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WALTER VELTRONI, L'INTERVISTA DE L'OSSERVATORE D'ITALIA: "NON AVERE NOSTALGIA DEGLI ANNI DI PIOMBO"

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Tempo di lettura 3 minutiPrima di essere un politico, Walter Veltroni è un uomo di cultura. Lo ha dimostrato in tutte le azioni intraprese da quando fu chiamato a dirigere l’Unità, storico giornale di partito, lo ha prof

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di Silvio Rossi 

Abbiamo incontrato il fondatore del Partito Democratico, ed ex Vicepresidente del Consiglio dei ministri, Walter Veltroni, in occasione di una proiezione del film documentario che ha realizzato per ricordare la figura di Enrico Berlinguer a trent’anni dalla morte, avvenuta per le conseguenze di un ictus che lo colpì durante un comizio a Padova, nel giugno 1984.

Prima di essere un politico, Walter Veltroni è un uomo di cultura. Lo ha dimostrato in tutte le azioni intraprese da quando fu chiamato a dirigere l’Unità, storico giornale di partito, lo ha profondamente trasformato, rendendolo moderno e attento alla società, incrementandone notevolmente la tiratura (fino a oltre 150.000 copie), anche attraverso iniziative quali la vendita di videocassette allegate al giornale (operazione imitata dalle maggiori testate italiane) e la scelta di aprire un’edizione online, primo organo di informazione italiano nel gennaio del 1995.

Alla nascita del governo Prodi, del quale fu il più stretto collaboratore, l’anno successivo, fu quasi naturale il suo incarico come Ministro dei Beni Culturali. E anche in questo incarico anticipò molte iniziative che oggi sono entrate a far parte del vissuto ordinario dei cittadini italiani, come l’apertura notturna dei musei e la ricerca dei fondi attraverso il gioco del lotto.

Numerosi sono i libri che ha scritto, molti di saggistica, nei quali ha parlato di politica, ma non solo, con una predilezione per gli Stati Uniti d’America e i presidenti democratici (da Kennedy a Clinton), fu uno dei primi sostenitori di Barack Obama quando ancora la sua elezione alla Casa Bianca sembrava un sogno di difficile realizzazione. Ma non ha disdegnato la scrittura di romanzi, sempre legati ad un’idea di società proiettata in avanti, più equa di quella che ci troviamo intorno.

Era naturale che il dialogo intrapreso tra Veltroni e i suoi lettori sfociasse in un’opera cinematografica. Perché l’ex segretario del PD il cinema ce l’ha nel sangue. Il padre Vittorio fu uno dei più geniali dirigenti della Rai del dopoguerra. Studiò all’Istituto di Stato per la Cinematografia e la Televisione dove si diplomò nel 1973.

Per narrare quindi la figura di Berlinguer ha scelto di utilizzare il mezzo che meglio può generare un’identificazione tra lo spettatore e il contesto narrato sullo schermo. I più anziani riguardano con nostalgia le inquadrature di alcuni comizi storici dell’allora PCI, i giovani restano invece incantati dalla passione dimostrata non solo da Berlinguer, ma da tutti i protagonisti e dalle folle inquadrate nelle scene del documentario.

Ma, come ha detto lo stesso Veltroni prima dell’inizio della proiezione, non è un film nostalgico, perché non si può avere nostalgia di quegli anni, che avevano certo una forte passione, ma che sono sfociati in episodi tragici, e lui stesso ha ricordato come ha visto uccidere alcuni suoi amici solo perché militavano in un certo partito, come ha visto suoi amici uccidere altri ragazzi, perché l’odio politico ha accecato le menti di una generazione, a destra come a sinistra. Ha ricordato come a un ragazzo di sinistra erano preclusi certi quartieri, e altrettanto accadeva in altri per i ragazzi di destra.

Il valore del documentario è comunque innegabile. Ricordando la figura di uno dei massimi esponenti politici dell’epoca, che viene oggi spesso citato (talvolta a sproposito) come esempio di moralità, e che ha visto riconosciuta la sua onestà morale e intellettuale da tutti i suoi avversari del tempo.

Abbiamo posto alcune domande a Veltroni, per cercare di comprendere meglio cosa resta oggi del messaggio di Berlinguer:

 

D.        Perché Berlinguer? Cosa aveva di diverso rispetto agli altri leader del Partito Comunista che erano con lui o che avevano preceduto?

R.        Intanto è stato il segretario, a differenza di Ingrao, Pajetta o altri, e poi è stato un segretario particolare, che ha introdotto grandissime innovazioni, che ha cambiato natura al partito comunista mantenendogli l’identità. Lo ha portato dal 25 al 34% in tre anni, insomma è stato veramente un protagonista della vita politica.

D.        Sul fronte dell’innovazione, vorrei fare quattro nomi da mettere insieme: Berlinguer, Occhetto, Veltroni e Renzi. Tutti e quattro hanno realizzato grandi innovazioni, nel caso di Occhetto la svolta della Bolognina, lei ha fondato il PD. Tutti e quattro però hanno subito forti critiche dentro al partito. Come mai?

R.        Le leadership con una certa fisionomia di innovazione inevitabilmente aprono delle discussioni, e questo è un bene che sia così. Però penso che, Berlinguer in primo luogo, e poi ciascuna delle persone che lei ha citato abbia cercato di aiutare la sinistra a crescere.

D.        E questo aspetto sul suo libro “E se noi domani” lei l’ha affrontato. Ha scritto, e lo ha ripetuto in più occasioni, che la sinistra è tale quando guarda avanti, si rinnova. Non crede che coloro che hanno contrastato Berlinguer prima, e poi gli altri innovatori sono invece quella parte di sinistra che tende a essere conservatrice?

R.        Ma questa è una fisiologia abbastanza classica, in tutte le forze di sinistra ci sono anime diverse che si confrontano, questo è fisiologico.

 

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