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Cronaca

Anzio, 16enne violentata per anni dal padre militare. Il ministro Trenta: “Non è degno di essere chiamato uomo”

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 “La storia di una giovane, appena 16anni. Il suo incubo, le violenze subite dal padre: un militare. È sconvolgente. È talmente brutale la notizia, da non lasciare spazio alle parole. Non voglio dire altro, solo esprimere la mia vicinanza alla ragazza e stringerla in un grande abbraccio. Lo Stato Maggiore dell’Esercito provvederà quanto prima a prendere le opportune misure nei confronti del soldato arrestato. Un soggetto del genere non è degno di indossare l’uniforme, ne’ di essere chiamato uomo”. Lo scrive il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, sul suo profilo Fb commentando la notizia, riportata da Il Messaggero, di una giovane violentata per anni dal padre, un militare di 45 anni che vive ad Anzio. L’Esercito, che ha reso noto di aver avviato tutte le procedure per l’immediata sospensione del militare dal servizio, esprime “la totale intransigenza, tolleranza zero, nel contrastare tali inaccettabili condotte e la completa vicinanza alla ragazza nei cui confronti sono stati perpetrati gli abusi. Tali soggetti non sono degni di indossare l’uniforme”.

L’Esercito esprime “profondo sdegno e condanna”, dopo aver appreso dell’adozione di misure cautelari nei confronti del militare da parte del tribunale di Velletri su delega della Procura della Repubblica. “Il militare coinvolto si è macchiato, laddove le attività di indagine lo confermassero, di un comportamento riprovevole, immorale e inaccettabile, ancor più aggravato per uomini e donne che indossano l’uniforme e rappresentano lo Stato. Confermando totale disapprovazione e pieno rigore nel perseguire i comportamenti che violano i principi e i valori su cui si fonda l’Istituzione e assicurando la massima collaborazione e trasparenza con gli organi inquirenti, l’Esercito ha già avviato tutte le procedure per l’immediata sospensione del militare dal servizio”. Questo isolato avvenimento “viola l’etica militare, e lede fortemente la dignità e l’onore di tutto il personale dell’Esercito che, invece, con profonda onestà, professionalità, e spirito di sacrificio, quotidianamente svolge il proprio dovere”, conclude una nota del ministero della Difesa-Stato Maggiore dell’Esercito.

   Il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Enzo Vecciarelli, ha espresso, a nome suo e di tutti appartenenti alle Forze Armate, “la piena vicinanza e la solidarietà alla giovane che ha denunciato le violenze”.

    “Qualunque militare si macchiasse di tali comportamenti riprovevoli – ha sottolineato il Generale Vecciarelli – violerebbe anche l’etica militare, nonché la dignità e l’onore di tutto il personale con le stellette che quotidianamente con profonda onestà, senso del dovere e vicinanza alla collettività svolge il proprio dovere”.
    “In questi casi – conclude il Capo di Stato Maggiore della Difesa – le Forze Armate agiranno sempre in maniera ferma, rigorosa e severa al fianco della magistratura nell’accertamento delle responsabilità e prendendo gli adeguati provvedimenti nei confronti degli interessati”. 

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In Italia primi casi di puntura letale: sono i “parenti” della Dengue

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Un virus d’importazione, “parente” della Dengue e del West Nile, della famiglia delle arbovirosi che è già stato diagnosticato in Italia, intorno alla metà di luglio, nel laboratorio dedicato alle Bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano in due pazienti arrivati dal Brasile e da Cuba, e anche in Veneto, al Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell‘Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona), sempre in una paziente con una storia recente di viaggi nella regione tropicale caraibica. In tutto, i casi diagnosticati finora in Italia sono stati quattro. L’infezione provoca febbre molto alta, dolori articolari e muscolari e rash cutaneo e si trasmette all’uomo attraverso le punture di moscerini o di zanzare, principale vettore (la zanzara Culicoides paraensis) è attualmente presente solo in Sud e Centro Americhe e non è presente in Europa e ad oggi non esistono prove di trasmissione interumana del virus Oropouche.

Il segretariato di Bahia riferisce che i pazienti deceduti a causa della febbre Oropuche avevano sintomi come febbre, mal di testa, dolore retro-orbitale(nella parte più profonda dell’occhio), mialgia (dolore muscolare), nausea, vomito, diarrea, dolore agli arti inferiori e debolezza. In entrambi i casi, poi, i sintomi si sono evoluti con segni più gravi come macchie rosse e viola sul corpo, sanguinamento, sonnolenza e vomito con ipotensione, gravi emorragie e un brusco calo dell’emoglobina e delle piastrine nel sangue.

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Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

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Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

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Crollo della vela a Scampia, gravi due bambine

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Sono in gravissime condizioni due dei sette bimbi ricoverati all’ospedale Santobono di Napoli dopo il crollo della scorsa notte a Scampia.

Due delle sette piccole pazienti, rispettivamente di 7 e 4 anni, sono in gravissime condizioni per lesioni multiple del cranio e, attualmente, sono ricoverate in rianimazione con prognosi riservata.

Nello specifico, si legge nel bollettino dell’Ospedale Santobono, una bimba è stata sottoposta nella notte ad intervento neurochirurgo per il monitoraggio della pressione intracranica, presenta emorragia subaracnoidea, fratture della teca cranica e versa in condizioni cliniche gravissime, con prognosi riservata. L’altra, ha una frattura infossata cranica e grave edema cerebrale. È stata sottoposta ad intervento di craniectomia decompressa nella notte e impianto di sensore per il monitoraggio della pressione intracranica. Attualmente è emodinamicamente instabile e versa in condizioni cliniche gravissime con prognosi riservata. Altre tre piccole pazienti, rispettivamente di 10, 2 e 9 anni, hanno riportato lesioni ossee importanti e sono attualmente ricoverate in ortopedia. Una per un trauma maxillo facciale con grave frattura infossata della sinfisi mandibolare e con frattura di femore esposta, un’altra con frattura chiusa del terzo distale dell’omero sinistro, l’ultima con frattura dell’omero sinistro scomposta prossimale. Sono state stabilizzate e saranno sottoposte in giornata a intervento chirurgico ortopedico. Le ultime due, rispettivamente di 2 e 4 anni, hanno riportato contusioni multiple con interessamento splenico, trauma cranico non commotivo e contusioni polmonari bilaterali, ricoverate in chirurgia d’urgenza sono state stabilizzate e, al momento, non presentano indicazioni chirurgiche.

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