OBAMA IN AFRICA INCONTRA LA SUA FAMIGLIA. FOTO E RACCONTO DI QUEI MOMENTI COSI' INTIMI

di Angelo Barraco
 
Nairobi – Le radici sono forti, sono un legame indissolubile che vanno al di là del potere che si ha e quando c’è la voglia di riabbracciare un nonna o una sorella che vivono lontano, in un pezzo di mondo in cui la vita non è facile, dove il sacrificio è all’ordine del giorno e dove si lotta per la vita, per l’acqua e si rischia di morire per malattie e talvolta anche di fame, il potere non conta nulla. Ieri Barack Obama ha incontrato la sorella Auma, con la quale vi è stato un abbraccio commovente e poi ha cenato con la nonna “Mama Sarah”. “Se un albero dovesse scrivere la propria autobiografia, questa non sarebbe troppo dissimile da quella di una famiglia umana” decantò lo storico scrittore Kalhil Gibran. 
 
 
Dopo il commovente incontro con la famiglia, Obama ha incontrato oggi svariati imprenditori a Nairobi e a gran voce ha esclamato che la povertà in Africa sta diminuendo e i redditi stanno salendo e che la classe media è in crescita. Ma il presidente oggi ha tante visite da fare, tanti luoghi importanti da visitare, come il memoriale dell’attentato all’ambasciata Usa del 1998 e avrà un colloqui con il presidente Kenyatta in merito alla sicurezza. Ma Obama è ottimista e lo dice con fermezza e orgoglio alla platea citata poc’anzi che il Kenya sta crescendo e fa progressi e che per lui è motivo di fierezza. Ma il presidente si aspetta ovviamente ulteriori miglioramenti al fine di una crescita sempre maggiore e questo lo sottolinea, come sottolinea anche che l’Africa deve essere “il motore della crescita globale” e ha aggiunto che se le donne lavorassero e contribuissero alla vita economica del paese, la situazione potrebbe sicuramente cambiare. 
 
 
Obama vuole promuovere valori e per farlo vuole raggiungere una terra di cui si parla poco, l’Etiopia. Una terra in cui la Cina è già arrivata. In un’intervista alla BBC aveva dichiarato, con orgoglio e grande determinazione, che sarà “il primo presidente degli Stati Uniti non solo a visitare Kenya ed Etiopia – ha detto in un'intervista rilasciata alla Bbc poco prima di partire dagli Usa – ma a rivolgermi al continente intero, sull'onda del summit africano che è stato storico e che ha, credo, rafforzato i rapporti già solidi che abbiamo nel continente”. Obama parlerà inoltre con la platea del Global Entrepreneurship Summit e incontrerà il presidente Uhuru Kenyatta, che avrà il compito di siglare accordi che facilitano investimenti in Kenya per le società americane. La Cina lo ha già fatto ma Obama sottolinea “Vediamo con favore gli aiuti cinesi in Africa. Crediamo sia una cosa buona. Non vogliamo scoraggiarli – ha detto ancora Obama – ma quello che mi preme è assicurare che i benefici arrivino anche ai comuni cittadini e non siano solo per pochi. Credo quindi che possiamo dare forma ad un'agenda in cui Cina, Europa e Stati Uniti lavorino insieme su queste questioni”. Poi la delicata questione dei diritti umani “Non sono un fan della discriminazione di nessuno, sulla base di razza o religione o orientamento sessuale o genere” ribadisce il presidente. Poi cena con circa 30 persone con Obama al centro e al lati, la nonna “Mama Sarah” e la sorella Auma Obama. 



FOTO SHOCK INEDITE: ECCO COME LA CASA BIANCA ASSISTEVA ALL’ ATTENTATO DELL’11 SETTEMBRE

di Christian Montagna

GUARDA LA FOTOGALLERY INEDITA IN FONDO ALL'ARTICOLO DIFFUSA DAI SITI AMERICANI

Era l’11 Settembre 2001 quando la storia dell’umanità cambiava letteralmente: si affacciava ufficialmente sul mondo il grande pericolo del terrorismo. Una serie di quattro attacchi suicidi causò la morte di quasi 3.000 persone, organizzati e realizzati da un gruppo di terroristi aderenti ad al-Qāʿida contro obiettivi civili e militari nel territorio degli Stati Uniti d'America.


Erano in diciannove quella mattina i dirottatori che scrissero la nuova storia criminale: intenzionalmente fecero schiantare due degli aerei sulle torri nord e sud del World Trade Center di New York, causando poco dopo il collasso di entrambi i grattacieli e conseguenti gravi danni agli edifici vicini. Il terzo aereo di linea venne dirottato contro il Pentagono. Il quarto aereo, diretto contro il Campidoglio o la Casa Bianca a Washington, si schiantò in un campo vicino Shanksville, nella Contea di Somerset in Pennsylvania. Inutili furono i tentativi di riprendere il controllo del velivolo. Le vittime furono circa tremila, tra queste 343 vigili del fuoco e 60 poliziotti.


I siti americani hanno diffuso telefonate , conversazioni concitate e volti preoccupati di George W. Bush e del suo vice presidente Dick Cheney davanti alla tv che trasmetteva le agghiaccianti immagini dell'attentato alle Torri Gemelle. Centinaia di scatti che mostrano come rinchiusi in un bunker della Casa Bianca vissero i primi momenti dell’attacco. Nelle foto, compaiono anche la consigliera per la sicurezza nazionale, Condoleezza Rice, il segretario di Stato Colin Powell e la first lady Laura Bush. Tra le tante immagini, scattate dallo staff del vicepresidente, ce n' è anche una in cui proprio Cheney è ritratto seduto, i piedi sulla scrivania, mentre guarda le immagini del fumo uscire da una delle due Torri. 




BLITZ ANTI ISIS : CELLULE JIHADISTE SPARSE OVUNQUE. E' ALLARME SICUREZZA

di Angelo Barraco
 
La lotta all’Isis non si ferma poiché le bandiere nere fanno paura, uccidono e avanzano e l’azione preventiva serve ad evitare ed a smantellare cellule Jihadiste collocate in diversi luoghi. E’ esattamente ciò che ha fatto la polizia turca che ha effettuato blitz in 13 province e ha messo le manette ai polsi a 251 persone  sospettate di sostenere  i jihadisti dell’isis e i miliziani curdi del Pkk. I raid sono stati effettuati all’indomani di un attacco dell’Isis lungo la frontiera con la Siria in cui è stato ucciso un soldato e altri due sono stati feriti. Le bandiere nere non si placano, avanzano, distruggono e conquistano: è grande anche la propaganda che spinge molti ad unirsi a loro. Ad Istanbul sono stati effettuati 140 blitz in 26 quartieri e hanno lavorato 5 mila agenti all’operazione con l’ausilio di elicotteri. Tre caccia F-16 hanno colpito delle postazioni Isis.
 
 
Un’importante svolta della Turchia. Ankara farà utilizzare la sua base aerea Usa di Incirlik, distante 120 km dalla Siria, questa postazione servirà agli aerei Usa per colpire le postazioni Isis. L’accordo per l’uso di questa postazione è stato raggiunto, dopo diversi mesi di trattative ma è stato concretizzato mercoledì in una telefonata tra Barack Obama e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Incrirlik è stata costruita dagli americani nel 1951 e ospita truppe turche, americane e britanniche e l’uso di tale base è una svolta per la lotta alle bandiere nere dell’Isis. La base è stata utilizzata anche per la Guerra del Golfo nel 1991 ma non per la 2 del 2003 poiché il governo turco fin’ora si era opposto all’uso della base. Ma l’Isis avanza, gli attacchi sono sempre più frequenti e imprevedibili e la mattanza ha proporzioni che fanno gelare il sangue, gli viene imprigionato dall’Isis non po’ scappar via e spesso gli ostaggi, se non sono più utili per nessun fine, vengono brutalmente uccisi come bestie. Sulle sorti dei nostri quattro italiani rapiti si parla di Isis e l’ipotesi che possano essere stati sequestrati dalle bandiere nere fa rabbrividire, ma al momento non vi è stata alcuna rivendicazione e bisogna aspettare che il tempo faccia il suo corso e sperare che presto i rapitori diano informazioni sui nostri connazionali.



CANTON TICINO, BIMBA MORTA IN AUTO: I FINESTRINI ERANO CHIUSI. SI INDAGA PER OMICIDIO COLPOSO

di Cinzia Marchegiani

 

Muzzano (Svizzera) – Sulla tragedia avvenuta nel campeggio a Muzzano, Canton Ticino in Svizzera lo scorso martedì 21 luglio c.a., stanno emergendo dettagli fondamentali ricostruiti dagli inquirenti. La bambina era stata ritrovata morta per ipertermia all’interno dell’autovettura di proprietà della madre, nel campeggio dove la famiglia si era trasferita per le vacanze. Per lei è stato fatale il caldo. Gli inquirenti, che immediatamente hanno avviato le indagini dopo la scoperta del corpicino ritrovato senza vita, sembrano accertare che il decesso sia dovuto alla dimenticanza della mamma. La storia appena ricostruita documenta purtroppo che al rientro da una gita la madre con le sue quattro bambine, aveva deciso di lasciare dormire una di loro all'interno dell'automobile. Solo dopo circa tre ore e mezza si e' però ricordata di lei. Troppo tardi il suo intervento e a nulla sono valsi i tentativi di rianimare la piccola.Tutti e quattro i finestrini della vettura – hanno appurato gl'inquirenti – erano chiusi.

 

Una dimenticanza nella dimenticanza, emergerebbe dal macabro accertamento investigativo, che ha  contribuito a provocare il decesso della bimba. La mamma, che è tuttora ricoverata all’Ospedale Civico di Lugano, rischia la condanna per omicidio colposo, e sembra che proprio l'elemento dei finestrini alzati potrebbe incidere parecchio sulla sua eventuale negligenza.




GRECIA, GOVERNO OTTIMISTA : SI VA AVANTI CON LE RIFORME

di Angelo Barraco
 
Grecia – E’ stato approvato dal Parlamento ellenico il secondo pacchetto di riforme, concordato da Tsipras con l’Ue. Arriva il si anche da Varoufakis e Tsipras ottiene consensi anche in Syriza; aveva dichiarato in serata che “Abbiamo lottato e sono sicuro che vinceremo”. Intanto la Bce aumenta di altri 900 milioni la liquidità di emergenza alle banche greche. Il voto è stato effettuato stanotte ed Ue, Bce e Fmi hanno fatto una rapida valutazione del voto e hanno concluso “le autorità greche hanno attuato legalmente il secondo set di misure concordate con l'Eurosummit in tempo e in modo generalmente soddisfacente”, un portavoce della commissione Ue ha dichiarato che stamane il Parlamento greco ha fatto un altro importante passo verso l'applicazione degli impegni concordati con l'Eurosummit nelle conclusioni del 13 luglio per ricostruire la fiducia tra la Grecia e i partner internazionali poiché una larga maggioranza di deputati (230 a favore e 60 contro, rispetto ai 229 contro 64 della scorsa votazione) ha adottato il secondo pacchetto di riforme necessarie al progresso dei negoziati sul programma di sostegno alla Grecia. Conclude dicendo che “Ora i negoziati sul Memorandum devono proseguire il più rapidamente possibile”. Tsipras riesce a portare dalla sua parte anche l’irriducibile Varoufakis. Il Parlamento di Atene ha accolto il secondo pacchetto di riforme. Il voto ha portato 230 si, 63 no e 5 astenuti. Questo consentirà di avviare il negoziato con la ex Troika (Ue, Bce, Fmi) e stabilire un accordo sul salvataggio prima della scadenza che sarà il 20 agosto, data in cui Atene dovrà dare alla Banca Centrale Europea ben 3,2 miliardi. Il premier ha dichiarato che “Abbiamo lottato e seminato, e vinceremo”. 



SPAZIO: TRE ASTRONAUTI RAGGIUNGONO LA STAZIONE SPAZIALE INTERNAZIONALE. ECCO COSA E' ACCADUTO

di A.B.
 
Mosca – La Soyuz TMA 17M che è stata lanciata dalla base russa di Baikonur, in Kazakhstan e ha raggiunto la Stazione Spaziale Internazionale (Iss) e alle 4.47 ha completato in modo perfetto le manovre di aggancio. L’equipaggio è composto da tre persone: il russo Oleg Kononenko, lo statunitense Kjell Lindgren e il giapponese Kimiya Yui e resteranno in orbita per 163 giorni. Questo viaggio fa riprendere così il ciclo periodico di viaggi verso la stazione spaziale che si era però frenato in seguito all’incidente avvenuto al cargo russo Progresso, il 28 aprile scorso e tale incidente aveva portato ad una riprogrammazione di tutto il calendario del ciclo degli arrivi e delle partenze. I tre astronauti dovevano infatti partire il 26 maggio, ma a causa della riprogrammazione è stato posticipato e per lo stesso motivo, anche Samantha Cristoforetti –astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA)- ha posticipato il suo rientro sulla terra prolungando la sua permanenza in orbita. La Stazione Spaziale, dopo un viaggio di 6 ore, hanno raggiunto il “gemello spaziale “ Scott Kelly della Nasa e i due russi Gennady Padalka e Mikhail Kornienko. I nuovi arrivati rimarranno nello spazio per cinque mesi circa e collaboreranno tutti insieme per svolgere esperimenti di biologia, di fisica e di biotecnologia. 



MATTEO RENZI IN ISRAELE: "CHI PENSA DI BOICOTTARE ISRAELE NON SI RENDE CONTO DI BOICOTTARE SE STESSO"

di Angelo Barraco

Gerusalemme – Il Premier Matteo Renzi ieri è stato in visita in Israele ed ha incontrato il presidente Reuven Rivlin. L’incontro è avvenuto presso la Knesset, il parlamento monocamerale di Israele. Il Premier Renzi ha esordito subito dichiarando: “Chi pensa di boicottare Israele non si rende conto di boicottare se stesso, di tradire il proprio futuro. Possiamo avere opinioni diverse, è accaduto e continuerà ad accadere. Ma l'Italia sarà sempre in prima linea nel forum europeo e internazionale contro ogni forma di boicottaggio sterile e stupido”.


L'ex sindaco fiorentino ha poi proseguito esclamando che la pace sarà possibile solo con due stati e due popoli, e solo se sarà garantita la piena sicurezza di tutti e il diritto dello stato palestinese all'autodeterminazione e quello dello stato ebraico alla propria sicurezza.

In seguito a questo intervento del premier italiano sulla pace, ha parlato Nethanyahu, esternando il  desiderio di una pace con i loro vicini palestinesi "ma deve essere una vera Pace", ha affermato puntualizzando che ci deve essere un accordo saldo e di sicurezza che impedisca che i Territori vengano presi dall'Islam oltranzista. Successivamente Nethanyahu ha cambiato argomento e ha detto a Renzi che tutti apprezzano la leadership che ha portato in Italia e che apprezzano le riforme che ha fatto aggiungendo inoltre, con velata ironia: “Ci piace la cucina italiana ma anche il calcio italiano. Matteo ci piace la tua Fiorentina”.

Renzi, sempre all’interno della Knesset, ha salutato Asher Dishon, il reduce della “Brigata ebraica” che ha combattuto in Italia nel 1944 contro il nazifascismo
e ha ringraziato dicendo che senza gente come lui l'Italia non ci sarebbe stata. L’uomo ha esternato il desiderio di voler tornare nel Bel Paese. “La inviteremo molto volentieri – ha risposto Renzi – e sicuramente”. Durante l’incontro il presidente israeliano Rivlin ha esposto al premier italianola preoccupazione di Israele in merito all’accordo raggiunto a Vienna sul nucleare iraniano e ha riferito che sono molto preoccupati e stanno facendo di tutto per convincere gli altri che l'Iran rappresenta ancora una minaccia. Netanyahu ha inoltre riferito a Renzi che l’accordo con l'Iran rappresenta una grande minaccia per Israele, l'Europa e tutto il mondo e metterà Teheran in condizione di avere a disposizione decine di armi atomiche entro 10 anni. Ha poi continuato dicendo che è un cattivo accordo ed è un errore storico aggiungendo “Ho detto oggi al ministro della difesa Usa, Asthon Carter, che l'accordo con l'Iran produce minacce gravi ad Israele, al Medio Oriente, all'Europa e al mondo intero” aggiungendo che in 10 anni l'Iran sarà in grado di dotarsi di un'arsenale nucleare. In questo lasso di tempo l'intesa permette al regime di Teheran di costruire quante centrifughe vuole, per arricchire in modo illimitata le scorte di uranio. L'Iran potrà allora balzare verso decine di ordigni nucleari in un tempo zero, "nell'immediato l'accordo garantirà all'Iran centinaia di migliaia di dollari che saranno diretti verso la sua aggressività nella regione e al terrorismo che dissemina in tutto il mondo quindi altri fondi per i Guardiani della Rivoluzione, per le Forze Quds, per gli Hetzbollah, per Hamas, per la Jihad islamica, per il terrorismo che l'Iran appoggia in Libia, per le milizie sciite in Iraq e gli Huti in Yemen.

Renzi ha rivolto un invito a Rivlin, a Roma per il mese di settembre, invito rivolto anche a nome del presidente della repubblica Sergio Mattarella,  l’invito è stato accolto positivamente. Rivlin ha rivolto un complimento lusinghiero al premier dicendo “Lei è uno dei leader della nuova generazione, del futuro” ma anche il premier non si è risparmiato i complimenti e soprattutto i ricordi, soprattutto quelli che riguardano il loro primo incontro a Firenze.

Benyamin Netanyahu accoglie Renzi nella sua residenza a Gerusalemme con le parole “Buonasera Matteo”, il premier israeliano dice poi che Italia e Israele condividono un rapporto speciale, abbiamo radici forti. La nostra amicizia è forte e possiamo renderla ancora più forte, c'è una cooperazione di successo. “Un’amicizia che  spero diventi sempre più solida in molti campi, dalla difesa all'economia, dalla ciber-security al commercio: le nostre relazioni possono crescere ancora di livello. L'Italia è nostro partner e nostro amico” dice il premier israeliano.

 




LIBIA, ITALIANI RAPITI COME RISCATTO: SARANNO LIBERATI IN CAMBIO DI SCAFISTI LIBICI DETENUTI

di Angelo Barraco
 
Roma – Sul rapimento in Libia dei quattro tecnici italiani -Gino Pollicardo, Fausto Piano, Filippo Calcagno e Salvatore Failla-non c’è stata ancora nessuna rivendicazione e sul caso aleggia una fitta cortina di mistero. La pista del rapimento compiuto da scafisti non ha trovato alcun riscontro, come non ha trovato alcun riscontro l’ipotesi del rapimento ad opera di “Jeish al Qabail' (Esercito delle tribu'), alleati del generale Khalifa Haftar. Intanto nel profilo facebook del Comando generale delle forze armate che fa capo al generale Khalifa Haftar è scritto che i responsabili del rapimento dei quattro italiani sono le milizie di Zuara (Zuwarah), che sono legate alla coalizione Alba della Libia (Fajr) e che lo scopo del rapimento sia stato uno scambio con degli scafisti libici detenuti. Si legge che “nostre fonti confermano che le milizie della cosiddetta Fajr Libia di Zuara sono responsabili del sequestro dei quattro italiani, fare pressioni sull'Italia e ottenere la liberazione di sette libici arrestati per traffico di esseri umani nel Mar Mediterraneo”. Abdullah Naker, politico libico fedele al governo di Tobruk ha rivolto accuse contro le milizie di Alba della Libia (Fajr). Anche il ministro Angelino Alfano ha lasciato intendere che non è da escludere l’ipotesi che dietro il rapimento dei 4 italiani vi sia un piano che miri all’ottenimento della liberazione degli scafisti condannati in Italia. Alcune fonti di Sebrata hanno riferito che i quattro italiani sono stati costretti a scendere dalla loro auto per salire a bordo di un’altra auto, hanno poi buttato via i loro telefonini e infine sono scappati via.
 
Altre ipotesi sul rapimento. Secondo quanto riferiscono dall’emittente televisiva “al Jazeera”, i rapitori sono vicini al cosiddetto “Jeish al Qabail” (l'esercito delle tribù), milizie tribali che sono ospiti a quelle di “Alba della Libia” (Fajr) di Tripoli. L’emittente cita fonti militari di Tripoli e dall’emittente riferiscono che la zona dove è avvenuto il rapimento, fino a poco tempo fa, era teatro di scontri e soltanto di recente vi è stato una tregua che è stata sottoscritta dalle milizie tribali e da quelle di Alba della Libia. Secondo le fonti, i quattro italiani sarebbero stati rapiti nel villaggio di al Tawileh, nei pressi di Mellitah e sono stati portati verso sud. Al momento non vi è stata alcuna rivendicazione. Intanto il Ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha garantito il massimo impegno. Intanto oggi a Bruxelles, al tavolo dei ministri degli Esteri, nella riunione di oggi dedicata alla Libia c’era Bernardino Leon dell’Onu, che sarà a Roma domani alla Farnesina. Federica Mogherini, Alto Rappresentante Ue “continua a sostenere la formazione di un governo di unita' nazionale nella speranza che possa accadere presto e, in particolare, che la fazione di Tripoli vi si unisca rapidamente”. Gentiloni ha detto che “Sappiamo che che sono stati fatti in avanti, ci auguriamo che anche componenti di Tripoli si uniscano all'accordo che e' stato raggiunto. Se l'accordo verra' concluso in modo largo l'Italia  sara' impegnata come nazione leader in tutta l'attivita' di sostegno alla ricostruzione, al consolidamento e alla stabilita'" del Paese”.
 
Dal fronte italiano. La Procura di Roma ha aperto un fascicolo di indagine sul rapimento dei quattro italiani in Libia. Il reato ipotizzato è quello di sequestro di persona a scopo di terrorismo. E’ stato affidato ai carabinieri del Ros, dal pm, il compito di svolgere gli accertamenti per ricostruire l’accaduto. 
 
La storia, il rapimento. Non si esclude un attacco da parte dell’Isis. I quattro uomini lavoravano come tecnici presso impianti petroliferi del nord-Africa, si occupano di attività di sviluppo, trasporto e manutenzione. Le ipotesi al vaglio degli investigatori che indagano sul rapimento sono tante e non si esclude l’ipotesi di un attacco da parte dell’Isis.Il 15 febbraio scorso è stata chiusa l’ambasciata italiana in Libia e la Farnesina, dopo aver visto e segnalato la grave situazione del paese, aveva invitato tutti i connazionali a lasciare la Libia, tale rapimento è un’ulteriore conferma di una situazione gravissima e precaria e “conferma la difficoltà di una situazione che resta instabile”. Lo ha detto Paolo Gentiloni che oggi avrà modo di discutere della stabilizzazione della Libia. Il ministro ha detto anche che “sono stati fatti dei passi avanti dal lavoro dell'inviato speciale dell'Onu, Bernardino Leon, e ci auguriamo che la componente di Tripoli si unisca all'accordo che è stato raggiunto. Se l'accordo verrà concluso in modo largo, l'Italia sarà impegnata come nazione leader in tutta l'attività di sostegno alla ricostruzione e al consolidamento della Libia”.  L’agenzia di stampa libica Al Tadhamoun sostiene che i quattro soggetti erano rientrati in Libia dalla Tunisia da poco e che il loro rapimento sia avvenuto a Sebrata domenica sera. Allo stato attuale non si sa né l’identità dei rapitori né il luogo in cui sono stati portati i soggetti sequestrati. Gentiloni afferma che “È sempre difficile dopo poche ore capire la natura e i responsabili. Nella zona ci sono anche stati dei precedenti. Per ora ci dobbiamo attenere alle informazioni che abbiamo e ottenerne di altre”, aggiunge che “il rapimento è avvenuto ieri sera e nella notte abbiamo avvertito le famiglie. Sono dei dipendenti della ditta italiana Bonatti. Stiamo lavorando con l'intelligence e oggi dobbiamo occuparci degli sforzi per recuperarli". Ha sottolineato che "ora siamo impegnati a intervenire per cercare di trovare le persone rapite e risolvere il problema"



QUATTRO SCAFISTI RAPITI IN LIBIA: ALFANO NON ESCLUDE IL RAPIMENTO COME RICHIESTA DI LIBERAZIONE DI SCAFISTI IN ITALIA

di Angelo Barraco
 
Roma – Sul rapimento in Libia dei quattro tecnici italiani -Gino Pollicardo, Fausto Piano, Filippo Calcagno e Salvatore Failla-non c’è stata ancora nessuna rivendicazione e sul caso aleggia una fitta cortina di mistero. La pista del rapimento compiuto da scafisti non ha trovato alcun riscontro, come non ha trovato alcun riscontro l’ipotesi del rapimento ad opera di “Jeish al Qabail' (Esercito delle tribu'), alleati del generale Khalifa Haftar. Intanto nel profilo face book del Comando generale delle forze armate che fa capo al generale Khalifa Haftar ha scritto che i responsabili del rapimento dei quattro italiani sono le milizie di Zuara (Zuwarah), che sono legate alla coalizione Alba della Libia (Fajr) e che lo scopo del rapimento sia stato uno scambio con degli scafisti libici detenuti. Si legge che “nostre fonti confermano che le milizie della cosiddetta Fajr Libia di Zuara sono responsabili del sequestro dei quattro italiani, fare pressioni sull'Italia e ottenere la liberazione di sette libici arrestati per traffico di esseri umani nel Mar Mediterraneo”. Abdullah Naker, politico libico fedele al governo di Tobruk ha rivolto accuse contro le milizie di Alba della Libia (Fajr). Anche il ministro Angelino Alfano ha lasciato intendere che non è da escludere l’ipotesi che dietro il rapimento dei 4 italiani vi sia un piano che miri all’ottenimento della liberazione degli scafisti condannati in Italia. Alcune fonti di Sebrata hanno riferito che i quattro italiani sono stati costretti a scendere dalla loro auto per salire a bordo di un’altra auto, hanno poi buttato via i loro telefonini e infine sono scappati via.
 
Altre ipotesi sul rapimento: Secondo quanto riferiscono dall’emittente televisiva “al Jazeera”, i rapitori sono vicini al cosiddetto “Jeish al Qabail” (l'esercito delle tribù), milizie tribali che sono ospiti a quelle di “Alba della Libia” (Fajr) di Tripoli. L’emittente cita fonti militari di Tripoli e dall’emittente riferiscono che la zona dove è avvenuto il rapimento, fino a poco tempo fa, era teatro di scontri e soltanto di recente vi è stato una tregua che è stata sottoscritta dalle milizie tribali e da quelle di Alba della Libia. Secondo le fonti, i quattro italiani sarebbero stati rapiti nel villaggio di al Tawileh, nei pressi di Mellitah e sono stati portati verso sud. Al momento non vi è stata alcuna rivendicazione. Intanto il Ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha garantito il massimo impegno. Intanto oggi a Bruxelles, al tavolo dei ministri degli Esteri, nella riunione di oggi dedicata alla Libia c’era Bernardino Leon dell’Onu, che sarà a Roma domani alla Farnesina. Federica Mogherini, Alto Rappresentante Ue “continua a sostenere la formazione di un governo di unita' nazionale nella speranza che possa accadere presto e, in particolare, che la fazione di Tripoli vi si unisca rapidamente”. Gentiloni ha detto che “Sappiamo che che sono stati fatti in avanti, ci auguriamo che anche componenti di Tripoli si uniscano all'accordo che e' stato raggiunto. Se l'accordo verra' concluso in modo largo l'Italia  sara' impegnata come nazione leader in tutta l'attivita' di sostegno alla ricostruzione, al consolidamento e alla stabilita'" del Paese”.
 
Dal fronte italiano. La Procura di Roma ha aperto un fascicolo di indagine sul rapimento dei quattro italiani in Libia. Il reato ipotizzato è quello di sequestro di persona a scopo di terrorismo. E’ stato affidato ai carabinieri del Ros, dal pm, il compito di svolgere gli accertamenti per ricostruire l’accaduto. 
 
La storia, il rapimento, non si esclude un attacco da parte dell’Isis. I quattro uomini lavoravano come tecnici presso impianti petroliferi del nord-Africa, si occupano di attività di sviluppo, trasporto e manutenzione. Le ipotesi al vaglio degli investigatori che indagano sul rapimento sono tante e non si esclude l’ipotesi di un attacco da parte dell’Isis.Il 15 febbraio scorso è stata chiusa l’ambasciata italiana in Libia e la Farnesina, dopo aver visto e segnalato la grave situazione del paese, aveva invitato tutti i connazionali a lasciare la Libia, tale rapimento è un’ulteriore conferma di una situazione gravissima e precaria e “conferma la difficoltà di una situazione che resta instabile”. Lo ha detto Paolo Gentiloni che oggi avrà modo di discutere della stabilizzazione della Libia. Il ministro ha detto anche che “sono stati fatti dei passi avanti dal lavoro dell'inviato speciale dell'Onu, Bernardino Leon, e ci auguriamo che la componente di Tripoli si unisca all'accordo che è stato raggiunto. Se l'accordo verrà concluso in modo largo, l'Italia sarà impegnata come nazione leader in tutta l'attività di sostegno alla ricostruzione e al consolidamento della Libia”.  L’agenzia di stampa libica Al Tadhamoun sostiene che i quattro soggetti erano rientrati in Libia dalla Tunisia da poco e che il loro rapimento sia avvenuto a Sebrata domenica sera. Allo stato attuale non si sa né l’identità dei rapitori né il luogo in cui sono stati portati i soggetti sequestrati. Gentiloni afferma che “È sempre difficile dopo poche ore capire la natura e i responsabili. Nella zona ci sono anche stati dei precedenti. Per ora ci dobbiamo attenere alle informazioni che abbiamo e ottenerne di altre”, aggiunge che “il rapimento è avvenuto ieri sera e nella notte abbiamo avvertito le famiglie. Sono dei dipendenti della ditta italiana Bonatti. Stiamo lavorando con l'intelligence e oggi dobbiamo occuparci degli sforzi per recuperarli". Ha sottolineato che "ora siamo impegnati a intervenire per cercare di trovare le persone rapite e risolvere il problema"



TRAGEDIA IN CANTON TICINO: MUORE DIMENTICATA IN AUTO UNA BIMBA DI 5 ANNI

di Cinzia Marchegiani


Canton Ticino (Svizzera) – Una tragedia immane, che risolleva il tema della tutela e del controllo dei minori. Un'altra morte inaccettabile, quella che riguarda purtroppo le conseguenze dovute all’abbandono dei figli, e soprattutto nelle autovetture dove oltre ad essere un luogo pericoloso per i bambini, le alte temperature rendono l’abitacolo una gabbia infernale cui è impossibile resistere. Una bambina svizzero-tedesca di 5 anni è deceduta poco prima delle 20.30 di martedì sera del 21 luglio 2015 in un camping di Muzzano nel Canton Ticino. Stando ad una prima ricostruzione, la bimba è stata lasciata nell’auto della madre. Forse una terribile dimenticanza, ma il Ministero pubblico e la polizia, come di norma, precisano che «le cause sono al vaglio dell’indagine». Ieri, come in Italia, anche in Svizzera è stata una giornata molto afosa. Sul posto gli agenti della Polcom e i soccorritori della Croce Verde di Lugano. La donna e le quattro figlie erano arrivate a Muzzano una settimana fa per trascorrere un periodo di vacanza che si è trasformata in tragedia.
Nonostante i tentativi di rianimazione la piccola è morta sul posto.

 

La Magistratura ha aperto un’inchiesta coordinata dalla Procuratrice capo Fiorenza Bergomi per chiarire la dinamica ed eventuali responsabilità di quanto avvenuto. È stata richiesta la presenza del Care Team Ticino per prestare assistenza psicologica alle persone coinvolte e agli ospiti della struttura. “Ogni volta che la cronaca riporta questo tipo di tragedie – commenta Giovanni D'Agata, Presidente dello Sportello dei Diritti – sembra impossibile che possa succedere. Eppure i casi di bambini piccoli che muoiono dimenticati in auto sui sedili o legati al seggiolino non sono così rari e capitano in famiglie normalissime ed a genitori apparentemente impeccabili e incapaci di fare del male ai propri figli. Quest'ennesimo dramma però dev'essere da monito affinché non accada mai più”.

Dalle notizie emerge che la madre è stata ricoverata all’Ospedale Civico di Lugano, insieme alle altre tre figliole, mentre il padre della bimba è arrivato stamani in Ticino e nel pomeriggio si è recato all’Istituto patologico. 




STRAGE IN TURCHIA: IDENTIFICATO IL KAMIKAZE CHE HA UCCISO 32 STUDENTI A SURUC

Redazione

E’ stato identificato il kamikaze che ha ucciso lunedì 32 studenti nella città turca di Suruç. Si tratterebbe di un uomo legato all’Isil. In queste immagini amatoriali, il momento dell’esplosione quando gli studenti si preparavano a una conferenza stampa sul programma di aiuti alla città siriana di Kobane.

Il primo ministro Ahmet Davutoğlu si è recato in visita ai feriti. Ha annunciato rinforzi nelle misure di sicurezza e respinto le critiche di chi ritiene che il governo abbia finora avuto un atteggiamento neutrale se non di collaborazione con l’autoproclamato Stato islamico. Come il leader dell’Hdp Selahattin Demirtaş.

“La storia recente – ha detto Demirtaş – dimostra che i responsabili di massacri in cui lo Stato ha giocato un ruolo, che sono stati messi a segno con appoggi interni allo Stato, non sono mai stati presi. La nostra storia recente è piena di innumerevoli simili esempi”.

E’ il primo attacco compiuto dall’Isil in territorio turco e potrebbe segnare un cambiamento nella strategia dei miliziani islamici.