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The Division 2, la rinascita parte da Washington D.C.
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6 anni faon

A distanza di tre
anni dall’uscita di The Division, Ubisoft e Massive Entertainment hanno
lanciato di recente sul mercato The Division 2, sequel del titolo originale per
Pc, Xbox One e PS4. L’avventura,
ambientata sempre nel presente alternativo ideato da Tom Clancy, lascia le
strade infette e innevate di New York per una versione primaverile e
apparentemente meno “contagiosa” della capitale Washington D.C. A livello di
trama il titolo possiede una solida base su cui poggiare e si sviluppa in
maniera interessante. Sono passati 7 mesi da quando il “Veleno Verde”, così
viene chiamato il virus creato dal Dr. Gordon Amherest, è stato diffuso
approfittando dell’euforia del Black Friday per causare un’epidemia capace di
mettere rapidamente in ginocchio non solo la città di New York, vero e proprio
focolaio della malattia, ma gli Usa nella loro interezza.
Dopo essersi
prodigata per aiutare la JFT nelle operazioni di soccorso, aver contrastato la
dilagante ondata di criminalità che ha inevitabilmente invaso le strade
innevate di New York e aver scoperto i motivi che hanno spinto il Dr. Amherest
a diffondere l’agente patogeno, La Divisione, il reparto speciale composto da
agenti dormienti della Strategic Homeland Security “risvegliati” dal Presidente
attraverso la Direttiva 51, riceve una richiesta di aiuto proveniente da
Washington D.C. In The Division 2 la capitale degli Stati Uniti, identificata
da tutti come uno dei punti fermi della rinascita del Paese, è infatti tenuta
in scacco da bande criminali più o meno organizzate che, analogamente a quanto
accaduto a New York, stanno approfittando della situazione disperata per
tentare di prendere il controllo della città. In questo scenario entra in gioco
il protagonista del titolo. Quali agenti della Divisione si viene infatti
inviati a Washington D.C. dopo una breve sequenza iniziale, che funge da
tutorial di base e che fa da transizione tra le due ambientazioni. Una volta
arrivati nella capitale statunitense, il giocatore viene immediatamente
coinvolto nelle operazioni di difesa e ri-conquista gestite dalla Divisione,
che nel corso delle oltre 30 ore necessarie per completare la trama lo vedranno
impegnato a liberare i vari quartieri della città e a riattivare
progressivamente la rete di comunicazione SHADE in un classico mix di missioni
principali e secondarie che vengono rivelate passo dopo passo al giocatore
dalla base operativa, allestita per l’occasione all’interno della Casa Bianca.
The Division 2, come già largamente preannunciato da Ubisoft stessa, non
rappresenta una rivoluzione, ma una versione più matura e rifinita del sistema
di gioco originale, titolo capace comunque di raccogliere consensi nonostante
alcuni inevitabili difetti che hanno causato il disappunto dei giocatori. Con
questa nuova produzione la software house francese conserva lo stesso sistema
del predecessore, con la sostanziale differenza però che promette un
grandissimo numero di contenuti in più. Fortunatamente sembra che la lezione
del titolo originale sia stata recepita dagli sviluppatori, infatti,
raggiungendo il level cap a 30 e proseguendo ben oltre al semplice debellare la
minaccia e rimettere il Presidente al posto che gli compete le cose da fare
sono veramente molte. Ma andiamo con ordine. Parlando di gameplay, The Division
2 ha inizio con un editor del personaggio. A questo punto dopo un brevissimo
prologo si viene catapultati nella dura realtà di Washington D.C. I primi passi
nella capitale statunitense fanno capire subito che si ha a che fare con una
location ben differente dalla New York gelata dall’inverno e dalla desolazione,
depredata del suo splendore dalle gang criminali e distrutta dal virus che l’ha
messa in ginocchio. I paesaggi assolati, più vivi e meno claustrofobici, però
sono solo l’anticamera di un’altra città in rovina sulle cui strade si combatte
ancora la battaglia tra la vita e la morte. I sopravvissuti stanno tentando di
instaurare un nuovo ordine ma le gang sono ancora un ostacolo. In questo
scenario gli agenti della Divisione avranno ancora una volta il compito di
combattere i nemici della pace per ribaltare la situazione e cercare di creare
un nuovo mondo. Insomma, in The Division 2 cambia il periodo, il clima, gli
equilibri, eppure gli elementi che hanno contraddistinto e posto le basi per il
gameplay del gioco originale sono tutti lì, immediatamente riconoscibili. In
questo sequel la Casa Bianca funge da quartier generale delle operazioni della
divisione, ed è quindi un luogo dove tornare a raccogliere i frutti degli
sforzi in missione, acquisendo nuove abilità e potenziando il proprio arsenale.
Inoltre, da qui si diramano tutte le altre operazioni per la riconquista della
capitale.
Come nel suo
predecessore, anche in The Division 2 l’esplorazione è sempre libera e lascia
la scelta di decidere se perderci tra le strade alla ricerca di risorse utili,
o farsi guidare dal navigatore verso la prossima destinazione. Ingaggiare il
nemico sottraendogli man mano terreno prezioso e roccaforti, sarà invece utile
per far avanzare gli alleati e sfruttare il territorio per mutarlo in un
checkpoint prezioso da cui ripartire grazie allo spostamento rapido. Tali
avamposti ora si sommano ai rifugi, ricordando da vicino quelli presenti nella
serie di Far Cry. Sempre parlando di assonanze con il passato, anche in questo
nuovo capitolo della saga torna anche l’interfaccia che simula la realtà
aumentata a disposizione degli Agenti. Tramite effetti minimali e ben definiti,
questa funzione segnala tutti i dettagli di cui è necessario essere a
conoscenza: dagli spostamenti possibili grazie alla copertura in movimento,
fino agli indicatori di energia e ricarica nostra e dei nemici, passando per
tutta una serie di minuzie utili a immedesimarsi in un soldato dalle capacità
tecnologiche avanzate. Per chi ha già giocato al titolo originale, affrontare
The Division 2 avrà un sapore molto familiare. A livello grafico lo SnowDrop
Engine fa un lavoro squisito: Washington D.C. non genererà lo stesso incanto di
una New York in balia delle tempeste di neve nel periodo natalizio, ma la mole
di detriti dispersa per le strade unita a scenari urbani devastati, risulta
inquietantemente credibile, da lasciare ancora una volta a bocca aperta.
Sicuramente Ubisoft da questo punto di vista merita un grande plauso:
nonostante i capolavori usciti in questi tre anni nel panorama videoludico,
quello di The Division è uno dei setting più curati nella storia dei
videogiochi se comparati alla vastità della mappa. La cura maniacale per il
dettaglio, la ricerca della perfezione in ogni strada, palazzo o sotterraneo
raggiunge il suo apice nelle missioni principali, quando ci si trova a dover
esplorare edifici complessi nell’architettura, che raccontano tramite una
quantità spropositata di oggetti i loro scopi passati. La sensazione di
desolazione e smarrimento che si prova in questa versione di Washington D.C. è
veramente stupefacente e anche solo passeggiare nelle strade della capitale
americana provoca un brivido lungo la schiena. La città però non è solo quello
che si vede passeggiando fra i palazzi, infatti le strade celano anche
laboratori sotterranei, uffici governativi, locali commerciali e tanto altro.
Il nostro consiglio? Usare meno possibile il viaggio rapido e godersi le
bellezze offerte da The Division 2. L’esplorazione libera poi, oltre che essere
un ottimo metodo per trovare risorse e far esperienza, è anche un’ottima
tattica per poter scoprire segreti e trovare collezionabili che approfondiscono
la fase più critica dell’epidemia. Ovviamente il gioco non è perfetto, infatti
è presente qualche sporadica sbavatura come qualche glitch o alcune texture che
si caricano in ritardo, ma difronte alla maestosità dell’ambiente queste
piccolezze sono nulla. Il difetto peggiore dell’ultima produzione Ubisoft però
è la poca caratterizzazione dei personaggi i quali non riescono a raccontare
con efficacia tutto ciò che hanno passato nei mesi dell’epidemia. Anche il
protagonista soffre di questo difetto e purtroppo risulta essere un semplice
spettatore muto degli eventi che coinvolgono i sopravvissuti alla piaga. Mai
una parola, mai un’emozione, mai una reazione. Il proprio alter ego virtuale è
freddo, impassibile e insensibile. Quest’aspetto purtroppo, a nostro avviso, è
il difetto peggiore per un titolo del genere. Parlando di altro, come già visto
a New York, ogni tanto è possibile trovare in giro i così detti dispositivi
ECHO che, tramite la realtà aumentata, ricostruiscono scene chiave avvenute nel
passato, aiutando chi gioca a capire cosa ha portato al collasso la città.
Purtroppo questi espedienti non riescono a generare il climax necessario a
emozionare chi sta con il pad in mano e il doppiaggio in Italiano, seppur completo,
risulta alle volte in un’interpretazione priva di mordente. Insomma, dinanzi a
una catastrofe di questo genere come minimo ci si aspetta un pathos maggiore.
Durante il
peregrinare del protagonista si verrà spesso a contatto con informazioni su
personaggi e retroscena che arrivano a coinvolgere il governo americano, il
presidente e il suo personale, ma, come già evidenziato, l’assenza di una
caratterizzazione precisa e profonda dei personaggi in questione si dimostra un
neo non di poco conto. Fortunatamente la musica cambia nelle sessioni di gioco
dove bisogna combattere, infatti, nonostante il game loop è uguale a quello
visto in passato: si dal rifugio che si preferisce, si affronta la missione
fino a raggiungere il nemico più corazzato, si aumenta il livello, si
acquisisce nuovo equipaggiamento e si va vanti così, il combat system è davvero
ben fatto. Le missioni sono lunghe e impegnative, con l’IA che seppur
prevedibile in molti casi, mette a dura prova il giocatore cercando di
aggirarlo e circondarlo il più possibile, facendo uso anche di tecnologia
avanzata e dell’ambiente circostante. La strategia in battaglia, con le
maggiori variabili introdotte da nuovi strumenti e tipologie di nemici,
acquista un minimo di profondità in più, che finalmente varia l’azione per non
renderla troppo ripetitiva ed estenuante. In The Division 2 il senso di
progressione è dato dal ritrovamento e dal crafting dell’arsenale più potente,
al pari del primo capitolo, riducendo il comparto narrativo a mera preparazione
a quello che bisognerà affrontare una volta raggiunto il level cap. Ossia il
coop online e quindi la Dark Zone, che comporterà a sua volta l’inevitabile
grinding alla ricerca dell’equipaggiamento più raro e potente. L’introduzione
dei Clan, le marche degli equipaggiamenti e la personalizzazione dei i droni,
contribuiscono ad aggiungere qualche novità in più. Nonostante questo, però, è
la struttura generale a non subire cambiamenti di sorta fino al raggiungimento
del level cap e dell’end-game. La mancanza di innovazione nella formula
generale fa storcere il naso, ma sarebbe etichettare The Division 2 come una
sorta di espansione sarebbe un errore. A livello di personalizzazione e
crescita del personaggio, man mano che sale di livello il proprio alter-ego
ottiene dei punti abilità, che possono essere spesi per sbloccare uno degli 8
strumenti tecnologici sviluppati per incrementare le capacità difensive degli
Agenti. Il catalogo delle dotazioni utilizzabili sul campo di battaglia dopo
averle assegnate a uno dei due tasti dorsali, che include torrette difensive,
scudi, droni, lanciatori chimici e altri simpatici accessori, non solo è molto
vario ma può anche essere personalizzato in modo puntuale dal giocatore
attraverso numerose varianti, offensive o difensive, che possono essere
sbloccate utilizzando le componenti di tecnologia SHADE ottenute come
ricompense per le missioni completate o raccolte durante l’esplorazione.
Salendo di livello il giocatore può inoltre equipaggiare armi e dotazioni più
performanti. The Division 2 include, proprio come il suo predecessore, 7
categorie di armi differenti e un nutrito elenco di accessori come fondine,
corazze, guanti e simili, ognuna delle quali è dotata di caratteristiche uniche
che dipendono non solo dal livello, ma anche dal grado di rarità delle stesse,
che viene identificato anche in questa occasione dal colore e che corrisponde
ad un numero crescente di bonus e malus passivi o attivabili, come nel caso
delle armi, solo completando specifiche sfide o soddisfacendo requisiti
precisi. Alcuni oggetti inoltre faranno parte dello stesso “brand”, il che
permette di sbloccare vantaggi aggiuntivi quando si indossano 2 o più elementi
della stessa famiglia. Alcune parti dell’equipaggiamento, così come gli
strumenti sbloccabili consumando punti Abilità, possiedono inoltre uno o più
slot dedicati ad accessori e mod tramite i quali si può cambiarne sia l’aspetto
estetico che le caratteristiche base. Le modifiche estetiche, così come i capi
di abbigliamento con i quali personalizzare l’aspetto del personaggio, possono
essere recuperate sul campo di battaglia o acquistate nello store dedicato
presente all’interno del gioco spendendo crediti Premium, ottenibili tramite
classiche microtransazioni, mentre gli accessori relativi all’equipaggiamento
non solo possono essere raccolti, ma possono anche essere craftati, così come
tutto il resto, consumando le risorse raccolte esplorando o smantellando gli
oggetti dei quali sentiamo di non avere più bisogno. Per farlo è però
necessario possedere o sbloccare il relativo progetto, il che permette di
parlare anche di un altro aspetto legato alla progressione all’interno di The
Division 2. Nel nuovo titolo di Massive Entertainment infatti non bisogna solo
far crescere il proprio personaggio, ma anche la base operativa e gli
insediamenti presenti in città ottenendo in cambio, in aggiunta ai classici
punti esperienza e alle ricompense pecuniarie, anche la fedeltà di alcuni NPC,
i quali torneranno alla Casa Bianca per occuparsi di specifiche attività come
il poligono di tiro, l’area fai da te o l’intelligence, e tanti utili progetti.
Per ottenere tutto ciò non basta però completare le numerose missioni
secondarie proposte nei rispettivi insediamenti, ma è necessario contribuire al
benessere e allo sviluppo degli stessi donando materiali ed equipaggiamenti o
completando particolari attività per le strade delle città. Parlando della progressione
è poi impossibile non spendere due parole sul sistema di gestione delle
sessioni cooperative, capace di ridurre il divario tra Agenti di livelli
diversi grazie ad un sistema di adattamento dinamico della difficoltà
affiancato da un sistema di “boost” che innalza il livello dei giocatori più
deboli per rendere più equilibrata l’intera esperienza. Il sistema permette
inoltre di scambiarsi le armi raccolte mentre si gioca in gruppo, così da
favorire una gestione meno limitata dal loot. Insomma, The Division 2 è un
gioco a cui bisognerà dedicare moltissimo tempo.
Per quanto riguarda la componente multigiocatore che ha caratterizzato il titolo, anche in The Division 2 fa ritorno la zona nera. Per chi non avesse giocato al primo, è bene sottolineare che esse sono delle aree della mappa ancora contaminate dal Veleno Verde nelle quali squadre di giocatori umani possono decidere di cooperare o di darsi battaglia mentre tentano di sopravvivere ai nemici controllati dalla I.A. e di recuperare equipaggiamenti speciali, che prima di poter essere utilizzati devono però essere decontaminati. Per farlo è necessario raggiungere delle specifiche aree della Zona Nera e richiedere l’intervento di un elicottero, cercando nel frattempo di non farsi sottrarre il prezioso bottino da altri giocatori. Uccidere gli altri agenti e rubare non sono però azioni da compiere troppo alla leggera. I giocatori che decidono di “macchiarsi” di questi crimini diventano infatti dei “traditori”, esponendosi così al rischio di affrontare scontri in PvP, che a differenza di quanto accadeva in passato rimangono disattivati fino a quando il giocatore non viene etichettato come tale. Lo status di traditore si articola su tre livelli crescenti, ai quali corrispondono ricompense e “via di uscita differenti”. Chi si dedica solo al furto diventa un traditore “semplice”, il che non comporta altre conseguenze se non quella di poter essere attaccati. Nel momento in cui si uccide un altro agente si diventa però dei Rinnegati, con conseguente comparsa di una taglia sulla propria testa, la cui entità e durata variano in modo proporzionale alle azioni commesse. Per uscire da questo status, e ottenere le ricompense, bisogna resistere fino a quando la taglia non scade, altrimenti sarà il nostro killer a riscuoterle. Coloro che uccidono un discreto numero di Agenti diventano poi i bersagli di vere e proprie “Cacce all’Uomo”, dalle quali è possibile uscire solo raggiungendo uno dei terminali SHADE presenti nella zona, attraverso cui è possibile ripulire la propria fedina o, perché no, incrementare ulteriormente la propria reputazione per ottenere ancora più ricompense. Queste però non sono le uniche differenze presenti col passato. Infatti in The Division 2 le zone nere sono ben 3, ognuna delle quali propone ai giocatori un teatro di battaglia differente presentato attraverso una missione specifica. Per evitare il ripetersi delle situazioni poco gradevoli viste nel primo capitolo, gli sviluppatori hanno inoltre deciso di normalizzare le statistiche legate agli equipaggiamenti di chi si avventura nelle Zone Nere, così da porre l’accento sulle capacità dei giocatori piuttosto che sulle loro dotazioni. Le Zone Nere inoltre non rappresentano però l’unica componente PvP presente in The Division 2. Per venire incontro alle richieste della community, il nuovo capitolo include anche una modalità di scontro tra giocatori più convenzionale accessibile in qualunque momento dopo aver completato il prologo iniziale, chiamata Conflitto. Qui al momento trovano spazio due tipologie di sfide classiche, ovvero Schermaglia e Dominio. Anche in questo caso le statistiche delle dotazioni vengono normalizzate prima di ogni incontro ed è presente una progressione separata rispetto a quella del titolo principale, così come accade nelle Zone Nere. Tirando le somme, con The Division 2 Ubisoft e Massive Entertainment hanno fatto tesoro degli errori passati e dei feedback ricevuti dai giocatori, creando un titolo che lascia davvero poco spazio alle critiche. La quantità di contenuti, un end-game ricco di attività e un sistema di progressione ben strutturato ed appagante rendono il secondo capitolo del franchise un “must have” per tutti gli appassionati del genere. Uniche controindicazioni? Lasciar perdere se si ha poco tempo ed evitare di giocare in solitaria in quanto l’esperienza di gioco è ancora più appassionante se giocata con altri 3 amici.
GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 9,5
Sonoro: 8,5
Gameplay: 9
Longevità: 9
VOTO FINALE: 9
Francesco Pellegrino Lise