Caso Concordia, sentenza dʼAppello: Schettino abbandonĂ² la nave con gente a bordo

 
di Paolino Canzoneri
 
Caso Concordia – La corte di appello di Firenze che il 31 gennaio 2012 aveva condannato l'ex comandante della nave Concordia a 16 anni di reclusione per il naufragio avvenuto il 13 gennaio 2012 dove perirono 32 tra passeggeri ed equipaggio, numero successivamente salito a 33 per via della morte di un sommozzatore avvenuta il primo febbraio 2014 durante le complesse fasi di rimozione dell'enorme relitto, ha confermato in sentenza d'appello al secondo grado l'ex comandante.
 
La motivazione della sentenza d'appello della condanna a 16 anni per Francesco Schettino tuona chiara e precisa; per i giudici non vi è alcun dubbio: "Quando saltò su una lancia era consapevole che diverse persone si trovavano sul lato sinistro della nave o quanto meno aveva seri dubbi in tal senso e decideva in ogni caso di allontanarsi in modo definitivo dalla Concordia. Non è in alcun modo attendibile quanto riferito dall'imputato Schettino durante l'esame dibattimentale in merito al fatto che, nel momento in cui saltava sul tetto di una lancia, egli non si era reso conto che vi erano persone ancora a bordo. Per di più l'imputato scendeva saltando dal tetto della lancia prima di alcuni altri ufficiali nonché del K2 Bosio che raggiungeva la scogliera a nuoto. Schettino, dopo aver mentito al sottocapo Tosi continuava a raccontare il falso anche a De Falco, mentre era già in salvo da diversi minuti". Nelle motivazioni dei giudici di appello di Firenze si legge inoltre che il comandante non aveva intenzione di "attenersi alla rotta tracciata dal cartografo ma di passare più vicino allʼisola seguendo una sua rotta che non era stata comunicata a nessuno". Un istinto "marinaresco" e una sua presunta "abilità" che sono costate un enorme numero di vite. A detta dei giudici la telefonata prima dell'impatto della sera del 13 gennaio 2012 avvenuta con il comandante Mario Palombo, oggi in pensione è eloquente per il fatto che Schettino aveva chiesto informazioni sull'altezza dell'acqua in un punto in un punto a una distanza inferiore a quella (mezzo miglio) dove sarebbe dovuta passare la nave secondo la rotta tracciata da Canessa" e il colloquio evidenza la chiara intenzione di Schettino di avvicinarsi maggiormente all'isola discostandosi dalla rotta regolare".

Concludono i giudici: "E' palese anche dagli ordini dei gradi di rotta dati dall'imputato che lo stesso non teneva in alcun modo conto di quella tracciata da Canessa." Nella sentenza si legge che tutti gli elementi portano a ritenere che l'ex comandante Schettino non era assolutamente ignaro di rotta e posizione della nave al momento della manovra fatale e si legge inoltre: "Non si comprende come Schettino, al vertice della catena di comando, possa in questa sede pretendere di andare esente da responsabilità per le sue numerose condotte colpose, commissive e omissive, che hanno portato la nave al naufragio solo perché profili di colpa concorrente di gravita' molto minore sono stati ravvisati anche nelle condotte dei suoi sottoposto in plancia".