TERRITORIO SABATINO, TURISMO SOSTENIBILE: TRA GLI OBIETTIVI LA REALIZZAZIONE DEL PARCO ARCHEOLOGICO NATURALISTICO

Vigna di Valle, martedì 10 dicembre alle ore 18.00, alla presenza degli Assessori al turismo dei comuni interessati e del Presidente del Consorzio Lago di Bracciano. Ospiti dell’iniziativa il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e il direttore dell’Agenzia Regionale del Turismo Giovanni Bastianelli.
 

Redazione

Anguillara, Bracciano, Trevignano, Manziana, Canale Monterano (RM) – Intesa tra i Comuni di Anguillara, Bracciano, Trevignano, Manziana, Canale Monterano e il Consorzio Lago di Bracciano per il rilancio del turismo, un settore strategico per il territorio Sabatino. E’ stato approvato nelle diverse sedi istituzionali uno storico protocollo d’intesa che ha l’intento di creare una rete tra istituzioni, operatori del settore, attività produttive e commerciali intorno alle politiche del turismo.

“Il turismo sostenibile rappresenta una scelta strategica per il rilancio del territorio – si legge dal documento – che non può prescindere dalla tutela e dalla valorizzazione del nostro paesaggio, della nostra cultura, dell’eccellenza della produzione locale e della tipicità dei prodotti del nostro territorio che devono essere messi in rete in modo da ottenere un effetto sinergico per un  marketing territoriale comprensoriale”.

La nuova collaborazione riguarderà la partecipazione collettiva ad eventi, quali ad esempio fiere di settore, il coordinamento delle manifestazioni turistiche e culturali promosse dai diversi Enti, la collaborazione per la creazione di programmi comuni. E’ in programma anche la realizzazione di prodotti editoriali ed informatici volti alla promozione dell’intero territorio accompagnata dalla creazione di una rete informativa comprensoriale in grado di fornire servizi per l’accoglienza. Altro elemento qualificante del protocollo d’intesa è la cooperazione nella predisposizione di progetti comuni per l’accesso a contributi pubblici, impegnandosi nella raccolta ed analisi di dati puntuali sui punti di forza e di debolezza del territorio nel settore del turismo.

La realizzazione di un Parco Archeologico Naturalistico (sul modello già altrove sperimentato dei P.C.I., Parchi Culturali Integrati) è un primo obiettivo che si intende perseguire mediante la messa in rete, in un sistema integrato, del patrimonio archeologico – storico artistico e naturalistico.
Fondamentale quindi il potenziamento e il coordinamento delle politiche di marketing territoriale, con particolare riguardo al contesto internazionale, principale destinatario dell’offerta turistica, attraverso l’individuazione di “brand” locali o l’attivazione di campagne di sponsorizzazione presso Organismi internazionali (UNESCO, ICCROM, ecc) e la creazione di un percorso di qualità che metta a sistema le strutture alberghiere, extra alberghiere e della ristorazione identificandole attraverso un logo appositamente creato.

Al fine di garantire una concreta attuazione degli intenti alla base dell’accordo si è convenuto di creare una commissione ad hoc che possa coadiuvare le amministrazioni nella definizione delle migliori strategie (a breve, medio e lungo periodo) per stimolare nel nostro territorio uno sviluppo turistico di qualità, compatibile con le caratteristiche del nostro comprensorio.

La presentazione ufficiale del progetto avrà luogo presso l’Aeronautica Militare – Vigna di Valle, martedì 10 dicembre alle ore 18.00, alla presenza degli Assessori al turismo dei comuni interessati e del Presidente del Consorzio Lago di Bracciano. Ospiti dell’iniziativa il Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e il direttore dell’Agenzia Regionale del Turismo Giovanni Bastianelli.  Tutti gli operatori del settore, i rappresentanti di categoria, le associazioni e i cittadini sono invitati a partecipare.
 




CANALE MONTERANO, ALTRA SEDUTA DI CONSIGLIO SULLA RISERVA: IL COMUNE ACQUISISCE UN TERRENO AGRICOLO GIA' IN AREA PROTETTA PAGANDOLO 50 MILA EURO

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Chiara Rai 


Canale Monterano (RM) – Non si può dire che l’ultimo consiglio comunale di Canale Monterano di mercoledì 31 luglio non sia stato tumultuoso o meglio, come ha dichiarato il gruppo consiliare Voci di Strada, piuttosto “complesso”. Si è cercato di troncare questa seduta ancora prima che si tenesse. Ma per ovvie ragioni. Infatti prima del Consiglio Comunale, la Regione Lazio tramite una ennesima nota [ CLICCARE QUI PER LEGGERE LA NOTA DELLA REGIONE LAZIO ] ha invitato a soprassedere alla discussione dei punti che riguardano la gestione della Riserva di Canale Monterano. Anche perché a tale discussione non è preceduta ne istruttoria ne parere o nulla osta del direttore della riserva stessa (come accaduto per l’approvazione dell’ormai celebre delibera 37).


Per il consigliere Stefano Ciferri si è trattato di una condotta grave riferita alla maggioranza che anche questa volta ha ignorato il monito della Regione Lazio: “La Regione Lazio, ma anche la Provincia di Roma e perfino il Ministero dell’Ambiente – dice Ciferri – suggeriscono procedure in materia di urbanistica e pianificazione diverse all’amministrazione di Canale, censurano atti deliberativi chiedendone la revoca perché illegittimi e privi di valore giuridico, ma tutte le decisioni di questa amministrazione portano nella direzione opposta. Credo che aprire contenziosi su così tanti fronti non possa portare nulla di buono a Canale. Tecnicamente la situazione è chiara, ma nella pratica, quello che ci preoccupa, è che i cittadini di Canale si trovino a non avere certezze amministrative.


Voci di Strada fissa così alcuni punti: Con questo Consiglio fatto anche di altre prese di posizioni si è ben chiarito quale siano le priorità del Sindaco Angelo Stefani: Attaccare ideologicamente la Riserva naturale Monterano. “In un momento di crisi generale si attacca un area Protetta – continua il gruppo consiliare –  si occupa un punto all’ordine del giorno di un consiglio comunale per parlare del suo nome, di quanto personale regionale c’è (e che non stabiliamo noi), ma anche per parlare della procedura con la quale mettere nuove tabelle che delimitino il suo perimetro. Tutti argomenti già trattati con la Regione Lazio. Ma facendo finta di nulla si ripropongono come se si dovessero risolvere oggi”. Così l’interrogazione da parte dell’opposizione è sostanzialmente imperniata su quale siano le vere priorità per Canale: “E’ questa la vera priorità oppure sarebbe meglio pensare a programmare azioni per valorizzare la Riserva così da rilanciare il nostro paese. La nostra Riserva è un bene da tutelare ma anche da utilizzare?” E allora che fare?


Ecco cosa si sta facendo: Si revoca il Piano di Assetto della Riserva, eliminando ogni regolamentazione di quell’area protetta, buttando in fumo soldi spesi e tempi…e forze andando ad intaccare un parallelo iter approvativo iniziato ovvero quello di una Variante Urbanistica del 2001


…Revocare il piano anche se ormai datato e mai definitivamente approvato significa iniziare da capo l’iter. Non sarebbe stato meglio, si chiede Voci di Strada, adeguarlo alle reali esigenze della popolazione e portarlo a definitiva approvazione regionale? Ultima priorità prima dell’estate: Togliere con un meccanismo perlomeno discutibile la proprietà di terre che sono da sempre della popolazione di Canale attraverso volture catastali che avranno un costo che pagheremo noi. Serve proprio spendere soldi per questo?


E’ proprio necessaria tale operazione oppure non sarebbe meglio sistemare il demanio civico di Canale riorganizzando semplicemente la sua gestione senza così spendere neanche un euro e magari portando anche qualche frutto?


Ma intanto la maggioranza ha tirato dritto approvando il secondo punto all’ordine del giorno: Riserva Naturale Regionale Monterano. Acquisizione lotto terreno loc. Faggione. Deliberazioni di Consiglio Comunale n. 42 in data 3 agosto 2011 e n. 67 in data 21 dicembre 2012 Modifiche ed integrazioni.


E come successo due anni fa, anche questa volta il Gruppo consiliare Esperienza e Rinnovamento insieme all’opposizione ha votato contrario.


Il consiglieri Antonio Paolo Mascia e Alessandro Bettarelli hanno così motivato il loro voto contrario: “Due anni esatti per l’acquisizione di un terreno e ancora non è finita. Poi ci meravigliamo se per una Variante ci vogliono dieci anni. Un terreno agricolo, già in area protetta, che viene pagato 50.000 euro, con soldi pubblici ovviamente e che non serve a nessuno se non a chi lo ha venduto. Eravamo contrari due anni fa lo siamo anche oggi”.

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CANALE MONTERANO, RISERVA: SE IL COMUNE NON OTTEMPERA POTREBBE ESSERE COMMISSARIATA L’AREA PROTETTA

Alberto De Marchis

Canale Monterano (RM) – La riserva di Canale Monterano potrebbe essere commissariata?  Una ipotesi non lontana dalla realtà dei fatti.

Quando la Regione dice che bisogna revocare una delibera e lo fa con insistenza e un’amministrazione fa conto come se non esistesse l’Ente sovracomunale, allora il rischio è di perdere tutto.

Di perdere cioè controllo e gestione del proprio territorio. Questo è il rischio che corre il sindaco di Canale Monterano se non revoca la delibera 37 che non è altro che una delibera che permetterebbe di costruire in parte dell’area protetta.

Oggi 31 luglio si terrà un importante Consiglio comunale e puntuale giunge un’altra nota della Regione Lazio.  [ CLICCARE QUI PER LEGGERE LA NOTA DELLA REGIONE LAZIO ]

Con nota n. 282174 del 22.07.13 la Direzione Ambiente della Regione scrive al Sindaco di Canale Monterano ribadendo con fermezza i precedenti pareri emessi. 

Quello di dicembre del 2012 in cui si dichiarava illegittima e priva di valore giuridico la variante urbanistica introdotta con la delibera n. 37/2012 e quello di marzo 2013 in cui la Regione ribadiva che la perimetrazione della Riserva Monterano è solo quella allegata alla sua delibera istitutiva.

La Regione quindi "rinnova l'invito al Comune di Canale Monterano a provvedere" a revocare la delibera n. 37 al fine così di evitare l'adozione di atti conseguenti ed evitare inoltre l'attivazione dei poteri sostitutivi della Regione secondo l'art. 4 comma 8 della legge istitutiva dell’area protetta, che recita: “in caso di persistente […] violazione della presente legge o delle direttive regionali, la gestione della riserva parziale naturale sarà curata, in via provvisoria, dalla Giunta regionale tramite un commissario  "ad acta ".

Un’importante nota questa della Regione Lazio che viene prodotta a ridosso di un Consiglio comunale che si svolgerà oggi a Canale alle ore 17.00, che segna un'altra tappa della ormai lunga vicenda che coinvolge diversi uffici regionale e l’amministrazione comunale.

A rischio ora è la gestione della Riserva Monterano di cui il presidente è il Sindaco Angelo Stefani, che per effetto della sua politica urbanistica che ne altera i regimi di salvaguardia, può passare alla Regione.

 

Intanto arriva la nota della CGIL che non resta in silenzio e  commenta così l'operato dell'amministrazione Stefani:

NEBBIA A CANALE MONTERANO

Si faccia chiarezza su ruoli e competenze nel rispetto della legalità e della buona amministrazione

Ancorché le stagioni non seguano più l’alternarsi naturale al quale eravamo abituati, vero è che a Canale Monterano la stagione delle nebbie, iniziata nel maggio 2011 con l’insediamento dell’attuale Amministrazione guidata dal Sindaco Stefani , ad oggi non sembra terminare.

Una nebbia che ha avvolto anche l’importante Riserva Naturale Monterano ed in particolare i suoi terreni, oggetto di un notevole interesse del Sindaco che è arrivato ad avocare a sé il ruolo di Responsabile del servizio Urbanistica, firmando addirittura autorizzazioni a costruire, permessi di costruzione in sanatoria e autorizzazioni per vincoli idrogeologici.

Suscita perplessità come il Sindaco abbia revocato dall’incarico nell’Area Urbanistica prima il tecnico presente già nell’organico e, successivamente, anche quello incaricato direttamente da lui (tra l’altro con aggravio di spese per la comunità) che non è stato ritenuto in grado (prova ne sono gli atti revocati direttamente dal Sindaco) di poter adempiere alle procedure riguardanti la materia Urbanistica. Evidentemente anche quest’ultimo è colpevole di aver considerato degne di attenzione le note inviate dalla Regione Lazio nella quali si rilevano forti dubbi, anche in ordine alla liceità, sugli atti prodotti dell’Amministrazione Stefani in tema di Piano Regolatore e sui territori della Riserva.

Così, con l’aiuto di altri tecnici che svolgono il loro incarico a titolo gratuito- ci chiediamo quanto sia lecito farlo- l’Amministrazione va avanti in completa solitudine ignorando le importanti comunicazioni della Regione ribadite in modo forte e categorico anche in queste ultime ore. Ciò malgrado il 31 luglio è stato convocato il Consiglio Comunale con all’ordine del giorno oltre le questioni dei terreni della Riserva anche il personale impiegato nella stessa.

Non è un caso se si registra un clima pessimo tra i dipendenti del Comune di Canale Monterano, dovuto alla forte ingerenza politica nella gestione Amministrativa dell’Ente. Ad oggi si assiste al tentativo di ridimensionare le lavorartici e i lavoratori della Riserva Naturale Monterano con la possibile conseguenza di un minore controllo del territorio

Evidentemente sfugge all’energico Amministratore che i lavoratori della Riserva non sono dipendenti del Comune bensì della Regione Lazio e che lui non è deputato alla definizione della dotazione organica degli altri Enti pubblici del territorio.

Sarebbe opportuno che gli sforzi fossero proiettati a mettere un po’ più di attenzione alla questioni interne al Comune e che rischiano di provocare gravi danni all’utenza.

La F.P. CGIL non starà a guardare e farà tutto ciò che è nelle sue facoltà per tutelare le lavoratrici e i lavoratori coinvolti e le esigenze dell’utenza che merita una migliore gestione della macchina amministrativa.

Ci auguriamo un’inversione di rotta del Sindaco Stefani e della sua Amministrazione e che trasparenza, correttezza nei diversi ruoli e competenze caratterizzino il futuro di Canale Monterano e della sua riserva.

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CANALE MONTERANO: REVOCATO L'INCARICO AL RESPONSABILE DELL'AREA URBANISTICA – EDILIZIA

Redazione

Canale Monterano (RM) – Aveva iniziato a prestare servizio solamente a marzo 2013 con decreto Sindacale 4/2013. Oggi a meno di 3 mesi con un altro decreto Sindacale (il n. 6 del 28 maggio 2013) è stato revocato l’incarico al responsabile dell’Area Urbanistica-Edilizia del Comune di Canale Monterano. Motivo della revoca ? “Non applicava con scrupolosa puntualità” la sovraordinata disciplina del PTPR (Piano Paesaggistico Regionale – a ragion del vero solo adottato e ancora non approvato) e “le vigenti deliberazioni emanate dall’Organo consiliare” ovvero le delibere di Consiglio Comunale n. 13 e 37 (le famose Variante urbanistiche) “senza una ragionevole giustificazione”.
Ci sia consentito, dichiarano i consiglieri del gruppo di minoranza di Canale Monterano – Voci di Strada, a tal riguardo ricordare il contenzioso in essere con l'area Urbanistica, con l'area Ambiente della Regione Lazio e con il Ministero dell'Ambiente, proprio sulle delibere 13 e 37. Non è una ragionevole giustificazione per non volerle applicare? Continua il consigliere Stefano Ciferri “nel Decreto Sindacale di revoca uscito proprio oggi si snocciolano una serie infinita di rimandi a sentenze del Consiglio di Stato, sentenze del TAR che dovrebbero dimostrare la validità delle delibere 13 e 37 e quindi il comportamento “ostile” del responsabile dell’Area Urbanistica. Ma leggendole nessuna è attinente alla situazione specifica di Canale. Ad esempio, la sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa siciliana n. 811/12 citata nel decreto sindacale nulla dice a sostegno della legittimità di quanto previsto nelle Delibera 13 o 37. In tale sentenza si affronta infatti il tema della necessità di prevedere la VAS (Valutazione Ambientale Strategica) nella fase di stesura dei piani paesaggistici, tema già affrontato è chiarito nel Lazio e quindi non in discussione.

Vale la
pena ricordare i due aspetti critici contestati alle delibere 13 e 37

1) Piano territoriale Paesaggistico Regionale (PTPR) e suo recepimento nei PRG dei comuni.
L’adeguamento degli strumenti urbanistici al PTPR ha senso quando questo viene approvato definitivamente e quindi perde la sua natura “precaria” ovvero suscettibile di correzioni. Ciò che la Delibera 13/2012 e la conseguente Delibera 37/2012 pretendono di fare quindi, ovvero adeguare già da adesso il PRG di Canale Monterano alle norme del PTPR (oggi solo adottato), è intempestivo ed illogico. 
Su questo argomento vi è il chiarimento contenuto nel parere dell’Area legislativa regionale del 5 gennaio 2011 (prot. N. 62969) «il vincolo imposto dal PTP o PTPR non modifica automaticamente la destinazione di zone prevista nel piano regolatore, ma impedisce l’applicazione delle norme del PRG contrastanti». L’ Art. 145, comma 3, del D. Lgs. 42/04  aggiunge e chiarisce che: “Le previsioni dei piani paesaggistici […],
sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell’adeguamento degli strumenti urbanistici […]”. Ovvero per il recepimento dei piani paesaggistici la norma prevede due distinti
momenti procedurali. Il primo momento, dopo l’adozione del PTPR ma prima della sua definitiva approvazione, nel quale le norme dei piani paesaggistici pur provvisorie sono immediatamente applicabili nel senso che ogni previsioni contenuta nei PRG difforme da essi deve essere da quel momento disapplicata (ecco la cogenza e prevalenza richiamata nella sentenza TAR Lazio n. 626/2012 che si cita nel decreto di revoca del Responsabile Urbanistica). Il secondo momento procedurale che scatta a seguito della definitiva approvazione del PTPR prevede invece ai sensi e per gli effetti dell’art. 64 delle NTA del PTPR che i comuni entro due anni adeguino i propri strumenti urbanistici alle previsione del PTPR. L’art. 21 della legge regionale n. 18 del 9 dicembre 2004 disciplina le modalità di conformazione: i comuni adeguano lo strumento urbanistico alle previsioni del PTPR approvato secondo le procedure previste dalla normativa vigente in materia, ovvero chiaramente attraverso “varianti” cioè procedimenti partecipate. Il D.Lgs 63/2008
prevede all’art. 2 comma p)  paragrafo 9: “A far data dall’adozione del piano paesaggistico non sono consentiti sugli immobili e nelle aree di cui all’art. 134, interventi in contrasto con le prescrizioni di tutela del piano stesso. A far data dalla approvazione del piano stesso le relative previsioni e prescrizioni sono immediatamente cogenti e prevalenti sulle previsioni dei piani territoriali ed urbanistici (PRG)”. Ovvero è la norma che definisce due atteggiamenti procedurale diversi tra la fase di sola adozione e la fase di effettiva approvazione del Piano paesaggistico. Proprio quanto la Regione sta contestano al comune di Canale Monterano.

2) Modifica dei regimi di tutela nella  Riserva Naturale Monterano
Ecco cosa scriveva la Direzione Ambiente della Regione Lazio sul capitolo 2 della delibera 37 “La delibera 37/2012 è un atto di pianificazione comunale assolutamente inidoneo" ovvero “pretende di modificare i regimi di salvaguardia di un area protetta potere che esula dalle competenze comunali”. Ovvero a Canale Monterano ci si vanta di voler adottare con anticipo il PTPR per salvaguardare “l’integrità dei paesaggi del nostro territorio”. Però contestualmente con la delibera n. 37 si estende a quasi tutta la Riserva Monterano l’indice di edificabilità dello 0,03 mc/mq (citati nell’art. 7 comma 1 – Aree II) e ad opere fisse, fossero pure destinate al turismo. Ma questo non è quanto prevedono le norme di rango superiori del PTPR. La quasi totalità del territorio della Riserva è riconducibile infatti a due categorie di beni paesaggistici che sono paesaggio naturale art. 21 NTA e paesaggio naturale di continuità art. 23 NTA. In entrambi i tipi di paesaggio non sono consentite nuove realizzazione ma solo la manutenzione ed il recupero dell’esistente e
comunque nessun ampliamento. Si vuole recepire il PTPR prima del previsto e poi non si applicano i principi di tutela in esso contenuti. Ci sembra come minimo incongruente se non illegittimo. Il decreto
sindacale di revoca si chiude con l’affermazione “con riserva di eventuali azioni a carico del medesimo responsabile a motivo del danno economico e di immagine arrecato a questo comune.

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CANALE MONTERANO: ANCHE IL PRESIDENTE LEODORI PER IL PUNTO SULLA VARIANTE GENERALE AL PRG DEL 2000

Redazione

Canale Monterano (RM) – Vivo e partecipato l’incontro di ieri mattina presso la Sala Natili per fare il punto sulla Variante al PRG. Preziosi gli interventi di Daniele Leodori (Presidente del Consiglio Regionale del Lazio), Marilina Foschini (Tecnico incaricato per la Variante) e Paolo Bianchini (Vice segretario PD Lazio) che hanno gentilmente preso parte alla discussione. Il Presidente Leodori ha ricordato come la Giunta Zingaretti, oggi ad esattamente due mesi dall’insediamento, abbia subito affrontato il tema urbanistico con due provvedimenti che si spera possano essere chiusi entro un anno: il Testo Unico sull'urbanistica, per mettere ordine in un settore che vede la presenza contemporanea di 72 leggi, per ridurle invece ad un unico testo di riferimento, e l’approvazione definitiva del Piano Paesistico Regionale. Leodori ha portato la sua esperienza di ex amministratore comunale (è stato sindaco di Zagarolo per un decennio) per evidenziare come l’urbanistica deve avere paletti e regole certe, onde evitare che enti, comuni e uffici diversi interpretino a loro modo fattispecie simili sul territorio laziale. Leodori ha poi invitato l’Amministrazione comunale a fare tutto il possibile per chiudere la Variante in itinere prima di passare ad altri provvedimenti, così da dare la giusta continuità istituzionale all’urbanistica canalese. Il vicesegretario del PD laziale, Paolo Bianchini, ha invece sottolineato come il nostro territorio, quello sabatino e della Tuscia Romana, sia tanto bello quanto delicato. Intervenire nell’urbanistica dei nostri comuni è quindi difficile e complicato.

Serve partecipazione e uno sguardo d’insieme per non cadere in facili interventi spot che trascurino la necessaria pianificazione generale. Sia Leodori che Bianchini hanno assicurato la vicinanza della Regione Lazio al “caso” canalese. Molto apprezzato anche l’intervento dell’architetto Marilina Foschini, estensore della Variante, che ha ricordato la grande attenzione che all’epoca fu data al rapporto uomo-ambiente, pensando sì alle esigenze abitative dei cittadini, ma anche a quelle “perle” di Canale e Montevirginio come la Riserva, Stigliano e l’eremo di Montevirginio, che venivano identificati come strategici volani di sviluppo futuro. Il punto di vista del gruppo consiliare “Esperienza e Rinnovamento” è stato esposto dal capogruppo Antonio Paolo Mascia che ha ricordato come nonostante la Variante del 2000 sia uno strumento urbanistico già vetusto, rimane l’unico documento “reale” e “legale” disponibile di pianificazione territoriale. Mascia ha infatti ricordato come l’attuale Amministrazione Comunale abbia fallito sia nel progettare un nuovo PRG, sia con la cosiddetta “Variante Gangitano”, bocciata a più riprese dagli organi di controllo della Regione Lazio. 

Il consigliere comunale Alessandro Bettarelli, moderatore dell’incontro, anche lui al gruppo “Esperienza e Rinnovamento”, ha aggiunto come quella del 2000 non sia la Variante della vecchia amministrazione, ma la Variante dei tanti cittadini che da oltre 10 anni aspettano che le istituzioni consentano loro di dare una casa ai propri figli. Vari gli interventi del pubblico intervenuto. Da notare quelli dell’ex sindaco Marcello Piccioni, che ha fatto una puntuale cronistoria dell’iter della Variante fino al 2011, dell’arch. junior Giuliano Gangitano, consulente urbanistico dell’Amministrazione Comunale (il sindaco Angelo Stefani si è trattenuto solo pochi minuti per salutare il presidente Leodori per altri impegni), che ha detto come l’Amministrazione non sia preventivamente contraria alla Variante, ma che in questi due anni ha cercato anche altre strade, e di Daniele Natili, studioso di usi civici, che ha giustamente ricordato come la Regione Lazio per chiudere definitivamente l’iter della Variante chieda all’Amministrazione Comunale la sola sistemazione di pochissimi terreni ricadenti nella Variante e ancora appartenenti al demanio civico del Comune o dell’Agraria. Una semplice perizia di un perito demaniale per soddisfare le legittime aspettative di tante famiglie che aspettano da 13 anni.




CANALE MONTERANO, NASCE CANALE COMUNITA

Redazione

Canale Monterano (RM) – “A Canale Monterano, in occasione delle elezioni della locale Università Agraria, si è costituito un gruppo civico di voto consapevole, per mia iniziativa. – Fa sapere Daniele Natili in una nota – Il gruppo si chiama Canale Comunità – prosegue Natili –  ed ha lo scopo di promuovere i valori del patrimonio agro-silvo-pastorale di proprietà collettiva, sia locale sia nazionale.

Il gruppo intende sensibilizzare e confrontarsi sui temi della corretta gestione delle terre di uso civico. Il gruppo nasce anche per favorire lo sviluppo del progetto pilota promosso dall'Associazione Aproduc di Roma, e di cui ho parlato nel mio precedente articolo. Come primo atto pubblico, il gruppo ha organizzato un incontro di lettura tematica sabato prossimo, 25 maggio, nei locali della Università Agraria di Canale Monterano, alle ore 17,30. – Natili conclude – Si farà un percorso di lettura di testi particolarmente significativi nella storia del diritto degli usi civici e delle proprietà collettive.   




CANALE MONTERANO: IL PUNTO SULLA VARIANTE AL PRG

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Redazione

Canale Monterano (RM) – Sabato 25 maggio si terrà una iniziativa del gruppo consiliare “Esperienza e Rinnovamento” per attirare l’attenzione di Regione Lazio, Amministrazione Comunale e cittadini sulla Variante al PRG che, dopo oltre un decennio dalla sua approvazione, non ha ancora chiuso il suo iter approvativo. “La Variante – spiega Antonio Paolo Mascia, capogruppo di E&R – fu approvata dal Consiglio Comunale di Canale nel lontano novembre del 2000, eppure non ha ancora chiuso il suo iter approvativo. Ciò significa che da oltre un decennio centinaia di cittadini di Canale e Montevirginio coltivano la naturale e giusta aspettativa di poter costruire una casa per loro o, più spesso, per i propri figli, senza che questa aspettativa possa essere soddisfatta. L’incontro con i cittadini di sabato 25 maggio serve proprio a fare il punto sullo stato dell’iter d’approvazione della  Variante, uno strumento urbanistico che, seppur vecchio, a nostro avviso rimane l’unico documento reale e legale disponibile ad oggi di pianificazione territoriale.”

“L’attuale Amministrazione Comunale – continua Mascia – ha infatti fallito, e lo diciamo con rammarico, sia nel progettare un nuovo PRG, sia con la cosiddetta “Variante Gangitano”, bocciata a più riprese dagli organi di controllo della Regione Lazio. Le conseguenze di questi insuccessi avranno probabilmente ripercussioni gravi nel tempo e, ad oggi, bloccano lo sviluppo e l’economia canalese e deprimono le legittime attese di chi da anni aspetta di poter avere una casa.”

“Questa grave impasse – prosegue Alessandro Bettarelli, altro consigliere del gruppo E&R – penalizza soprattutto la piccola impresa locale, l’edilizia minore e tutto l’indotto che ne deriva. Approntare, oggi, una nuova Variante se non addirittura un nuovo PRG, richiederebbe tempi lunghi, soldi e competenze specifiche che attualmente ci sembrano carenti. Non possiamo permetterci di perdere altro tempo: dobbiamo ricominciare con una programmazione fatta di piccoli passi chiudendo l’iter approvativo della Variante per poi fare nuovi progetti, coinvolgendo i cittadini e i tecnici in un nuovo PRG che pianifichi l’urbanistica comunale negli anni a venire”.

“La presenza all’incontro di sabato 25 – conclude Bettarelli – del Presidente del Consiglio Regionale, Daniele Leodori, del tecnico incaricato per la Variante, Marilina Foschini e del Vice Segretario del PD regionale, Paolo Bianchini, nonché quella auspicata degli Amministratori locali,  sta a significare come a tutti i livelli: istituzionale, politico e tecnico, bisogna superare le politiche “di parte” e pensare innanzitutto al futuro di Canale e Montevirginio, procedendo speditamente verso la conclusione dell’iter approvativo della Variante.”





CANALE MONTERANO, "DUE DOZZINE DI ROSE SCARLATTE": L'11 MAGGIO AL TEATRO COMUNALE

Redazione

Canale Monterano (RM) –  L'11 maggio presso il Teatro Comunale "M. Fiorani"  "Due dozzine di rose scarlatte" di A. De Benedetti per la regia di Stefano La Malfa.

Si tratta di una commedia in cui il gioco psicologico e le fantasie della seduzione conducono i personaggi verso situazioni paradossali di cui loro stessi, più o meno consapevolmente, sono gli artefici. Si sorride e si ride… amaramente. Gli interpreti sono giovani già collaudati in commedie di Cechov e Feydeau,: Alex Lant, Martina La Malfa, Federico Gatti, Agnese Bonato e Simona Scullari, risultano essere interpreti magistrali, brillanti.

 




ROMA – VITERBO FL3, INCONTRO TRA SINDACI E PENDOLARI: E' POLEMICA, SERVONO TRENI UTILI AGLI STUDENTI E IL MOSP NON PUO' ESSERE L'UNICO COMITATO ACCREDITATO

Luca Pagni

Roma – Domenica 24 marzo 2013 dalle 10 alle 12 si è tenuta ad Oriolo Romano l'assemblea Linea Fl3 Roma – Viterbo per approfondire le problematiche relative ai nuovi orari della linea FL3 che interessano gli utenti pendolari che si recano a Roma o a Viterbo dalle fermate tra Vetralla e Anguillara che hannno subito soppressioni di treni con aumento dei disagi per quanti studiano a Monte Mario o lavorano agli ospedal i di Bel Colle, San Filippo Neri e Gemelli.

All’incontro hanno partecipato i Sindaci di Bassano Romano, Veiano, Barbarano, Canale Monterano, Bracciano, Oriolo, oltre al vicesindaco e ferroviere di Oriolo Italo Carones ed il consigliere regionale Enrico Panunzi. Hanno partecipato rappresentanze di pendolari di tutti i Comuni della FL3.

Non erano presenti i rappresentanti del MOsP (Movimento spontaneo dei Pendolari) che sono attivi da 15 anni sulla linea, hanno tracciato le nuove linee ed i nuovi orari proponendoli a Trenitalia che li ha accettati in quanto unico comitato accreditato a colloquiare direttamente con Trenitalia, e che rispondono solo all'email pendolarifm3@tiscali.it

E' stata unanime l'idea che non sia più possibile ne democratico che solo il MOs P di Viterbo possa interagire con chi gestisce una linea ferroviaria che coinvolge migliaia di utenti, non solo viterbesi.
Ed anche questi ultimi hanno protestato per la mancanza di treni che siano utili agli studenti che escono da scuola alle 12,10 o alle 13,10 ed hanno il primo treno da Viterbo alle 12,55 o alle 13,55 rimanendo per strada circa 40 minuti, e si tratta di minorenni.

Intanto, martedì 26 marzo 2013 alle ore 15 presso la sede RFI di via Marsala 75 (scala H- II piano) a Roma, si terrà un incontro con i rappresentanti delle amministrazioni locali e dei comitati pendolari, a seguito del monitoraggio effettuato nelle  prime due settimane del nuovo orario, a cui sono state definite alcune correzioni che saranno apportate a breve sulla linea FL3 Roma – Cesano – Viterbo.

Durante l'incontro RFI raccoglierà ogni eventuale suggerimento proveniente dalle  parti, peccato che l'unico comitato accreditato sia il MOsP di Viterbo, rappresentato da tali Massimo Candy, Alessandro Farnesi che figurano sugli elenchi telefonici.

Trenitalia ed RFI si interfacciano solo con Comitati ed Associazioni accreditate presso l'O.R.T. – L'ORT: Osservatorio Regionale sui Trasporti (Presidente Simona Costamagna) insieme a Cittadinanzattiva ed a tantissime altre associazioni e comitati hanno deciso di Fare Rete, lavorando con e per i cittadini incontrandoli, e ascoltando la loro testimonianza per saperne ancora di piu’e per costruire insieme una nuova cultura di rispetto dei diritti, come quello, negato ormai da troppo tempo, alla mobilità. Ne fanno parte : ACU, Adiconsum Lazio, AdP Associazione Diritti del Pedone, Adiconsum Lazio, Associazione Pendolari Valle dell'Aniene, Associazione Robin Hood,Assoutenti, Assoutenti GO, CODICI Onlus – Comitato Civitavecchia-Orte, Comitato FR2, Comitato FR3, Comitato per la riapertura della Civitavecchia – Orte, Confco sumatori, Federconsumatori Lazio, Legaconsumatori Lazio, Legambiente Lazio, MDC- Movimento Diritti dei Cittadini, Nuovo Comitato Pendolari Fiumicino, UDS – Unione degli Studenti Lazio, UNC – Unione Nazionale Consumatori, UTP, WWF Lazio.

Il 18 aprile 2013 dalle 7 alle 8 BUONGIORNO REGIONE LAZIO terrà una diretta RAI dalla Stazione di Bracciano, dove non sono ancora stati affissi i nuovi orari in vigore dal 10 marzo 2013




CANALE MONTERANO COME TERRITORIO DA VALORIZZARE E COME OSSERVATORIO SPERIMENTALE.

Daniele Natili

Canale Monterano (RM) – La scorsa domenica 10 marzo 2013 vi è stata una visita al territorio di Canale Monterano da parte del Gruppo Operativo dell’Associazione A.PRO.D.U.C. (Associazione per la Tutela delle Proprietà Collettive e dei Diritti di Uso Civico. Notizie nel sito web della stessa: http://www.demaniocivico.it/).

L’A.PRO.D.U.C. ha sede in Roma e fu costituita nel 1989 – sull’onda emotiva provocata dalla scomparsa del grande avvocato demanialista Giudo Cervati – da un gruppo di studiosi, giuristi ed avvocati appassionati delle questioni ambientali e della materia relativa agli usi ed ai demani civici.
Il Gruppo Operativo A.PRO.D.U.C., di cui io stesso faccio parte, sta lavorando alla mappatura dei demani civici italiani, vuole cioè contribuire ad un censimento delle proprietà collettive ancora esistenti nel nostro paese. In questo ambito, tale gruppo di giovani studiosi, cultori e docenti universitari di diverse discipline (storia medievale, economia, architettura ed urbanistica, diritto agrario, diritto degli usi civici) vuole promuovere un progetto pilota, che possa fare cioè da modello per altre simili iniziative, di valorizzazione economica (in modo sostenibile) di una proprietà collettiva. Ciò è di particolare interesse, se si considera l’attuale momento storico di crisi globale delle economie e l’aggressione sempre maggiore che subisce il suolo italiano a causa, soprattutto, della cementificazione.
Il progetto pilota vorrebbe proporre un modello di sviluppo economico che guardi al futuro e, allo stesso tempo, alla nostra tradizione: ossia l’Italia come antica terra di usi civici, dove il feudalesimo ha lasciato in eredità non soltanto scomodi relitti di un passato da superare, come i particolarismi ed i privilegi, ma anche un modello di sfruttamento collettivo della terra. Le popolazioni della Penisola vivevano, infatti, lavorando collettivamente la terra del feudo e soddisfacevano alle esigenze dei singoli nuclei familiari valorizzando le utilità che la natura circostante offriva loro: semina, legnatico, pascolo, pesca, caccia, raccolta dei funghi, il cipollatico, ecc., senza qui completare il lungo elenco dei singoli usi civici, che altro non sono se non forme tipiche di utilizzazione dei beni offerti dalla terra ad una collettività di abitanti. Un modello che si è rivelato un nostro patrimonio storico-culturale, una realtà nascosta nella società rurale, un mondo imbarazzante per la cultura politica e giuridica ufficiale, una consuetudine strisciante e radicata nelle comunità locali e, soprattutto, l’unica esperienza millenaria che abbia dimostrato, nelle società umane, effettiva capacità di economia sostenibile e conservazione dell’ambiente.
Gli usi civici delle popolazioni italiane sono la prova, ancora viva, di “un altro modo di possedere”, come ebbe a dire Carlo Cattaneo e come ha ribadito Paolo Grossi, insigne storico del diritto e giudice della Corte Costituzionle, in un libro celeberrimo del 1977 che dalle parole del Cattaneo ha tratto il titolo.

La visita a Canale Monterano del 10 marzo si è svolta nell’ambito dell’attività che il Gruppo A.PRO.D.U.C. sta portando avanti per realizzare tale progetto pilota. La visita ha avuto ad oggetto la tenuta ‘Pergugliano’, proprietà collettiva gestita dall’Università Agraria, e la Riserva Naturale regionale “Monterano”, con le suggestive rovine dell’omonimo borgo di origine etrusca. Alla giornata erano presenti, fra gli altri, l’Avv. Maria Athena Lorizio, Segretario generale A.PRO.D.U.C. e specialista di diritto degli usi civici, e Gaia Pallottino, ex Segretario generale di “Italia Nostra” e socio fondatore di A.PRO.D.U.C.; a ricevere il gruppo erano presenti il Sindaco di Canale Monterano, Angelo Stefani, e la locale Università Agraria, nella persona del suo Presidente, Belisario Gentili, e dei Consiglieri Giovanni D’Aiuto e Fulvio Magagnini.

La Riserva Naturale “Monterano” ha messo a disposizione il suo personale per le informazioni relative all’istituzione, alle finalità e alle specie animali e vegetali dell’area protetta; l’Archeologa Flavia Marani in rappresentanza della Cooperativa Sociale Lympha – una cooperativa che ha sede a Canale Monterano e che si occupa di visite guidate nei luoghi di interesse storico e naturistico del Lazio – ha guidato il gruppo in un percorso esplicativo degli aspetti archeologici e storico-artistici dell’antico abitato di Monterano. La visita si è conclusa con un piccolo rinfresco, finanziato esclusivamente con donazioni spontanee di alcuni cittadini di Canale Monterano che qui ringrazio; il rinfresco si è tenuto nei locali (c.d. “Granaroni”) messi a disposizione dall’Università Agraria.
Mi auguro vivamente che questa bella giornata possa portare dei frutti concreti, magari una collaborazione fra le autorità di Canale Monterano e A.PRO.D.U.C. in vista dell’interessante progetto pilota da me ricordato. Ciò è importante sotto diversi profili, che trascendono l’ambito del comune di Canale Monterano.

CHE COSA SONO GLI USI CIVICI E LE PROPRIETÀ COLLETTIVE

Dobbiamo innanzi tutto ricordare che per “usi civici” si intendono fenomeni molto diversi fra loro. In senso lato, vi sono usi civici ovunque ciascun membro di una collettività determinata abbia diritto di raccogliere legna o funghi o altro, di esercitare il pascolo, di pescare, ecc. (gli usi civici sono tipici); se la popolazione, attraverso i singoli individui, ha tali diritti su terra di proprietà privata (come se questa fosse gravata da servitù a favore della popolazione), ci troviamo di fronte agli usi civici in senso stretto. Se, invece, una comunità di abitanti esercita tali diritti (funzionali alle esigenze dei nuclei familiari che la compongono) in un comprensorio terriero che appartiene alla comunità stessa, allora siamo di fronte ad una proprietà collettiva o demanio civico in senso stretto.

Come si sono formati i diritti di uso civico e le proprietà collettive? Le origini sono molto discusse fra gli studiosi, ma possiamo tenere per certo che in epoca medievale erano consolidate presso le popolazioni forme di godimento comune della terra del feudo del tutto lontane dal moderno modello della proprietà privata. Nascevano regole e si sviluppavano consuetudini concernenti l’utilizzazione collettiva dei fondi, in un mondo nel quale ciascuna comunità di abitanti era parte integrante di un territorio affidato per investitura ad un feudatario. L’investitura feudale implicava, cioè, il riconoscimento in capo agli abitanti del feudo della possibilità di soddisfare alle esigenze della loro sopravvivenza nel territorio dove vivevano.  E questa possibilità si poteva esplicare in due modi: o esercitandola in generale nel feudo (e da questa situazione hanno origine gli usi civici in senso stretto), oppure sfruttando collettivamente una parte soltanto del territorio, che era stata appositamente concessa dal signore alla popolazione e che in tal modo acquisiva un vincolo di esclusiva destinazione ai bisogni essenziali degli abitanti o cives (e così nascevano le prime proprietà collettive). Ad esempio, nonostante si tratti di un episodio successivo all’età medievale, la prima proprietà collettiva di Canale Monterano nacque nel novembre del 1578, quando il duca di Bracciano Paolo Giordano I Orsini concesse ai Monteranesi la tenuta Bandita affinché costoro la usassero per raccogliervi la legna.
Ad ogni modo, il nostro paese, l’Italia, da Nord a Sud ha visto svilupparsi nel corso della sua storia una congerie infinita di queste situazioni possessorie collettive, estranee al modello napoleonico di ‘proprietà privata’. Tali situazioni possessorie devono intendersi non semplicemente come esperienze di economia comunitaria, ma soprattutto come l’espressione più immediata delle diverse tradizioni, culture e autonomie locali. Il vincolo di destinazione alle esigenze della popolazione che caratterizza le proprietà collettive; le regole e gli statuti con i quali l’uso collettivo della terra viene variamente disciplinato; e le diverse forme organizzative che nel corso dei secoli le popolazioni si sono date per gestire i loro patrimoni territoriali (si ha, così, un elenco ricchissimo di comunità organizzate per lo sfruttamento collettivo della terra: pensiamo alle Regole del Cadore e delle altre comunità dell’arco alpino, alle Partecipanze emiliane, alle Società di antichi originari della Lombardia ed alle Associazioni agrarie del Centro-Italia, per fare solo degli esempi) sono i principali aspetti di un fenomeno tanto importante quanto poco conosciuto del localismo italiano: la presenza secolare dei demani civici nel tessuto delle territorio nazionale.
Questo immenso patrimonio fondiario e culturale ha resistito agli attacchi della Rivoluzione Francese e, più in generale, della modernità. Con la Rivoluzione Francese gli usi civici furono visti come un relitto storico, un residuato del feudalesimo che si voleva abbattere. Non si comprese che, in realtà, quel modo di possedere era ben più che un’antiquata sopravvivenza di esperienze medievali; era, infatti, un modo di rapportarsi alla terra connaturato da sempre alla vocazione dell’uomo a vivere in società. In Italia, agli inizi dell’Ottocento, cominciò un percorso legislativo travagliato che ancor oggi non può dirsi conluso.
Nei diversi stati preunitari comparvero le c.d. leggi eversive della feudalità, vale a dire – con estrema semplificazione – normative che tendevano, con procedimenti di liquidazione, ad abolire gli usi civici ed a trasformare in proprietà privata (che l’ideologia borghese riteneva più funzionale ad un’economia moderna) i demani civici. Negli anni successivi all’Unità d’Italia, tuttavia, di fronte ai gravi problemi che il nuovo stato doveva affrontare, vi furono alcune coscienze illuminate nella classe dirigente e nelle forze politiche parlamentari. Vi fu chi, finalmente, si rese conto che tutto l’universo dei modi comunitari di possedere la terra rappresentava non un relitto feudale, ma un fenomeno millenario attraverso il quale le popolazioni avevano dimostrato capacità di svilupparsi e di far vivere la terra con un uso naturale e sostenibile, cioè conservandola e senza alterarne i caratteri morfologici e ambientali.
Insomma, per la prima volta ci si rendeva conto che i diritti di uso civico e le proprietà collettive erano ‘beni comuni’, essenziali alle esigenze delle comunità ivi abitanti. Ne risultarono due leggi specificamente dedicate agli usi civici delle ex Province dello Stato Pontificio: la L. 24 giugno 1888 n. 5489, che seppur trattando della Abolizione delle servitù di pascolo, di seminare […] nelle ex Province Pontificie e quindi apparentemente finalizzata ad abolire gli usi civici nei territori da ultimo acquisiti dallo stato unitario, in realtà conteneva norme che consentivano alle popolazioni di comprare i possedimenti privati gravati di usi civici, ove questi fossero di estensione tale da risultare essenziali per la sopravvivenza delle stesse (c.d. liquidazione invertita di latifondi e feudi). Ad esempio, gli agricoltori ed allevatori di Canale Monterano, nel 1919-1920, grazie a questa legge acquistarono in forma associata l’intero feudo Altieri, cioè la maggior parte dell’attuale territorio comunale; e la L. 4 agosto 1894 n. 397 (Ordinamento dei domini collettivi nelle Province dell’ex Stato Pontificio), che costituiva in Associazioni Agrarie con personalità giuridica (dando origine formale alle attuali Università Agrarie del Lazio) le comunità di agricoltori titolari di porprietà collettive, al fine di permettere che avessero una organizzazione per la gestione dei beni comuni. In sostanza, il parlamento di fine Ottocento riconosceva la realtà ed il valore di queste forme alternative di proprietà. Il Legislatore fascista non vide di buon occhio un fenomeno come quello delle proprietà collettive, in quanto espressioni di libertà, pluralismo ed autonomia e, pertanto, intervenne con la L. 1766/1927 di riordino di tutta la materia. Questa legge è ancor oggi la legge generale sugli usi civici. Essa prevedeva, in primo luogo, le completa liquidazione dei diritti di uso civico gravanti sui terreni privati (ai proprietari si dava il diritto potestativo di affrancare il proprio terreno dalle servitù civiche, pagando un canone agli enti – Comune, Frazione, Associazione agraria – rappresentativi delle comunità di abitanti beneficiarie dei suddetti diritti). Istituiva, poi, procedure di accertamento e verifica degli usi civici e delle proprietà collettive, istituendo i Commissari regionali agli usi civici quali organi responsabili delle relative funzioni amministrative e della soluzione delle eventuali controversie giurisdizionali. Tutte le proprietà collettive italiane, espressioni di gruppi sociali e assetti fondiari fra loro a volte profondamenti diversi, venivano assimilate all’unico modello dei demani comunali del Meridione (attraverso la previsione dell’art. 26 della legge stessa, dove è fissato il principio della necessaria apertura dei beni di usi civico di una Associazione agraria a tutti i cittadini del Comune). Per tali proprietà si prevedeva un procedimento amministrativo di assegazione delle terre a categoria. Le terre comuni assegnate a categoria A (boschi e pascoli permanenti) ottenevano un vincolo di assoluta inalienabilità, imprescrittibilità e indivisibilità (in quanto destinate ad una finalità economica non modificabile) ed erano affidate alle organizzazioni che già le gestivano (Comuni, Università ed Associazioni Agrarie, Regole, Partecipanze, ecc.) in nome e per conto delle popolazioni; quelle assegnate a categoria B (terre di prevalente vocazione agricola) erano destinate alla c.d. quotizzazione, cioè ad essere ripartite fra i coltivatori del luogo, con preferenza per quelli meno abbienti, per essere da questi utilizzati per la coltura agraria. In pratica, con la quotizzazione delle terre di categoria B accadeva che una parte rilevante dei domini collettivi veniva ad essere sottratta alle popolazioni che le possedevano (a volte anche da secoli) per essere assegnata in proprietà privata. La legge generale del 1927 è una legge rigorosa ma compie una scelta consapevole di preferenza per lo sfruttamento individuale della terra piuttosto che per il modello collettivo. E le popolazioni reagirono immediatamente. Infatti, già nel 1928, con il regolamento di attuazione (R.D. 332/1928) della legge generale sugli usi civici, si riconosceva alle Associazioni agrarie composte di determinate famiglie (cioè le collettività chiuse, unite da vincoli di sangue o ‘vincoli agnatizi’, non identificabili con l’intera popolazione di un comune; si trattò, in concreto, delle Partecipanze emiliane), che avessero apportato “sostanziali e permanenti miglioramenti” (art. 65 R.D. 332/1928) alle loro proprietà collettive, di non veder applicate a queste ultime le norme della legge generale del 1927 relative alla quotizzazione delle terre di categoria B. Ciò significava che i demani civici delle Partecipanze emiliane venivano sottratti alla ‘privatizzazione’ consentita dalla legge generale per le terre a vocazione agricola. A partire da allora, si cominciò a distinguere fra proprietà collettive ‘aperte’ a tutta la popolazione di un comune, per le quali la L. 1766/1927 aveva piena applicazione, e proprietà collettive ‘chiuse’, ossie appartenenti a gruppi ristretti di famiglie, che del godimento collettivo della terra facevano la loro ragione di vita e pertanto non dovevano vedersi sottratta tale terra con quotizzazioni a vantaggio di singoli individui.

LE TRE LEGGI SULLA MONTAGNA E L’ART. 3 DELLA L. 97/1994 (3A LEGGE SULLA MONTAGNA)

Iniziò un lungo percorso di legislazione e giurisprudenza, attraverso il quale molte comunità – specialmente quelle dell’arco alpino – si sono viste riconoscere il loro statuto giuridico di collettività chiuse, gelose delle proprie tradizioni, della propria autonomia e delle proprie consuetudini; per le quali è oggi inammissibile la privatizzazione del territorio ove si svolge la loro vita e la loro economia comunitaria; un territorio da considerare ‘bene comune’ indivisibile ed inalienabile, portatore, fra l’altro, di valori costituzionali di primissimo rango, come i diritti della persona di cui all’art. 2 Cost., la libertà di associazione, la tutela dell’ambiente e del paesaggio, il rispetto delle autonomie locali, la protezione dei beni culturali.
Tale percorso può essere sinteticamente descritto come un processo di progressiva estensione dello speciale regime delle proprietà collettive chiuse a un numero sempre maggiore di comunità locali, che così hanno visto protetta l’integrità del loro patrimonio fondiario collettivo. Vi sono state tre tappe fondamentali con le tre successive leggi sulla montagna: L. 991/1952, L. 1102/1971 e L. 97/1994.
In particolare, l’art. 34 della legge del 1952 stabilisce che le comunioni familiari nei territori montani – quindi le collettività chiuse di tali aree – “continuano a godere e ad amministrare il loro beni in conformità dei rispettivi statuti e consuetudini riconosciuti dal diritto anteriore”, riconoscendosi pertanto la loro autonomia ed il loro diritto a continuare a vivere conformemente alla loro tradizione storica di comunità locali che godono e amministrano il proprio territorio in forma collettiva. Per queste comunità, la legge generale del 1927 non può trovare applicazione.
L’art. 10 della 2a legge del 1971 ha sottratto alla privatizzazione delle terre collettive molte realtà del Settentrione; esso ha rinnovato la citata disciplina del 1952, escludendo espressamente dall’applicazione della legge del 1927 “le regole ampezzane di Cortina d’Ampezzo, quelle del Comelico, le società di antichi originari della Lombardia, le servitù della Val Canale”.
Infine, l’art. 3 della L. 97/1994 (Nuove disposizioni sulle zone montane; c.d. 3a legge sulla Montagna) è quello più importante. Esso attribuisce alle Regioni il compito di riordinare la disciplina delle comunioni familiari montane secondo il principio della personalità giuridica di diritto privato. Quel che più interessa, è che nella nozione di ‘comunioni familiari montane’ vengono espressamente fatte rientrare le Associazioni agrarie delle ex Province Pontificie. Ciò significa che con la terza legge sulla montagna anche le Università Agrarie del Lazio, come enti esponenziali delle collettività titolari dei demani civici della regione, si verrebbero a trasformare da enti assimilabili agli enti pubblici non economici (come stabilito dalla prevalente giurisprudenza) in semplici associazioni di diritto privato, sebbene dotate di personalità giuridica. La terza legge sulla montagna ha voluto con ciò riconoscere nelle Associazioni agrarie del Lazio la struttura di comunità chiuse, valorizzandole come istituzioni che incarnano le “formazioni sociali” nelle quali l’uomo esercita i propri diritti inviolabili secondo il dettato dell’art. 2 della Costituzione.
L’art. 3 L. 97/1994 prevede una sorta di ‘delega’ legislativa alle Regioni per il riordino della disciplina delle comunità agrarie titolari di proprietà collettive di tipo chiuso e detta i principi fondamentali ai quali le Regioni stesse dovranno attenersi. Oltre al principio della personalità di diritto privato prescritta per tali enti (come modello organizzativo più consono alla natura di collettività chiuse, composte da gruppi di famiglie legate da vincoli di sangue e dal godimento in comune di una terra) e ferma restando la loro autonomia statutaria, la norma statale incarica le Regioni, in particolare: 1) a disciplinare meccanismi per conservare l’originaria consistenza delle proprietà collettive, nel caso in cui una parte di queste terre venisse destinata ad usi diversi da quello agro-silvo-pastorale. Se, per esempio, la Regione autorizza l’ente locale a destinare una porzione della terra collettiva ad uso edificatorio, ciò deve accadere a condizione che la terra sottratta alla proprietà collettiva venga sostituita con l’acquisto di altra terra; 2) a predisporre le garanzie di partecipazione dei membri dell’originaria comunione familiare alla gestione comune della proprietà collettiva. Si vuole, pertanto, che alla gestione dei beni comuni siano coinvolte le collettività proprietarie; 3) a prevedere forme specifiche di pubblicità dei patrimoni collettivi, cioè a far in modo che si abbia una sorta di censimento-registro delle proprietà collettive regionali; 4) a disciplnare meccanismi di gestione sostitutiva in caso di inerzia delle organizzazioni che amministrano le terre collettive.
In sostanza, la legge del 1994 ha voluto individuare nelle proprietà collettive la categoria di beni chiamata a conservare il patrimonio agro-silvo-pastorale italiano. Essa detta i principi fondamentali della materia anche dopo la riforma dell’art. 117 della Costituzione sulla distribuzione delle competenze legislative fra Stato e Regioni. Poiché le comunioni familiari montane hanno gestito e conservato per secoli i loro territori – è un dato storico, cioè, che l’esercizio di usi civici e la gestione in proprietà collettive delle zone agricole e boschive non compromette la loro conservazione – lo Stato difende il territorio nazionale nel momento in cui tutela i diritti inviolabili di autonomia di queste comunità.

LA REGIONE LAZIO E L’ART. 3 L. 97/1994. UNA DOMANDA AL NUOVO PRESIDENTE DELLA NOSTRA REGIONE.

Fino ad oggi, la Regione Lazio ha attuato solo parzialmente l’art. 3 L. 97/1994. Infatti, la L. Reg. Lazio 1/1986 ha, in effetti, previsto un complesso procedimento amministrativo per autorizzare il cambio di destinazione delle terre collettive di uso civico regionale, con contemporaneo recupero della consistenza originaria attraverso l’acquisto di nuove terre in sostituzione di quelle destinate ad eventuale uso edificatorio.
Manca l’attuazione delle restanti disposizioni dell’art. 3 della 3a legge sulla montagna. Per salvaguardare il patrimonio agro-silvo-pastorale e le proprietà collettive del Lazio, la Regione deve provvedere ad una riforma delle Università Agrarie secondo il modello civilistico delle associazioni riconosciute di diritto privato, e dando il maggiore spazio possibile alla loro autonomia statutaria e di gestione.
Ma ciò fino ad oggi non è successo; anzi, un recente progetto di legge di riordino (Proposta di legge n. 259 del 13 ottobre 2011), curato dalla Giunta Regionale del Lazio sotto la presidenza Polverini, andava nella direzione opposta a quella indicata dal Legislatore nazionale del 1994, poiché accentuava l’attuale configurazione pubblicistica delle Università Agrarie.
Le proprietà collettive gestite dalle Università Agrarie sono beni comuni. La 3a legge sulla montagna vuole riavvicinare i singoli cittadini al bene comune. La materia dei beni comuni, in una fase storica come quella attuale, è di primaria importanza. La competenza legislativa regionale, dopo la riforma dell’art. 117 della Costituzione, è anche essa di primaria importanza. La corretta gestione del territorio regionale è raggiungibile solo attraverso il necessario passaggio dell’attuazione dell’art. 3 L. 97/1994.
Per questo, è mio dovere porre pubblicamente una domanda al nuovo Presidente della Regione Lazio: chiedo pubblicamente all’On. Zingaretti, se l’attuazione dei principi posti dalla legge nazionale del 1994 sulle Università Agrarie e sui territori da esse gestiti faccia parte del programma della nuova Giunta Regionale; se l’urgenza di tale attuazione sia stata dovutamente valutata; quali siano, infine, i provvedimenti che la nuova Giunta Regionale intende adottare e gli uffici e le competenze che intenda predisporre per raggiungere un obbiettivo pubblico tanto nobile quanto difficile come quello del rispetto e dell’attuazione dei principi fondamentali sulle proprietà collettive di uso civico.

 




CANALE MONTERANO CASO DELIBERE E RISERVA: IL SINDACO INVECE DI REVOCARE… REVISIONA

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[ LETTERA DEL MINISTERO ALLA REGIONE E PER CONOSCENZA AL COMUNE DI CANALE MONTERANO ]

 

Chiara Rai

Canale Monterano (RM) – Braccio di ferro tra Comune e Regione che sostanzialmente intima al sindaco di Canale Monterano Angelo Stefani di annullare tutti gli atti deliberati dall’amministrazione indirizzati a stimolare l’edificazione all’interno della Riserva, attraverso l’applicazione del Piano casa su l’88 per cento dell’area protetta. Fumata nera anche per quest’ultimo acceso Consiglio Comunale: Stefani è fermo nelle sue convinzioni e anziché annullare d’urgenza le delibere, come chiesto dalla Regione, intende revisionarle.

Ma di fatto non seguendo le indicazioni intimategli. Anche il ministero dell’Ambiente ha iniziato ad interessarsi della vicenda, perché di fatto Canale monterano è un paradisiaco polmone verde della provincia romana.

La Regione ha scritto dure note nelle quali si parla di “procedure illegittime ed incapacità dell’Ente a disporre della materia”. Insomma, una storia che va avanti da quasi un anno il cui vulnus consisterebbe nel tentativo del Comune di modificare il regime di salvaguardia di un area protetta, senza che neppure sia stato richiesto il parere del direttore della Riserva, una modifica che non spetta al Comune ma alla stessa Regione: “E’ nelle intenzioni del Comune – recita la nota regionale – sanare opere abusive e consentire interventi di edilizia previsti nel cosiddetto piano casa nella maggior parte della Riserva”. Inoltre il Comune verrebbe ad adottare, con procedure illegittime, il piano paesaggistico della Regione non ancora definitivamente approvato.

Come andrà a finire? Intanto Stefano Ciferri, consigliere di Voci di Strada, esorta il primo cittadino Stefani a fare un passo indietro per il bene della comunità: “Che il sindaco faccia quanto prima un gesto di responsabilità – ha detto – annullando tutti gli atti illegittimi”. Di seguito il resoconto del Consiglio Comunale di ieri venerdì 15 febbraio 2013, inviatoci dal gruppo consiliare Voci di strada.

Alle 17.00 del giorno 15 febbraio 2013 presso la Casa Comunale di Canale Monterano si è tornato a discutere delle delibere di urbanistica duramente contestate dalla Regione Lazio Direzione Urbanistica e Direzione Ambiente. Con due punti all’ordine del giorno il Sindaco Angelo Stefani ha scelto di revisionare le delibere n. 13 e 37 invece di accogliere i ripetuti inviti degli organi di vigilanza a revocarle in autotutela.


Questa la considerazione del gruppo consiliare Voci di Strada che insieme all’altro gruppo di minoranza si sono duramente opposti a tale revisione. Revisione che anche dagli uffici comunali (Area Finanziaria) ha avuto parere contrario in ordine alla regolarità contabile.


“La proposta di revisione delle delibere contestate passata oggi in consiglio propone in premessa una articolata citazione di sentenze amministrate e di stralci di normativa che avrebbe lo scopo di chiarire ed allontanare definitivamente comportamenti ostativi e dubbiosi confermando quindi la validità delle delibere in oggetto. Ma il risultato è invece un nuovo testo deliberativo che non affronta gli importanti rilievi regionali limitandosi a ribadire principi generali mai messi in discussione nella corrispondenza tra Area tecnica Regionale e comune di Canale Monterano.


Approfondiamo meglio i temi contestati e non risolti dalla amministrazione di Canale


1) Piano territoriale Paesaggistico Regionale (PTPR) ed adeguamento degli strumenti urbanistici


Su questo argomento vale la pena ricordare innanzitutto il parere dell’Area legislativa regionale del 5 gennaio 2011 (prot. N. 62969) «il vincolo imposto dal PTP o PTPR non modifica automaticamente la destinazione di zone prevista nel piano regolatore, ma impedisce l’applicazione delle norme del PRG contrastanti». L’ Art. 145, comma 3, del D. Lgs. 42/04  aggiunge e chiarisce che: “Le previsioni dei piani paesaggistici […], sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell’adeguamento degli strumenti urbanistici […]”. Ovvero per il recepimento dei piani paesaggistici la norma prevede due distinti momenti procedurali.


Il primo momento, dopo l’adozione del PTPR ma prima della sua definitiva approvazione, nel quale le norme dei piani paesaggistici pur provvisorie sono immediatamente applicabili nel senso che ogni previsioni contenuta nei PRG difforme da essi deve essere da quel momento disapplicata (ecco la cogenza e prevalenza richiamata nella sentenza TAR Lazio n. 626/2012). Il parere del Dipartimento territorio regionale prot. 124078 del 2010 – dice proprio questo – “le previsioni dei PRG discordanti dal PTPR devono essere immediatamente disapplicate prima che vengano rimosse a seguito dell’adeguamento dello strumento urbanistico stesso

Il secondo momento procedurale che scatta a seguito della definitiva approvazione del PTPR prevede invece ai sensi e per gli effetti dell’art. 64 delle NTA del PTPR che i comuni entro due anni devono adeguare i propri strumenti urbanistici alle previsione del PTPR. L’art. 21 della legge regionale n. 18 del 9 dicembre 2004 disciplina le modalità di conformazione: i comuni adeguano lo strumento urbanistico alle previsioni del PTPR approvato secondo le procedure previste dalla normativa vigente in materia, ovvero chiaramente attraverso “varianti” cioè procedimenti partecipati. Il D.Lgs 63/2008 conferma proprio quanto più riassunto. Art. 2 comma p)  paragrafo 9: “A far data dall’adozione del piano paesaggistico non sono consentiti sugli immobili e nelle aree di cui all’art. 134, interventi in contrasto con le prescrizioni di tutela del piano stesso. A far data dalla approvazione del piano stesso le relative previsioni e prescrizioni sono immediatamente cogenti e prevalenti sulle previsioni dei piani territoriali ed urbanistici (PRG)”. Ovvero è la norma che definisce due atteggiamenti procedurale diversi tra la fase di sola adozione e la fase di effettiva approvazione del Piano paesaggistico. Proprio quanto la Regione sta contestano al Comune di Canale Monterano. L’adeguamento degli strumenti urbanistici al PTPR ha senso quando questo viene approvato e quindi perde la sua natura “precaria” ovvero suscettibile di correzioni come ribadito dal parere del Ministero dei beni e delle attività culturali n. 0018886 del 18.10.2011. Ciò che la Delibera 13/2012 di Canale Monterano pretende di fare quindi è intempestivo ed illogico.  

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2) Regimi di tutela nella Riserva Naturale Monterano e delibera n. 37


La revisione della delibera 37 presentata in consiglio comunale a Canale nulla risponde ai rilievi fatti dalla Direzione Ambiente Regionale sul capitolo 2, rilievi, che si possono riassumere nella seguente affermazioni: “La delibera 37/2012 è un atto di pianificazione comunale assolutamente inidoneo" ovvero “pretende di modificare i regimi di salvaguardia di un area protetta potere che esula dalle competenze comunali”.


La revisione inoltre non affronta assolutamente neanche il recente parere dell’Area legislativa del 30 gennaio 2013 che ha negato validità alla disposizione di equiparazione tra le aree I e II della Riserva Monterano e la zona A e B della L.R. 29/97 nonché quindi ha negato la conseguente applicabilità, nella forma stabilita dalla delibera, del “piano casa” ricordando che nelle aree protette non sono sanabili alcun tipo di opera.


Il gruppo consiliare Voci di Strada ha portato all’attenzione del Consiglio in supporto alla tesi di annullare immediatamente la delibera n. 37 una nota del Ministero dell’Ambiente del 11.02.2013 nella quale la Direzione generale Tutela della Biodiversità, invita la Regione Lazio a valutare in sostanza le ricadute negative della Delibera di Canale sui siti Natura 2000 ricadenti nella Riserva Naturale di Canale Monterano. “si invita codesta autorità (Regione Lazio) a voler rassicurare questa Direzione Generale riguardo alle determinazioni e alle misure che si è ritenuto o che si riterrà opportuno adottare [..] al fine di scongiurare il degrado degli habitat e degli habitat di specie”. Il Ministero conferma quindi il suo interesse e preoccupazione per la vicenda di Canale e della sua Riserva.

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