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Editoriali

Le reti Mediaset e la Giustizia in franchising: che ne pensa il ministro Bonafede?

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Sulle reti Mediaset, ormai da anni, si assiste a due sessioni di
“tribunale televisivo”, una sessione della mattina e un’altra
pomeridiana.

“Entro la prima metà di febbraio 2019 sarà depositato un disegno di
legge delega avente ad oggetto la riforma del rito civile, che
introdurrà meccanismi semplificatori per le cause riservate alla
decisione del tribunale in composizione monocratica e collegiale, per
il giudizio dinanzi al giudice di pace e per le impugnazioni”. Questo è quanto dichiara il ministro Bonafede. Non si sa però se nella summenzionata riforma il ministro intenda mettere ordine anche
ciò che riguarda la celebrazione di cause civili in forma privata presso sedi televisive che sanno tanto di sportello di giustizia in franchising.

Il 6 agosto 2015 l’allora ministro della Giustizia Andrea Orlando e
la presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani
avevano firmato nella sede del ministero in via Arenula due protocolli
d’intesa per l’ottimizzazione del sistema giustizia.

In uno dei protocolli, sempre nell’ambito della revisione geografica
giudiziaria, fu creato uno “sportello di prossimità”. Nella novità
introdotta in quel protocollo , il ministro Orlando già prevedeva il
progetto finanziato con 84 milioni di euro dal Fondo sociale europeo,
in parte da usare per lo sportello della giustizia in franchising che
andava istituito nelle sedi degli enti locali.

Per brevità di tempo si omettono le molteplici disposizioni, decreti
leggi e circolari ministeriali indirizzati agli enti locali impartendo
loro disposizioni e riconoscendogli un ruolo da protagonisti nella
realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

La legge Quadro 8 novembre 2000, n. 328, contiene ’l’architettura complessiva del disegno riformatore

Successivamente sono seguiti altri decreti legislativi, modificazioni e non solo. Il Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria del Personale e dei Servizi, con un suo documento del 27ottobre 2014 definiva modi, luoghi e tempi dell’uso del personale da assegnare agli
sportelli della giustizia in franchising presso gli enti locali.

Le reti Mediaset e i processi giudiziali

Abbiamo accennato alle trasmissioni spettacolo con a volte esibizioni di acrobati, di troubadour, ballerini e qualche modella, tutti personaggi con tanta voglia di emergere. Questo canovaccio ahinoi, fa da sfondo a celebrazioni di processi giudiziali. Il clima è solitamente riscaldato, volano offese, insulti, urla e giorni addietro è scoppiata anche una rissa con
scazzottata.

La gente si domanda se questa atmosfera da avanspettacolo tragicomico
possa giovare alla Giustizia già per conto suo in grave crisi
esistenziale. Degli sportelli Giustizia in franchising di cui parlavano Orlando e la Serracchiani sembrerebbe non trovarsi traccia presso
gli enti locali. In alcuni Comuni si trova l’ufficio del Giudice di
pace, ma è pure vero che per ragioni di economia, con il Decreto 7
marzo 2014 un numero consistente di questi è stato soppresso.

La domanda al ministro Bonafede

chi ha affidato il delicato ufficio dei processi, autorizzando la loro celebrazione in format “intrattenimento”? L’allora ministro Orlando parlava di “enti locali” per lo sportello giustizia in franchising”. Perché la
celebrazione di questi processi è stata affidata a privati e non agli enti locali?

Se ci fosse un garante queste domande troverebbero una risposta. Ogni cosa ha un tempo e per ogni tempo c’è un qualcosa. Diamo alla Giustizia ciò che le spetta ed all’avanspettacolo le reti Mediaset.

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Cronaca

Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

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Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

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Editoriali

19 luglio 1992: un maledetto pomeriggio

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Lo ricordo come allora quel tragico 19 luglio 1992.
Un caldo improponibile, come quello di questi giorni.
Ma era sabato e con gli storici amici del paese l’appuntamento era fisso: “… ci vediamo più tardi al chiosco, verso le 5, e poi decidiamo dove passare pomeriggio e serata …“.
E cosi facemmo!
Arrivammo un po’ alla spicciolata (cellulari, WhatsApp ed altro sarebbero arrivati anni dopo).
Per ultimo, ma non per questo meno importante, uno dei nostri amici, all’epoca cadetto alla scuola sottufficiali dei Carabinieri.
Lo sguardo basso, ferito oserei dire.
Il passo lento, non era il suo solito passo.
Gli occhi lucidi che facevano presagire che qualcosa di grave era successo.
“Hanno ammazzato pure Paolo”, furono le sue uniche indimenticabili parole.
In un momento i nostri sorrisi, la nostra voglia di festeggiare quel sabato si ruppe.
Non erano passati neanche due mesi dell’attentato di Capaci in cui Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta erano stati ammazzati per ordine della Mafia ed ora anche Paolo Borsellino e la sua scorta erano lì dilaniati dall’ennesimo atto vigliacco di Cosa Nostra.
Giovanni e Paolo incarnavano i sogni di quella nostra generazione pronta a scendere in piazza per dire “NO ALLA MAFIA”.
Una generazione che aveva fatto dell’impegno politico e sociale la propria stella polare.
Quei due uomini seppero farci capire quanto l’impegno dovesse essere sempre animato da uno spirito di sacrificio personale.
Ci fecero capire che per cambiare il mondo il primo impegno era mettersi in gioco.
Quel pomeriggio i nostri sogni di ragazzi che volevano un mondo migliore saltarono in aria come quella maledetta bomba in via d’Amelio.
Ma capimmo, anni dopo, che dalla loro morte sarebbe germogliato quel seme che avrebbe fatto crescere la pianta rigogliosa della legalità.
Oggi a più di 30 anni dalla loro morte tengo in mente due loro pensieri:

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

L’ importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza (Giovanni Falcone)
La paura è umana, ma combattetela con il coraggio (Paolo Borsellino)


Ecco paura e coraggio … le loro vite, il loro impegno, il loro sacrificio ci hanno insegnato che possono convivere e farci essere grandi uomini.

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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