Emergenza coronavirus, raggiunto accordo per anticipo CIG: entro Pasqua i primi assegni

Sottoscritta la convenzione per l’anticipo della cassa integrazione da parte delle banche ai lavoratori sospesi a causa dell’emergenza coronavirus. Il governo con la ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Nunzia Catalfo, l’Abi e le parti sociali, dopo un lungo confronto in videoconferenza, hanno infatti condiviso un protocollo che consente l’anticipo ai beneficiari degli ammortizzatori scoiali previsti dal decreto “Cura Italia”.

“Un risultato molto importante grazie al quale milioni di lavoratori potranno vedersi riconoscere dalle banche una rapida anticipazione dell’importo del trattamento d’integrazione salariale che gli spetta”, il commento della ministra. Parla di “buona intesa” il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo. “Abbiamo ottenuto l’inserimento nel testo del protocollo dell’esclusione di costi a carico dei lavoratori per l’ottenimento delle anticipazioni”, spiega la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan.

Patuanelli: entro Pasqua primi assegni Cig – Grazie alla convenzione appena firmata sull’anticipo della cassa integrazione da parte delle banche ai lavoratori i primi assegni di cassa potranno arrivare entro Pasqua. Lo ha detto il ministro dell’Economia, Stefano Patuanelli intervistato da Radio24. “Ciò che conta è il tempo – ha detto – non potevamo attendere mesi per pagare la cassa. C’è stato un ottimo lavoro della ministra Catalfo con l’Abi e le parti sociali”.

Abi a banche,no a costi Cig su lavoratori  – L’Abi invita le banche associate “, nell’applicare la Convenzione” sull’anticipo della Cig siglata questa notte con il ministero del Lavoro e i sindacati, “ad evitare costi per i lavoratori che beneficeranno dell’anticipazione in coerenza con le finalità e la valenza sociale dell’iniziativa”. Lo si legge in una nota dove invita anche “le banche e tutte le parti coinvolte, in particolare INPS, Regioni e Province autonome che gestiscono gli ammortizzatori sociali, a collaborare per assicurare la più tempestiva attuazione della convenzione”.

Abi ha concordato modalità semplificate per determinare l’importo dell’anticipazione (1.400 euro) dei trattamenti ordinari di integrazione al reddito e di cassa integrazione in deroga previsti dalla convenzione siglata questa notte con ministero del Lavoro e sindacati. In una nota, l’associazione sottolinea come si sia “tenuto conto della durata massima dell’integrazione salariale – 9 settimane – definita allo stato dal Decreto Legge “cura-Italia” in considerazione dei bisogni immediati dei lavoratori sospesi dal lavoro” e per ” rendere operativa la misura nel più breve tempo possibile”. La convenzione favorisce anche la gestione delle pratiche in “remoto”, così da limitare l’accesso in filiale alle esigenze indifferibili, in coerenza con quanto concordato tra ABI e i sindacati dei bancari Fabi, First-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca e Unisin lo scorso 24 marzo 2020. Per questa ragione l’Abi raccomanda che i lavoratori interessati si rivolgano per telefono alla propria banca in modo che non sia necessario recarsi in banca per ricevere l’importo sul conto corrente.




L’INPS e la vigna dei coglioni a via Amba Aradam

Forse qualcuno avrebbe preferito un titolo meno aggressivo. “Il pozzo di San Patrizio” come titolo non sarebbe stato male. Bello, ma non avrebbe espresso in pieno la gravità.

Papa Clemente VII, allora fece costruire il pozzo con l’intento di tutelarsi in caso di assedio della città di Orvieto in cui si era ritirato. “Essere come il pozzo di San Patrizio” a volte si è usata come espressione per riferirsi ad una riserva misteriosa e sconfinata di ricchezza, altre volte con l’espressione si vuole intendere qualcosa in cui si sprecano risorse ed energie inutilmente, perché non si riempie mai. L’espressione lascerebbe spazio a duplici interpretazioni e per questo è stata scartata.

La vigna dei coglioni, invece, e ci scusiamo per il francesismo, dà chiara l’immagine di quello che si intende descrivere

Una vigna, lavorata, curata, potata, irrigata e ramata, regolarmente e con passione da tanti lavoratori e datori di lavoro che versano nelle casse dell’istituto tanti contributi con l’intento di assicurarsi una degna pensione, una volta che smettono di lavorare.

L’INPS è la più grande gestione pensionistica obbligatoria all’interno dell’UE

Uno dei tre pilastri che reggono il welfare italiano: sanità, assistenza e previdenza. Quest’ultima si basa su prestazioni derivanti esclusivamente dai contributi versati durante l’attività lavorativa. In sostanza si tratta di un salario “differito”.
L’assistenza, al contrario, è ben delineata dall’art.38 della Costituzione, identificandola nel capitolo 1, tutelando i soggetti in condizioni di bisogno ed è attuata direttamente dallo Stato, Regioni ed Enti Locali con risorse derivanti da imposte.
A questo punto è chiara la natura della previdenza e quella dell’assistenza. L’una è frutto di contributi dei lavoratori e l’altra deriva da risorse provenienti da imposte a carico dell’intera collettività.

Come funziona effettivamente l’istituto INPS e la “Vigna dei coglioni” di via Amba Aradam?

Già dal lontano 1989, con la legge n. 88 del 9 marzo di quello stesso anno, il legislatore aveva cercato, inutilmente, di ristrutturare l’Istituto, tentativo fallito, di separare, all’interno del bilancio INPS la previdenza dall’assistenza. L’ultimo tentativo fu fatto nella finanziaria 1997/98, bloccando i trasferimenti generali e cancellando il pregresso debito verso l’INPS che allora era pari a 160 miliardi di euro. Dopo quella data le cose ripresero a camminare come prima ma i bilanci dell’INPS continuano a segnare sempre “rosso”. Con lo scorrere del tempo sono state trasformate molte prestazioni assistenziali in previdenziali e cioè cambiando la loro natura da imposte a carico dell’intera comunità a contributi a carico del lavoro.
La recinzione della Vigna dei Coglioni è stata abbattuta e quando “l’avente veramente diritto” ad usufruirne, gli viene lanciato l’allarme che il bilancio è in rosso e la pensione, “ salario differito” è in forse.

Alla sua vigna è toccata la sorte come quella della Vigna di Renzo, di manzoniana memoria dove:
“Una quantità di vilucchioni arrampicati e avvoltati a’ nuovi rampolli d’un gelso, gli avevan tutti ricoperti delle loro foglie ciondoloni, e spenzolavano dalla cima di quelli le lor campanelle candide e molli; là una zucca selvatica, co’ suoi chicchi vermigli, s’era avvitacchiata ai nuovi tralci d’una vite; la quale, cercato invano un più saldo sostegno, aveva attaccati a vicenda i suoi viticci a quella; e, mescolando i loro deboli steli e le loro foglie poco diverse, si tiravano giù, pure a vicenda, come accade spesso ai deboli che si prendono l’uno con l’altro per appoggio. Il rovo era per tutto; andava da una pianta all’altra, saliva, scendeva, ripiegava i rami o gli stendeva, secondo gli riuscisse; e, attraversato davanti al limitare stesso, pareva che fosse lì per contrastare il passo, anche al padrone”.

Ahinoi anche nell’INPS, la vigna dei coglioni, si arrampicano e si avviticchiano alla “previdenza” una quantità di vilucchioni come gli assegni sociali, l’integrazione al trattamento minimo delle pensioni dei coltivatori diretti e le pensioni d’invalidità ante 1982, tutte e due appartenenti alla voce assistenza che da soli superano di gran lunga i 14 miliardi di euro. Mescolando i loro steli e le loro foglie soffocando la “previdenza” le varie domande di indennità per concedo di maternità, e ora anche di paternità, concedi straordinari per assistenza figli e affidati disabili, concedi straordinari per assistenza fratelli o sorelle, indennità disoccupazione /mobilità/trattamento speciale edili, assistenza familiari disabili in situazione di gravità, sostegno al reddito, assegno per il nucleo familiare e ora viene lecito il dubbio sulla sistemazione del Reddito di cittadinanza e la Pensione di cittadinanza.

La commistione tra previdenza e assistenza è stata da molti rilevata e le controversie sollevate hanno fino ad oggi solamente ritardato ed ostacolato una seria analisi della gestione. Fino ad oggi la confusione nel bilancio dell’INPS continua come sempre e la “vigna dei coglioni!” viene continuamente depauperata, devastata ed abbandonata agli avventurieri. Se per il caotico sviluppo della vigna di Renzo, soffocata da vilucchioni arrampicanti, per Manzoni non prospettava che la Provvidenza, per una sana gestione dell’INPS non rimane che lasciare la sola gestione della “previdenza” all’istituto, affidando le altre prestazioni di assistenza ad un altro da istituire.

E’ solamente un sogno, un desiderio. La confusione nella vigna dei coglioni, però, è realtà e facciamo gli scongiuri che alla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A non tocchi la stessa sorte.




Pensioni e previdenza: le verità taciute

In occasione della Relazione annuale dell’istituto di previdenza alla Camera , il presidente dell’Inps Tito Boeri è tornato ad avvertire il governo: “Senza immigrati non si pagano le pensioni”.

Cosa c’è che non convince nella dichiarazione di Boeri?

Nel 2015, secondo la Corte dei Conti, il patrimonio Inps era per la prima volta in rosso perché, sempre secondo questa Corte, le prestazioni furono 307 miliardi mentre le entrate contributive segnavano 215 miliardi. In quell’occasione Boeri aveva tranquillizzato tutti dicendo : “I conti sono garantiti dallo Stato, solo questioni contabili”.

A prescindere dal fatto che anche nel 2013 il patrimonio chiudeva in rosso e nessuno auspicava, giustamente, gli arrivi di barconi dei migranti, e quindi l’anomalia dell’Inps va ricercata altrove.

Boeri sa dove cercare “l’anomalia” ma preferisce fare spallucce e la trimurti Cgil/Uil/Cisl tace.

I contributi sociali sono un obbligo contributivo sul rapporto di lavoro, versati dal datore di lavoro all’ente di previdenza sociale (INPS) per far maturare il diritto del lavoratore alla pensione e alla tutela previdenziale.

In parole più semplici il lavoratore subordinato versa periodicamente all’ente una quota del suo stipendio/salario destinandola ad un’assicurazione di vecchiaia, ovviamente proporzionata ai contributi versati. E’ cura dell’ente, come tutte le assicuratrici, investire il capitale raccolto per garantire la sua giusta rivalutazione.

Da questo punto di vista si fatica a comprendere come una compagnia assicuratrice possa mai chiudere in rosso. Eppure la Corte dei Conti certifica di tanto in tanto questo fenomeno nei riguardi dell’Inps.

Perché succede questo?

Boeri lo sa che a carico dell’ente, sono state iscritte tutte le prestazioni previdenziali e tutto quello che è attinente alle prestazioni di natura assistenziale.

In forza di ciò l’assioma di Boeri viene capovolta e cioè, anziché “senza immigrati non si pagano le pensioni”, verrebbe da dire che “il pagamento delle pensioni può fare facilmente a meno degli immigrati”. Per correttezza bisogna qui chiarire che il maggior aggravio alla situazione INPS non deriva certo dalla presenza degli immigrati..

Altro è il fardello che porta l’ente, fardello che dovrebbe riguardare la fiscalità generale e non si comprende perché il lavoratore subordinato e solamente il lavoratore subordinato dovrebbe sopportare un pesantissimo carico delle prestazioni previdenziali e tutto quello che è attinente alle prestazioni di natura assistenziale.

Alle prestazioni pensionistiche sono state affiancate prestazioni assistenziali finanziate con i contributi dei lavoratori come il Rei, Reddito di Inclusione attivo dal 1 gennaio 2018. Quest’ultimo consiste in una misura di contrasto alla povertà composta, dà un supporto di tipo economico, pari a 308 euro mensili, e che risulta variabile a livello territoriale, con un intervallo tra i 242 euro della Valle d’Aosta ai 338 euro della Campania.

Secondo una pubblicazione dell’Osservatorio sul Reddito di Inclusione, nel primo semestre 2018 sono stati erogati benefici economici a 267 mila nuclei familiari raggiungendo 841 mila persone. Dal 1 gennaio 2018 il Rei ha sostituito un’altra misura di contrasto alla povertà, il SIA – Sostegno per l’Inclusione Attiva, raggiungendo così circa 311 mila nuclei.

Se si moltiplica il numero medio dei nuclei per la media del beneficio erogato si avrà una media mensile di
euro : 311.ooo x 308 = euro 95.788.000 che moltiplicata per 12 mesi si avrà la media annua di euro 1.149.456.000.

Se a questo miliardo e passa, si dovessero aggiungere poi i versamenti per gli assegni sociali, ovverosia le prestazioni assistenziali che dal 1996 sostituiscono, le pensioni sociali e che per il 2017 furono liquidati n.78.470 assegni, aggiungendo ancora il controvalore di tutti gli assegni per il nucleo famigliare dei comuni, quello per la cassa integrazione guadagni ordinaria, quello per l’indennità di accompagnamento, quello per le varie forme di indennità di disoccupazione, quello per la mobilità ovvero l’intervento a favore di particolari categorie di lavoratori dipendenti, licenziati da aziende in difficoltà, indennità che garantisce una prestazione di sostegno al reddito sostitutivo della retribuzione. Se si dovesse aggiungere tutto questo ed altro al calderone INPS, si avrà un quadro più che chiaro del carico che la contribuzione del lavoratore subordinato è costretta a sopportare indebitamente.
Che sia domani con l’introduzione del nuovo “reddito di cittadinanza”? Cercheranno la copertura e c’è da scommettere che la troveranno addossando anche questo a carico della contribuzione del lavoratore.

Con questo passo, come potrà mai tornare attivo il patrimonio dell’Inps!

Che Boeri lo sa e tace ormai ci si è fatta una ragione. Tanto per lui va tutto bene : “I conti sono garantiti dallo Stato, solo questioni contabili”.

Il fatto però che le associazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil non si fanno promotori per una separazione netta delle due gestioni, quella pensionistica e quella previdenziale, fa molto preoccupare perché questa volta non si tratta di “questioni contabili” bensì di cose serie da cui dipende il futuro di tanti pensionati.

Emanuel Galea




Civitavecchia, incassa la pensione del padre deceduto per oltre 12 anni: sequestrati beni per 230 mila euro

CIVITAVECCHIA (RM) – Nei giorni scorsi, i Finanzieri del Comando Provinciale Roma hanno eseguito un sequestro a carico di un uomo – classe 1956 di origine palermitana – accusato di aver illecitamente incassato oltre 230.000,00 euro dall’INPS, a titolo di indennità di pensione di vecchiaia.

L’uomo, all’esito di accurati accertamenti economico-finanziari condotti dalla Compagnia della Guardia di Finanza di Civitavecchia, coordinata dalla locale Procura della Repubblica, è stato denunciato per il reato di indebita percezione di erogazioni in danno dello Stato poiché quale figlio di un soggetto percettore di idonea pensione, ha continuato a intascare, senza averne diritto, per oltre 12 anni, gli emolumenti del padre, risultato deceduto nel 2006.

Le Fiamme Gialle hanno, infatti, puntualmente ricostruito come il sessantaduenne residente in Santa Marinella (RM) – non avendo mai svolto alcuna attività lavorativa – si fosse, di contro, prodigato, nel corso degli anni, con il chiaro intento di truffare l’Ente previdenziale nazionale, provvedendo – dopo la morte del padre pensionato – a riscuotere le rate della pensione da 1.600,00 euro netti mensili, accreditate su un c/c bancario cointestato con il defunto padre, per l’ammontare complessivo di oltre 230.000 euro.

In dettaglio, è stato accertato che lo stesso aveva già incassato e speso oltre 153.000 euro, mentre sul c/c erano ancora giacenti circa 77.000 euro. Pertanto, i militari della Compagnia di Civitavecchia hanno dato esecuzione al provvedimento di sequestro emesso dal G.I.P. del Tribunale di Civitavecchia del conto corrente sul quale venivano erogate le indennità INPS, bloccando così la somma non ancora distratta dall’indagato, oltre che di un ulteriore libretto postale e, per l’importo residuo, di una palazzina indipendente su due livelli, sita in Santa Marinella, dal valore commerciale di circa euro 350.000 interamente di proprietà dell’indagato.

L’operazione delle Fiamme Gialle si inserisce nell’ambito del piano di contrasto alle frodi al bilancio dello Stato e a tutela della corretta spesa pubblica.




Pensioni, Inps: 7 su dieci sotto i mille euro

Il tasso di disoccupazione non scende, i giovani sotto i 30 se trovano lavoro ci riescono attraverso dei contratti a 6 mesi, 4 italiani su 10 è a rischio povertà assoluta ed infine, la notizia di poche ore fa: in Italia 7 pensioni su 10 sotto la soglia dei mille euro.

Il tempo passa e la situazione economica del paese, attraverso i dati più volte pubblicati, non trova via d’uscita

Lo scorso primo gennaio il 70,8% delle pensioni erogate per il settore privato, 12,8 milioni di assegni, sono infatti state inferiori a 1.000 euro. E’ quanto documenta l’Inps nel suo osservatorio sulle pensioni, rilevando che per le donne la percentuale è decisamente inferiore arrivando all’86,6%. Nel complesso al primo gennaio 2018 le pensioni erogate erano 17.886.623 con un calo di circa 143 mila unità rispetto a inizio 2017: di queste 13.979.136 erano di natura previdenziale, mentre le rimanenti 3.907.487 sono di natura assistenziale. La spesa complessiva annua risulta pari a 200,5 miliardi di euro (di cui 179,6 miliardi sostenuti dalle gestioni previdenziali): un dato, spiega l’Istituto, ottenuto moltiplicando per 13 mensilità (12 nel caso delle indennità di accompagnamento) il valore dell’importo mensile di gennaio. Per quanto riguarda le pensioni liquidate, nel 2017 sono state 1.112.163 per il settore privato: di queste poco meno della metà (553.105, pari al 49,7%) erano di natura assistenziale (507.177 per gli invalidi civili e 45.928 assegni sociali). L’Inps sottolinea come gli importi annualizzati, stanziati per le nuove liquidate del 2017, ammontano a 10,8 miliardi di euro, un valore che rappresenta circa il 5,4% dell’importo complessivo annuo in pagamento allo scorso primo gennaio. Le nuove pensioni erogate ai dipendenti privati sono state 335.246, il 30,1% del totale, per un importo annualizzato di 5,44 miliardi (il 50,2% del totale). Le nuove prestazioni erogate agli autonomi sono state invece 215.439. Le pensioni liquidate nelle altre gestioni e assicurazioni facoltative sono state 8.373. Oltre la metà delle pensioni – spiega l’Inps – è in carico alle gestioni dei dipendenti privati delle quali quella di maggior rilievo (95,6%) è il Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti che gestisce il 48,2% del complesso delle pensioni erogate e il 61,1% degli importi in pagamento. Le gestioni dei lavoratori autonomi elargiscono il 27,5% delle pensioni per un importo in pagamento del 23,9% mentre le gestioni assistenziali erogano il 21,8% delle prestazioni con un importo in pagamento di poco superiore al 10,4% del totale.

Marco Staffiero




Potenza, beffato dal destino: pronto per la pensione ma all’ Inps non risultano i contributi

POTENZA – Arrivato ai termini per la pensione per gli anni di contributi versati, Antonio Greco, 60 anni, con un contratto regolare dal 1972 quando aveva 15 anni, al momento di andare in pensione, ha visto che la prima azienda presso cui ha lavorato non gli ha mai versato i contributi, nonostante timbri e firme regolari sull’allora in uso libretto di lavoro. Almeno così gli ha detto ora l’Inps dopo le ricerche sui documenti cartacei, perché nel 1972, il computer non era ancora in uso.

L’anno scorso, quando l’ottavo dei lavori che ha cambiato nella sua vita (guardia giurata presso la Ronda) ha iniziato a scricchiolare, Grieco si è fatto due conti e ha scoperto che come lavoratore precoce, con circa 42 anni di contributi alle spalle e 18 mesi di mobilità davanti a sé, poteva accedere al trattamento pensionistico.

Inoltre avrebbe anche ricavato una buonuscita “extra” di 40 mila euro. Fa il certificato all’ufficio del lavoro e gli risultano tutti i contributi a partire dal 1972, poi chiede documentazione del conto assicurativo all’Inps e qui i primi due anni di lavoro, dal primo settembre 1972 al 5 ottobre 1974 non risultano: «Il datore non li ha versati» è la spiegazione che gli viene data e ora sono andati in prescrizione e non c’è modo di recuperarli. Il sig. Greco, dunque, per avere la pensione dovrà aspettare fino a ottobre 2020.

“Ma chi li doveva chiedere questi contributi? – lamenta – È possibile che tra Ufficio provinciale del lavoro e Inps dovessi essere io, un ragazzo di 15 anni, al lavoro per portare a casa qualche migliaia di lire, ad andare a verificare che il datore di lavoro mi versasse i contributi? Non sapevo nemmeno come fare e sfido a vedere quanti sarebbero in grado di farlo oggi. Il massimo era verificare che il libretto di lavoro era regolare, e lo era”.

Il problema di Grieco potrebbe essere quello di molti altri che credono di avere i contributi ma in realtà così non è. Sarebbe meglio richiedere un estratto contributivo negli uffici Inps e fare i conti con gli anni di lavoro effettivi. Il malcapitato si è rivolto anche  all’Istituto Nazionale di Previdenza, per sollevare la possibilità che la dispersione dei documenti regolari sia avvenuta da parte degli stessi uffici Inps, in quanto, come già detto, la tecnologia non consentiva archiviazioni diverse da quelle cartacee.

Interrogativi che qualcuno è chiamato a valutare per riconoscere a un uomo il diritto alla pensione. Un diritto che gli viene posticipato per due anni di contributi che «non risultano». Ma se fossero stati di più?

Giulia Ventura




Le pensioni, l’Inps e le galline di Auschwitz

Si dice che gallina vecchia faccia buon brodo. In effetti, a tutti capita, almeno una volta all’anno, di trovare sui banchi del macellaio, o del supermercato, la ‘gallina’, piuttosto che il solito pollo a busto o parti di esso. Alle galline ovaiole si tira il collo quando non sono più in grado di produrre, e questo ricorda tanto Auschwitz, un lager in cui la vita umana non aveva alcun valore.

Si lasciavano morire gli internati, senza alcun intervento, – era uno dei tanti campi di sterminio, forse il più noto – e soltanto i più robusti sono sopravvissuti. Ora, non sappiamo a quale categoria associare i nostri pensionati. Certamente, come la galline ovaiole, quando non sono più in grado di produrre, gli viene ‘tirato il collo’, sono messi in rottamazione: quella effettiva, non come quella dell’Equitalia – ennesima truffa, soltanto una maggior dilazione che consente allo Stato di recuperare somme per lo più inesigibili.

 

I pensionati, per definizione, cambiano status sociale, escono dal contesto umano corrente, per entrare in una categoria ad esaurimento. Prima di questo, ognuno di loro era un individuo, e aveva una ben precisa denominazione: operaio metalmeccanico, rappresentante, muratore, scalpellino, commerciante e così via. Non tocchiamo le categorie dei professionisti, i quali, pur essendo ‘pensionati’ a tutti gli effetti, continuano a lavorare: anche se pensionati, sono privilegiati sotto il profilo economico, perché pur attendendo la pensione, che verrà loro erogata a compimento del’età prevista, hanno di che andare avanti, continuando l’attività abituale.

 

Lasciamo da parte i politici, che furbescamente si sono sfilati da tutte le categorie. Ora, calcolando l’erogazione della pensione secondo l’età media degli Italiani, si commette un grande errore, in malafede. Si calcola, infatti, che una parte dei pensionandi lascerà questo mondo di lacrime anzitempo, procurando ell’Ente preposto, l’INPS, un vantaggio. Che magari andrà a coprire lo sforamento del contadino sardo che vive fino a più di cent’anni. Ma chi muore anzitempo subisce un’ingiustizia, e con lui i beneficiari della reversibilità.

 

Le pensioni, e questo il governo dovrebbe metterselo bene in testa, per prima cosa non sono un reddito, ma il frutto di un accantonamento calcolato negli anni di lavoro, e quindi non andrebbero tassate, almeno al di sotto di una cifra di sopravvivenza, che oggi possiamo calcolare in 1000/1200 euro. È ridicolo e vessatorio dare al 60% dei pensionati italiani meno di mille euro al mese, per poi applicarvi l’IRPEF, senza tener conto del fatto che denaro in più andrebbe ad alimentare i consumi. Mentre poi, demagogicamente, si pretende, con fallimenti come il Jobs Act, o con l’elemosina di 80 euro, di far ripartire l’economia e l’occupazione.

 

L’altra considerazione è l’affidabilità delle statistiche: non c’è maggiore ingiustizia di un dato statistico, per cui ognuno di noi in Italia ha un reddito attorno ai 3000 euro al mese, o se uno mangia un pollo intero, ne hanno mangiato mezzo per uno, lui e chi digiuna. Questo è palesemente falso. Che poi, sempre secondo i dati ISTAT – da prendere con le pinze – il popolo italico abbia tesaurizzato-risparmiato-accantonato cifre importanti negli ultimi anni, più che falso è criminale.

 

Oggi del 60% dei pensionati nessuno, o quasi riesce ad arrivare a fine mese, oltre al fatto che parecchi di loro devono ancora aiutare i figli disoccupati. Consideriamo anche che l’esercito dei poveri assoluti – italiani – ingrossa sempre di più le sue file. E che ci sono pensionati minimi che fanno parte a tutti gli effetti della schiera degli ‘Homeless’, i senza casa, non riuscendo a far nulla, neanche ad aver un tetto sulla testa o un pasto caldo, se non alla Caritas. Questo è inumano, indegno di uno stato civile e che si professa democratico. Allora, seguendo i numeri e elucubrazioni di alcuni ministri, oggi bisogna andare in pensione sempre più tardi, seguendo l’ipotetico aumento della vita media, e guardando solo i numeri. Oppure bisogna calcolare che alcuni lavori sono più usuranti di altri, e quindi la gallina smette prima di fare le uova.

 

Fuor di metafora, è inumano calcolare la capacità lavorativa o l’aspettativa di vita con il pallottoliere. Dovremmo, o meglio si dovrebbe, da parte dei preposti alla nostra vita terrena, considerare il popolo italiano come una grande famiglia, con un reddito e una contabilità. La partita doppia si insegna alle commerciali, non c’è bisogno di una laurea: persino il salumiere illetterato ne ha una, altrimenti chiuderebbe dopo una settimana, con tutto il rispetto per i salumieri, che oggi, a fronte dei grandi spazi commerciali, hanno grosse difficoltà. Quindi da una parte le entrate, e dall’altra le uscite. Se in famiglia il reddito è insufficiente, si va a vedere di correggere il tiro. E se nel complesso, invece, sarebbe sufficiente, si va a vedere dove sono le sperequazioni. Se il denaro dell’INPS non è sufficiente, non si va – non si deve andare – a tagliare le pensioni, o ad aumentare l’età in cui esse verranno erogate: sarebbe comportarsi come i tedeschi ad Auschwitz, lasciare la natura fare il suo corso, e far sopravvivere soltanto i più forti.

 

Tanti si sono suicidati, con moglie e figli, perché senza più prospettive; oppure coppie di anziani che non ce la facevano più ad andare avanti. Galline ovaiole che non producono più, ma che non si vogliono tenere in vita perché troppo onerose. Non si può giocare con la vita degli esseri umani guardando soltanto i numeri. Questo sì, è inumano. Se il denaro dell’INPS – e bisogna guardare fino in fondo – non è sufficiente per restituire ai lavoratori di qualsiasi genere i loro legittimi e sacrosanti accantonamenti, che esso hanno effettuato obbligatoriamente per trenta o quarant’anni, bisogna mettere da parte la statistiche, e piuttosto si deve – ed è un dovere cristiano, più che sociale ed istituzionale – andare a tagliare gli sprechi, le plusvalenze, le sperequazioni, le spese non conformi, tutto ciò che non riguarda la previdenza, prima di tutto, e trasferirlo ad altro bilancio: esempio, la Cassa Integrazione. Viene da pensare che se i versamenti INPS fossero fatti a vantaggio di una pensione privata, dopo quarant’anni darebbero ben altra cifra. Poi bisogna guardare molto attentamente quali sono i tetti di spesa: se in famiglia il denaro è poco, si devono tagliare alcuni consumi. Le pensioni d’oro sono ingiuste, anche se giustificate dai versamenti, e non si capisce perché i sacrifici al limite della fame li debbano fare i pensionati da meno di mille euro al mese e non chi ne prende quindici o venti volte di più.

 

Un altro fattore da tener presente è la cifra complessiva versata: ci sono alcune pensioni che vengono erogate nonostante i beneficiari abbiano versato circa il 30% del dovuto. Oltre ai vantaggi dei politici, dei quali non mette conto di parlare. Per concludere: non possiamo continuare a sacrificare quella categoria che è considerata ad esaurimento, gli ‘anziani’, i ‘pensionati’, e quando i servizi del Tiggì ce ne parlano ci mostrano sempre dei vecchietti al sole sulle panchine, che aspettano solo l’estrema unzione, oppure che giocano a scopa nel bar. Non è così. Questa visione di una falsa realtà, in pectore giustifica tutte le riduzioni e i tagli che al governo verrà in mente di fare, al fine di preservare i privilegi della Casta e di coloro che della Casta ricevono la luce e i riflessi: che diamo a fare soldi a persone improduttive, magari in preda all’Alzheimer o a demenza senile, che non hanno altra prospettiva che quella di calare un asso di bastoni o un sette di denari? Se avessimo persone di coscienza a gestire queste situazioni, le cose andrebbero ben diversamente.

 

In Ungheria l’economia è ripartita soltanto diminuendo la pressione fiscale e aumentando le pensioni. Ma finchè in Italia continueremo ad aumentare le tasse, anche quelle occulte, per poterci poi vantare, come fanno Padoan, Renzi e tutto il Piddì, di avere abbassato l’imposizione fiscale – altra menzogna quella del milione di posti di lavoro, che nessuno ha visto, se non l’ISTAT – guardando solo quello che si incasserebbe di meno, e non l’effetto che ne avrebbe l’economia, la gente continuerà a pagare meno tasse, a evadere di più e a non versare i contributi previdenziali; come, ad esempio, fanno i cari migranti che per rimanere in Italia aprono un’impresa: altro che pagarci le pensioni! Oltre a quelli che la pensione la ricevono, pur essendo ritornati in Nordafrica da decenni. Il denaro dato in più ai pensionati sarebbe speso in consumi, e questo sarebbe un grande vantaggio per l’economia di tutto il paese. Quanto all’evasione fiscale, sarebbe molto facile eliminarla quasi del tutto, o almeno delle sacche ben precise, se si rendessero detraibili tutte le spese di un certo genere, ma immediatamente e totalmente, e non a pezzi e bocconi, in percentuale, e solo oltre una certa cifra.

 

Se le spese fossero detraibili, a tutti farebbe comodo avere le fatture di ogni spesa: le tasse le pagherebbero i beneficiari di quelle somme, e lo Stato recupererebbe grandi quantità di evasione. Questa è una soluzione molto semplice, l’uovo di Colombo, sistema americano, più volte prospettata ma mai attuata, non si sa se per miopia o per quella mania di voler sempre guardare a ciò che si perderebbe e non a ciò che si metterebbe in moto, caratteristica peculiare dei nostri burocrati che puzzano di polvere. Ma finchè si dovranno pagare le tasse anche su ciò che si spende, e l’IVA sarà una spesa inutile e improduttiva, nessuno si farà fatturare i lavori o quel che sia, chiedendo, anzi, in una mutua complicità antistato, uno sconto, perché ‘in nero’, e in contanti.

 

Allora, basta con le galline a cui tirare il collo, basta con i lager virtuali in cui i pensionati sono costretti a vivere dopo una vita di lavoro e di sacrifici. Basta con le pensioni d’oro, a cui va messo un tetto: certamente 5.000 euro al mese sono più che sufficienti a vivere molto bene, senza rinunciare anche alle proprie costose abitudini: non certo i 350 euro di cui Poletti assicura che possono garantire una vita dignitosa. Chi lavora tutta la vita, e versa all’INPS una parte considerevole del proprio guadagno, si aspetterebbe di poter fare, in vecchiaia, almeno in parte, ciò che non ha potuto fare durante il periodo attivo. Non si aspetta certo di essere messo in una Auschwitz virtuale, ma sostanziale, in attesa che qualcuno gli tiri il collo perché non fa più le uova.

 

Roberto Ragone




Cosenza, falsi braccianti agricoli: 162 denunce tra cui funzionario Inps

COSENZA – Centosessantadue persone tra cui falsi braccianti, un imprenditore agricolo e un funzionario dell’Inps, sono state denunciate per truffa dagli uomini della tenenza della Guardia di finanza di Montegiordano.
I finanzieri, al termine di un’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Castrovillari, hanno scoperto illecite percezioni, per oltre 110 mila euro, tra indennità di disoccupazione, sussidi di maternità, assegni familiari e indennità di malattia. L’indagine, in collaborazione con l’Inps di Rossano, ha interessato un’azienda agricola con sede in provincia di Matera che, mediante la predisposizione di falsi contratti di fitto e comodato di terreni, ha dichiarato la disponibilità di fondi agricoli idonei a giustificare l’assunzione fittizia di 160 operai a tempo determinato e la dichiarazione di 16 mila false giornate lavorative. Dai controlli è emersa la predisposizione fraudolenta dei documenti necessari ad attestare il falso impiego della manodopera.s




Roma, assegni sociali indebiti: 370 denunciati

ROMA – Percepivano l’assegno sociale erogato dall’Inps (circa 450 euro al mese per 13 mensilità), ma erano residenti all’estero. E l’emolumento – che rientra tra i principali strumenti cosiddetti ‘di protezione’ – spetta solo a chi risiede in Italia. Il Nucleo speciale spesa pubblica e repressione frodi comunitarie della Guardia di finanza ha denunciato per questo motivo 370 persone, che hanno indebitamente percepito oltre 10 milioni di euro. L’Inps ha immediatamente sospeso i pagamenti con un risparmio annuo di oltre 2,6 milioni di euro.




INPS: CALO DELLE RICHIESTE DI DISOCCUPAZIONE

Redazione
 
Roma – Il mese di marzo ha visto un caso significativo per le richieste di indennità di disoccupazione. Dai dati emerge che le richieste Aspi, Naspi, mobilità e disoccupazione sono state 98.557, con un calo del 27,3% rispetto al 2015. Sono state 353.293 le domande di disoccupazione nei primi tre mesi del 2016, con il 28,2% di calo rispetto al 2015. Nel mese di febbraio vi sono state 105.874 domande di disoccupazione con il 22,6% di calo. Le richieste per l’utilizzo di cassa integrazione giunte all’Inps nel mese di aprile sono state per 57,1 milioni ore e con un aumento sostanziale del 9,1% rispetto a quanto riportavano i dati di marzo. Sono state richieste 226,5 milioni di ore con un calo del 2,4% rispetto al 2015 –nei primi mesi del 2016- le ore di cassa ordinaria richieste ad aprile furono di 14,9 milioni, di cassa straordinaria invece 38,97 milioni con il 27,5% di aumento nel mese di marzo. Sono stati chiesti 3,1 milioni di fermo per la cassa in deroga, con calo del 26,9%. 



INPS: IN PARTENZA 150MILA BUSTE ARANCIONI CON SIMULAZIONE ASSEGNO E DATA USCITA

Red. Interni

Da martedì prossimo, dopo la Festa del 25 aprile, 150mila italiani inizieranno a trovare nella buca delle lettere l'ormai nota 'busta arancione' dell'Inps e a scoprire quindi quando potranno lasciare il lavoro e soprattutto su quanto potranno contare come assegno mensile. L'annuncio delle prime spedizioni è stato fornito nei giorni scorsi proprio dall'istituto guidato da Tito Boeri in un tweet in cui appunto si annunciava l'avvio delle spedizione delle prime 150mila lettere con la simulazione standard dell'assegno futuro e della data di uscita.

Le buste, spiegavano dall'Istituto, saranno inviate su tutto il territorio nazionale, senza Regioni o Comuni pilota, per rendere il più capillare possibile la loro diffusione. L'invio delle buste sarà casuale relativamente all'età e alla professione dei destinatari. Ovviamente, le spedizioni sono dirette solo a quanti non sono 'digitalizzati', cioè muniti del pin dell'Inps o dello Spid, la password unica che permette l'accesso online ai diversi servizi della Pa.