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Boss fugge da carcere di massima sicurezza: gli affiliati festeggiano con i fuochi d’artificio

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Si è calato con le lenzuola dal braccio di massima sicurezza del carcere di Badu’ e Carros a Nuoro e si è dato alla fuga. Marco Raduano, detto “Pallone”, originario di San Giovanni Rotondo (Foggia) di 40 anni, boss del clan dei Montanari della mafia garganica, è ora ricercato in tutta la Sardegna con posti di blocco nelle strade principali e secondarie, nei porti e aeroporti.

“Appena la Polizia penitenziaria ci ha allertato dell’evasione, intorno alle 19, abbiamo avviato il piano anticrimine in provincia di Nuoro, avvisato tutte le Questure della Sardegna e la Polizia di frontiera nei porti e negli aeroporti dell’Isola – conferma all’ANSA il questore del capoluogo barbaricino Alfonso Polverino – C’è un enorme dispiegamento di forze di Polizia e di uomini in tutta la regione, mentre la Polizia penitenziaria di Nuoro lavora sul fronte interno attraverso l’analisi di telecamere della casa circondariale e testimonianze”.

Continua la caccia all’uomo in Sardegna con un enorme dispiegamento di forze di Polizia in tutta l’isola, all’indomani dall’evasione dal braccio di massima sicurezza di Badu ‘e Carros, a Nuoro, di Marco Raduano, il detenuto pugliese di 39 anni, boss della Sacra Corona Unita che scontava l’ergastolo. I dettagli dell’evasione a mano a mano che passano le ore si fanno più nitidi: secondo le prime ricostruzioni degli investigatori dell’assenza di Raduano sarebbe stata accertata verso le 19 ma la fuga del detenuto, documentata da un video ora divenuto virale, risalirebbe alle 17.

Il detenuto avrebbe quindi avuto due ore di tempo per allontanarsi. Inoltre prende corpo l’ipotesi che l’evasione fosse programmata e agevolata da persone che lo attendevano all’esterno: “Per potersi calare dal muro ha potuto costruirsi una scala fatta con le lenzuola annodate e dei supporti per reggere il peso, una cosa che sembra difficile da realizzare senza averla programmata e studiata” ha detto all’ANSA il Questore di Nuoro Alfonso Polverino. Le immagini delle telecamere raccontano una fuga morbida: Raduano dopo essersi procurato le lenzuola e costruito una corda artigianale con delle lenzuola si cala da un’altezza di almeno cinque metri, agevolato nella caduta dalla presenza di un prato verde. Poi si guadagna l’uscita dalla casa circondariale passando sotto la recinzione metallica e sparisce dalle telecamere. Ma potrebbe esserci stato qualcuno ad attenderlo in quella periferia nuorese senza passare per il centro della città. Ora è ricercato in tutto il territorio dove sono sono stati allestiti numerosi posti di blocco.

Fuochi di artificio sono stati fatti esplodere ieri sera intorno alle 22.00 a Vieste, paese di origine di Marco Raduano, il boss 40enne ritenuto al vertice dell’omonimo clan garganico che è evaso poche ore prima dal carcere di massima sicurezza di Badu ‘e Carros a Nuoro in Sardegna. Secondo indiscrezioni, i fuochi d’artificio sarebbero stati sparati da affiliati al clan proprio per festeggiare l’evasione dell’uomo che è riuscito a fuggire calandosi con delle lenzuola annodate dal muro perimetrale. Marco Raduano è in carcere dall’agosto del 2018 quando venne arrestato in un primo filone di inchiesta nel blitz Neve di Marzo che disarticolò un sodalizio dedito al narcotraffico sul Gargano. In carcere tre condanne definitive che avrebbe finito di scontare nel 2046, poche settimane ha ricevuto una ulteriore condanna definitiva ad 19 anni di reclusione. L’uomo è ritenuto al vertice dell’omonimo clan. Scampò ad un agguato avvenuto il 21 marzo 2018 mentre stava rientrando a casa. Secondo gli investigatori, Raduano è una figura di spicco della guerra di mafia che si sta consumando nella città di Vieste e che dal 2015 conta già una decina di morti ammazzati, una lupara bianca e dieci agguati falliti.

Raduano vanta una lunga carriera criminale e ha condanne che deve finire di scontare nel 2046 per traffico stupefacenti con aggravante di mafia, omicidio, reati contro la persona, contro il patrimonio e in materia di armi e stupefacenti. Era in regime di alta sicurezza 3. Il 3 febbraio scorso gli era stata notificata una condanna diventata definitiva a 19 anni di reclusione, più tre anni di libertà vigilata, perché il ricorso in Cassazione era stato dichiarato inammissibile. Si tratta di una condanna legata alla maxi operazione antimafia ‘Neve di Marzo’, coordinata dalla Dda di Bari e svolta dai militari di Vieste a ottobre del 2019 quando fu sgominata un’associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico, aggravato dal metodo mafioso, che utilizzava anche armi da guerra. Il carcere di Badu ‘e Carros è una prigione di massima sicurezza dove sono rinchiusi diversi terroristi e mafiosi e da cui nessuno è mai evaso. Ci si interroga su come sia potuto succedere che un detenuto del braccio di sicurezza abbia trovato le porte aperte tanto da riuscire a scappare. E ci sono dubbi sull’orario della fuga: la Polizia penitenziaria ha dato l’allarme intorno alle 19 ma l’evasione potrebbe risalire a qualche ora prima. 

A darne la notizia alcune organizzazioni sindacali che rilanciano l’ennesimo allarme per le scarse condizioni di sicurezza in cui lavorano gli agenti di poliza penitenziaria. “Questa evasione nel disastrato sistema carcerario, è l’ennesima conferma dell’inadeguatezza, anche dello speciale circuito definito ad alta sicurezza – denuncia Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria – Un fatto che provoca come effetto collaterale l’inflazione della restrizione al carcere duro del 41-bis. Abbiamo organici della Polizia penitenziaria carenti di 18mila unità, equipaggiamenti inadeguati, sistemi tecnologici ed elettronici inesistenti o non funzionanti. Questo mentre sin dall’insediamento del Governo siamo in attesa di essere convocati dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, o almeno dal sottosegretario Andrea Delmastro delle Vedove, che sembra preferire le gite nei territori e gli incontri ‘privati’ a quelli ufficiali dei sindacati”. “Non abbiamo notizie certe di come possa essere avvenuta l’ evasione – afferma Giovanni Villa, segretario regionale Fns Cisl – confidiamo nelle forze dell’ordine affinché l’evaso venga catturato il prima possibile”. Per il segretario generale del Sappe, Donato Capece, “quel che è successo è di inaudita gravità ed è la conseguenza dello scellerato smantellamento delle politiche di sicurezze delle carceri”. Una situazione di forte allarme. “E’ tempo di dichiarare lo stato di emergenza delle carceri – incalza il presidente dell’unione sindacati di polizia penitenziaria, Giuseppe Moretti – Che il sistema penitenziario italiano sia un carrozzone allo sbando è un fatto certo e bisogna che qualcuno ne prenda atto”. 

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Da Bracciano ad Anguillara fino a Morlupo: strade pericolose e buche killer. Si corre ai ripari solo con i limiti di velocità

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Calzante l’analisi del consigliere comunale di Anguillara (Sinistra in Comune) Enrico Stronati

Buche come crateri che con la pioggia hanno l’effetto di tanto laghetti artificiali. La provincia a Nord di Roma è piena tanto che la Città Metropolitana ha dovuto prendere dei provvedimenti riducendo drasticamente i limiti di velocità. La decisione ha scatenato un fiume di condivisibili polemiche da parte dei residenti dell’area che giustamente vorrebbero si tappassero le buche anziché limitare la velocità delle auto in strade ad alto scorrimento.

Di fatto Città Metropolitana è stata chiara: «Verificato – si legge nell’ordinanza – che allo stato attuale non sono disponibili le risorse economiche necessarie per gli interventi di manutenzione necessari per la messa in sicurezza delle strade in oggetto; Considerato che le condizioni attuali delle strade pregiudicano l’incolumità per tutte le categorie di utenti anche nell’ipotesi del pieno rispetto della velocità massima consentita ed imposta di 70 chilometri orari e 90 chilometri. Preso atto della gravità della situazione».

L’ordinanza è dettagliata e riguarda più strade oltre le principali già dette. Infatti l’atto con effetto immediato, del limite massimo di velocità in 30 chilometri orari, riguarda tutte le categorie di utenti in transito lungo la strada provinciale 4/a “Settevene Palo II” dal chilometro 0+500 aI chilometro 14+300 e dal chilometro 16+500 al chilometro 17+746 (fine tratto); la strada provinciale 15/b “Palidoro Crocicchie” dal chilometro 0+000 al chilometro 14+000; la strada provinciale 41c “Statua” dal chilometro 0+000 aI chilometro 3+660 e dal chilometro 5+400 al chilometro 11+233 (fine tratto); la strada provinciale 493 “Braccianese” dal chilometro 0+000 al chilometro 9+320, dal chilometro 10+200 al chilometro 20+000, dal km 20+675 al chilometro 21+400 e dal chilometro 26+060 al chilometro 33+330 (fine competenza).

Anguillara una cittadina in crescita demografica accelerata dagli anni ’70, oggi sembra un bel quadro con una cornice malandata.

In largo dello Zodiaco le buche sono più grandi e visibili dello stesso battistrada. Che siano spazi privati o comunali, le buche si fanno sentire soprattutto sui pneumatici degli automobilisti e nelle scivolate dei ciclisti.

Calzante l’analisi del consigliere comunale di Sinistra in Comune Enrico Stronati: «La situazione di molte delle nostre strade è indecente, sono tanti anni – ormai – che non esiste un vero programma di manutenzione della viabilità e delle cunette che sono ormai piene di rifiuti e detriti che impediscono all’acqua di defluire aumentando l’usura e il danneggiamento del manto stradale. Le amministrazioni precedenti si sono trovate ad affrontare il baratro del default finanziario e i finanziamenti erano ridotti al lumicino. Il Covid ha portato nelle casse comunali svariati milioni di euro. Esiste un elenco di decine di opere finanziate con i fondi del PNRR. Non c’é, quindi, bisogno di impegnare i fondi del bilancio comunale per soddisfare il desiderio della politica vecchio stampo di voler dimostrare di “fare”. Peraltro è stata illusa la popolazione al momento della cessione del servizio idrico ad Acea (a spese del cittadino) affermando di utilizzare la squadra degli operai comunali, liberati dall’impegno delle manutenzioni idriche, per sistemare le strade. Come se i nostri operai disponessero dei macchinari necessari per una simile missione. Non è stata neanche sfruttata la fortunata coincidenza con i lavori per la posa delle condotte del metano e della fibra per rifare le strade oggetto dei lavori e pulire le cunette. Solo a Ponton dell’Elce, grazie alla posa delle condotte del metano in programma sin dal 2011 (non certo opera del comune) si ha una situazione decente. Sulle strade fatte a metà da Unidata spesso capita di incrociare automobilisti contro mano per sfruttare la carreggiata sistemata. La memoria collettiva spesso dimentica gli accadimenti, ma è importante ricordare che l’ultima manifestazione pubblica organizzata per protestare contro il degrado dilagante delle strade, una costante nel tempo che abbraccia le ultime 3 o 4 consiliature, fu organizzata proprio da un gruppo di persone vicinissime all’attuale amministrazione. Evidentemente costoro, oggi, si spostano per la città via aria».

Il sindaco Angelo Pizzigallo sa che quello delle buche è un problema da risolvere: «La strada dietro largo dello zodiaco è privata. comunque, noi interverremo a breve su Poggio dei pini, l’altra metà di via dei Vignali, via della Mainella, via Grazioli, via comunale di San Francesco ed altre strade.

Le strade colabrodo con buche enormi come crateri oppure piccole e profonde e la viabilità priva di sicurezza con scarsa illuminazione e segnaletica ci sono anche a Castelnuovo di Porto, Rignano, Morlupo e Monterotondo. 

A Castelnuovo è pietoso lo stato in cui versa la via che porta in autostrada. Anche la via prima della rotonda dell’autostrada è completamente distrutta e come se non bastasse le l’autovelox fa crescere la rabbia degli automobilisti: «I pneumatici si rompono un mese sì e l’altro pure – dice un pendolare – i limiti di velocità non servono da soli. C’è bisogno di rifare completamente l’asfalto». A Rignano via delle Grotte è trapuntata di crateri. A Morlupo sono diverse le strade dissestate e le segnalazioni sui social:«In via Antonio Gramsci chiamo tutti i giorni – ha detto una cittadina – ma non si vede nessuno. Fino a che qualcuno non si fa male, specialmente quando piove».

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Il Capo della Polizia Giannini avvia il suo corso sull’antiterrorismo all’Università degli Studi della Tuscia

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Nell’aula magna della sede di Santa Maria in Gradi, oltre duecento studentesse e studenti hanno assistito alla lezione del Prefetto Lamberto Giannini, Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza e docente dell’Università degli Studi della Tuscia.
Il Capo della Polizia ha tenuto una lezione dal titolo “Evoluzione della minaccia terroristica: strumenti di prevenzione e contrasto. “Siamo molto onorati di poter annoverare tra i nostri docenti il Prefetto Giannini che, nonostante i gravosi impegni istituzionali, continua a incoraggiare le nuove generazioni a occuparsi di un tema delicato che merita un approccio scientifico” ha dichiarato il Rettore Stefano Ubertini, secondo il quale “l’Ateneo ha costruito una grande capacità di unire riflessione teorica ed esperienze professionali che permettono ai nostri giovani di comprendere meglio come muoversi in un mondo sempre più interessato da cambiamenti veloci e radicali”.
La lezione di venerdì è stata l’avvio del corso di Diritto dell’antiterrorismo e dell’antimafia che Lamberto Giannini tiene per la laurea magistrale del corso “Scienze della politica, della sicurezza internazionale e della comunicazione pubblica” insieme al Vice Prefetto Andrea Nino Caputo. Percorrendo molte vicende del terrorismo italiano e internazionale, la lezione ha messo a fuoco il legame tra la complessità dei rischi e la necessità di trovare strumenti di azione sempre inseriti nel solco del diritto costituzionale. “È fondamentale per coloro che lottano contro il terrorismo avere una profonda conoscenza dei fenomeni, della loro evoluzione e delle modalità con cui si manifestano. Solo così riusciamo ad adottare misure efficaci per contrastarli.
La lotta contro il terrorismo non può e non deve essere limitata alle operazioni di polizia, ma richiede una cultura che fornisca gli strumenti adeguati a prevenire gli attacchi” ha sottolineato il Prefetto Giannini a conclusione della sua lezione. Sul tema della sicurezza, l’Ateneo viterbese ha molto investito in questi anni con un indirizzo dedicato sia nella laurea triennale in Scienze politiche che in quella magistrale e con un nuovo Dottorato di ricerca. Di recente, inoltre, è nato anche il Laboratorio di criminologia e criminalistica che permette a studentesse e studenti di svolgere esercitazioni in materia di balistica e ricostruzione della scena del crimine.



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Civitavecchia, escalation di furti nei negozi: arresti

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CIVITAVECCHIA (RM) – Prosegue l’attività dei Carabinieri della Compagnia di Civitavecchia volta a contrastare i reati predatori. Nell’ambito di un più ampio piano strategico di controllo del territorio su tutta la provincia, disposto dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Roma, sono stati intensificati i controlli nella fascia costiera.In particolare i Carabinieri della Sezione Radiomobile di Civitavecchia hanno arrestato due persone, un 55enne ed un 41enne, entrambi già noti alle forze dell’ordine, sopresi in flagranza di reato, mentre tentavano di asportare da un esercizio commerciale denaro e altri oggetti. I fatti sono accaduti nella notte tra martedì e mercoledì scorso, in pieno centro a Ladispoli, ove veniva segnalata la presenza dei due individui che, mediante effrazione della saracinesca, erano entrati all’interno di un chiosco. L’immediato intervento dei militari ha permesso di fermare i due soggetti, che nel tentativo di sottrarsi all’identificazione, hanno ingaggiato una violenta colluttazione con i militari, che sono riusciti comunque ad avere la meglio arrestandoli. L’attività d’indagine condotta dai militari ha poi permesso di accertare che i due avevano, nella stessa giornata, effettuato altri tre furti sempre nel comune di Ladispoli. La refurtiva è stata recuperata dai militari e restituita ai commerciati, vittime dei furti.Gli arresti sono stati convalidati, presso il Tribunale di Civitavecchia, che ha poi disposto il trasferimento del 41enne presso il carcere di Civitavecchia mentre per il 55enne l’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria.

 

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