RIORDINO DELLE FORZE DELL'ORDINE: LA LEGA CAMBIA ROTTA SULLA RIORGANIZZAZIONE

di Matteo La Stella

Roma- La presentazione del disegno di legge siglato dai ministri Madia e Padoan per il riordino delle forze dell'ordine, in approvazione alla Commissione Affari Istituzionali del Senato, ha innescato nella giornata di martedì sit-in e malumori, conditi da una spruzzata di politica controcorrente. Infatti, dopo le manifestazione contro la soppressione della Guardia Forestale, che stando al disegno di legge verrebbe soppressa e accorpata alla Polizia di Stato, è arrivato il pollice verso da parte dell'ex Premier Silvio Berlusconi e della senatrice SEL, Loredana De Pretis, convinti sostenitori delle battaglie ambientali della Forestale, che non deve diventare la vittima sacrificale del riordino. In chiusura di giornata, è piombato sulla vicenda anche il leader del Carroccio Matteo Salvini. Intervenuto a Radio Radicale per la rubrica “Cittadini in divisa”, il leghista ha condannato la manovra del governo Renzi che, a suo dire-”Parla tanto per partorire acqua fresca”-, sottolineando come il nocciolo del riordino avrebbe dovuto puntare all'accorpamento delle forze di Polizia e Carabinieri, più che alla soppressione del Corpo Forestale Dello Stato, che vanta un organico di soli 8.000 uomini, rispetto ai circa 350.000 delle altre forze di Polizia. Una sterzata dunque nel pensiero padano, dato che la Lega Nord, nella sedicesima legislatura aveva già fatto muro alle proposte dei Radicali per l'accorpamento di Polizia di Stato e Carabinieri, a cui oggi il segretario della Lega darebbe voto favorevole. Ciò che regge questo riordino targato PD, è, secondo Salvini, retto da mega-dirigenti delle varie forze dell'ordine che hanno a cuore la loro "mega-poltrona". Dunque, il leader lombardo si conferma ancora una volta al passo coi tempi e con le esigenze di un paese da riordinare veramente.




CADUTI IN AFGHANISTAN: VERTICI DELLA DIFESA INDIGNATI DIFRONTE ALLA COSTITUZIONE

di Matteo La Stella

Roma – La conferenza intitolata “Afghanistan, quanto ci resta?”, organizzata martedì nella sala conferenze della regione Lazio, per mano dell'Associazione “ Caduti di guerra in tempo di pace”, è stata troncata rovinosamente dai vertici della Difesa che ne hanno determinato la brusca e inaspettata interruzione. Il generale Marco Bertolini, intervenuto in qualità di rappresentante del Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Graziano, ha interrotto l'intervento dell' Avvocato Giorgio Carta, tutore legale di numerosi procedimenti riguardanti uomini in divisa, dando vita, insieme al generale Giuseppe Nicola Tota, portavoce del Capo di Stato Maggiore dell'esercito, ad una messa in scena inopportuna. Subito dopo l'interruzione inquisitoria, il definitivo forfait delle alte cariche della Difesa, è stato segnato dalla ritirata “strategica” guidata dal generale Marco Bertolini, il quale, abbandonando la seduta, è stato emulato da tutti gli altri militari gallonati presenti alla conferenza.
L'incontro, voleva essere l'ennesimo monito lanciato alle sorde istituzioni, che ormai da tempo hanno abbandonato i familiari dei caduti alla deriva in un mare di dolore e incertezza.
Degli “invitati speciali”, dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Ministro degli Interni Angelino Alfano, alle ore 15:00, ora prevista per il lancio della conferenza, nemmeno l'ombra. Al loro posto una sfilata di lustrini e medaglie, puntati sulle giacche degli ufficiali e dei generali in rappresentanza dei vertici della difesa. Tra i relatori figurano invece giornalisti vicini alle vicende afghane, pronti a tirare le somme di una “missione di pace” che in 11 anni (dal 2003 al 2014) ha prodotto 54 vittime tra le fila dell'esercito fregiato dal tricolore.
 Dopo aver introdotto la tematica, intervengono i genitori di 4 caduti. Inizia Annarita Lomastro, madre del Caporal Maggiore David Tobini nonché fondatrice dell'Associazione, poi la moglie del Caporal Maggiore Capo Francesco Langella, i genitori del Caporal Maggiore Alessandro Di Lisio ed in fine i genitori del Caporal Maggiore Scelto Francesco Saverio Positano. Diverse le sorti dei loro affetti, come anche le loro storie. Ad accomunarli è il vuoto lasciato dai propri cari, la necessità di onorare i loro nomi fino alla morte e il desiderio di convincere lo stato italiano a prendersi le proprie responsabilità, perchè, come ripetono più volte-“L'Afghanistan non lo abbiamo chiesto noi”-.
 Poi inizia la “parata” militare, intervallata dagli interventi di alcuni relatori. La situazione inizia a vacillare già al termine dell'intervento del generale Giuseppe Nicola Tota, a cui la moglie del Caporal Maggiore Capo Francesco Langella domanda il motivo che impedisce ai familiari dei caduti, di recuperare il fascicolo degli stessi senza assoldare un legale a loro spese. Il generale, prendendo il centro della scena, asserisce ad alta voce, quasi urlando, che non si trova alla conferenza per dare risposte , che è una questione legale e che lo farebbe chiunque-”Per qualsiasi attività”.
L'evento, già in picchiata, raggiunge la definitiva caporetto a pochi minuti dall' inizio dell'intervento dell'Avvocato Giorgio Carta. Durante l'esposizione del suo punto di vista, evidenzia come l'intervento delle truppe italiane in Afghanistan vada a collidere con l'articolo 11 della Costituzione, che-”Ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”-.
 Quando il suo discorso tocca il bilancio della-”Guerra inutile”-, dalla platea irrompe il Generale Marco Bertolini, che arriva a definire i pensieri del legale, sebbene distanti dai suoi,-”Masturbazioni mentali”-. Con il supporto del Generale Giuseppe Nicola Tota, ne segue una sequela di urla, che cessano solo al momento della “ritirata strategica” di tutti i presenti in divisa, colpevoli di voltare ancora una volta le spalle ai familiari dei caduti in missione, che vogliono rispetto ancor prima delle risposte.




FIRENZE, GRANDI OPERE: 4 ARRESTI TRA CUI L'EX DIRIGENTE DEL MINISTERO ETTORE INCALZA

di Matteo La Stella

Firenze – Si contano 4 arresti ed oltre 50 indagati nell'inchiesta coordinata dalla Procura di Firenze, volta a tagliare le mani sporche che hanno gestito per anni gli appalti sulle grandi opere italiche. Le manette sono scattate per Ercole Incalza, super-dirigente del ministero dei lavori pubblici (ora consulente esterno), Sandro Pacella suo funzionario, e per gli imprenditori Stefano Perrotti e Francesco Cavallo. Nell'inchiesta figurerebbero anche nomi di politici che, secondo quanto appreso, non sarebbero esponenti di primo piano. I capi d'accusa contestati agli indagati sono di corruzione, induzione indebita, turbata libertà degli incanti e altri reati contro l'amministrazione pubblica. Le misure di custodia cautelare, eseguite dai Carabinieri del Ros dalle prime ore della mattina, si sono mosse tra Roma e Milano, coinvolgendo anche altre regioni dello stivale per controlli ad uffici pubblici e società riconducibili agli inquisiti. La corruzione nell'illecita gestione è, secondo la procura fiorentina gestita da Giuseppe Creazzo, un -”articolato sistema corruttivo che coinvolge dirigenti pubblici, società aggiudicatarie degli appalti ed imprese esecutrici dei lavori”-.

Ettore Incalza, considerato una figura di primissimo piano all'Interno del Ministero dei Lavori Pubblici, in cui ha militato per 14 anni, attraversando ben 7 legislature dal 2001 ad oggi, sarebbe il reggente del sistema delittuoso, supportato più e più volte dall'imprenditore Stefano Perrotti, a cui spesso e volentieri è stata affidata la gestione di appalti “truccati”,per lavori autostradali o ferroviari, dietro compenso.

Per quanto riguarda gli altri 2, Sandro Pacella è un funzionario del Ministero delle Infrastrutture, stretto collaboratore di Incalza e della sua “dottrina del malaffare”, mentre Francesco Cavallo è presidente del Cda di Centostazioni Spa, gruppo riconducibile a Ferrovie dello Stato. 

La scintilla che ha abbagliato la procura fiorentina, a cui è attribuita la paternità dell'indagine, proviene dagli appalti per l'Alta Velocità del nodo Fiorentino e per il sotto attraversamento della città. Da qui l'inchiesta si è allargata a tutte le maggiori tratte del centro nord Italia, per arrivare agli appalti sulle grandi opere toccate dal sistema, dalla Tav ad alcune opere per l'Expo di Milano.




CUNEO: 41ENNE UCCISO A SPRANGATE, L'ASSASSINO SI CONSEGNA

di M.L.S.

Cuneo – Un uomo di 41 anni è stato trovato morto in un parcheggio questa mattina, a Genola, piccolo centro del saviglianese in provincia di Cuneo. Massimo Scialabba di 41 anni, imprenditore edile, è stato giustiziato a colpi di spranga in Via Aldo Moro, nel parcheggio del condominio dove era domiciliato. Secondo quanto appreso, il carnefice è un italiano che si è consegnato alle forze dell'ordine, ed è ora sotto interrogatorio nella caserma dei Carabinieri di Savigliano. Ancora ignote le motivazioni che hanno mosso quest'ultimo e la sua spranga, già rinvenuta dagli investigatori. Stando alla prima ricostruzione dei militari, il killer era appostato ad aspettare il 41enne che, vedendolo, ha tentato di rifugiarsi nella sua automobile, senza successo. La salma di Massimo Scialabba presenta diverse ferite al volto e sul resto del corpo.




NOVARA: UCCIDE IL PATRIGNO AL TERMINE DELL'ENNESIMA LITE

di Matteo La Stella

Novara – L'ennesimo dissidio familiare ha rotto gli argini, tracimando follia e sangue nella periferia sud di Novara. Nell'appartamento di Via Juvarra, intorno alle 13:00 di sabato, Andrea Corallo di 27 anni e il suo patrigno, Davide Cabasso di 50 anni, avevano ingaggiato un'accesa discussione. Al termine della stessa, il 27enne, ha colpito diverse volte il l'ex compagno della madre con un coltello, prima di allertare i soccorsi che, giunti sul posto con un'ambulanza del 118, hanno trovato il corpo del 50enne già esanime. Andrea Corallo è stato invece arrestato dagli agenti della Polizia di Stato per l'omicidio dell'uomo. Sono ancora da chiarire le circostanze che hanno portato all'ennesimo litigio trasformatosi in tragedia. La vittima conviveva con il giovane disoccupato da quando la madre di questi era scomparsa diversi anni fa.




PERUGIA: ARRESTATO ALBANESE PER TRAFFICO DI ESSERI UMANI

di Matteo La Stella

Perugia – La Guardia di Finanza di Perugia ha arrestato un Albanese di 40 anni, condannato a 25 anni di reclusione per traffico di essere umani dal tribunale albanese di Valona. Il 9 gennaio del 2004, alle ore 18:00 circa, un gommone salpò dalle coste albanesi con a bordo 39 persone, che pagarono 1.500.00 Euro a testa per raggiungere l'Italia. Dopo una mezz'ora circa di viaggio, nelle acque del Golfo di Otranto, il gommone andò alla deriva, provocando 21 morti e 7 dispersi. Dagli accertamenti effettuati in seguito dalle autorità di Valona, la tragedia poteva essere evitata se solo gli scafisti alla guida del convoglio marino, avessero utilizzato i 3 razzi di segnalazione presenti a bordo. Così, oggi, uno di loro è stato arrestato dopo quasi 11 anni di latitanza. Il 40enne albanese, ricercato dal 2005 mediante un mandato di cattura internazionale, è stato rintracciato dalle fiamme gialle di Perugia. Per lo scafista, sospettato anche di traffico di sostanze stupefacenti, è scattato l'arresto oltre ad un biglietto di sola andata per l'Albania, dove verrà preso in consegna dalle autorità e costretto agli arresti per scontare la sua pena legata al traffico di essere umani.




CHIETI: STRANGOLA LA CONVIVENTE CON UN CAVO

di Matteo La Stella

Chieti – Gli agenti del commissariato di Vasto hanno arrestato la scorsa notte Joseph Martella, 57 anni, accusato di aver strappato la vita alla sua compagna con un cavo elettrico. Nella serata di domenica, all'interno dell' appartamento in via Eduardo De Filippo a Vasto Marina (Chieti), Daniela Marchi di 53 anni è stata strangolata dall'uomo con un cavo elettrico, successivamente rinvenuto nell'abitazione dagli agenti di Polizia, coordinati dal vicequestore Alessandro Di Blasio. Martella, dopo l'omicidio, ha allertato il 118 e la Polizia. A nulla sono valsi i tentativi di rianimare la donna esanime, mentre, il compagno, in evidente stato confusionale, non ha saputo fornire spiegazioni agli inquirenti, giunti intorno alla mezzanotte. Sul posto, oltre al vicequestore, sono accorsi anche il pm Giancarlo Ciani, per raccogliere materiale utile all'indagine e il medico legale Pietro Falco della ASL 2, impegnato ad effettuare un primo controllo sulla salma.

Per il 57enne sono scattate le manette con l'accusa di omicidio volontario. Durante la notte, nel primo interrogatorio svolto dal pm Ciani, l'uomo si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il legale di quest'ultimo, Massimiliano Baccalà, ha attribuito alla mancata risposta la necessità del suo assistito di ricostruire insieme a lui tutta la tragica vicenda, minuto per minuto, sottolineando come sia stato proprio Martella a consegnarsi spontaneamente alla forze dell'ordine. Intanto il 57enne è detenuto nel carcere di Torre Sinello. La salma della sua compagna invece, si trova nell'obitorio dell'ospedale di Vasto, in attesa dell'autopsia che si svolgerà domani.




BRESCIA: ANZIANO ANNEGATO PER DARE L'ADDIO AL SUO CANE

di Matteo La Stella

Brescia – Un anziano di 71 anni è annegato nel primo pomeriggio di domenica, inghiottito dalle acque del fiume Chiese a Montichiari, dove si trovava con la moglie. I due, avevano raggiunto la sponda del canale per consegnare allo stesso il corpo del loro defunto cane, morto all'età di sedici anni. L'anziano, individuato il punto esatto, si era incamminato verso l'acqua con il cadavere del quadrupede tra le braccia. Forse per l'aspra condizione del margine fluviale, l'uomo è inciampato, finendo nelle acque del rio Chiese. Sul posto, dopo i primi tentativi di soccorso ingaggiati dalla moglie, sono intervenuti i Vigili del Fuoco, i Carabinieri e il 118. Per l'anziano però, non c'è stato nulla da fare, è annegato sotto gli occhi della consorte, tradito dal fiume che avrebbe dovuto abbracciare il riposo eterno del suo compagno a quattro zampe. La salma senza vita del 71enne è stata rintracciata successivamente sul greto del fiume.




PAVIA: UCCIDE UN AGRICOLTORE PER CUI STAVA LAVORANDO E POI SI AMMAZZA

di Matteo La Stella

Pavia – I Carabinieri del nucleo radiomobile della compagnia di Voghera, durante un controllo nelle vicinanze del cimitero di Scaldasole, in provincia di Pavia, hanno rinvenuto il corpo senza vita del muratore 35enne, autore dell'omicidio di un agricoltore nelle campagne del pavese. Matteo Zanini, questo è il suo nome, è piombato nella cascina del 60enne Maurizio Varesi intorno alle 13:00 di domenica, con un fucile regolarmente denunciato. L'agricoltore, a bordo del proprio trattore, è caduto sotto i colpi sparati da Zanini, che ha premuto per tre volte il grilletto mirando al volto del conoscente prima di dileguarsi. Il corpo inerme di Varesi è stato rinvenuto dal nipote, che lo ha trovato riverso sul mezzo agricolo poco distante dal casolare, prima di dare l'allarme. Solo intorno alle 17:00 è stato poi rintracciato Zanini, trovato esanime nella sua automobile vicino al cimitero di Scaldasole, in località Barco. L'uomo si è ammazzato con lo stesso fucile utilizzato in mattinata per l'esecuzione, colpendosi alla gola, forse subito dopo aver sparato a Varesi.

A generare il raptus omicida di Zanini, sarebbe stata una lite per affari avvenuta sabato nel casale. Varesi infatti, aveva già richiesto in passato la manodopera del muratore 35enne per effettuare dei lavori all'interno della sua cascina e, ultimamente, gli aveva affidato la ristrutturazione di un portico. In merito a quest'ultima, sabato pomeriggio tra i due sarebbe nata una lite che ha dato vita all'escalation di sangue domenicale.




PAVIA: UCCIDE UN AGRICOLTORE PER CUI STAVA LAVORANDO, POI SI AMMAZZA

di Matteo La Stella

Pavia- I Carabinieri del nucleo radiomobile della compagnia di Voghera, durante un controllo nelle vicinanze del cimitero di Scaldasole, in provincia di Pavia, hanno rinvenuto il corpo senza vita del muratore 35enne, autore dell'omicidio di un agricoltore nelle campagne del pavese. Matteo Zanini, questo  il suo nome, è piombato nella cascina del 60enne Maurizio Varesi intorno alle 13:00 di domenica, con un fucile regolarmente denunciato. L'agricoltore, a bordo del proprio trattore, è caduto sotto i colpi sparati da Zanini, che ha premuto per tre volte il grilletto mirando al volto del conoscente prima di dileguarsi. Il corpo inerme di Varesi è stato rinvenuto dal nipote, che lo ha trovato riverso sul mezzo agricolo poco distante dal casolare, prima di dare l'allarme. Solo intorno alle 17:00 è stato rintracciato Zanini, trovato esanime nella sua automobile vicino al cimitero di Scaldasole. L'uomo si è ammazzato con lo stesso fucile utilizzato in mattinata per l'esecuzione, colpendosi alla gola, forse subito dopo aver sparato a Varesi.

A generare il raptus omicida di Zanini, sarebbe stata una lite per affari avvenuta sabato nel casale. L'agricoltore infatti, aveva già richiesto in passato la manodopera del muratore 35enne per effettuare dei lavori all'interno della sua cascina e, ultimamente, gli aveva affidato la ristrutturazione di un portico. In merito a quest'ultima, sabato pomeriggio tra i due sarebbe nata una lite che ha dato vita all'escalation di sangue domenicale.




RICCIONE: BAMBINO DI 5 ANNI MUORE A SCUOLA

di Matteo La Stella

Riccione (RN) – La tragedia si è consumata nel pomeriggio di venerdì, tra i banchi della scuola dell'infanzia Bertazzoni a Riccione. Il piccolo si trovava in classe quando è stato colto da un malore. Immediato l'intervento del personale sanitario del 118, che ha tentato di rianimare il bimbo già in arresto cardiaco e visibilmente cianotico durante il tragitto verso l'ospedale Infermi di Rimini. Quì è stato preso in consegna da un'equipe specializzata di medici che, dopo un'ora e mezza, ha dovuto constatarne il decesso. Il malore aveva colpito il piccolo all'improvviso, intorno alle ore 16:00, costringendolo ad accasciarsi sul banco. L'epilogo è ora affidato all'autopsia che dovrà determinare la causa del decesso, forse legato ad una malformazione cardiaca.