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Cronaca

Omicidio Rea: in esclusiva l'intervista a Michele, fratello di Melania

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Tempo di lettura 5 minuti Michele Rea: "Siamo soddisfatti perché non dimentichiamoci che comunque lui si è macchiato di questo delitto"

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di Angelo Barraco
 
Ascoli – “Pronto? C'è un corpo davanti al chiosco della pineta di Ripe“, così inizia il mistero legato alla morte di Melania Rea, una donna di 29 anni che scompare misteriosamente il 18 aprile del 2011 alle ore 15 in zona Colle San Marco ad Ascoli Piceno, luogo in cui si era recata con il marito Salvatore Parolisi, un militare che prestava servizio presso il 235esimo Reggimento Piceno, a prendere qualche ora d’aria con la loro bambina, un amore alla quale la donna non avrebbe mai detto addio. La donna si sarebbe allontanata per usufruire della toilette di uno chalet della zona e poi sarebbe scomparsa. Appena venti minuti dopo il marito ha chiamato le forze dell’ordine facendo avviare prontamente le ricerche con le unità cinofile a seguito. Un cane ha tracciato in un primo momento un sentiero e una delle prime ipotesi avvalorate dagli inquirenti era quella dell’allontanamento volontario poiché vi era una strada dove avrebbe potuto ricevere un passaggio da qualcuno verso zone limitrofe. Il 20 aprile di quell’anno, intorno alle 14.30-15.00, una telefonata anonima comunica la presenza del corpo a Ripe di Civitella, a 18 chilometri da Colle San Marco, in località Casermette.
 
Il referto autoptico parla chiaro, la donna è stata uccisa brutalmente con trentacinque coltellate che hanno interessato principalmente le zone del collo e del tronco. Non sono emersi segni di violenza sessuale e di strangolamento. Sul corpo della donna vi era inoltre conficcata una siringa ma che non ha determinato il decesso. Il delitto è stato collocato in un arco temporale che va dalle 24 del 18 aprile alle 3 del giorno dopo ed è stato compiuto in un luogo diverso rispetto al luogo in cui si trovava il cadavere.
 
Sin da subito l’attenzione è stata concentrata sul telefonista anonimo che ha segnalato e in quei giorni concitati di aprile del 2011 la Procura di Ascoli Piceno ha lanciato il primo appello sollecitando l’uomo a farsi avanti con gli inquirenti senza temere nulla, con il fine ultimo di poter fornire eventuali dettagli utili in merito a quanto ha visto quel giorno.
 
Salvatore Parolisi intanto racconta la sua versione dei fatti a “Chi l’ha visto?”, ricostruendo minuziosamente quanto accaduto il 18 aprile, evidenziando quali sono stati gli spostamenti fatti dalla moglie con la piccola Vittoria, parlando inoltre di quelle zone in cui si era recato con Melania e dove è stata rinvenuta priva di vita sottolineando: “ci ho fatto delle 'continuative', addestramento militare, con le tende montate per la notte”.
 
Dai tabulati emerge che Parolisi chiama la moglie un’ora dopo che la moglie si allontana dal suo raggio visivo in direzione toilette. Lui ha spiegato ai microfoni di “Chi l’ha visto?” che: “Lì per lì non è che sia partito preoccupato, non sono andato nel panico, ho continuato a giocare con la bambina”. L’uomo ha riferito inoltre che dopo 10 minuti dal loro arrivo e lui giocava con la bimba, la moglie si è allontanata. Alcuni testimoni raccontano di un episodio risalente al pomeriggio del 18 aprile, quando due soldatesse sarebbero state viste medesima zona e una di esse era particolarmente agitata. Altri testimoni parlano di strani movimenti di auto nel pomeriggio del 18 aprile.
 
Il 21 giugno è una data decisiva poiché Salvatore Parolisi viene iscritto nel registro degli indagati e gli elementi a suo carico sono diversi, uno tra tutti riguarda il fatto che nessuno ha visto ne lui ne la moglie nei tempi da lui indicati, nemmeno i ragazzi che si trovavano a Colle San Marco in quel preciso momento. I familiari di Melania urlano a gran voce la verità in merito a quanto accaduto e chiedono a Parolisi di dire cosa è realmente successo poiché non credono che quel giorno l’ex Caporal Maggiore e Melania Rea fossero a Colle San Marco poiché nessuno li ha visti.
 
Il 19 luglio scattano le manette per Parolisi con l’accusa di omicidio volontario poiché il Gip di Ascoli accoglie la richiesta della Procura. All’ex Caporal maggiore vengono contestati i reati di omicidio volontario pluriaggravato dal vincolo di parentela e crudeltà, vilipendio di cadavere in eventuale concordato con altri. L’esito autoptico è stato decisivo poiché ha stabilito che la donna è stata uccisa nello stesso lasso di tempo in cui marito ha dichiarato di trovarsi a Colle San Marco con la figlia. Emergono intanto delle conversazioni telefoniche tra Parolisi e la sua amante e lui riferisce a codesta che Melania si è allontanata volontariamente a causa della loro relazione ma era sicuro che sarebbe tornata entro pochi minuti. L’amante di Salvatore Parolisi ha raccontato anche un episodio: “Venerdì 16 ottobre, quanto è nata Vittoria, lui sarebbe dovuto venire da me a Roma, ma mi raccontò di aver saputo della nascita della figlia per aver visto le chiamate, presumo, da parte dei familiari sul proprio cellulare fatte durante la notte e quindi doveva scendere a Napoli”. Parolisi inoltre riferisce all’amante, nel corso di conversazioni postume alla scomparsa di Melania, che avrebbe fatto scomparire il telefono che usavano entrambi perché temeva una perquisizione. La donna si era chiesta come mai una così drastica scelta poiché Melania risultava semplicemente scomparsa. Per l’ex Caporal Maggiore viene chiesto il rito abbreviato, intanto gli viene tolta la potestà genitoriale. La condanna all’ergastolo arriva il 26 ottobre del 2012 con le sanzioni accessorie. Recentemente Salvatore Parolisi è stato degradato da caporal maggiore dell’Esercito. La Corte di Appello di Perugia ha accolto la richiesta della Procura generale in merito all’applicazione della pena accessoria prevista dalla sentenza definitiva di condanna per l’omicidio della moglie Melania Rea, per il quale l’uomo  sta scontando 20 anni di reclusione. E’ stato inoltre trasferito dal carcere militare di Santa Maria Capua Vetere a quello di Bollate e si apprende inoltre che consequenzialmente al provvedimento perderà lo status di militare e verrà interdetto dai pubblici uffici. Salvatore Parolisi aveva annunciato che il 3 ottobre avrebbe presenziato in Tribunale dei minori a Napoli per un’udienza che riguardava un’istanza attraverso il quale chiedeva di poter vedere la figlia Vittoria. 
 
Noi de L’Osservatore D’Italia abbiamo già approfondito la vicenda legata alla degradazione di Salvatore Parolisi attraverso le parole dell’Avvocato Mauro Gionni, legale della famiglia Rea e le parole dell’Avvocato Antonio Cozza, legale di Salvatore Parolisi. In questa nostra ultima intervista abbiamo parlato invece con Michele Rea, fratello di Melania Rea. 

– Salvatore Parolisi è stato degradato dal suo ruolo. Come avete accolto questa notizia?
Noi siamo soddisfatti perché comunque abbiamo fatto una lettera al Ministro della Giustizia nella quale comunque volevamo capire il perché questo assassino facesse ancora parte dell’Esercito. Quindi la risposta è arrivata e siamo soddisfatti perché non dimentichiamoci che comunque lui si è macchiato di questo delitto, essendo un assassino che nulla aveva a che fare con un reato militare non poteva né stare in un carcere militare di conseguenza né vestire una divisa la quale non ha fatto onore perché sicuramente non faceva bene a tutti gli altri militari che tutti i giorni sono sparsi in ogni parte del mondo, non ha mai onorato questa divisa ed è giusto che gli è stata tolta. 

– Che opinione ha in merito alla pena inflitta a Parolisi?
Purtroppo per questi delitti così la pena non è mai troppa, forse solo l’ergastolo poteva essere una pena giusta. Purtroppo non so in che modo i Giudici della Corte di Cassazione decisero che non c’era la crudeltà in questo delitto quindi ad oggi mi chiedo ancora che crudeltà ci deve essere nell’uccidere una persona, una donna. Già il fatto di ucciderla che è già crudele, quindi è una cosa che non andrà giù quindi diciamo che siamo soddisfatti a metà.
 
– Parolisi ha professato la sua innocenza. Quanto ha influito questa esposizione ai fini della condanna?
Ha saputo nascondere bene le bugie che poi sono venute fuori e tutto quello che poi, dalle indagini che ci sono state, non poteva essere altro che lui quindi è una cosa che comunque ti lascia l’amaro in bocca perché questa persona è stata accolta nella nostra famiglia come una persona diversa rispetto a quella che poi si è rivelata quindi sono cose che non ti danno segnali, un po’ di amaro c’è.
 
– La bambina come vive questa situazione?
La bambina questa situazione diciamo che la sta vivendo bene perché comunque noi ci siamo attivati con psicologi e quant’altro quindi la stanno seguendo. Vittoria è una bambina sveglia, è una bambina che sta crescendo e sta crescendo in una famiglia con dei valori, sicuramente dobbiamo dire “grazie a Parolisi” poiché adesso non ha una madre e un padre, è stato lui a togliere entrambi i genitori a sua figlia quindi diciamo che Vittoria sta crescendo bene e noi ce la mettiamo tutta per non farle mancare niente e per darle dei sani principi e sani valori. Purtroppo sa un po’ di quello che è successo e quindi noi andiamo avanti così e si cresce con la consapevolezza di quello che purtroppo è stato.  

Cronaca

Verona, all’Arena di pace oltre 10mila persone per Papa Francesco

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Papa Francesco all’Arena di Verona, per l’evento “Arena di pace”, è stato salutato con applausi da oltre 10mila persone.

L’arrivo del Pontefice ha “interrotto” il discorso che stava svolgendo sul palco don Luigi Ciotti, incentrato sul no alla guerra e alle armi. “E’ vietato illudersi, vietato arrendersi. Se tutto dice guerra, le scelte individuali di pace restano possibili e indispensabili” ha detto don Luigi Ciotti.

Papa Francesco, durante l’incontro, ha abbracciato l’israeliano Maoz Inon, al quale sono stati uccisi i genitori da Hamas il 7 ottobre, e il palestinese Aziz Sarah, al quale l’esercito israeliano ha ucciso il fratello, ora amici e collaboratori, applauditi all’Arena con una standing ovation. “Credo non ci sia bisogno di dire niente” ha commentato il Papa.

Papa Francesco è arrivato in auto all’Arena di Verona per presiedere l’incontro “Arena di Pace – Giustizia e Pace si baceranno”. Nel corso dell’evento il Pontefice risponde ad alcune domande sul tema, poste da operatori e associazioni.

“La cultura fortemente marcata dall’individualismo rischia sempre di far sparire la dimensione della comunità, dei legami vitali che ci sostengono e ci fanno avanzare. E questa in termini politici è la radice delle dittature. E inevitabilmente produce delle conseguenze anche sul modo in cui si intende l’autorità. Chi ricopre un ruolo di responsabilità in un’istituzione politica, oppure in un’impresa o in una realtà di impegno sociale, rischia di sentirsi investito del compito di salvare gli altri come se fosse un eroe. Questo avvelena l’autorità. E questa è una delle cause della solitudine che tante persone in posizione di responsabilità confessano di sperimentare, come pure una delle ragioni per cui siamo testimoni di un crescente disimpegno”. Lo ha detto papa Francesco nell’incontro all’Arena di Verona sulla giustizia e la pace, rispondendo a una domanda sul tema “La pace va organizzata” rivoltagli dall’afghana Mahbouba Seraj, venuta da Kabul, e da Giulia Venia del gruppo di lavoro sulla democrazia.

“Questo auguro a voi e alle vostre comunità: una ‘santità capace’, una fede viva che con carità audace semini il Regno di Dio in ogni situazione della vita quotidiana. E se il genio di Shakespeare si è fatto ispirare dalla bellezza di questo luogo per raccontarci le vicende tormentate di due innamorati, ostacolati dall’odio delle rispettive famiglie, noi cristiani, ispirati dal Vangelo, impegniamoci a seminare ovunque un amore più forte dell’odio e della morte. Sognatela così, Verona, come la città dell’amore. E che l’amore di Dio vi accompagni e vi benedica”. Ha evocato la vicenda di Romeo e Giulietta papa Francesco al termine del suo discorso ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose durante l’incontro nella Basilica di San Zeno, a Verona.

“Nella nostra società viviamo questa tensione: da un lato, tutto ci spinge ad agire velocemente, siamo abituati ad avere una risposta immediata alle nostre richieste e diventiamo impazienti se si verifica un ritardo. La rivoluzione digitale degli ultimi anni ci ha permesso di essere costantemente connessi, di poter comunicare facilmente con persone molto distanti, di poter svolgere il nostro lavoro a distanza. Dovremmo avere più tempo a disposizione e invece ci accorgiamo che siamo sempre in affanno, rincorrendo l’urgenza dell’ultimo minuto. Dall’altro lato, sentiamo che tutto questo non è naturale”, ha detto il Papa.

“Se c’è vita, se c’è una comunità attiva, se c’è un dinamismo positivo nella società, allora ci sono anche conflitti e tensioni. È un dato di fatto: l’assenza di conflittualità non significa che vi sia la pace, ma che si è smesso di vivere, di pensare, di spendersi per ciò in cui si crede”, ha detto papa Francesco nell’incontro sulla giustizia e la pace all’Arena di Verona, rispondendo a una domanda sul tema ‘La pace va sperimentata’ formulata dai rappresentanti del Tavolo Disarmo, Andrea Riccardi della Comunità di Sant’Egidio e Sergio Paronetto di Pax Christi.

“La pace non sarà mai frutto della diffidenza, dei muri, delle armi puntate gli uni contro gli altri” ha detto papa Francesco al termine dell’incontro all’Arena di Verona.

L’elicottero partito dal Vaticano è atterrato nell’antistadio del Bentegodi ed è stato accolto dal vescovo Domenico Pompili, dal presidente del Veneto, Luca Zaia, dal sindaco Damiano Tommasi, e dal presidente della Camera Lorenzo Fontana. E’ quindi salito nell’auto papale, che lo ha portato nella prima delle sue tappe della visita alla città scaligera, nella basilica di San Zeno.

Papa Francesco è arrivato in auto alla Basilica di San Zeno, a Verona, dove, come primo appuntamento della sua visita nella città veneta, incontra i sacerdoti, i religiosi e le religiose. Al termine, in Piazza San Zeno, il Pontefice ha incontrato i bambini e i ragazzi, prima di trasferirsi all’Arena di Verona per l’incontro “Arena di Pace – Giustizia e Pace si baceranno”.

“Cari fratelli sacerdoti, mi fermo su una cosa: i sacerdoti che sono ministri del sacramento della penitenza, per favore, perdonate tutto! Perdonate tutto. E quando la gente va a confessarsi, non andare lì a inquisire. E se voi non siete capaci in quel momento di capire, andate avanti, il Signore ha capito”. Lo ha detto papa Francesco ‘a braccio’ durante l’incontro con i sacerdoti e i consacrati nella Basilica di San Zeno, a Verona.

“Una visita importante e storica. E’ soprattutto importante che si parli di pace, bisogna ricordare il valore della pace, il valore della diplomazia in questo particolare momento storico”. Lo ha affermato il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, che stamani ha accolto papa Francesco a Verona. “Mi auguro – ha proseguito Fontana – che questo possa essere un appello che parte dal Papa da qui, da Verona, per tutta l’Italia ma soprattutto per tutto il mondo in questo difficile momento storico”.

“Il sentimento è di gioia per questo incontro lungamente atteso tra Verona e Papa Francesco, ma direi anche di speranza per questo incontro all’Arena di Pace, che mette al centro la realtà che oggi sembra perfino censurabile per la mente di molti, e invece è l’attesa che secondo me sta nel cuore di tutti”. Lo ha detto il vescovo di Verona, mons. Domenico Pompili, poco prima di accogliere papa Francesco per la visita alla città scaligera. “Papa Francesco – ha proseguito Pompili – avrà la possibilità di conoscere la città di cui ha sentito parlare tante volte, soprattutto per la musica lirica, di cui è appassionato. Per noi è l’occasione di ritrovare con lui la gioia del Vangelo, di cui è l’interprete più affidabile, e ripeto anche questa causa della pace, oggi così necessaria”, ha concluso.

“Sono pagine di storia alle quali magari non ci rendiamo conto di partecipare. La visita del Santo Padre in un momento nel quale il messaggio di pace che lui porta è attualissimo”. Lo ha detto il presidente del Veneto Luca Zaia, che stamani ha accolto papa Francesco per la visita a Verona. “Il Papa – ha aggiunto Zaia – sta facendo queste visite pastorali con questo messaggio che è importantissimo, in una regione che è l’unica al mondo che nella sua bandiera porta la parola ‘pace’ per millecento anni di storia. Hemingway diceva che la guerra è il contesto nel quale gli uomini peggiori mandano a morire gli uomini migliori: ecco, cerchiamo di fare in modo che aumenti il ‘peso’ degli uomini migliori rispetto agli uomini peggiori”, ha concluso.

“Qui c’è un megafono delle tante voci, che già ci sono, di tante persone, delle associazioni, dei movimenti che si stanno impegnando e che possono essere oggi uniti, per capire che non siamo da soli a pensare che che una delle alternative possibili è la pace”. Lo ha detto Damiano Tommasi, sindaco di Verona, che ha accolto papa Francesco al suo arrivo in città. “Al di là dell’empatia che papa Francesco sa creare ogni volta – ha aggiunto – credo che ci sia grande attesa perché c’è grande speranza anche per la nostra città, perché l’Arena di Pace è un luogo di dialogo, e la pace è molto sentita dalla comunità veronese”, ha concluso.

Un’enorme statua in bronzo e acciaio di oltre 10 metri, installata in piazza San Zeno, è stata benedetta da papa Francesco nella sua prima tappa della visita a Verona. La scultura, dal titolo “L’abbraccio”, è opera di Roberto Brizzi ed è stata realizzata nella fonderia artistica Bmn Arte di Verona, ideata dallo scultore Alessandro Mutto e realizzata con la collaborazione con lo specialista in bronzi artistici Ivo Adami. Pesa 4,5 tonnellate, con mani e piedi realizzate in bronzo fuso, mentre il corpo e le figure stilizzate sono fatte con l’acciaio. Nelle prossime settimane, la statua sarà smontata e trasportata a Gerusalemme, dove sarà collocata sul tetto del palazzo della Custodia, di fronte al Muro della Città vecchia, con un sistema di illuminazione interna che la renderà particolarmente suggestiva. Il progetto è stato voluto dall’associazione “Una Via Crucis per Gerusalemme” e dalla Custodia di Terra Santa, con il sostegno di mons. Rino Fisichella, di mons. Giorgio Benedetti e il placet del vescovo Domenico Pompili.

Nell’incontro di Papa Francesco con i detenuti del carcere di Montorio, a Verona, mancano numerosi reclusi, uomini e donne, del penitenziario, che hanno espresso il timore di essere riconosciuti nelle immagini delle telecamere di Vatican media, ammesse nella struttura. Lo si apprende da fonti del carcere.

Non c’è solo il pranzo con detenuti e operatori a segnare l’attenzione di papa Francesco per il mondo del carcere, nella sua tappa alla casa circondariale di Montorio a Verona. Tutta la visita del Pontefice ha visto la valorizzazione anche del lavoro dei carcerati.

“Speriamo ci sia riuscito di farle arrivare l’abbraccio che arriva da questa comunità Santo Padre e di poter condividere con lei la vita che scorre tra queste mura. Perchè qui scorre la vita, non si ferma”. E’ uno dei passaggi dell’indirizzo di saluto che la direttrice del carcere di Montorio, Francesca Gioieni, ha rivolto a Papa Francesco.

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Ardea, beccati in flagrante mentre tentano una rapina in casa

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ARDEA (RM) – I Carabinieri della Tenenza di Ardea hanno arrestato in flagranza due uomini italiani, un 46enne e un 47enne, già noti alle forze dell’ordine, gravemente indiziati per il reato di tentata rapina ai danni di un commerciante, 58enne.
La scorsa notte, una ragazza si è presentata presso gli uffici della Tenenza dei Carabinieri di Ardea, chiedendo aiuto e denunciando un furto in atto presso la propria abitazione di Ardea, via Modena.
Ragion per cui, due Carabinieri, liberi dal servizio e in borghese, acquisita la segnalazione, si sono recati immediatamente presso l’abitazione della donna dove hanno trovato un uomo in fase di colluttazione con il padre della ragazza. Immediatamente bloccato, i Carabinieri, su indicazioni della vittima, hanno appurato della presenza di un secondo complice e si sono messi alla ricerca dell’uomo che, prima dell’arrivo dei militari si era dileguato nei campi limitrofi, ma è stato immediatamente rintracciato e bloccato a circa 50 metri di distanza, nascosto tra gli arbusti.
La vittima, soccorsa, è stata trasportata presso l’Ospedale Sant’Anna di Pomezia, per le escoriazioni riportate durante la colluttazione ricevendo cinque giorni di prognosi.
I Carabinieri, ricostruendo la dinamica dei fatti, hanno appurato che, i due indagati si erano introdotti all’interno della cantina, con l’intento di asportare generi alimentari (olio e vino).
Per questo motivo, i due indagati, sono stati arrestati e condotti in caserma e sottoposti agli arresti domiciliari, in attesa del rito direttissimo. Al termine dello stesso, il giudice ha convalidato l’arresto per entrambi e disposto per loro la misura cautelare degli arresti domiciliari.



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Marcellina, perseguita moglie e figlia dagli arresti domiciliari: portato in carcere

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I Carabinieri della Stazione di Marcellina hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di aggravamento della misura cautelare degli arresti domiciliari con custodia in carcere a carico di un uomo italiano di 55 anni.
L’esecuzione del provvedimento da parte dei Carabinieri rappresenta l’epilogo di attività investigative mirate a far emergere i molteplici e duraturi comportamenti violenti denunciati dalla ex moglie dell’uomo, costretta a subire le vessazioni del compagno per lunghi periodi, oltre che frequenti violenze fisiche e psicologiche, fino a quando decideva di porre fine alla relazione.
A gennaio dello scorso anno, l’uomo usava violenza anche nei confronti della figlia, all’epoca 17enne, colpevole di essere andata a mangiare una pizza con sua madre, causandole lesioni al volto. Quest’evento ha convinto la donna a denunciare tutto, compresi i maltrattamenti subiti in passato, oltre l’ultimo gravissimo evento a danno della figlia. All’uomo veniva applicato il divieto di avvicinamento con braccialetto elettronico, e divieto dio comunicazione con la parte offesa.
L’uomo, non rispettando il divieto imposto, inviava messaggi minacciosi tramite social network alla ex moglie ed alla propria figlia, cercando di influenzare le loro deposizioni nel processo che si stava svolgendo a suo carico, arrivando a minacciarle anche in aula di tribunale.
In considerazione dei gravissimi fatti accaduti, dell’inosservanza della misura cautelare imposta al 55enne e della necessità di salvaguardare l’incolumità delle donne vittime di violenza, la Procura della Repubblica richiedeva ed otteneva dal Tribunale di Tivoli l’emissione di un aggravamento della misura cautelare in atto con quella della custodia cautelare in carcere, che veniva eseguita lo scorso 9 maggio dai Carabinieri di Marcellina, che traevano in arresto il soggetto e lo conducevano presso la casa Circondariale di Rebibbia.



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