Cambiamenti climatici, Cnr: “In Italia solo tre brevi episodi di temperature basse”

“Con il riscaldamento globale le ondate di freddo non scompaiono ma sono meno frequenti e durature. E per l’Italia non si può parlare di ondate di freddo, ma solo di tre episodi isolati di temperature basse”. Giulio Betti, meteorologo del Consorzio Lamma-Cnr, chiarisce che le ondate di freddo registrate all’estero negli ultimi 10 giorni (in particolare Canada occidentale e Usa) e gli ‘episodi isolati’ in Italia non sono nulla di eccezionale e confermano i cambiamenti climatici in atto.

“Nel nostro Paese – spiega – ha fatto freddo solo a inizio dicembre, qualche giorno fa e lo farà solo venerdì e sabato. Da martedì, infatti, le temperature saranno nuovamente superiori alla norma. E anche se da qui a marzo dovessero arrivare altri 10 giorni di freddo anomalo non ci si dovrebbe meravigliare”.

Soffermarsi solo sull’Italia, del resto, e’ limitativo. “In Canada e negli Stati Uniti abbiamo avuto ondate di freddo importanti – nota l’esperto – ma si sono esaurite rapidamente. Su tutto il resto del mondo, dall’Europa centro-orientale alla Cina, abbiamo avuto temperature eccezionalmente miti. C’è poi il caso della Scandinavia, eccezionale per la durata di 3 mesi e mezzo del freddo polare, ma il suo territorio, rispetto al pianeta, è niente. E non dobbiamo dimenticare – conclude Betti – che in Italia il mese di dicembre è stato il terzo più caldo dal 1800. E soprattutto che il 2023 è stato più caldo di sempre per il pianeta”.




Clima, Appennino senza neve: le Regioni chiedono un piano straordinario

Un incontro urgente con il ministro del Turismo, Daniela Santanchè, al fine di approntare un piano straordinario per l’Appennino senza neve.

A richiederlo sono le Regioni Emilia-Romagna, Toscana e Abruzzo, alle prese con una stagione invernale segnata da temperature più alte della media del periodo, complici gli effetti del cambiamento climatico, con assenza di manto nevoso per sciare e difficoltà anche a innevare artificialmente perché non si scende sotto lo zero termico nemmeno di notte.

In particolare, in Emilia-Romagna, quasi tutte le piste sono rimaste chiuse (al comprensorio del Cimone, nell’Appennino modenese, oggi soltanto quella del campo scuola dei bambini è aperta), con albergatori, gestori di impianti e maestri di sci costretti a far fronte alle disdette da parte dei turisti. La neve è stata presa a un’altitudine superiore e trasportata con un carro, dal momento che le temperature sono troppo alte anche per spararla.
    “Le Regioni non possono essere lasciate da sole – affermano il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini e l’assessore al Turismo Andrea Corsini – Occorre un piano straordinario. I nostri operatori dell’Appennino bianco dopo le stagioni cancellate dal Covid, oggi sono alle prese con un altro momento nero che sta cancellando gran parte degli incassi dell’inverno con effetti che rischiano di essere irreversibili”.
    La richiesta di incontro al ministro è stata concordata anche con gli assessori Leonardo Marras (Toscana) e Daniele Damario (Abruzzo). Le Regioni coinvolte puntano su alcune leve: “Bisogna che il Governo intervenga in primo luogo con risorse fresche per compensare, almeno in parte, i danni prodotti da questa anomalia climatica – sottolineano – poi con provvedimenti per posticipare i mutui e con aiuti per la sostituzione dei vecchi impianti di innevamento con quelli di ultima generazione che permettono di mantenere la neve artificiale anche a temperature più elevate”.
    L’obiettivo deve essere quello di “cercare di mettere gli operatori nelle condizioni di resistere – concludono – e di non essere costretti ad abbandonare le nostre montagne di cui sono un presidio importante”. 




Cambiamenti climatici, emissioni globali Co2 tornano a livelli record

Le emissioni di gas e carbone altamente inquinante aumenteranno quest’anno di più di quanto non siano diminuite nel 2020 a causa dei lockdown per il Covid

Secondo un nuovo rapporto del Global Carbon Project le emissioni globali di carbonio stanno tornando al livello record visto prima della pandemia di coronavirus. Le emissioni hanno raggiunto i livelli più alti di sempre nel 2019, con i lockdown avevano subito una riduzione del 5,4% ma, si sottolinea nel rapporto, la combustione di combustibili fossili è aumentata più rapidamente del previsto nel 2021.

Le emissioni di diossido di carbonio causate soprattutto dall’uso di combustibili fossili dovrebbero rimbalzare nel 2021 ai livelli pre-Covid, con la quota della Cina in crescita a quasi un terzo del totale. 

Inoltre, sottolinea lo studio, le emissioni di gas e carbone altamente inquinante aumenteranno quest’anno di più di quanto non siano diminuite nel 2020 a causa del rallentamento economico causato dalla pandemia di coronavirus. “Questo rapporto fa i conti con la realtà – ha commentato la co-autrice Corrine Le Querre, docente di scienza del cambiamento climatico all’Universita’ dell’East Anglia, nel Regno Unito -. “Esso mostra cosa sta succedendo nel mondo reale mentre siamo qui a Glasgow a parlare di come affrontare il cambiamento climatico”.




Roma, concluso il G20. Draghi: “E’ stato un successo”

L’obiettivo dell’1,5 gradi è stato riconosciuto come scientificamente valido

“Non è stato facile raggiungere questo accordo, è stato un successo”, ha detto il premier Mario Draghi nella conferenza stampa conclusiva del G20, ringraziando gli sherpa e chi ha partecipato all’organizzazione di un G20 “straordinario”.

“Questo vertice mi rende fiducioso per la capacità che il G20 sembra aver ritrovato di affrontare le sfide epocali esistenziali, dal covid al clima”. “Abbiamo gettato le basi per una ripresa più equa”.

“Sul clima per la prima volta i Paesi G20 si sono impegnati a mantenere a portata di mano l’obiettivo di contenere il surriscaldamento sotto i 1,5 gradi – ha spiegato Draghi – con azioni immediate e impegni a medio termine. Anche sul carbone i finanziamenti pubblici non andranno oltre la fine di quest’anno”. “Il senso di urgenza c’è ed è stato condiviso da tutti e si vede nel fatto che l’obiettivo dell’1,5 gradi è stato riconosciuto come scientificamente valido. C’è stato anche un impegno a non intraprendere politiche di emissioni che vadano contro il trend che tutti si sono impegnati ad osservare fino al 2030. Si può pensare che questo impegno venga mantenuto. Dopo Parigi le emissioni sono aumentate, soprattutto dopo il Covid. C’è una certa preoccupazione e occorre ora dimostrare credibilità attuando le promesse fatte”. Lo dice il premier Mario Draghi nella conferenza stampa conclusiva del G20.

“Abbiamo gettato le basi per una ripresa più equa e trovato i nuovi modi per sostenere i Paesi nel mondo, 609 miliardi sulla base dei diritti speciali di prelievo sono dedicati per la prima volta ai Paesi più vulnerabili”.

“In cosa siamo riusciti? E’ un summit di successo nel senso di mantenere vivi i nostri sogni, impegnarci a ulteriori provvedimenti, stanziamenti di denaro, ulteriori promesse di riduzione. Negli ultimi mesi sembrava che i Paesi emergenti non avessero nessuna intenzione di prendere altri impegni”, ha spiegato Draghi nella conferenza stampa conclusiva del G20. “Il successo finale viene formulato poi sulla base di quello che facciamo e non di quello che diciamo. Impegno collettivo a essere più concreti e seri”, aggiunge.

“Papa Francesco è un alleato non solo del G20 ma per tutto ciò che concerne il clima e la conservazione della Terra”, ha aggiunto Draghi rispondendo ad una domanda in proposito.

Poi ancora: “Dalla Cina fino a pochi giorni fa mi attendevo un atteggiamento più rigido, c’è stata la volontà di cogliere un linguaggio più rivolto al futuro che al passato”, ha spiegato rispondendo ad una domanda sul clima. “La Russia e la Cina hanno accettato l’evidenza scientifica degli 1,5 gradi, che comporta notevolissimi sacrifici, non sono impegni facili da mantenersi. La Cina produce il 50% dell’acciaio mondiale, molti impianti vanno a carbone, è una transizione difficile”.

“E’ facile suggerire cose difficili, difficile è eseguirle. Quello che ha fatto il G20 è un risultato straordinario che poteva essere raggiunto solo in un contesto multilaterale. Quello che stiamo facendo oggi è un passo avanti in situazione difficile”.

“Si sarebbe preferito che tutti i Paesi avessero confermato” la deadline “del 2050” per le emissioni zero “ma secondo me gradualmente ci si arriverà”, ha sottolineato il presidente del Consiglio al termine del G20.

DRAGHI PRIMA DELLA CHIUSURA DEL G20

“Sono lieto di annunciare che l’Italia triplicherà l’impegno finanziario a 1,4 miliardi l’anno per i prossimi 5 anni” per il fondo green sul clima, ha detto Draghi chiudendo il G20. “In questo vertice abbiamo fatto sì che i nostri sogni siano ancora vivi ma adesso dobbiamo accertarci di trasformarli in fatti. Voglio ringraziare gli attivisti che ci mantengono sulla rotta giusta. Molti dicono che sono stanchi del bla bla, io credo che questo summit sia stato pieno di sostanza. Abbiamo riempito di sostanza le parole”.

“Vogliamo essere giudicati da quello che faremo, non quello che diciamo – ha detto ancora il premier concludendo il G20 di Roma con un augurio anche al Regno Unito per “la miglior Cop 26″. Questo vertice ha riempito di sostanza le nostre parole, la nostra credibilità dipende dalle nostre azioni”. “Siamo fieri” dei risultati ottenuti al G20 ma “è solo l’inizio”.

Uno dei successi conseguiti al G20, secondo il premier Mario Draghi, è che “abbiamo deciso di lasciare alle spalle il carbone” con lo stop ai finanziamenti delle centrali a carbone nel 2021.

“Mentre accolgo con favore l’impegno del G20 verso soluzioni globali, lascio Roma con le mie speranze insoddisfatte, ma almeno non sepolte per sempre”, ha scritto su Twitter il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres.

Sul clima, al G20 “malgrado le differenze che si sono manifestate nei negoziati, abbiamo creato una convergenza e possiamo avere risultati concreti”. Lo ha detto il presidente francese, Emmanuel Macron, in conferenza stampa al G20, invitando a guardare alla situazione di quattro anni fa.

Dobbiamo agire “rapidamente per evitare conseguenze disastrose” sul clima”: così il premier Mario Draghi, ha aperto un evento a latere del G20 sul “Ruolo del settore privato nella lotta ai cambiamenti climatici”, alla presenza del principe Carlo d’Inghilterra. “La lotta al clima è la sfida del nostro tempo. O agiamo ora e affrontiamo i costi della transizione e riusciamo a renderla più sostenibile o rinviamo e rischiamo di pagare un prezzo più alto dopo e il fallimento”, dice il premier. “La presidenza italiana del G20 vuole spingere la crescita economica e renderla più sostenibile: lo dobbiamo ai cittadini, al pianeta e alle future generazioni”, dice il premier.

“Sono grato al premier Draghi per aver riconosciuto l’importanza di certi temi e averli messi al centro di questo evento”, ha detto il principe Carlo al G20. “Abbiamo una responsabilità enorme nei confronti delle generazione di chi non è ancora nato”. “Ho dedicato gli ultimi 40 anni ai temi ambientali, ultimamente ho notato un cambiamento nell’atteggiamento generale”, ha sottolineato il primogenito della Regina Elisabetta.




Cambiamenti climatici, Fridays for Future scende nelle piazze

Fridays for Future scende nelle piazze per lo Sciopero Globale per il Clima. “Dopo tre anni da quando hanno iniziato a scioperare – spiega l’associazione dei giovani ambientalisti in Italia – i responsabili politici continuano a parlare, parlare, parlare. Facendo credere che si stia facendo qualcosa, quando non è così: il 2021 è previsto essere l’anno con le emissioni più alte di sempre”. 

Centinaia di studenti a Venezia, andiamo davanti a Comune – I giovani veneziani rispondono presente all’appello dello sciopero globale per il clima ‘Fridays for future’. Erano circa in 400 attorno alle 9.30 in piazzale Roma, con cartelli e striscioni inneggianti alla salvaguardia dell’ambiente, ma il numero dei partecipanti è cresciuto costantemente con il passare dei minuti. “Abbiamo deciso di essere qui, perché come diciamo da tanto tempo siamo arrivati a un punto di non ritorno e non ne possiamo più – dicono gli attivisti -. Siamo stanchi dell’immobilismo davanti alla crisi climatica. Siamo a Venezia, una delle città che subirà per prima gli effetti del cambiamento climatico e non possiamo stare con le mani in mano”. Dopo il sit-in ai piedi del ponte di Calatrava, gli studenti si muoveranno lungo Strada Nuova: “L’intenzione, – spiegano – è quella di arrivare sotto Ca’ Farsetti (sede del Comune). Il pianeta può cambiare solo da noi giovani, perché chi sta seduto negli uffici deve capire che il pianeta sta morendo e siamo noi quelli che avremo il compito di cambiare il mondo”. Dispiegamento di forze dell’ordine per garantire la sicurezza della manifestazione: erano circa una ventina i carabinieri in antisommossa distribuiti sul ponte di Calatrava e davanti al Palazzo Grandi Stazioni, supportati dagli agenti della polizia locale, impegnati nel far rispettare l’ordine e il distanziamento sociale. 

“Salvare futuro non ha prezzo”, corteo in centro Roma – Al grido “salvare il futuro non ha prezzo” gli studenti del Fridays for future sfilano al centro di Roma. “Gli effetti della crisi climatica sono sempre più devastanti, non possiamo stare fermi mentre il nostro presente e futuro bruciano!” hanno sottolineato gli organizzatori lanciando l’iniziativa. Centinaia i ragazzi che stanno partecipando al corteo che da piazza Vittorio sfilerà per le strade del centro della Capitale fino a piazza della Repubblica.

Giovani Friday for Future tornano in piazza a Torino – Sono migliaia i partecipanti al corteo colorato dei Fridays for Future, primo appuntamento dell’anno con lo sciopero globale per il clima. Il corteo è partito da piazza Statuto a Torino. “Invitiamo i cittadini a leggere i programmi delle diverse coalizioni – spiegano riferendosi alle imminenti elezioni amministrative – La cosa importante non sono le vaghe promesse di intervento, ma una lista di misure precise, rapide e puntuali da adottare come un cronoprogramma che indichi di quanto è in quanto tempo devono essere abbattute le emissioni”. Il corteo percorrerà piazza XVIII Dicembre, via Cernaia, via Pietro Micca, per concludersi in Piazza castello. Tra gli striscioni “La nostra casa sta andando a fuoco”, “Non c’è un pianeta B”.

Fridays for Future il 1 ottobre in piazza con Greta a Milano – Il primo ottobre un grande sciopero con Greta Thunberg in piazza a Milano. Lo annuncia una delle portavoci dei Fridays for future Italia, Martina Comparelli, ora nelle strade del capoluogo lombardo per la manifestazione globale sul clima, dove – dice – “al momento siamo più di 5mila”.Alla pre-Cop26 a Milano- spiega -“non ci saremo, nessuno di noi entrerà. I Fff Italia sono stati totalmente ignorati da questo governo; ma ci faremo sentire da fuori: il primo ottobre faremo un grande sciopero con Greta a Milano. Le nostre proposte ci sono da tempo – conclude – sono contenute nel documento ‘Ritorno al futuro’,un Piano per ripartire”.

Anche a Bari studenti in piazza dopo due anni – Anche a Bari gli studenti dei Fridays for future sono tornati a scendere in piazza dopo due anni per aderire allo sciopero globale del clima. L’ultimo corteo risale al novembre 2019, prima della pandemia. Alcune centinaia di studenti baresi manifestano per chiedere con striscioni e megafoni “giustizia climatica”. “È ora che cominci la rivoluzione” è scritto su alcuni striscioni. “Cambiamo il sistema non il clima”, “Ci avete rotto i polmoni” sono solo alcuni degli slogan scelti per il sit-in in corso in piazza Libertà, davanti alla sede della Prefettura di Bari. Al centro della manifestazione non soltanto le questioni climatiche, ma anche “la giustizia sociale che deve andare di pari passo con quella ambientale”, e la scuola: “dopo quasi due anni di didattica a distanza a causa della pandemia, pretendiamo una scuola in presenza” dicono i ragazzi, lamentando che “la vera criticità sono i mezzi di trasporto dove si creano assembramenti e per i quali nulla è stato fatto in tutto questo tempo” e chiamando in causa le istituzioni locali.

Giovani tornano in piazza anche a Bolzano – Anche a Bolzano i giovani sono tornati in piazza per manifestare per l’ambiente. Dopo la pausa forzata della pandemia, circa duecento ragazzi e ragazze si sono radunate in piazza Tribunale. “Lasciateci un futuro”, “Non si torna indietro” oppure “Salviamo la terra! E’ l’unico pianeta con la pizza!”, così gli slogan di alcuni cartelli e striscioni. Dalle scalinate del Tribunale sono intervenuti i relatori che hanno rinnovato l’appello a misure tempestive per la salvaguardia del clima.




Danni per calamità naturali: ogni anno 7 miliardi di euro. Vincenzi (ANBI): “Necessario snellire l’iter per le opere. I cambiamenti climatici non aspettano”

“In realtà non creiamo nulla, ma ci limitiamo a mettere in relazione dati, che suffragano quanto andiamo sostenendo da sempre: è necessario investire in prevenzione, non solo perché si risparmiano dolori alle persone, ma perché conviene allo Stato!”

L’affermazione è di Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e della Acque Irrigue (ANBI) che, in occasione della presentazione del libro fotografico “Obiettivo Acqua” tenutasi a Roma, ha diffuso i dati sugli stati di calamità naturale, richiesti da 12 Regioni nel 2017 per siccità, da 11 Regioni nel 2018 per maltempo, da 16 Regioni nel 2019 per siccità (in primavera/estate) e maltempo (in autunno). Secondo le cifre della Protezione Civile, ogni anno mediamente i danni per calamità naturali (frane ed alluvioni) ammontano a 7 miliardi di euro; dal 2013 al 2019, gli stati di emergenza proclamati sono stati 87 (il poco invidiabile “record” è dell’Emilia Romagna con 12), a fronte dei quali sono stati riconosciuti ammissibili risarcimenti per quasi 9 miliardi e mezzo (€ 9.406.938.895,00), ma sono stati trasferiti solo poco più di 900 milioni (€ 911.124.108,00), pari a circa il 10%!

“Se consideriamo l’impegno burocratico per veder riconosciuto il diritto al risarcimento, possiamo ben affermare che al danno si aggiunge, in molti casi, la beffa” aggiunge il Presidente di ANBI.

Serve quindi, secondo ANBI, un grande piano di manutenzione straordinaria del territorio, per il quale i Consorzi di bonifica hanno già pronti 4.300 progetti, in attesa di finanziamento per oltre 10 miliardi di euro (€ 10.276.450.000,00), capaci di attivare oltre 50.000 posti di lavoro (51.374).

Attualmente è in itinere l’avvio di 75 interventi, per un importo complessivo di 641,765 milioni di euro con una nuova occupazione stimata in 3.208 posti di lavoro.

È poi necessario individuare norme chiare per ridurre i tempi di realizzazione di opere di interesse generale.

La realizzazione di un’opera pubblica di importo superiore ai 10 milioni di euro, in Italia, ricorda ANBI, necessita mediamente di 11 anni: 42 mesi per la progettazione, 60 mesi per la costruzione, 16 mesi per la gara d’appalto, 13 mesi per il collaudo.

“Tempi eccessivamente lunghi di fronte alla velocità della crisi climatica e l’estremizzazione degli eventi atmosferici – aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – Nel rispetto dei controlli di legge, va semplificata la macchina burocratica. A ciò si devono, infatti, aggiungere i tempi della politica, di cui è buon esempio la Legge contro l’indiscriminato e continuo Consumo del Suolo, ferma da anni in Parlamento e di cui continuiamo a chiedere l’approvazione, come atto concreto di nuova sensibilità verso i problemi della salvaguardia idrogeologica del Paese. Per questo, avanziamo anche un’altra proposta: l’inserimento della cultura del territorio nei programmi di educazione civica, il cui avvio nei programmi scolastici è previsto nel 2020.”

Alla presentazione del libro “Obiettivo Acqua” erano presenti, a Palazzo Rospigliosi, anche Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti ed Alfonso Pecoraro Scanio, Presidente di Fondazione Univerde, promotori con ANBI del Concorso Fotografico Nazionale, di cui è stata annunciata l’edizione 2020 sotto gli auspici del Ministero dell’Ambiente.




Napoli, al Mann la mostra sui cambiamenti climatici: fino al 31 maggio 2019

NAPOLI – Prosegue con successo al Museo Archeologico Nazionale di Napoli la mostra: “Capire il Cambiamento Climatico” per cambiare il nostro futuro. L’Exeperience exhibition resterà allestita fino al 31 maggio ed organizzata in collaborazione con Nathional Geographic Society. La mostra è uno spazio esperienziale che narra ai viaggiatori la causa e gli effetti del riscaldamento globale con la curatela scientifica di Luca Mercalli.

Lo spazio espositivo che si trova al secondo piano del Real Museo partenopeo (MANN) vicino al celebre Salone della Meridiana offre ai visitatori di poter fruire centinaia di immagini, scatti di grandi maestri della fotografia e filmati di Nathional Geografic, offriranno ai viaggiatori ambienti immersivi, arricchiti da esperienze olfattive e sensoriali in un contesto che mette a confronto il passato e il presente.

Un panoramica di immagini di Nathional Geographic selezionate in un arco temporale di ben tre decenni che dimostrano l’inarrestabile progressione dei cambiamenti climatici.

I fruitori saranno accolti nella prima sala da grandi immagini di natura rigogliosa, ricreata lungo le pareti perimetrali, faranno da contraltare gli scatti delle catastrofi dovute al cambiamento climatico. Il secondo step si passa alla Consapevolezza: pareti interattive, infografiche e illustrazioni mostreranno come le scelte politiche, culturali ed economiche possano influire sull’ambiente, e inevitabilmente sui cambiamenti climatici. Ultimo step dell’exhibition è un invito ai visitatori ad agire: una call to action finale. “Cambiamo il nostro futuro”, con lo scopo di stimolare il visitatore ad adottare comportamenti “ecosostenibili” nel proprio quotidiano: dall’alimentazione alla scelta dei trasporti, un invito alla riduzione dei consumi energetici ed alla gestione dei rifiuti.

“Viviamo in un momento cruciale della storia dell’umanità, – spiega Luca Mercalli, meteorologo, climatologo e divulgatore scientifico – in cui la presa di coscienza delle popolazioni, – prosegue – la posizione dei governi, la rivoluzione tecnologica delle energie rinnovabili e la scelta etica di consumi più moderati rappresentano l’unica possibilità di invertire una marcia che ci porta verso tempi ostili. Come sottolinea l’IPCC occorrono al più presto misure senza precedenti”.




Cambiamenti climatici, a Copenaghen i sindaci delle metropoli mondiali per il C40: Sala e Raggi in rappresentanza dell’Italia

Roma ha partecipato al C40 World Mayor Summit, a Copenaghen, dove le principali città del mondo condividono strategie e buone pratiche per contrastare i cambiamenti climatici. Il vertice dei sindaci del C40 a
Copenaghen ha lo scopo di edificare una coalizione globale di città, imprese e
cittadini che si raduna attorno all’azione radicale e ambiziosa sul clima di
cui il nostro pianeta ha bisogno.

Il vertice ha mostrato esempi di
come le città stiano già rispettando i loro forti impegni e accelerando le
soluzioni climatiche audaci necessarie per un futuro sostenibile, più sano,
resistente e inclusivo. C40 Cities collega oltre 90 delle principali città del
mondo per intraprendere iniziative concrete sul clima e costruire un futuro più
sano e sostenibile. In rappresentanza di oltre 700 milioni di cittadini e un
quarto dell’economia globale, i sindaci delle città C40 si impegnano a
raggiungere gli obiettivi più ambiziosi dell’Accordo di Parigi a livello
locale, nonché a ripulire l’aria che respiriamo.

La sindaca di Roma Virginia Raggi si
è detta “orgogliosa di rappresentare la
Capitale d’Italia proprio nel giorno in cui il nostro Governo si apprestava ad
approvare il disegno di legge sul clima, un Green New Deal che promuoverà
concretamente i principi della sostenibilità e dell’economia circolare; insieme
ad altri sindaci delle più grandi aree metropolitane del mondo ho incontrato Al
Gore, ex vice presidente Usa, Nobel per la Pace e uno dei massimi leader
mondiali nel contrasto agli effetti dei cambiamenti climatici: un confronto che
ci ha confermato il ruolo fondamentale delle città nell’elaborazione di
politiche di sostenibilità ambientale che possano essere poi accolte a livello
nazionale. Questo è il futuro che ci chiedono a gran voce i nostri figli,
quando scendono nelle piazze di tutto il mondo ispirati da Greta Thunberg.
Questo è il futuro che vogliam
o”.

Al Gore ha e spronato a diventare leader di un cambiamento. Ha indicato i
rischi che il pianeta corre a causa dei cambiamenti climatici ma anche i grandi
progressi degli ultimi anni in tema di resilienza e sfruttamento delle energie
rinnovabili, e le prospettive del prossimo futuro.

Il cambiamento parte dalle città. E’ questa la convinzione che Roma ha
condiviso con le altre principali metropoli mondiali, al C40 Summit di
Copenhagen. E’ quindi importante rafforzare la collaborazione, il confronto e
lo scambio di buone pratiche tra i sindaci delle più grandi capitali del mondo,
sui temi della sostenibilità e della lotta ai cambiamenti climatici.

Un’attività che  saprà portare avanti
con perizia il nuovo presidente del C40, Eric Garcetti, sindaco di Los Angeles,
I delegati hanno ringraziato la sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, per il grande
lavoro svolto in questi anni alla guida del C40, grazie al quale questa
esperienza e’ cresciuta in termini di contenuti e di partecipazione, con la
presenza quest’anno di circa 70 sindaci.

Tra questi anche Beppe Sala sindaco di Milano, con il quale la Raggi ha rappresentato l’Italia al summit

Nel suo discorso in perfetto inglese, la sindaca Virginia Raggi, ha
sottolineato gli sforzi della capitale italiana per far fronte agli effetti del
cambiamento climatico. Ha detto che Roma “è
la prima città italiana ad avere un piano d’azione reale e solido per prevenire
i rischi legati ai cambiamenti climatici e reagire con azioni efficaci per
affrontare una crisi potenziando le reti ecologiche esistenti e promuovendo un
progetto di rigenerazione urbana,trasformando ogni problema in opportunità
”.

Ha aggiunto di essere molto orgogliosa del piano di mobilità urbana sostenibile di Roma elaborato anche con le consultazioni dei cittadini. “Dal prossimo 1 novembre vieteremo il diesel dal centro di Roma, un’area di circa 48 chilometri quadrati. L’importanza di una città piena di storia e di ricchezze d’arte è una sfida molto interessante tra le nuove opere che devono essere fatte e la necessità di proteggere l’identità di Roma e della nostra storia, il che non è facile ma ce la faremo perché Papa Francesco ha detto che questa è l’unica casa che abbiamo e spetta a noi fare tutto il possibile per proteggerla ”.




“Ci siamo rotti i polmoni”: i giovani di tutto il mondo scesi in piazza per dire no ai cambiamenti climatici

Non sappiamo se il problema del cambiamento climatico verrà affrontato con la dovuta diligenza ma una cosa ci è chiara: mai si erano visti scendere in piazza così tanti giovani per reclamare un loro sacrosanto diritto, quello di avere un pianeta nel quale poter vivere nei prossimi cento anni.

Sono 173 i presidi nelle strade italiane più le assemblee tematiche che si svolgeranno nelle aziende. Presenti il movimento Fridays for future, associazioni ma anche politici che hanno deciso, forse spinti dalla grande eco mediatica prodotta dalle manifestazioni, di imbracciare il tema ambientalistico.

Le richieste a livello nazionale passano dall’abolizione dei sussidi alle fonti fossili, alla dichiarazione di emergenza climatica da parte di Comuni ed Enti locali ma anche la decarbonizzazione dell’economia e la giustizia climatica per i popoli più esposti. Tali rivendicazioni vengono tradotte anche a livello locale: a Roma i comitati parleranno di trasporto pubblico e piste ciclabili, a Napoli di rifiuti e roghi mentre a Milano della riduzione del consumo del suolo.

Mentre il Planpincieux del Monte Bianco collassa e i dati Onu prospettano la riduzione al 20% dei ghiacciai in Europa per il 2100, critici come Vittorio Feltri bollano come “bufala” quella del climate change. Il direttore di Libero asserisce: “Qui più che il cuore manca il cervello, ho i conati di vomito. Ci rassegniamo a constatare che questa ragazzetta – Greta Thunberg ndr – ha un seguito popolare vastissimo. Preferisco ascoltare il Premio Nobel per la Fisica Rubbia sui cambiamenti climatici”. Tolto il fatto che la parabola della sedicenne svedese può essere anche messa sotto una diversa lente di ingrandimento, le va comunque riconosciuta la forza di aprire gli occhi a molti giovani. Sono infatti le nuove generazioni che si devono e evidentemente si stanno ponendo il problema di dove vivranno tra qualche decennio. L’anagrafe impedisce a Feltri di impegnarsi in un’elucubrazione che interessa il futuro dove molto probabilmente lui non sarà e se, nel contempo, decide di rifarsi ad un premio Nobel per la fisica invece che ad esperti di climatologia restituisce immediatamente la cifra del suo ragionamento privo di qualsiasi tipo di fondamento.

Bisogna intendere con una certa celerità che il mondo nel quale ci ritroviamo a vivere ha a disposizioni risorse sempre più limitate anche considerando l’aumento costante della popolazione mondiale. Pensare che il modello capitalistico dell’usa e getta sia ancora possibile è da incoscienti. Ritenere che solamente fonti fossili possano produrre energia è da ignoranti. Occorre uno sforzo a livello globale per indirizzare una nuova forma di sviluppo e fornire alla ricerca scientifica (l’unica in grado di salvarci) un indirizzo agli antipodi rispetto quello finora utilizzato.

Non bastano pannelli fotovoltaici, pale eoliche e lo sfruttamento del moto ondoso, è urgente trovare un sistema energetico che soddisfi il fabbisogno di città o addirittura continenti sempre più informatizzati ed energicamente dispendiosi.

Per esempio, Bill Gates ha finanziato una ricerca in tal senso ed è riuscito ad elaborare con un think tank di scienziati una innovativa centrale nucleare in grado di utilizzare l’uranio impoverito al posto di quello arricchito riducendo al minimo la possibilità di incidenti che sono, quasi nella totalità, ricollegabili ad una manchevolezza umana. Le emissioni di CO2 di questa centrale sono pari a zero. La guerra economica tra Cina e Usa ne ha reso, però, impossibile la costruzione in diversi siti. In questi giorni il ministro dell’ambiente Costa ha dichiarato: “Una grande proposta dell’Italia è stata quella di scorporare dal debito gli impegni green: spendiamo delle risorse, i fondi ci sono ma non vincoliamo al sistema finanziario attuale. La situazione richiede soluzioni emergenziali: l’Italia e la Germania hanno fatto questa proposta, mi auguro che l’Unione Europea e altri Paesi la facciano propria. Una risposta che possa andare incontro a questo grido di dolore dei giovani è quella di cambiare il paradigma”.

Il 25% delle malattie e delle morti nel mondo sono dovuto al cambiamento climatico

Muoiono ogni anno 7 milioni di persone per lo smog. Per poter parlare di sovranismo, populismo, destra, sinistra, relazioni internazionali, benessere, c’è necessità innanzitutto di un luogo dove vivere in salute. Questa necessità è diventata la sfida più rilevante del nostro tempo, una sfida che esige la risposta più urgente e meditata possibile.. Per questo tutte le critiche costruttive sono ben accette mentre posizioni come quelle di un Feltri qualsiasi vanno assolutamente evitate.