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Cagliari, anonimo segnala resti umani. Torna a galla un grande giallo dell’81

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CAGLIARI –  “In un terreno di Macchiereddu ci sono i resti di una persona scomparsa molti anni fa”. Questo il tenore della segnalazione anonima ricevuta oggi dai carabinieri del comando provinciale di Cagliari. L’informazione farebbe riferimento a un uomo sparito decine di anni fa nel capoluogo sardo. I militari hanno avviato gli accertamenti in tutto l’agglomerato industriale di Macchiareddu, nel comune di Assemini, ma al momento non hanno trovato riscontro alla segnalazione. Tra i ‘gialli’ irrisolti in Sardegna, spicca la misteriosa scomparsa negli anni ’80 dell’avvocato cagliaritano Gianfranco Manuella. Tutto ebbe inizio il 22 aprile 1981. Sulle prime, gli inquirenti seguirono una pista di traffici illeciti legati alla base Nato di Decimomannu, poi vi fu una svolta improvvisa, grazie alle dichiarazione di un “pentito”: Sergio Piras.

L’avvocato Gianfranco Manuella fu ucciso e fatto sparire perchè conosceva la verità sul giallo di Ustica. Questa la sconvolgente ipotesi avanzata circa due anni fa dalla trasmissione “Chi l’ha visto?” sul più grande mistero di cronaca della storia cagliaritana.

L’avvocato Manuella era in confidenza con diversi militari della base di Decimomannu, dove ad esempio avrebbe spesso acquistato alcolici ed elettrodomestici  a prezzi decisamente favorevoli, quelli dello spaccio della base.

Ma proprio nei giorni prima della sua scomparsa, nel 1981, diverse persone misteriose bussarono nella casa di Manuella, come racconta il figlio alla trasmissione Rai. L’avvocato civilista cagliaritano proprio in quel periodo sarebbe venuto a conoscenza di notizie molto scottanti sul caso del Dc9 Itavia partito da Bologna e diretto a Palermo con 81 persone a bordo, e quasi certamente abbattuto da un missile. Non finisce qui: il giorno della strage di Ustica, secondo il giornalista Ottavio Olita, i radar a Decimo erano misteriosamente spenti. Manuella entrava e usciva liberamente dalla base militare che a quei tempi “era invalicabile, come fuori dai confini della nazione”.

Ma ci sono anche altre ipotesi. Per anni si era parlato di traffici di droga, di affari economici internazionali, ma niente è stato provato e l’altra vera vittima di questa storia resta l’avvocato Aldino Marongiu, morto di leucemia pochi mesi dopo la liberazione da Buoncammino: fuori dal carcere centinaia di persone in festa per l’uscita di un innocente rimasto due anni in cella ingiustamente e scagionato da una sentenza. Fu uno dei primi grandi processi mediatici della storia italiana, telecamere puntate su un tribunale, quello di piazza Repubblica, al centro dei riflettori. Erano gli anni d’oro di due giovani avvocati che diventarono tra i migliori dell’Isola, Luigi Concas e Franco Luigi Satta.

Il caso che sconvolse la Cagliari degli anni Ottanta si porta ancora addosso una scia gialla. A cominciare dall’auto di Manuella che fu ritrovata in via Abruzzi, lasciata aperta, come se qualcuno volesse simulare un suicidio. A cominciare dal corpo che non fu mai trovato, tanto che non sono pochi a ipotizzare ancora oggi che Manuella in realtà sia vivo, semplicemente scappato all’estero. Magari-come insinua Chi l’Ha Visto?- proprio a bordo di uno di quei caccia che si esercitavano sulla pista di Decimomannu. Perchè lui, l’avvocato Manuella, spesso ostentava con gli amici il fatto che se avesse voluto, sarebbe potuto saltare su uno di quegli aerei per volare nella penisola o in Germania. “Credo che una volta ci fosse salito davvero, su uno di quegli aerei tedeschi, per andare a Roma”, racconta l’amico di sempre, Carlo Onnis.

Chi venne a prendere Manuella in quella maledetta mattina del 22 aprile 1981, accanto all’auto lasciata a due passi dal cimitero di San Michele? Chi l’Ha Visto ieri ha intervistato  Carlo Onnis, la moglie di Manuella, e i giornalisti Andrea Frailis e Ottavio Olita che con grande prefessionalità hanno ripercorso le tappe della vicenda. Quella di un omicidio senza un cadavere. Quella che colpì al cuore la Cagliari bene. “Negli atti non c’è nulla che colleghi la storia di Manuella ad altre vicende, come fatti di droga”, spiega il giornalista Olita. E c’è un altro particolare, quei cento milioni di lire che furono consegnati a Manuella qualche giorno prima della sua sparizione, soldi scomparsi casualmente insieme all’avvocato. “Qui a Cagliari in molti mi sparano in faccia la voce che Gianfranco sia ancora vivo e io conosca la verità, ma non è così”, giura la moglie. “Nel giugno del 1980 c’è la strage di Ustica- ricorda Olita- e quando vennero fatte le indagini, si scoprì che i radar della base di Decimo quel giorno erano spenti”.

Qualche giorno prima dell’addio, Manuella raccontò ai familiari di essere in possesso di notizie sconvolgenti. Che potevano davvero essere legati alla strage del Dc9 a Ustica. Nessuno ha mai indagato a fondo sui rapporti tra Manuella e Decimo: “In quei giorni il magistrato Carlo Palermo che indagava sui traffici internazionali di armi aveva inserito la base Nato tra i possibili crocevia, l’indagine durò appena 44 giorni. Io ipotizzo che Manuella sia stato prelevato in via Abruzzi, portato alla base di Decimo e fatto sparire”, conclude Olita. E la moglie insiste: “Qualcuno ha creduto che lui sapesse qualcosa di troppo, è per questo che è stato ammazzato”

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In Italia primi casi di puntura letale: sono i “parenti” della Dengue

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Un virus d’importazione, “parente” della Dengue e del West Nile, della famiglia delle arbovirosi che è già stato diagnosticato in Italia, intorno alla metà di luglio, nel laboratorio dedicato alle Bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano in due pazienti arrivati dal Brasile e da Cuba, e anche in Veneto, al Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell‘Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona), sempre in una paziente con una storia recente di viaggi nella regione tropicale caraibica. In tutto, i casi diagnosticati finora in Italia sono stati quattro. L’infezione provoca febbre molto alta, dolori articolari e muscolari e rash cutaneo e si trasmette all’uomo attraverso le punture di moscerini o di zanzare, principale vettore (la zanzara Culicoides paraensis) è attualmente presente solo in Sud e Centro Americhe e non è presente in Europa e ad oggi non esistono prove di trasmissione interumana del virus Oropouche.

Il segretariato di Bahia riferisce che i pazienti deceduti a causa della febbre Oropuche avevano sintomi come febbre, mal di testa, dolore retro-orbitale(nella parte più profonda dell’occhio), mialgia (dolore muscolare), nausea, vomito, diarrea, dolore agli arti inferiori e debolezza. In entrambi i casi, poi, i sintomi si sono evoluti con segni più gravi come macchie rosse e viola sul corpo, sanguinamento, sonnolenza e vomito con ipotensione, gravi emorragie e un brusco calo dell’emoglobina e delle piastrine nel sangue.

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Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

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Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

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Crollo della vela a Scampia, gravi due bambine

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Sono in gravissime condizioni due dei sette bimbi ricoverati all’ospedale Santobono di Napoli dopo il crollo della scorsa notte a Scampia.

Due delle sette piccole pazienti, rispettivamente di 7 e 4 anni, sono in gravissime condizioni per lesioni multiple del cranio e, attualmente, sono ricoverate in rianimazione con prognosi riservata.

Nello specifico, si legge nel bollettino dell’Ospedale Santobono, una bimba è stata sottoposta nella notte ad intervento neurochirurgo per il monitoraggio della pressione intracranica, presenta emorragia subaracnoidea, fratture della teca cranica e versa in condizioni cliniche gravissime, con prognosi riservata. L’altra, ha una frattura infossata cranica e grave edema cerebrale. È stata sottoposta ad intervento di craniectomia decompressa nella notte e impianto di sensore per il monitoraggio della pressione intracranica. Attualmente è emodinamicamente instabile e versa in condizioni cliniche gravissime con prognosi riservata. Altre tre piccole pazienti, rispettivamente di 10, 2 e 9 anni, hanno riportato lesioni ossee importanti e sono attualmente ricoverate in ortopedia. Una per un trauma maxillo facciale con grave frattura infossata della sinfisi mandibolare e con frattura di femore esposta, un’altra con frattura chiusa del terzo distale dell’omero sinistro, l’ultima con frattura dell’omero sinistro scomposta prossimale. Sono state stabilizzate e saranno sottoposte in giornata a intervento chirurgico ortopedico. Le ultime due, rispettivamente di 2 e 4 anni, hanno riportato contusioni multiple con interessamento splenico, trauma cranico non commotivo e contusioni polmonari bilaterali, ricoverate in chirurgia d’urgenza sono state stabilizzate e, al momento, non presentano indicazioni chirurgiche.

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