, siamo un Paese che da sempre deve sopportare l’arroganza dei potenti e il loro doppiopesismo, dai Borboni in poi, secondo la famosa frase del Marchese del Grillo. In sostanza, Renzi pare si sia ricordato che la nazione va governata, e che, storto o dritto, questo compito è stato affidato a lui – da Napolitano. Che oggi faccia questi discorsi, ha solo un obiettivo: lavarsi la faccia in vista del referendum. Mio nonno era molto vecchio, quando l’ho conosciuto, e di conseguenza anche molto saggio; e m’insegnò una massima, che non dimentico: il lupo perde il pelo, ma non il vizio. Ricordiamocene, quando ci vogliono accecare con lampi che lasciano il tempo che trovano, per poi, passato il momento, tornare all’antico. Renzi è Renzi, e non cambierà mai. Se sia degno di fiducia, giudicatelo voi. Ma poi non venite a lamentarvi.

Continua a leggere
Commenta l'articolo

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Castelli Romani

Frascati: 8 settembre 1943, il giorno del dolore e della rinascita

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura < 1 minuto
image_pdfimage_print

Esistono giorni che non solo diventano parte della Storia ma portano dentro di sé ricordi, emozioni e purtroppo anche lutti ed antiche paure.
L’ 8 settembre per noi che siamo nati a Frascati e per tutti quelli che vivono la bellezza di questa città questo giorno è nel contempo triste ma la riprova della forza piena che vive dentro Frascati.
Fu una ferita insanabile quell’8 settembre del 1943 quando alle 12,08 una pioggia di bombe dilaniò la città provocando la morte di centinaia di persone.

piazza San Pietro dilaniata dalle bombe

Ma la voglia di rinascere, la voglia di ricominciare, la voglia di spazzare via i dolori di una guerra rinacque proprio in quel giorno.
Credo che Frascati debba onorare di più questo ricorrenza affinché non diventi e resti la solita passerella di commiato.
Deve divenire vera “giornata della memoria della Città”.
Bisogna far si che l’8 settembre rappresenti per tutti il giorno si del dolore ma anche il giorno in cui Frascati ed i frascatani ritrovarono la forza di risorgere dalle sue ceneri come “araba fenice”.
Ho voluto riportare nella copertina di questo mio pensiero il quadro di un grande frascatano, Guglielmo Corazza, memoria vivente di quel giorno.
Quei colori e quelle immagini debbono divenire il monito a tutti noi degli orrori della guerra, della stupidità della guerra.
Perché Frascati pagò con il sangue dei suoi figli e delle sue figlie e questo non deve più accadere in nessuna altra parte del mondo.

Continua a leggere

Editoriali

Affaire Sangiuliano: dimissioni e polemiche, il governo Meloni nella bufera

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 3 minuti
image_pdfimage_print

Giustino D’Uva (Movimento Sociale Fiamma Tricolore): “Evidente è il declino inevitabile di quest’Esecutivo, destinato a finire sempre peggio, tra siparietti tragicomici e rinnegamenti indebiti”

L’affaire Sangiuliano ha scosso il governo Meloni, provocando la prima defezione tra i suoi ministri. Gennaro Sangiuliano, alla guida del Ministero della Cultura, ha rassegnato le dimissioni a seguito delle polemiche sorte attorno a una presunta relazione extraconiugale con Maria Rosaria Boccia, che ha generato una serie di accuse riguardanti l’uso improprio di fondi pubblici e l’accesso a documenti riservati.

L’ex direttore del Tg2, dopo ore di polemiche e smentite, ha deciso di farsi da parte, spiegando in una lettera a Giorgia Meloni la sua scelta di lasciare per non “macchiare il lavoro svolto” e per proteggere la sua onorabilità. Nonostante le assicurazioni fornite a più riprese dallo stesso Sangiuliano, secondo cui nessun denaro pubblico sarebbe stato speso per la consulenza di Boccia, la pressione mediatica e politica è diventata insostenibile.

Le reazioni della maggioranza: una difesa d’ufficio

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha espresso solidarietà nei confronti di Sangiuliano, definendolo un “uomo capace e onesto”, sottolineando i successi ottenuti in quasi due anni di mandato. In particolare, Meloni ha ricordato i risultati raggiunti nella promozione del patrimonio culturale italiano, come l’aumento dei visitatori nei musei e l’iscrizione della Via Appia Antica tra i patrimoni dell’UNESCO. Tuttavia, anche la premier non ha potuto evitare di accettare le “dimissioni irrevocabili” di Sangiuliano.

Alessandro Giuli, presidente della Fondazione MAXXI, è stato rapidamente nominato come nuovo ministro della Cultura, suggellando una transizione-lampo che, secondo alcune voci, era già in preparazione da tempo. Giuli, una figura vicina alla destra romana e storicamente legato a Meloni, rappresenta un tentativo di dare stabilità al ministero, ma la scelta non ha fermato le critiche, né ha dissipato le ombre sul governo.

L’opposizione attacca: “Il governo Meloni è allo sbando”

Le reazioni dell’opposizione non si sono fatte attendere. Il Partito Democratico ha definito l’affaire come un altro esempio di un esecutivo privo di coerenza e in preda a scandali interni. Elly Schlein, segretaria del PD, ha parlato di un “governo ossessionato dalla propria immagine” e ha criticato la gestione del caso: “Il problema non è solo il gossip, ma l’incapacità di affrontare le questioni in modo trasparente e senza proteggere chi si trova in difficoltà”.

Dal Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte ha affermato che “questo episodio mostra come la maggioranza sia più attenta alle proprie dinamiche interne che ai reali problemi del Paese”, accusando la premier di “non aver saputo tenere sotto controllo i suoi ministri” e di “anteporre le proprie relazioni personali agli interessi istituzionali”.

Il commento più severo è arrivato da Giustino D’Uva, esponente del Movimento Sociale Fiamma Tricolore, che ha lanciato un duro attacco al governo: “Indipendentemente dalle eventuali implicazioni giudiziarie ed etiche, l’affaire di Sangiuliano e Boccia è indice del pressapochismo che connota pressoché tutta la compagine governativa. Il governo Meloni è un’accozzaglia di buontemponi e incompetenti, per i quali il gossip costituisce il massimo impegno politico. Ciò che è evidente è il declino inevitabile di quest’Esecutivo, destinato a finire sempre peggio, tra siparietti tragicomici e rinnegamenti indebiti”.

Il rischio di un effetto domino

L’affaire Sangiuliano mette a nudo fragilità interne e potrebbe avere ripercussioni più ampie di quanto non appaia a prima vista. I partiti di opposizione sono pronti a capitalizzare su questo caso per sottolineare le divisioni e la mancanza di trasparenza dell’esecutivo. Alcuni osservatori politici temono che questo possa essere solo il primo di una serie di scossoni che potrebbero minare la stabilità del governo.

Il futuro di Giorgia Meloni e della sua squadra dipenderà dalla capacità di gestire questo e altri potenziali scandali che potrebbero emergere. Ma l’episodio dimostra come il confine tra gossip e politica possa diventare estremamente sottile, e quanto questo possa essere dannoso per la credibilità di un governo, soprattutto se non si affrontano con chiarezza e decisione le situazioni critiche.

In definitiva, il caso Sangiuliano non è solo un episodio personale, ma il simbolo di un esecutivo che sembra sempre più vulnerabile alle proprie contraddizioni interne, in un contesto politico che richiede, invece, risposte concrete e unitarie.

Continua a leggere

Editoriali

Come ristorarsi dopo le fatiche quotidiane

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print

La pedagogia del benessere si occupa delle persone in contesti si salute psico-fisica. Ognuno di noi dopo una giornata di lavoro, commissioni, studio necessita di uno o più momenti di ristoro.


n questi termini si può parlare di pedagogia del benessere sia fisico che mentale.
La pedagogia del benessere è un ramo della pedagogia tradizionale che si occupa, mediante alcune tecniche, di far star bene le persone.

In che senso la pedagogia del benessere parla di ristoro?

Ebbene sì, il pedagogista o lo psicologo non ricevono i clienti nello loro studio e non c’è un rapporto duale, ma il benessere lo si ritrova insieme ad altri soggetti, all’interno di un gruppo, facendo passeggiate, yoga o mindfulness.
Nell’ultimo decennio è nato un forte interesse per queste nuove pratiche fisiche, ma anche mentali.

Lo stare bene insieme ad altri, durante una passeggiata o in una seduta di mindfulness, giova non solo al gruppo, ma soprattutto all’individuo nella sua singolarità. Le strategie individuate dalla pedagogia del benessere sono, in Italia, molto utilizzate; basta pensare ai corsi di yoga o di mindfulness. Quest’ultimi vengono svolti sia nelle palestre, ma anche all’aperto (es. dopo che è piovuto) poiché l’ambiente esterno, l’aria o il venticello sono condizioni di rilassamento.
L’obiettivo della pedagogia del benessere è anche scaricare lo stress quotidiano ed evitare disturbi psicotici quali l’ansia o la depressione. A favore di questo obiettivo è utile sia la palestra per allenare il corpo, ma anche una palestra per esercitare la mente.

La salute mentale è fondamentale per affrontare la vita e le fatiche di tutti i giorni; pertanto “avere il vizio” di utilizzare tecniche di “tonificazione della mente” è sicuramente un’abitudine sana. La pedagogia del benessere professa anche obiettivi di tipo alimentare per promuovere, non tanto il fisico filiforme quanto la salute fisica intesa come consapevolezza di quanti grassi, proteine e zuccheri dobbiamo assumere in una giornata.

Il benessere del corpo è proporzionale a quello della mente e viceversa. Il prendersi cura di noi stessi aiuta a prevenire difficoltà future e soprattutto a vivere esperienze positive. Da sempre lo slogan “prevenire è meglio che curare” è uno degli scopi della pedagogia del benessere.
Non tutti seguono questi consigli, perciò sarebbe opportuno dare un’architettura decisiva alla figura del pedagogista del benessere senza confonderlo con un personal trainer o un nutrizionista. È opportuno parlare di più di questo tipo di pedagogia per promuovere la conoscenza.

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti