Covid, Università di Amsterdam: preoccupazione per nuove varianti del virus

Ha avuto il Covid con elevata carica virale per 613 giorni, da febbraio 2022 a ottobre 2023, ed è stato ufficialmente riconosciuto come il paziente al mondo rimasto più a lungo positivo all’infezione SARS-CoV-2.

Dalla sua vicenda, seppur rara nella sua cronicità, è stata avviata una ricerca scientifica dall’Università di Amsterdam che verrà presentata a fine aprile a Barcellona e che mostra l’evoluzione Sars-CoV-2 nel suo organismo. L’uomo, un 72enne dei Paesi Bassi fortemente immunocompromesso per un tumore del sangue, è morto per una ricaduta della sua patologia ematologica, dopo aver convissuto per 20 mesi con la malattia e aver sviluppato nel suo corpo diverse varianti. Questo ha evidenziato in conclusione come “l’infezione prolungata negli ‘eterni positivi’ consenta al virus di accumulare cambiamenti genetici, generando potenzialmente nuove preoccupanti varianti”. Così era già accaduto per la “nascita” di Omicron.

Secondo i medici, il paziente aveva una grave carenza di globuli bianchi e un sistema immunitario indebolito dal cancro. Il suo organismo non ha potuto così affrontare il Covid e il virus è mutato innumerevoli volte all’interno del suo corpo, tanto che, alla fine, si è parlato anche di una supervariante, che non ha contagiato nessuno perché l’uomo ha affrontato la malattia, e i diversi ricoveri, sempre in isolamento.

“Il caso del 72enne positivo al Covid per 613 giorni sottolinea il rischio di infezioni persistenti da SARS-CoV-2 negli individui immunocompromessi”, affermano gli autori dello studio. “Sottolineiamo – aggiungono – l’importanza di continuare la sorveglianza genomica dell’evoluzione del SARS-CoV-2 negli individui immunocompromessi con infezioni persistenti”.

Il paziente dei record, che era stato ricoverato ad Amsterdam, non era riuscito a sviluppare una forte risposta immunitaria ai vaccini Covid prima di ammalarsi con la variante Omicron nel febbraio 2022. Un’analisi dettagliata presso il Centro di Medicina Sperimentale e Molecolare dell’Università di Amsterdam di campioni raccolti da più di due dozzine di suoi tamponi naso e gola ha rilevato che il coronavirus aveva sviluppato in lui una resistenza a sotrovimab, il trattamento, cioè, con anticorpo monoclonale. “Successivamente il 72enne ha sviluppato oltre 50 mutazioni, alcune con una maggiore capacità di eludere le difese immunitarie”, riferiscono gli scienziati.

Gli scienziati che studiano i dati genomici raccolti da campioni di acque reflue hanno riportato prove di individui nella comunità che diffondono coronavirus fortemente mutati per più di quattro anni. Tali infezioni persistenti potrebbero anche far sì che i malati manifestino sintomi Covid a lungo termine, conclude la ricerca.
 

Fino a oggi ci sono stati altri casi di “eterni positivi”. Tra i più noti quelli di un uomo con il Covid per 505 giorni.




Covid, aumentano i ricoveri ma solo il 3% va in terapia intensiva

Ricoveri Covid ancora in crescita negli ospedali: in una settimana il numero dei pazienti è salito del 25,3%, secondo la rilevazione degli ospedali sentinella aderenti a Fiaso.

Si tratta per la stragrande maggioranza di pazienti ricoverati nei reparti Covid ordinari; solo il 3% del totale degli ospedalizzati, infatti, è in terapia intensiva. 

I dati rivelano ancora una volta come negli ospedali solo il 26% sia ricoverato per Covid ovvero con sindromi respiratorie e polmonari mentre il 74% è ricoverato con Covid cioè in ospedale per curare altre malattie ma trovato positivo al coronavirus.

“I numeri dell’ultima rilevazione confermano il trend in crescita – spiega il presidente della Fiaso, Giovanni Migliore -. Assistiamo a una maggiore circolazione del virus che impatta, seppur in minima parte, sugli ospedali incrementando i ricoveri. L’età media dei pazienti, tuttavia, rimane elevata, pari a 76 anni, questo evidenzia come il Covid in questa fase sia pericoloso soprattutto per anziani affetti da altre patologie che il virus contribuisce ad aggravare. Di contro, la campagna vaccinale registra ancora una adesione molto bassa: a essersi vaccinati poco più di un milione di persone”.

“Solo il 7% degli ultrasettantenni è stato vaccinato contro il Covid-19 e, tra i malati fragili, le percentuali sono ancora più basse. Questa settimana la mortalità per Covid è ulteriormente aumentata del 24% rispetto alla settimana precedente con una proiezione su base annua di più di 15mila morti, destinata purtroppo ad un progressivo sensibile aumento”. È l’allarme lanciato dal presidente della Federazione degli Oncologi, Cardiologi e Ematologi (Foce) Francesco Cognetti.

“Nonostante vi siano ben 7 milioni e mezzo di dosi già disponibili da circa due mesi e molte altre in arrivo, in tutto il Paese le vaccinazioni sono state solo circa un milione, con le Regioni del Sud e il Lazio che fanno registrare numeri molto bassi”, aggiunge Cognetti, secondo cui “le cause di questi risultati fallimentari sono la completa assenza di qualsiasi programmazione ed organizzazione, da parte del sistema di prevenzione del nostro Paese, di una vera e propria campagna di vaccinazione rivolta a diverse decine di milioni di cittadini italiani e la completa assenza di una campagna informativa su questa vaccinazione di massa”.

Il presidente Foce punta inoltre il dito contro” la diffusione, purtroppo anche da parte di alcune autorità sanitarie del Paese, di messaggi confusi e spesso contraddittori sulle dimensioni del contagio e sulla sua letalità, quindi con l’effetto di ulteriormente demotivare e scoraggiare una popolazione già parzialmente restia”. Per gli esperti Foce è necessario che “tutte le autorità sanitarie del Paese, governative e regionali” imprimano “una rapida e decisa svolta alla campagna vaccinale con un concreto rafforzamento strutturale e organizzativo, accompagnato da un vero e proprio sistema di diffusione capillare dell’informazione sulla sua enorme utilità”.




Covid, aumentano i contagi: con la riapertura delle scuole torna la paura

Spallanzani: “Serve un nuovo sistema di monitoraggio”

Torna lo spettro del Covid sull’inizio del nuovo anno scolastico in tutta Italia. Dalla prossima settimana, circa 7 milioni di studenti saranno di nuovo sui banchi e, in relazione all’aumento di casi nelle ultime settimane in Italia, “l’indicazione che arriva dai presidi ai professori e bidelli è quella di evitare gli assembramenti degli alunni, soprattutto in questi primi giorni di scuola”. Lo ha dichiarato Mario Rusconi dell’Associazione Nazionale Presidi.

L’annuncio dei Presidi

 “In molte scuole a chi lo chiederà distribuiremo le mascherine utilizzando le tantissime scorte che ci furono date durante la fase critica della pandemia. Stessa cosa avverrà con il gel disinfettante”.

“L’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale è consigliato ai docenti e alunni con fragilità. Il nostro è un invito in quanto l’utilizzo non è obbligatorio – prosegue Rusconi -Mi sento, poi, in dovere di lanciare un appello agli enti affinché siano più solleciti nei lavori di ristrutturazione negli istituti scolastici: avere classi con 27-28 alunni, in ambienti non grandi, non può che favorire la trasmissione di qualsiasi virus”.

Le indicazioni del ministero

 Sul rapido diffondersi della variante Eris, il ministero della Salute invita alla calma ma in settimana ci sarà un incontro per fare il punto della situazione. “Evitiamo allarmismi – ammonisce il direttore generale della programmazione del ministero della Salute, Francesco Vaia – Noi adesso abbiamo gli strumenti per la tutela e in questo momento sono sufficienti”.

Al momento comunque non esistono misure restrittive anti-Covid nelle scuole e dunque non vi sono indicazioni specifiche sui comportamenti da adottare ma in una circolare il ministero della Salute raccomanda, comunque, di osservare le stesse precauzioni valide per prevenire la trasmissione della gran parte delle infezioni respiratorie: indossare la mascherina, se si è sintomatici, rimanere a casa fino al termine dei sintomi, lavare spesso le mani, evitare il contatto con persone fragili.

Spallanzani: “Serve un nuovo sistema di monitoraggio”

 I casi di Covid sono aumentati nelle ultime settimane “per l’emergere delle nuove varianti e per gli effetti della stagione estiva, gran parte sono infezioni lievi”. Lo afferma Andrea Antinori, direttore del Dipartimento clinico dell’istituto Spallanzani, sottolineando che il monitoraggio “si deve focalizzare non tanto sull’infezione ma sulla malattia”. La malattia per la persona giovane adulta e sana è infatti giudicata “clinicamente non rilevante”. Al contrario “nei fragili, grandi anziani e immunodepressi, il Covid rimane un problema. Per questo si dovrebbe passare a un monitoraggio che si concentri sui casi ricoverati in ospedale, sui casi gravi”.

La ricerca italiana

Una nuova ricerca dell’Università dell’Insubria sulla variante Eris, coordinata da Fabio Angeli del Dipartimento di Medicina e innovazione tecnologica dell’ateneo, spiega perché stanno aumentando i contagi e tutti gli altri indicatori della pandemia.

La maggiore resistenza agli anticorpi e la inalterata capacità trasmissiva e di legame alle nostre cellule della variante EG.5 rispetto alle precedenti e temute varianti Omicron spiegherebbe l’aumento degli indicatori (numero di casi positivi, tasso di occupazione dei letti di terapia intensiva, decessi e tasso di positività ai tamponi) anche nel nostro Paese (+43,4% i casi positivi, +44,6% i decessi nell’ultima settimana, rispetto la precedente).

I risultati spiegano anche perché questa variante sta diventando dominante (in Italia è presente in almeno il 40% dei sequenziamenti) e fanno affievolire le speranze che le nuove varianti (compresa la Eris) possano diventare col tempo meno diffusive.

Lo studio e’ stata pubblicata oggi sulla rivista European Journal of Internal Medicine da un gruppo di studio dell’Università dell’Insubria coordinato dal professor Fabio Angeli, docente di Malattie dell’apparato cardiovascolare del Dipartimento di Medicina e innovazione tecnologica che ha firmato l’articolo con Martina Zappa, biotecnologa dell’Insubria, Andrea Andolina, infettivologo di Ics Maugeri, e Paolo Verdecchia, ricercatore cardiovascolare di Perugia.

Dopo che il 9 agosto l’Organizzazione mondiale della sanità ha designato la EG.5 come nuova variante “di interesse” del SARS-CoV-2, i ricercatori hanno analizzato quanto e come è cambiata questa variante e quale possa essere il suo contributo all’incremento dei contagi e del tasso di ospedalizzazione e mortalità osservati nelle ultime settimane a livello globale.

Lo studio dell’Università dell’Insubria ha valutato l’effetto di una particolare mutazione (F456L) avvenuta a livello della proteina Spike del virus, che conferirebbe a questa variante una maggiore capacità di sfuggire alle difese anticorpali (generate sia da precedenti infezioni che dai vaccini). In particolare, gli autori dello studio hanno dimostrato che questa nuova mutazione fa mantenere ad EG.5 le stesse capacità funzionali e trasmissive delle precedenti varianti Omicron che hanno dominato lo scenario pandemico degli ultimi mesi. “Ora più che mai – spiega Angeli – è importante continuare a studiare e monitorare la diffusione delle varianti del virus, anche per indirizzare le future strategie preventive”. 




Covid, arriva la variante “Pirola”. Ciccozzi (Campus Bio Medico): “Necessari ulteriori dati per capire se sarà pericolosa o meno”

La nuova variante Covid BA.2.86, soprannominata ‘Pirola‘ presenta “un numero significativo di 40 mutazioni che potrebbero aiutare il virus a eludere la risposta immunitaria” ma “due sono in particolare da monitorare perché potrebbero renderla più diffusibile”.

Finora è stata isolata in cinque Paesi ed è ancora presto per sapere se si tratti ancora di Omicron e se sia pericolosa, ma “ad oggi sembra essere il ceppo Sars-CoV-2 più sorprendente osservato a livello globale dall’inizio di Omicron”. A tracciare il quadro è un articolo pubblicato ieri sul Journal of medical virology, a cura di Massimo Ciccozzi, direttore dell’Unità di statistica molecolare e di Epidemiologia del Campus Bio-Medico di Roma, e Fabio Scarpa, del Dipartimento scienze mediche dell’Università di Sassari.

Finora isolato in 5 Paesi, non ancora in Italia

Il primo caso della nuova variante, rapidamente posta sotto monitoraggio dall’Organizzazione mondiale della Sanità, è stato segnalato in Danimarca il 24 luglio. Successivamente è stata isolata in Sud Africa, Stati Uniti, Israele e Regno Unito. “La cosa ritenuta di particolare interesse è che, diversamente da altre varianti, manca un nesso epidemiologico tra i vari casi”, chiarisce Ciccozzi, “ovvero i casi non sembrano collegati tra loro e con il primo”.

L’aumento di casi in Italia non dipende ancora da ‘Pirola’

L’aumento dei casi rilevati nelle ultime settimane in Italia “non è dovuto ancora alla nuova variante ‘Pirola’, di cui per ora non risultano segnalati casi da noi. Ma come avvenuto per altre varianti come Kraken o Arturo, si diffonderà e probabilmente arriverà anche in Italia”, spiega Massimo Ciccozzi. Mentre, riguardo ai sintomi di Pirola, conclude: “somigliano a quelli di un’influenza importante con febbre a 38 per qualche giorno, forte raffreddore e mal di testa. Insomma non è più caratterizzata dall’asintomaticità tipica di molte varianti Omicron”.

Le due mutazioni più importanti

“Finora – prosegue – sono stati sequenziati solo 10 genomi e sebbene con un numero basso di prevalenza, sono state rilevate diverse nuove mutazioni se confrontate con il presunto antenato BA.2”. Tra di essi “vi sono due mutazioni da tenere sotto controllo sulla proteina Spike, che svolge una funzione cruciale nelle infezioni e nella risposta immunitaria: una mutazione che richiama quella presente sul ceppo originale di Wuhan e un’altra che ricorda la variante Delta“. Lo studio si basa sui pochi sequenziamenti finora disponibili ma in base a questi dati non vi è al momento “alcuna indicazione per considerare questa come una nuova variante significativamente preoccupante”, conclude Ciccozzi e “sono necessari ulteriori dati per capire se la variante sarà pericolosa o meno”.




Covid, casi in aumento: arrivano le varianti “EG.5” e “Eris”

Anche se la pandemia può sembrare un ricordo lontano, almeno per molti, il Covid continua a diffondersi con nuovi casi in aumento a causa delle nuove varianti del virus.

L’ultima sottovariante di Omicron, chiamata EG.5 è in aumento in Europa dopo essere stata identificata per la prima volta all’inizio dell’anno.

Questo mese l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) l’ha dichiarata “variante di interesse” a causa dell’aumento dei casi a livello globale.

La nuova variante EG.5

EG.5 è una sottovariante di Omicron ed è strettamente correlata ad altre varianti che sono circolate in tutto il mondo. Si tratta di una versione mutata del virus.

EG.5, inserita dall’Organizzazione mondiale della sanità nella lista dei mutanti sotto monitoraggio (Vum), cresce ancora. La variante, segnalata finora in 45 Paesi, fa registrare una prevalenza dell’11,6% a livello globale.

Secondo l’OMS, tuttavia, il rischio per la salute pubblica resta basso, al momento, essendo simile alle precedenti varianti in circolazione. L’Oms ha tuttavia affermato che potrebbe diventare, presto, dominante in alcuni Paesi o a livello globale, causando un aumento dei casi di Covid.

“È chiaro che ha una sorta di vantaggio rispetto alle altre”, ha spiegato Rowland Kao, professore di Epidemiologia veterinaria e Scienza dei dati presso l’Università di Edimburgo.

A Euronews Next ha dichiarato che “non si tratta di nulla di così drammatico”, esattamente come quando la variante originale di Omicron ha iniziato a circolare nel 2021.

Alcuni hanno soprannominato un’altra sotto-variante di EG.5, nota come EG.5.1, “Eris”.

Tutti i sintomi di EG.5. Una variante più aggressiva?

I sintomi di EG.5 sembrano essere simili a quelli di altre varianti, ha dichiarato Andrew Pekosz, professore del Dipartimento di Microbiologia Molecolare e Immunologia della Johns Hopkins University, in un’intervista rilasciata alla scuola di salute pubblica dell’università.

I sintomi comuni includono febbre, tosse, voce rauca, affaticamento, naso che cola, mal di testa o dolori muscolari. Può sembrare un raffreddore, un’influenza o, a volte, una polmonite.

“Non rileviamo un cambiamento nella gravità di EG.5 rispetto ad altre sotto-varianti di Omicron in circolazione dalla fine del 2021”, ha dichiarato, all’inizio di questo mese, Maria Van Kerkove, responsabile tecnico Covid-19 dell’OMS.

Andrew Pollard, professore di Infezioni e Immunità presso l’Università di Oxford, ha dichiarato a Euronews Next che ci sono alcune prove che Omicron e le sue sottovarianti sono meno gravi rispetto ai ceppi precedenti del virus.

Ma, ha detto, questo è “complicato da interpretare perché la popolazione è ora altamente immune al virus e la nostra immunità ci difenderà anche da malattie gravi”.

Quanto sta circolando?

EG.5 si è inizialmente diffusa in Cina, Giappone e Corea del Sud, mentre ora è in aumento in Nord America e in Europa.

In Francia, EG.5 rappresentava il 26% del sequenziamento il 17 luglio, rispetto al 15% della settimana precedente, il che è “coerente con la situazione globale”, ha dichiarato il Public Health France.

Nel Regno Unito, in particolare, EG.5.1 ha registrato il più alto tasso di crescita delle varianti nel Paese e rappresenta il 14% dei casi.

Negli Stati Uniti, EG.5 rappresenta circa il 17% dei casi, più di qualsiasi altra sottovariante di Omicron monitorata, secondo i dati dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC).

“In diversi Paesi in cui la prevalenza di EG.5 è in aumento si è registrato un incremento dei casi e dei ricoveri, anche se al momento non ci sono prove di un aumento della gravità della malattia direttamente associato a EG.5”, ha dichiarato l’OMS nella sua valutazione del rischio della variante.

Bisogna preoccuparsi di queste nuove mutazioni di Covid?

“Più si va avanti, senza che si verifichi un evento importante, più si può, lentamente tornare ad essere tranquilli, grazie alla combinazione di produzione di vaccini e/o immunità naturale. Ma è troppo presto per essere completamente ottimisti e abbassare del tutto la gurdia”, ha detto Kao.

Anche se il Covid-19 diventa come un qualsiasi altra infezione respiratoria stagionale in circolazione, se una variante “porta a un incremento di casi, anche se non in modo catastrofico, il numero di ricoveri ospedalieri, in combinazione con quello che ci si aspetta regolarmente dall’influenza, potrebbe comunque causarci delle difficoltà reali”, ha detto.

Attualmente, i vaccini contro il Covid sono in fase di adattamento per le varianti Omicron XBB che sono vicine a EG.5.

Pfizer e BioNTech hanno richiesto l’approvazione di questi booster all’Agenzia europea per i medicinali nel mese di giugno.

“I vaccini forniscono ancora un’eccellente protezione contro le malattie gravi e la morte causate da tutte le varianti di Covid-19”, ha dichiarato Pollard dell’Università di Oxford.

Le dosi di richiamo riducono il rischio di infezione nei soggetti fragili, anziani o con condizioni di salute che potrebbero peggiorare in caso di infezione”. È probabile che i vaccini attuali forniscano una certa protezione contro questa variante”, ha dichiarato in un’e-mail.

Man mano che i Paesi continuano a sequenziare, continueranno a emergere nuove varianti. Questa settimana gli esperti hanno segnalato un’altra variante che sarebbe emersa in Danimarca e Israele, con ulteriori mutazioni della proteina spike.

Van Kerkove dell’Oms ha sottolineato che il Covid-19 si sta evolvendo e circola in tutti i Paesi.

“Questo fenomeno continuerà ed è a questo che dobbiamo prepararci”, ha detto, esortando i Paesi a continuare a sequenziare e a condividere pubblicamente i dati.




Covid, variante Arturo: nessun allarme in Italia

C’è una nuova variante COVID-19 che preoccupa l’Italia. Gli esperti l’hanno già battezzata Arturo (Arcturus), come la gigante rossa che è la stella più luminosa della costellazione del Boote, la quarta più brillante del cielo. E’ XBB.1.16, l’ultima variante ricombinante di Omicron.

I riflettori si sono accesi su di lei perché il nuovo picco di Covid che si sta registrando in India potrebbe essere imputabile alla sua presenza significativa rilevata. Il pediatra Vipin M. Vashishtha, ex coordinatore dell’Accademia indiana di pediatria e componente dell’iniziativa Vaccine Safety Net (Vsn) dell’Organizzazione mondiale della sanità, segnala in un tweet il primo caso intercettato in Cina e spiega che al momento il sottolignaggio è stato rilevato in 17 Paesi, compreso Canada e Singapore, per un totale di 474 isolamenti.

Per l’esperto va tenuta d’occhio la situazione indiana, per capire se questo mutante riesce a superare l’immunità di una popolazione che ha affrontato diverse varianti, da Centaurus a Kraken. L’attenzione nel Paese è alta dopo che per la prima volta nel 2023 si è arrivati a superare quota 1.100 casi giornalieri, anche se il trend di ricoveri e mortalità al momento non risulterebbe preoccupante secondo alcuni esperti locali.

Per quanto riguarda Arturo, il rapporto britannico spiega che “è un lignaggio con 3 mutazioni aggiuntive della Spike, trovato sia nel Regno Unito che a livello internazionale”, pur essendo “il numero totale di campioni” ancora basso. L’Oms ancora non cita XBB.1.16, almeno negli ultimi due aggiornamenti settimanali, ma segnala in generale l’elevato peso dei ricombinanti Omicron e della famiglia XBB, così come una quota crescente di sottolignaggi non assegnati. Per l’Italia quindi, al momento, nessun allarme.




Covid, preoccupazione per la crescita della variante “Kraken”

Kraken. Porta il nome del leggendario mostro marino l’ultima variante Covid che ha messo in allerta gli esperti. Il nome ufficiale è XBB.1.5, è entrata a far parte dell’ormai numerosissima famiglia di Omicron e sta crescendo rapidamente in Usa e in altri Paesi. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, comunque, “non esiste indicazione di una maggiore gravità associata a queste sottovarianti in monitoraggio rispetto a precedenti lignaggi Omicron”

Al momento sono sei le sottovarianti del virus SARS-CoV-2, maggiormente circolanti in Cina e rilevate anche nel resto del mondo, sulle quali gli scienziati hanno puntato i riflettori. Sono tutte “sorelle” di Omicron, dalla quale derivano. Alcuni di questi sottolignaggi – come, appunto, la XBB.1.5 ribattezzata Kraken – appaiono in forte diffusione (in questo caso, negli Stati Uniti)

Dal 25 al 30 dicembre 2022, ha fatto sapere il Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc), sono state depositate dalla Cina 540 sequenze. Sei, come detto, sono le sottovarianti dominanti: il 35% era rappresentato dalla sotto-variante BA.5.2, il 24% da BF.7, il 18% da BQ.1 (Cerberus), il 5% da BA.2.75 (Centaurus), il 4% da XBB (Gryphon) e il 2% da BA.2. Sono state segnalate anche le sottovarianti BA.5.6, BA.4.6, BM.4.1.1 e BA.2.3.20

Intanto continua a crescere l’impatto della variante XBB.1.5 (soprannominata Kraken) in Usa. Secondo l’ultima rilevazione dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) americani nell’ultima settimana XBB.1.5 è stata responsabile del 27,6% dei contagi e tallona la sotto-variante BQ.1.1 che resta ancora dominante con il 34,4% delle infezioni. Segue la sotto-variante BQ.1 al 21,4%. Secondo i dati dei Cdc, la sotto-variante XBB.1.5 era già presente in Usa a ottobre, ma è solo da inizio dicembre che ha iniziato a crescere: nella settimana conclusasi il 10 dicembre era responsabile del 4,3% dei contagi; la vigilia di Natale era all’11,5%; nella settimana conclusasi il 7 gennaio al 27,6%. Nei giorni scorsi l’European Centre for Disease Prevention and Control ha dichiarato in una nota che “esiste la possibilità che questa variante possa avere un effetto sulla crescita del numero di casi di Covid-19” anche in Europa. Non però nell’immediato, dato che la sotto-variante è presente a livelli molto bassi nel Vecchio Continente.




Covid, preoccupazione da parte della Fondazione Gimbe: tornano a salire contagi e ricoveri in intensiva

Nino Cartabellotta (presidente Gimbe): “Con la circolazione virale in aumento ci si attende dal governo un piano per l’inverno”

Il Covid torna a preoccupare. Salgono i ricoveri in terapia intensiva (+21,7%) sia in area medica (+9,8%). I posti letto occupati in area critica, dal minimo di 203 il 10 novembre, sono a 247 il 17 novembre.

In area medica, dopo i 6.347 l’11 novembre, sono a 6.981 il 17 novembre. E’ quanto emerge dal monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe (11-17 novembre) che rileva un aumento del 15% di nuovi contagi (da 181mila a 208mila) e un calo nei decessi: 533 (-2,9%), di cui 23 di periodi precedenti. “Con la circolazione virale in aumento ci si attende dal governo un piano per l’inverno”, dice il presidente Gimbe, Nino Cartabellotta.

Anche se al momento, prosegue l’esperto, è impossibile fare previsioni sugli scenari futuri, i dati confermano una diffusa ripresa della circolazione virale, peraltro sottostimata per il largo utilizzo diffuso di tamponi ‘fai da te’, di cui s’intravede già un impatto iniziale sui ricoveri in area medica e in terapia intensiva. Al tempo stesso assistiamo ad un calo delle somministrazioni delle quarte dosi per anziani e fragili“. Con l’arrivo dei mesi freddi e la permanenza al chiuso, anche senza considerare l’eventuale emergenza di varianti in grado di ‘scalzare’ Omicron 5, la circolazione virale è destinata ad aumentare, fa notare Cartabellotta. “E al momento, nonostante le recenti rassicurazioni del ministro Schillaci alla Camera, ad oggi – afferma il presidente di Gimbe – tutte le azioni di ‘discontinuità’ del Governo Meloni sono andate nella direzione opposta a quella suggerita dalle autorità internazionali di salute pubblica: ovvero essere preparati e pronti per affrontare eventuali nuove ondate. Si attende pertanto al più presto dall’Esecutivo il piano di preparedeness per la stagione invernale“.

In particolare sul fronte della pressione sugli ospedali, al 17 novembre il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti Covid è dell’11% in area medica (dal 6,1% della Sardegna al 30,4% dell’Umbria) e del 2,5% in area critica (dallo 0% di Basilicata, Molise e Valle D’Aosta al 4,6% dell’Emilia-Romagna). “Salgono anche gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – rileva Marco Mosti, direttore operativo della Fondazione Gimbe – con una media mobile a 7 giorni di 31 ingressi al giorno rispetto ai 25 della settimana precedente”. A partire da questa settimana il monitoraggio Gimbe sarà pubblicato ogni lunedì. 

I vaccini

Al 18 novembre sono state somministrate 4.783.386 quarte dosi, con una media di 26.704 al giorno, in calo rispetto alle 30.319 della scorsa settimana (-11,9%) e con una copertura nazionale del 25% (dall’11,4% della Calabria al 37,7% del Piemonte). Secondo Gimbe, la platea per il secondo richiamo è di 19,1mln di persone di cui 12,6 milioni possono riceverlo subito, 1,7 non sono eleggibili nell’immediato perchè guarite da meno di 120 giorni e 4,8 mln l’hanno già ricevuto. Sono 6,8mln le persone over 50 senza nemmeno una dose di vaccino.  Di questi almeno 6,08 milioni sono attualmente vaccinabili, pari al 10,5% della platea (dall’8,1% del Lazio al 14,1% della Valle D’Aosta); 0,72 milioni temporaneamente protette in quanto guarite da Covid-19 da meno di 180 giorni, pari all’1,3% della platea (dallo 0,8% della Valle D’Aosta al 2,2% del Friuli Venezia-Giulia).

Sostanzialmente stabili i nuovi vaccinati nella settimana 11-17 novembre: 1.239 rispetto ai 1.258 della settimana precedente (-1,5%). Di questi il 18,5% è rappresentato dalla fascia 5-11 anni (229, con un incremento del 10,1% rispetto alla settimana precedente). Cala tra gli over 50, più a rischio di malattia grave, il numero di nuovi vaccinati che si attesta a quota 474 (-10,6% rispetto alla settimana precedente. Per la terza dose, alla mattina del 18 novembre sono state somministrate 40.326.299 terze dosi con una media a 7 giorni di 2.945 somministrazioni al giorno. In base alla platea ufficiale (47.703.593), aggiornata al 20 maggio, il tasso di copertura nazionale per le terze dosi è dell’84,5%: dal 78,5% della Sicilia all’88,4% della Lombardia.

Sono 7,38 milioni le persone che non hanno ancora ricevuto la dose booster. Di questi 5,31 milioni possono riceverla subito, pari all’11,1% della platea (dal 7,1% del Piemonte al 18,9% della Sicilia); 2,07 milioni non possono riceverla nell’immediato in quanto guarite da meno di 120 giorni, pari al 4,3% della platea (dal 2,5% della Valle D’Aosta al 6,7% del Veneto). “Non è ancora disponibile nessun dato ufficiale sulle somministrazioni della 5/a dose”, conclude Gimbe.




Covid, Iss: aumento del rischio di reinfezione

Sono segnalati 438.726 casi di reinfezione da Covid, pari al 3,6% del totale dei casi notificati.

Nell’ultima settimana la percentuale di reinfezioni risulta pari al 5,8%, in aumento rispetto alla settimana precedente (5%).

Emerge dal report esteso dell’Istituto superiore di sanità (Iss) sull’andamento dell’epidemia di Covid-19 in Italia.  

Dal 24 agosto 2021 al 11 maggio 2022, rileva il report esteso dell’Iss, sono stati segnalati dunque 438.726 casi di reinfezione. L’Iss evidenzia un aumento del rischio di reinfezione in modo particolare nei soggetti con prima diagnosi di Covid-19 notificata da oltre 210 giorni rispetto a chi ha avuto la prima diagnosi fra i 90 e i 210 giorni precedenti; nei soggetti non vaccinati o vaccinati con almeno una dose da oltre 120 giorni rispetto ai vaccinati con almeno una dose entro i 120 giorni; nelle femmine rispetto ai maschi; nelle fasce di età più giovani (dai 12 ai 49 anni); negli operatori sanitari rispetto al resto della popolazione.




Covid, contagi e ricoveri in calo: smaltito l’effetto Pasqua che aveva portato a una inversione di tendenza con un lieve rialzo del 3,5%

Sono 47.039 i nuovi contagi da Covid registrati nelle ultime 24 ore, secondo i dati del ministero della Salute. Martedì erano stati 62.071. Le vittime sono invece 152, rispetto a l’altro ieri una in meno.

Sono 335.275 i tamponi molecolari e antigenici per il coronavirus effettuati nelle ultime 24 ore, secondo i dati del ministero della Salute. Ieri erano stati 411.047. Il tasso di positività è al 14%, in calo rispetto a l’altro ieri (quando era al 15,1%). Sono 371 i pazienti ricoverati in terapia intensiva, 5 in più rispetto a martedì nel saldo tra entrate e uscite. Gli ingressi giornalieri sono 42. I ricoverati nei reparti ordinari sono 9.614, ovvero 81 in meno rispetto a martedì.

TORNA A SCENDERE LA CURVA DEI RICOVERI
Smaltito l’effetto Pasqua che la settimana scorsa aveva portato a una inversione di tendenza con un lieve rialzo del 3,5%, nella settimana 26 aprile/3 maggio il numero delle ospedalizzazioni si è ridotto del 5,7%. È quanto emerge dalla rilevazione degli ospedali sentinella della Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere (Fiaso).

A diminuire nell’ultimo monitoraggio sono stati sia i ricoveri nei reparti ordinari per l’assistenza Covid (-5,7%) sia il numero dei pazienti nelle rianimazioni (-7,5%).

Persiste, afferma Fiaso, una quota consistente, pari al 20%, di pazienti no vax nelle rianimazioni: hanno in media 75 anni e nel 100% dei casi sono affetti da altre patologie. Un dato che desta preoccupazione soprattutto perché, dall’analisi dei casi presenti nelle terapie intensive, emerge come a non godere della protezione vaccinale siano per lo più soggetti anziani e con comorbidità: proprio coloro che, invece, sono più a rischio di conseguenze gravi del Covid.

“Dopo la piccola scossa di assestamento di una settimana fa, dovuta molto prababilmente a un allentamento delle attenzioni durante le festività pasquali, negli ospedali siamo tornati a una fase di sostanziale stabilità con una tendenza al miglioramento – commenta Giovanni Migliore, presidente di Fiaso -. Dal primo maggio sono cadute molte restrizioni, ma occorre continuare ad avere molta prudenza soprattutto se si vive accanto a soggetti fragili. Ormai, infatti, il 100% dei pazienti delle terapie intensive presenta comorbidità rilevanti, questo detta indicazioni molto precise: la necessità di un’adeguata copertura vaccinale per i soggetti fragili, con la giusta tempistica, inclusa la somministrazione della quarta dose e soprattutto il recupero dei non vaccinati con fragilità”. In particolare, conclude Migliore, “osservare come i no vax attualmente presenti in terapia intensiva siano anziani e malati è un segnale preoccupante che spinge le aziende sanitarie e ospedaliere a continuare nell’ultimo miglio della campagna vaccinale per quei soggetti che sono ancora sprovvisti della copertura”.

Diminuiscono del 7,7% i ricoveri pediatrici

Diminuisce il numero dei pazienti pediatrici Covid ricoverati. Nella rilevazione del 3 maggio nei quattro ospedali pediatrici e nei reparti di pediatria degli ospedali aderenti alla rete sentinella Fiaso (Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere) si osserva infatti una riduzione del 7,7%.I neonati tra 0 e 6 mesi rappresentano il 15% dei ricoverati: nel 33% dei casi sono figli di genitori non vaccinati. I bambini fino a 4 anni sono ancora la maggioranza dei ricoverati ovvero il 50% dei pazienti. 




Covid, in 2 anni chiudono 7mila bar: il Lazio la regione con il dato più alto

Quasi 7mila bar hanno chiuso i battenti causa Covid negli ultimi due anni. La fotografia, scattata da Unioncamere e InfoCamere sui dati del Registro delle imprese, mostra infatti che dei 169.839 bar esistenti a fine 2019, ne sono rimasti 162.964 a fine 2021, vale a dire 6.875 in meno (-4,05%).

Una riduzione elevata, che ha colpito prima di tutto il Lazio, dove questi esercizi pubblici sono diminuiti del 10,09% pari a 1.860 strutture in meno. A seguire la Valle d’Aosta, che segna una variazione percentuale del -9,7% e un calo numerico di 51 bar.