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Costume e Società

BANDA DELLA MAGLIANA – I PARTE

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Tempo di lettura 7 minuti L'Osservatore D'Italia ripercorre ad episodi la storia della Banda della Magliana

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di Angelo Barraco

Roma – Oggi Trastevere è un quartiere alla moda, meta di turisti che tra questi vicoli riscoprono il fascino di Roma. Oggi le case sono state ristrutturate, ma è rimasto intatto il fascino della Roma popolare. Negli anni 70 il volto di Trastevere era un altro; è un quartiere dove le case sono senza servizi, abitate da operai e piccoli artigiani. Nel quartiere, di notte si svolgono attività criminali come prostituzione e bische clandestine. Tra questi vicoli c’è il forno della famiglia Giuseppucci, famiglia semplice. Franco, il figlio del proprietario, lavora lì sin da bambino ed è proprio così che si è guadagnato il suo soprannome, “Er Fornaretto”. Ma il Fornaretto all’odore del pane preferisce l’odore dei soldi, così nel tempo libero frequenta una sala corse ad Ostia, dove impara che i criminali lì godono di rispetto e che i soldi possono raddoppiare facilmente come altrettanto facilmente si possono perdere. Nel 1976 Franco Giuseppucci ha poco meno di 30 anni, ha compiuto qualche piccola rapina, decide che deve rischiare e come prima mossa stringe amicizia nell’ambiente criminale locale, offrendosi di custodire armi nella roulotte di sua proprietà. 

Il 14 gennaio 1976 la roulotte viene perquisita e viene sequestrato l’arsenale e Giuseppucci viene arrestato. Pensa che la sua carriera da criminale termina con l’arresto, ma è proprio l’ambiente carcerario di Regina Coeli ad offrirgli nuove alleanze, acquisisce la fama di duro ed un nuovo nome di battaglia: “Er Negro”, per via della sua carnagione scura. Quando esce ha capito dove ha sbagliato e si è prefissato un obbiettivo, diventare il più importante boss della mala romana. La prima regola di un boss è avere un gruppo d’uomo, Er Negro recluta i suoi amici di sempre. Il primo ad essere reclutato è Renzo Danesi. Er Negro ha stretto alcune alleanze, ma all’inizio del 1977 è ancora un piccolo criminale di quartiere, ha ripreso a custodire armi per conto d’altri. Questa volta le tiene con se, nascoste in un borsone all’interno della sua auto, fino al giorno in cui la sua auto viene rubata. Infuriato per il furto inizia a cercare colui che ha commesso il furto, le informazioni che raccoglie lo conducono ad un giovane ladro del quartiere Magliana, Maurizio Abbatino detto “Crispino” per via dei suoi capelli ricci. Giuseppucci deve decidere se andare da Abbatino e vendicarsi per il furto oppure allearsi. Giuseppucci propone a Crispino di usare insieme quelle armi per mettere in atto un colpo che li possa arricchire per davvero. La proposta viene accolta e nasce così la Banda della Magliana.

E’ il 1977, si verificano scontri tra Polizia e soggetti aventi ideali degli anni passati. In questo trambusto si sviluppa la microcriminalità, ovvero piccoli gruppi criminali che si uniscono per un solo colpo e poi si sciolgono, tale meccanismo prende il nome di “Batteria”. Si sviluppa anche un’altra forma di manifestazione criminale, il sequestro di persona. Nel 1977 Giulio Grazioli è poco più che 30enne, figlio del Duca Massimiliano Grazioni Lante Della Rovere le cui discendenze risalgono alla Roma dei Papi. Giulio Grazioli ha la passione per le armi e i fuori strada, passione che condivide con un suo amico, Enrico Mariotti. Enrico Mariotti sembra uno per bene, in realtà gestisce una sala corse ad Ostia e le sue amicizie più strette contano malavitosi che frequentano la sua sala corse tra cui Franco Giuseppucci “Er Negro”. Ed è proprio lì che Mariotti indica a Giuseppucci il colpo della svolta. Giuseppucci affida il sequestro ad una “Batteria” amica, così da poter essere libero ed avviare le trattative. Il primo contatto dei rapitori con Giulio Grazioli avviene dopo poche ore dal sequestro, telefonata in cui vengono chiesti 10 miliardi. Mariotti è il primo ad arrivare a Palazzo Grazioli, da A Giulio Grazioli un registratore per registrare le telefonate. Ma tutto ciò ha un fine, ovvero controllare in modo diretto le attività di indagine delle forze dell’ordine. Le trattative vanno avanti per mesi. I sospetti dei Carabinieri, con il tempo, cadono su Enrico Mariotti, l’amico di Giulio Grazioli. Mariotti perciò decide di sparire e scappa a Londra. Non essendoci più il basista di Giuseppucci, quest’ultimo si affretta nel chiudere le trattative riducendo la cifra del riscatto a un miliardo e mezzo. Giulio Grazioli depone la somma all’interno di un borsone, i rapitori puntuali si fanno sentire e danno indicazioni al figlio del Duca per il luogo della consegna del denaro verso la periferia romana. Giulio Grazioli, dopo le indicazioni date dai rapitori, giunge ad un parcheggio affianco ad un cavalcavia, qui trova la prova che tanto aspettava, una foto del padre vivo con in mano il quotidiano del giorno. Accando un biglietto dice che presto abbraccerà suo padre. Sotto il cavalcavia ci sono coloro che hanno il compito di prelevare il denaro, il figlio del Duca lo getta dal cavalcavia e la trattativa sembra, apparentemente, conclusa. Consegnato il denaro il figlio del Duca era convinto che il Duca fosse stato liberato in fretta ma non fu così, i giorni, i mesi passarono ma il Duca non tornò; come mai non rispettarono i patti i rapitori? Il Duca è stato ucciso qualche giorno prima dello scambio per aver riconosciuto uno dei rapitori, la foto che è stata inviata al figlio lo ritrae già morto.

 

Franco Giuseppucci “Er Negro”, ha adesso il capitale necessario per poter investire su affari miliardari. Sua è l’idea della suddivisione del denaro in quote pari, chiamata “Stecca Para” e sua è l’idea di creare un fondo da poter utilizzare in caso di necessità. La prima fonte di investimento su cui punta Giuseppucci è la droga. Giuseppucci tesse una rete di fornitori suddivisa a zone di competenza, scientifica e capillare in modo tale che il controllo della droga è in mano solo ed esclusivamente ai ragazzi della Banda della Magliana. La città viene suddivisa in zone: i quartieri Testaccio e Trastevere vanno a Renatino De Pedis e Danilo Abbruciati detto “Il Camaleonte”, alla Magliana e al Trullo restano Abbatino e Danesi. Ogni capo reclutava spacciatori sulle strade si Roma, tra cui una giovane, Fabiola Moretti, che inizia a frequentare la Banda nel 1979. Diventa la compagna di Danilo Abbruciati e collaboratrice fidata di De Pedis. Il carisma di Giuseppucci porta la Banda al totale controllo del traffico di stupefacenti nella capitale. La Magliana, Trastevere e Testaccio diventano improvvisamente zone tranquille e senza violenza, non avvenivano atti di violenza senza l’autorizzazione di Giuseppucci.

16 marzo 1978, il presidente della democrazia cristiana Aldo Moro viene rapito dalle Brigate Rosse. Per ritrovare Moro la Polizia è disposta a tutto, anche a chiedere aiuto ai criminali. Secondo la testimonianza di alcuni pentiti, si rivolgono al boss della nuova camorra organizzata, Raffaele Tutolo, che a sua volta incarica il boss di Acilia e Ostia che è Nicolino Selis. Selis coinvolge la Banda della Magliana, sa che Giuseppucci è in grado di scovare il covo dove è tenuto segregato Aldo Moro. I collaboratori di giustizia raccontano che Giuseppucci riesce a trovare il covo, Abbatino racconta di un incontro tra Giuseppucci e L’Onorevole F.Piccoli. Il sequestro Moro non da a Giuseppucci i frutti sperati e la sua collaborazione con le più alte cariche dello stato finisce lì. Aldo Moro viene trovato morto e la Banda della Magliana ha un nuovo alleato, Nicolino Selis. Tra gli amici di Selis c’è Antonio Mancini detto “Accattone”, si unisce alla Banda e compie delitti efferati, adesso è collaboratore di giustizia.

Giuseppucci negli anni si è preso il controllo su tutto, da semplice fornaio è diventato un boss temuto e rispettato, ma vuole ancora di più, vuole prendersi anche il racket delle scommesse clandestine. Le sue mire di espansione devo fare i conti con Franco Nicolini detto “Franchino il Criminale”, vecchio nemico di Selis e Mancini. Franco Nicolini gestisce gli ippodromi tra cui uno a Tor di valle, al confine con la Magliana, possiere una scuderia e riesce a condizionare l’andamento delle corse e incassa milioni di lire. Per conquistare il suo territorio la Banda ha soltanto una soluzione: l’omicidio. Il 26 luglio 1978 la Banda aspetta Franco Nicolini che esca dall’ippodromo, non appena è fuori viene colpito da una raffica di proiettili. E così la Banda prende in mano anche l’ippodromo di Tor di Valle. Gli inquirenti ignorano l’esistenza di una banda organizzata ma pensano che si tratti di una vendetta trasversale. Per Giuseppucci e soci inizia la vita che hanno sempre voluto, fatta di lusso, di eleganza e di rispetto. L’omicidio diventa il mezzo per dimostrare il potere raggiunto e colpisce chi non paga, chi reagisce ai soprusi. Un esempio di tale efferatezza è l’omicidio di un tabaccaio ucciso da due giovani che hanno ucciso il tabaccaio. Il tabaccaio era entrato in conflitto con Franco Giuseppucci che lo fa eliminare. Questo omicidio segna l’unione operativa tra esponenti della Banda della Magliana ed esponenti del terrorismo nero. Ad uccidere il tabaccaio infatti non è stata la banda della Magliana, ma secondo la testimonianza di alcuni pentiti è stato un certo Massimo Carminati. Carminati era il pupillo di Franco Giuseppicci ed era anche un giovane fascista che ha scelto la strada della lotta armata, è uno dei nuclei armati rivoluzionari. I NAR sono terroristi di estrema destra che negli anni 70 mettono sotto pressione la capitale, sono figli della Roma bene. Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, considerati i capi insieme a Massimo Carminati, sono stati condannati per la strage di Bologna avvenuta il 2 Agosto 1980.

Giuseppucci e Carminati si conoscono in uno dei bar controllati dalla banda e tra i due c’è subito intesa e rispetto. Carminati capisce che può usare la banda per raggiungere i suoi scopi, per i suoi fini politici. I NAR si finanziano attraverso le rapine, e Giuseppucci coglie l’affare, i soldi vengono investiti nell’usura e viene creato un arsenale comune, come nascondiglio scelgono gli scantinati del ministero della sanità all’Eur. Giuseppucci ha in pugno in controllo criminale della città, ma non immagina che l’alleanza con i NAR gli costerà cara, infatti una mattina di gennaio del 1980 accade una cosa che nessuno si sarebbe mai aspettato. Franco Giuseppucci viene nuovamente arrestato per furto, furto che però era stato compiuto da Massimo Carminati e compari. I rapporti con la destra eversiva che Giuseppucci aveva intrecciato lo hanno tradito, sei mesi più tardi il giudice che conduce le indagini su Giuseppucci, Giudice Mario Amato, viene ucciso il 23 giugno del 1980 in un agguato. Ad ucciderlo sono due sicari dei NAR. Giuseppucci non appena esce riallaccia i suoi rapporti criminali e i suoi affari specialmente quelli dell’ippodromo a Tor di Valle. Tutti sanno chi è stato ad uccidere “Franchino er Criminale” e c’è chi da anni brama vendetta. I fratelli Proietti, detti “i Pesciaroli” per via del banco del pesce che gestiscono ma che in realtà è un’attività di copertura per traffici illeciti. Il 13 settembre 1980 Franco Giuseppucci è a Trastevere, seduto in un bar in Piazza. Giuseppucci ha appena finito di giocare a carte con il fratello e con alcuni amici, saluta gli amici, sale in auto e infila le chiavi nel cruscotto. Un giovane si avvicina allo sportello ed ha esploso un colpo e spara a Giuseppucci, poi si allontana a piedi e viene raggiunto da un giovane alla guida di una moto. Giuseppucci si reca in ospedale da solo in auto ma muore. E la banda perde il suo capo.

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Rai Yoyo, per la gioia di grandi e piccini torna “L’Albero Azzurro”

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Tremila puntate per “L’Albero Azzurro”. Da lunedì 6 maggio il programma per bambini più longevo della tv italiana torna in una rinnovata edizione e per l’occasione viene promosso in prima serata “L’Albero Azzurro”. Appuntamento dal lunedì al giovedì, alle ore 20.50, su Rai Yoyo e RaiPlay.
 
Unico nel panorama televisivo italiano “L’Albero Azzurro” è il programma che ha saputo conquistare i cuori di intere generazioni: 32 edizioni, 34 compleanni dalla prima trasmissione del 1990, e ben 2099 puntate andate in onda fino a ora sono la forza di un progetto editoriale e di un brand Rai che ha da sempre saputo rinnovarsi nel segno di una evoluzione dei linguaggi e dell’estetica senza mai tradire l’intuizione originale e il significato poetico di un luogo speciale per i più piccoli. Quella di lunedì 6 maggio sarà la puntata numero tremila: un record per un programma dedicato ai bambini.
 
In occasione dei 70 anni della Tv, L’Albero Azzurro trova una nuova collocazione alle 20.50, regalando 15 storie originali ai bambini prima di andare a dormire. È un cambiamento che trasforma lo spazio luminoso dell’Albero Azzurro con una magica e suggestiva nuova luce. Le avventure di Dodò e dei suoi amici si aprono a una dimensione più intima, dove, attraverso storie coinvolgenti e qualche brivido, sono indagate le emozioni e le paure dei cuccioli. Il momento è speciale, al limite della giornata, prima o dopo il sonno, o dopo un momento intenso di attività. Le avventure ci accompagnano nel mondo fantasmatico che si delinea tra la coscienza e l’immaginazione, alla ricerca di parole e comportamenti che fanno ritrovare sicurezza e allontanano i timori.
 
Sempre nel segno del divertimento, Dodò (che ha la voce di Paolo Carenzo ed è animato da Emanuele Buganza) e i suoi amici Zarina e Ruggero incontrano creature buffe e bizzarri personaggi, fanno viaggi speciali e sogni incredibili guidati dalla stella più splendente, scoprendo così che anche i suoni provenienti dalle zone sconosciute o buie, molto spesso, possono essere più amichevoli che paurosi. A condurre il gioco sono sempre Laura Carusino e Andrea Beltramo, che con il loro sguardo attento rappresentano i rassicuranti ruoli di adulti di riferimento. Laura e Andrea proteggono, sostengono, invitano all’autonomia, aiutano ad affrontare con gioia e leggerezza, ma anche con chiarezza e verità, le piccole e “grandi” conquiste di ogni giorno.
 
In un ideale percorso di crescita, le avventure del nostro beniamino Dodò partono dalla “sua” casa, il set con l’albero azzurro, un nido che accoglie e disegna uno spazio colorato e rassicurante per tutti i bambini. L’innesco di trama è sempre un “problema” che impedisce al cucciolo di rilassarsi, che sia la paura del buio o dei mostri, la paura di fare brutti sogni o di lasciare andare un giocattolo rotto, fino ad arrivare a paure più complesse come la paura che i grandi litighino o quella di diventare grandi. Il passaggio segna l’ingresso nell’immaginario di Dodò.
 
Un nuovo set che porta la firma di Franco Bottara mette in scena il mondo del fantasmatico dove il problema e la paura vengono affrontati e risolti con l’aiuto di personaggi spaventosamente buffi e travestimenti capaci di suscitare stupore. Laura e Andrea danno vita a personaggi di fantasia in grado di tradurre le emozioni dei cuccioli e di aggiungere una nota comica e sdrammatizzante a situazioni che altrimenti potrebbero risultare troppo minacciosi. In questo modo, il format mantiene e rinforza il suo modo tipico di strizzare l’occhio a un tipo di ironia e di estetica che aggiunge una nota di contemporaneità e comicità che piace anche ai più grandi.
 
A problema risolto, si torna all’Albero. L’ultimo passaggio è quello della canzone che aiuta a ricomporre il conflitto e a spostare il focus del bambino dalle proprie paure individuali a un rituale condiviso e rassicurante…. Cantando, anche gli ultimi timori si dissolvono. Il corredo musicale è in linea con questa edizione speciale, proponendo qualche sano antidoto contro la paura, rime scaccia fantasmi e nuovi arrangiamenti per le canzoni già in repertorio. All’Albero Azzurro la cosa importante è stare insieme e rinnovare un modo autentico per crescere.
 
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Friuli Venezia Giulia, prosegue con successo il Festival delle Dimore Storiche

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Prosegue con successo con la seconda edizione il Festival delle Dimore Storiche organizzato da ADSI FVG (Associazione delle Dimore Storiche): quattro giorni per conoscere la storia del Friuli Venezia Giulia, visitando e vivendo il ricco patrimonio artistico ed architettonico della regione che spesso resta nascosto dietro siepi e cancelli.
 
Dal 25 al 28 aprile, con l’apertura straordinaria delle dimore e dei parchi, è stato realizzato un ricco programma di eventi organizzati grazie all’iniziativa dei proprietari: degustazioni, concerti, presentazioni di libri, esercizi di cucina..
 
Sono 21 le dimore private, ancora oggi abitate, che hanno aperto le porte e proprio i proprietari hanno fatto da guida per raccontarne non solo storia e caratteristiche architettoniche, ma anche aneddoti e curiosità dei luoghi che si tramandano da generazioni.
 
“È una grande soddisfazione poter organizzare il secondo Festival dopo la sfida della prima edizione: il nostro obiettivo era proprio quello di renderlo un appuntamento annuale; – sottolinea il presidente di Adsi Fvg Raffaele Perrotta –lavorando da mesi per costruire un programma ricco e vario in modo da attrarre sia chi vive sul territorio sia chi arriva da fuori regione e da oltre confine. Si tratta di un’occasione unica per far conoscere un patrimonio unico in Europa per storia, per valore culturale ed artistico.”
 
Sono sedici le dimore ad aver aperto in provincia di Udine: partendo dalla Carnia con Palazzo De Gleria (Comeglians), scendendo nelle colline a nord della città con Casa Asquini (Fagagna), La Brunelde Casaforte d’Arcano (Fagagna), Villa del Torso Paulone (Brazzacco di Moruzzo), Villa Gallici Deciani (Cassacco), Villa Schubert (Marsure), passando per il centro di Udine con Palazzo Orgnani,  Palazzo Pavona Asquini e Villa Garzoni, fino ad arrivare a sud con Casa Foffani (Clauiano), il Folador di Villa Rubini (Trivignano), Villa Iachia (Ruda), Villa Lovaria (Pavia di Udine), Villa Pace (Campolongo Tapogliano), Villa Ritter de Zahony (Monastero di Aquileia), Villa Vitas (Strassoldo di Cervignano del Friuli).          
 
Tre dimore invece nel goriziano, Villa Attems Cernozza di Postcastro (Lucinico), Villa del Torre (Romans d’Isonzo) e Villa Marchese de Fabris (San Canzian d’Isonzo), e due nel pordenonese, il Palazzo d’Attimis Maniago (Maniago) e Palazzo Scolari (Polcenigo).
 
Il programma è risultato ricco e variegato con oltre 40 eventi comprendenti aperitivi in villa e degustazioni, cene, presentazioni di libri, mostre d’arte e fotografiche, concerti, conferenze, spettacoli teatrali.
 
Per la visita guidata alle dimore era richiesta un’offerta minima di 10 euro a persona: i fondi raccolti serviranno a sostenere ulteriori progetti di valorizzazione del patrimonio culturale privato ADSI FVG e del territorio circostante. Bambini e ragazzi fino a 17 anni entravano gratis.
 
Il programma completo delle aperture e degli eventi con luoghi, orari e prezz disponibile su: bit.ly/3VryIWM, oppure consultando i profili social (Instagram e Facebook del Festival).
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A Milano l’arte elegante del pugliese parigino

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Palazzo Reale a Milano  sta celebrando, per la prima volta, con una mostra monografica, il talento di Giuseppe De Nittis esponendo una novantina dipinti, tra oli e pastelli, provenienti dalle principali collezioni pubbliche e private, italiane e straniere, tra cui il Musée d’Orsay e il Petit Palais di Parigi, i Musée des Beaux-Arts di Reims e di Dunquerke, gli Uffizi di Firenze – solo per citarne alcuni – oltre allo straordinario nucleo di opere conservate alla GAM di Milano e una selezione dalla Pinacoteca di Barletta, intitolata al Pittore, che ne conserva un eccezionale numero a seguito del lascito testamentario della vedova Leontine De Nittis.
 
La consacrazione di Giuseppe de Nittis come uno dei grandi protagonisti della pittura dell’Ottocento europeo è avvenuta grazie alla fortuna espositiva di cui ha goduto a partire dalla magnifica retrospettiva dedicatagli nel 1914 dalla 11a Biennale di Venezia. Altre tappe fondamentali sono state la mostra ‘Giuseppe De Nittis. La modernité élégante’ allestita a Parigi al Petit Palais nel 2010-11, e nel 2013 la fondamentale monografica a lui dedicata a Padova a Palazzo Zabarella.
 
In ‘De Nittis. Pittore della vita moderna’ si intende esaltare la statura internazionale di un pittore che è stato, insieme a Boldini, il più grande degli italiani a Parigi, dove è riuscito a reggere il confronto con Manet, Degas e gli impressionisti, con cui ha saputo condividere, pur nella diversità del linguaggio pittorico, l’aspirazione a rivoluzionare l’idea stessa della pittura, scardinando una volta per sempre la gerarchia dei generi per raggiungere quell’autonomia dell’arte che è stata la massima aspirazione della modernità.
 
I francesi e De Nittis, che si è sempre sentito profondamente parigino di adozione, hanno affrontato gli stessi temi, come il paesaggio, il ritratto e la rappresentazione della vita moderna che De Nittis ha saputo catturare lungo le strade delle due metropoli da lui frequentate, in quegli anni grandi capitali europee dell’arte: Parigi e Londra. Ha saputo rappresentare con le due metropoli, in una straordinaria pittura en plein air, i luoghi privilegiati della mitologia della modernità, che saranno collocati al centro di un percorso espositivo articolato lungo un arco temporale di vent’anni, dal 1864 al 1884, ricostruendo un’avventura pittorica assolutamente straordinaria, conclusasi prematuramente con la sua scomparsa a soli 38 anni di età. I risultati da lui raggiunti si devono a un’innata genialità, alla capacità di sapersi confrontare con i maggiori artisti del suo tempo, alla sua curiosità intellettuale, alla sua disponibilità verso altri linguaggi. È inoltre tra gli artisti dell’epoca che meglio si è saputo misurare con la pittura giapponese allora diventata di moda.La mostra vede infine la collaborazione di METS Percorsi d’Arte, che ha contribuito al progetto espositivo con l’apporto di un importante nucleo di opere provenienti da collezioni private, tra le quali il Kimono color arancio, Piccadilly e la celeberrima Westminster.
 
Tutto questo è sottolineato dalla mostra e dal ricco catalogo Silvana Editoriale.
 
Una vita breve ma sufficiente per entrare nella storia dell’arte
 
Giuseppe De Nittis nacque a Barletta il 25 febbraio 1846. A pochi mesi dalla sua nascita, il padre si suicidò dopo due anni di carcere per motivi politici e Giuseppe crebbe con i tre fratelli nella casa dei nonni paterni. Fin dall’infanzia manifestò una forte propensione alla pittura e, nonostante il parere contrario della famiglia, si iscrssee nel 1861 all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Insofferente agli schemi accademici, fu espulso due anni dopo ed iniziò a dipingere en plen air con altri artisti, come Federico Rossano e Marco De Gregorio. Nel 1866 partì per Firenze dove prese contatto con il gruppo dei Macchiaoli. Dopo aver visitato Palermo, Roma, Venezia e Torino, nel 1867 si trasferì a Parigi dove due anni dopo sposò Léontine Lucile Gruvelle. Nel 1869 partecipò per la prima volta al Salon con opere molto vicine al gusto parigino. Il soggiorno napoletano del 1870 vide il suo stile arrivare alla maturità e all’indipendenza artistica e il ritorno a Parigi nel 1872 segnò il suo successo con la partecipazione al Salon dell’opera ‘Una strada da Brindisi a Barletta’. Il dipinto ‘Che freddo!’ esposto al Salon nel 1874 rappresentò l’affermazione definitiva dell’artista, che si meritò anche l’appellativo ‘peintre des Parisiennes’ (pittore della parigine). Nello stesso anno partecipò con ben cinque tele alla prima esposizione di quello che sarà il gruppo impressionista tenutosi nello studio del fotografo Nadar. In cerca di nuovi stimoli partì poco dopo per Londra, dove realizzò una serie di opere dedicate alla vita quotidiana della città. Partecipò all’Esposizione Universale di Parigi nel 1878 con dodici lavori che polarizzarono l’attenzione sia del pubblico che della critica. Negli ultimi anni si concentrò particolarmente sulla tecnica del disegno a pastello. Colpito da una forte bronchite nel 1883, rimase per mesi bloccato a letto e dipingere diventò sempre più difficile; morì a  Saint-Germain-en-Laye (Francia)   il 21 agosto del 1884 a causa di un ictus cerebrale. È sepolto a Parigi, nel cimitero di Père-Lachaise (divisione 11) ed il suo epitaffio fu scritto da Alessandro Dumas figlio. Sua moglie Léontine donò molti suoi quadri alla città natale del pittore, ora conservati nella Pinacoteca De Nittis collocata nel Palazzo della Marra a Barletta.
 
Informazioni:
 
Una mostra Comune di Milano – Cultura | Palazzo Reale | CMS.Cultura
 
A cura di Fernando Mazzocca e Paola Zatti , fino al  30.06.2024
 
Orario: Da martedì a domenica ore 10:00-19:30, giovedì chiusura alle 22:30. Ultimo ingresso un’ora prima. Lunedì chiuso.
 
Biglietti
 
Aperto: € 17,00; Intero: € 15,00;Ridotto: € 13,00; Esclusi i costi di prevendita.
 
Info e prenotazioni: palazzorealemilano.it     mostradenittis.it
 
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