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Editoriali

Oplofobia: una legge per chi odia le armi?

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L’intervista a Giulio Magnani, presidente della UNARMI

Esiste, in Italia, una corrente di pensiero che ‘odia’ le armi. La potremmo definire ‘oplofobia’, parafrasando la legge Zan che punisce l’omofobia. Purtroppo nel nostro caso l’oplofobia non è punita, ma incoraggiata e incentivata da chi sui giornali si lascia andare ad apprezzamenti e commenti sui fatti di cronaca che vedono sempre colpevolizzati coloro che, in alcuni casi, si difendono da rapinatori e simili, fuori e dentro casa. E come sempre accade nel nostro bel Paese, a certe prese di posizione fa da sponda una certa sinistra, come dimostra il commento di Enrico Letta a proposito del poliziotto che ha sparato ad un clandestino armato a Termini. Sulle armi, sul loro possesso e circolazione ed uso si sono dette e si scrivono ancora un sacco di corbellerie.

 Abbiamo sempre detto che il pericolo non sono le armi da fuoco, ma chi le maneggia: prova ne sia il fatto che con l’assimilazione di cittadini provenienti da nazioni in cui le armi bianche sono una tradizione, anche da noi s’è intensificato l’uso del coltello. Ora, che sia un coltello da cucina, reperibile senza problemi in un qualsiasi supermercato, o un’arma da fuoco, parliamo sempre di oggetti inerti, che non sparano da soli, né da soli si sognano di librarsi per l’aria, andando a tagliare la gola ai passanti.

Insomma, non appena da noi accade un fatto di sangue, si scatena la caccia alle streghe: la quale caccia non colpisce coloro che comunque illegittimamente si servono delle armi per delinquere, e non hanno bisogno di permessi e tasse da pagare. Il bersaglio sono sempre legittimi fruitori e utenti, persone al di fuori del circuito oscuro, coloro che le armi maneggiano per professione, per necessità, o per pura passione collezionistica; oltre che per tutta una popolazione di agonisti, che di solito, in occasione di gare internazionali, portano all’Italia numerose medaglie. Una per tutti: Jessica Rossi, medaglia d’oro per il tiro a volo ai Giochi Olimpici 2012 e detentrice del record mondiale con 99 piattelli su 100, prossima portabandiera per l’Italia ai Giochi Olimpici di Tokio.

Abbiamo intervistato Giulio Magnani, presidente della UNARMI, associazione indipendente che intende tutelare gli interessi di legittimi detentori e produttori di armi, che ha pubblicato su FACEBOOK un post in cui intende fare chiarezza su alcune notizie false o inventate che demagogicamente influenzano il giudizio del pubblico, e che qui riportiamo integralmente:

Dopo la strage di Ardea centinaia di articoli e servizi giornalistici hanno contribuito a diffondere informazioni del tutto fuorvianti quando non addirittura false o inventate di sana pianta dai soliti professionisti del disarmismo, riproposte e diffuse acriticamente e senza alcuna verifica da giornalisti di terz’ordine e strumentalizzate da politici che si propongono come legislatori su materie che, evidentemente, ignorano totalmente. Facciamo sinteticamente chiarezza sulle più ripetute:

 – “non si conosce il numero di armi detenute legalmente in Italia”. FALSO, ogni questura conosce esattamente il numero di armi, munizioni ed esplodenti detenuti legalmente nel proprio territorio di competenza, sapendo dettagliatamente di ogni singolo pezzo chi e dove lo detiene;

– “il porto d’armi sportivo viene richiesto per aggirare le norme sulla difesa personale”. FALSO, il porto di fucile per tiro a volo (c.d. “sportivo”) non consente assolutamente di girare armati ed è assolutamente equivalente, ai fini dell’acquisto di armi anche per la difesa abitativa, al nulla osta all’acquisto di armi ed a tutte le altre licenze di porto d’armi;

– “l’Italia è il secondo paese al mondo per omicidi con armi legali”. FALSO, è un dato senza riscontro, completamente inventato;

– “nei paesi dove ci sono più armi legali ci sono più omicidi e meno sicurezza”. FALSO, le statistiche europee mostrano chiaramente come i paesi con maggior diffusione di armi detenute legalmente e/o con normative più permissive siano estremamente sicuri e abbiano tassi bassissimi di omicidi o abusi con armi legali (ad es. Svizzera, Rep. Ceca, Finlandia…). Perfino il dato italiano degli ultimi anni ha visto un aumento delle licenze ed una diminuzione di omicidi ed episodi criminali… saranno per caso correlati? Una ricerca dell’Università La Sapienza di Roma ha inoltre evidenziato come nel decennio 2007-2017 gli omicidi commessi da detentori legali di armi fossero sostanzialmente marginali sul complesso;

– “le visite mediche per il rilascio del porto d’armi sono solo delle formalità”. FALSO, il primo rilascio di una licenza di porto d’armi prevede tre distinte certificazioni mediche, che diventano due ad ogni rinnovo. Il medico che rilascia la certificazione di idoneità ha facoltà di richiedere tutti gli ulteriori approfondimenti che ritenga necessari;

– “non si sa quante licenze per armi ci siano in Italia”. FALSO, periodicamente il Ministero dell’Interno pubblica i dati relativi alle varie licenze di porto d’armi in corso di validità ed è proprio in base a questi dati che vengono lanciati i soliti ingiustificati allarmi sull’aumento della diffusione delle armi in Italia;

– “dopo il rilascio della licenza non ci sono controlli per cinque anni”. FALSO, le licenze di porto per difesa personali prevedono la revisione annuale dei requisiti, per tutte le altre licenze e per i meri detentori l’Autorità di PS ha facoltà di richiedere in qualsiasi momento l’accertamento della permanenza dei requisiti psicofisici. Allo stesso modo anche segnalazioni non correlate alla detenzione delle armi (ad esempio relative alla guida o per segnalazioni o vicende giudiziarie) possono comportare la sospensione o la revoca delle licenze.

 Presidente Magnani, su Il Tempo del 23 giugno leggiamo che il poliziotto che ha sparato in una gamba contro il ghanese a Termini è indagato per ‘eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi’, e che dovrà pagarsi l’avvocato, diversamente dal clandestino, che avrà il gratuito patrocinio. Questo è qualcosa altrove non sarebbe mai successo. Lei che ne dice?

Ritengo che alla fine sia necessario per non ingenerare equivoci, dato che spesso si parla delle forze dell’ordine in termini poco lusinghieri, trattandoli da persone violente. In un caso come questo, non attivare alcun tipo di procedimento potrebbe anche, in seguito, confermare questa posizione, che io non condivido. L’organo preposto ad approfondire tutto questo è la Magistratura, a cui è demandato l’onere delle indagini, poi è ovvio che tutti ci aspettiamo che l’indagine porti ad una archiviazione, e alla conclusione che l’eccesso non c’è stato. E comunque è dichiarato l’uso legittimo.

Se posso aggiungere qualcosa, dopo l’archiviazione nessuno potrà chiedere i danni all’agente. L’Italia è uno strano paese, in cui rapinatori e aggressori chiedono – e ottengono – il risarcimento di danni nei confronti di chi si è soltanto difeso dalle loro aggressioni. Andando avanti, nel suo post su Facebook lei dichiara che ‘Dopo la strage di Ardea centinaia di articoli e servizi giornalistici hanno contribuito a diffondere informazioni del tutto fuorvianti, quando non addirittura false o inventate di sana pianta dai soliti professionisti del disarmismo, riproposte e diffuse acriticamente e senza alcuna verifica da giornalisti di terz’ordine, e strumentalizzate da politici che si propongono come legislatori su materie che, evidentemente, ignorano totalmente.’ Tutto questo è frutto di un fatto ideologico di una certa sinistra che tanti anni fa voleva addirittura disarmare la Polizia. Lei che ne dice?

Quello che lei dice salta fuori anche oggi, quando si nega alle forze di Polizia di ottenere strumenti più adatti alla loro attività, come il taser. E’ vero che esiste una base ideologica, che spesso porta i giornalisti a dover riadattare i fatti che raccontano a quella che è la versione che devono imporre ai loro lettori. Il tutto aiutato dalla completa ignoranza della materia trattata, se non addirittura rivolgersi a personaggi che vengono ritenuti esperti, ma che poi esperti non sono, quando non addirittura mettere la firma sotto articoli scritti da questi presunti esperti, Devo dire che il giornalismo italiano non sta messo molto bene in questo periodo. Ad esempio durante il periodo di riferimento della direttiva 853 del 2017 che sostituiva la 277, e che regolava il trasferimento delle armi nei paesi membri dell’UE, tutto ciò per colpire il terrorismo, mentre invece s’è andati a colpire soltanto il possesso legale delle armi e non tutto il traffico illegale, che non è stato minimamente scalfito, se non in maniera superficiale, con affermazioni del tipo di quella descritta in un documento dell’UE, in cui si dichiarava che una fonte di approvvigionamento dei terroristi erano i collezionisti, cosa che non risulta neanche da eventi di cronaca, ed è molto grave che addirittura l’UE abbia voluto formalizzare questa affermazione in un documento, per motivare e dare supporto alle restrizioni che sarebbero state molto più pesanti se non ci fosse stata la parte associativa a mettere un freno, con risultati del tutto apprezzabili. In quel periodo siamo stati bersagliati dalla stampa italiana. Però siamo stati anche contattati da giornali esteri come El Mundo, o il New York Times, che hanno pubblicato articoli interessanti, anche in televisione. Il loro approccio era totalmente differente, e spesso ci contattavano per chiedere conferma di alcune cose, pubblicavano i nostri chiarimenti e lasciavano spazio al confronto. La stampa italiana non fa niente di tutto questo, arriva la sinistra antiarmi di turno, prende e pubblica tutto, non c’è verifica, approfondimento, non c’è nulla. È successo molto raramente che qualcuno ci sia venuto a chiedere la nostra versione dei fatti, tanto che per alcune affermazioni più gravi abbiamo fatto ricorso all’Ordine dei Giornalisti.

A questo punto dobbiamo dire ai nostri lettori cos’è la UNARMI, o, per meglio dire chi è la UNARMI.

La UNARMI è la principale associazione italiana di appassionati di armi nel senso più ampio, non solo cacciatori, non solo tiratori, ma anche guardie giurate e collezionisti, e tutela a 360 gradi il possesso e l’utilizzo delle armi. Collabora con tutti gli altri soggetti che hanno un ambito specifico, e ha come scopo quello di portare un punto di vista unitario volto a superare tutte le differenze che ci sono fra le varie categorie. Il nostro settore è debole perché molto frammentato. Quando si parla di caccia, non ha interesse ad intervenire chi non è interessato alla caccia, così chi non è interessato al tiro, e così via. Nel 2016 abbiamo riscontrato che non c’era un soggetto giuridico interessato alle varie categorie, e così ci siamo costituiti.

Le faccio una domanda cattiva: siete appoggiati politicamente, o ricevete sovvenzioni?

No, assolutamente. Questo è stato scritto o sottinteso in molti articoli di giornale, non siamo associati politicamente non abbiamo sovvenzioni, poi eventualmente le varie parti politiche rispondono diversamente. Ci sono quelli che ci danno più ascolto, e quelli che invece rifiutano ogni contatto con noi. È evidente che questo si ripercuote sulle valutazioni che diamo ai vari appuntamenti elettorali.

Questo non significa che siamo collegati ad un partito. Ce ne sono alcuni con cui abbiamo un maggior dialogo. Abbiamo contattato tutte le forze politiche, e abbiamo riscontrato quali sono quelli con cui possiamo dialogare e gli altri. Per ciò che riguarda le sovvenzioni, siamo finanziati esclusivamente con le quote associative. Tranne quelle che abbiamo ricevuto, circa 3/4000 euro in 5 anni, dalla FIREARMS UNITED, che a loro volta provenivano da raccolte in tutta Europa. Siamo a Roma, ma stiamo aprendo altre sedi in tutta Italia. Siamo un’associazione in cui viene fatto tutto su base volontaria.

Ringraziamo il presidente Giulio Magnani per la sua disponibilità. Gli auguriamo buon lavoro, specie in una nazione in cui bisogna nuotare per lo più controcorrente, e certamente lo avremo ancora sulle nostre pagine in appresso, per dar voce ad una associazione che rappresenta un gran numero di appassionati, sportivi e operatori.

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1 Comment

1 Comments

  1. Alfredo

    27 Giugno 2021 at 18:24

    Complimenti all’Osservatore d’Italia per la chiarezza e l’obiettività con la quale ha trattato questo tema, abitualmente invece stravolto dai principali organi di stampa, dediti all’arrampicata sugli specchi pur di star lontani dalle evidenti verità. Bravi!

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Editoriali

Giornalismo, giornalettismo e giornalaismo: urge un fronte comune per arginare l’informazione pilotata

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Occorre tornare a suscitare opinione seriamente, a rimettere al centro le competenze e a spegnere e ignorare qualsiasi sensazionalismo

C’è l’urgenza e la necessità di fare fronte comune tra giornalisti seri e professionisti che credono nella deontologia professionale e dedicano il loro tempo agli approfondimenti e indagini per garantire il diritto all’informazione contro una malainformazione sempre più faziosa e sciatta.

Le trasmissioni tv “strillate” e costruite artatamente per portare avanti una propaganda o gogna mediatica contro il nemico di turno, i siti (soprattutto i locali territoriali) che si dedicano esclusivamente al copia e incolla al servizio del “padrone” di turno, i giornali pilotati dalla politica, la continua corsa spasmodica a caccia dello scoop stanno minando irreversibilmente una professione che va rimessa al centro con serietà e rigore prima che i lettori si ritrovino in una rete di pubblicità malsane e informazioni costruite che non rappresentano la realtà e non ricercano la verità sostanziale dei fatti.

Occorre tornare a suscitare opinione seriamente, a rimettere al centro le competenze e a spegnere e ignorare qualsiasi sensazionalismo. Ma vediamo di cosa stiamo parlando.

Nel panorama mediatico contemporaneo, la distinzione tra giornalismo, giornalettismo e giornalaismo diviene sempre più rilevante e complessa. Questi tre termini, pur avendo radici comuni, delineano sfaccettature diverse dell’informazione e della comunicazione, ognuna con le proprie caratteristiche e implicazioni.

Il giornalismo

Il giornalismo, nella sua forma più tradizionale, rappresenta l’attività professionale volta alla raccolta, alla verifica e alla diffusione di notizie attraverso mezzi di comunicazione di massa. Il giornalista, in questo contesto, opera secondo principi etici e professionali consolidati, come l’obiettività, l’imparzialità e l’accuratezza nella ricerca e nella presentazione delle informazioni. Il giornalismo tradizionale si basa su fonti verificate, ricerca approfondita e rispetto dei codici deontologici.

Il giornalismo è un pilastro fondamentale della democrazia e svolge un ruolo essenziale nel fornire informazioni accurate, analisi approfondite e dibattito pubblico. Questa professione si basa su principi etici e standard professionali volti a garantire l’obiettività, l’equilibrio e l’accuratezza nell’informare il pubblico.

Uno degli elementi chiave del giornalismo è la ricerca delle notizie. I giornalisti conducono indagini, intervistano fonti e raccolgono dati per fornire un quadro completo degli eventi e dei problemi che interessano la società. Questo processo richiede abilità come la capacità di ricerca, la curiosità intellettuale e la capacità di analizzare criticamente le informazioni.

Una volta raccolte le informazioni, i giornalisti devono verificarle accuratamente per assicurarsi che siano affidabili e veritiere. Questo processo di verifica coinvolge la conferma delle fonti, il controllo incrociato dei fatti e la ricerca di testimonianze multiple per confermare o confutare una storia. L’obiettivo è garantire che le informazioni fornite al pubblico siano il più possibile accurate e verificabili.

Oltre alla raccolta e alla verifica delle notizie, il giornalismo comprende anche la capacità di analizzare e interpretare gli eventi. I giornalisti forniscono contesto, prospettive e approfondimenti su questioni complesse, aiutando il pubblico a comprendere meglio il mondo che li circonda. Questo può includere reportage investigativi, reportage specializzati su argomenti come politica, economia, scienza e cultura, nonché l’analisi critica di eventi e tendenze.

Un altro aspetto cruciale del giornalismo è l’etica. I giornalisti devono operare secondo standard etici elevati, come l’onestà, l’integrità e il rispetto per la dignità umana. Questi principi guidano le decisioni editoriali, la gestione delle fonti e la presentazione delle notizie, contribuendo a mantenere la fiducia del pubblico nella professione giornalistica.

In un’epoca caratterizzata da rapidi cambiamenti tecnologici e culturali, il giornalismo si sta evolvendo per adattarsi a nuove sfide e opportunità. Le piattaforme digitali e i social media hanno rivoluzionato il modo in cui le notizie vengono create, diffuse e consumate, portando a nuove forme di giornalismo online, giornalismo partecipativo e giornalismo cittadino. Tuttavia, questi sviluppi presentano anche sfide come la diffusione di notizie false e la diminuzione delle entrate pubblicitarie per le organizzazioni giornalistiche tradizionali.

Il giornalismo copia e incolla

Esiste poi una forma di “giornalismo copia e incolla” consistente nella pratica giornalistica in cui i giornalisti o gli operatori dei media riproducono testi, informazioni o articoli da altre fonti senza apportare modifiche significative o senza verificarne l’attendibilità. Questa pratica può essere considerata una forma di plagio o una violazione dell’etica giornalistica, poiché non fornisce un valore aggiunto al pubblico e può diffondere informazioni errate o non verificate.

Il copia e incolla può avvenire per una serie di motivi, tra cui la mancanza di tempo o di risorse per condurre ricerche originali, la pressione per pubblicare rapidamente nuove notizie o la mancanza di rigore editoriale nel verificare le fonti e le informazioni. Tuttavia, questa pratica compromette l’integrità e la credibilità del giornalismo, minando la fiducia del pubblico nelle organizzazioni giornalistiche e nell’informazione in generale.

Per contrastare il giornalismo copia e incolla, è essenziale promuovere la responsabilità editoriale e l’etica giornalistica. I giornalisti devono essere incoraggiati a condurre ricerche originali, a verificare accuratamente le fonti e a fornire contesto e analisi alle notizie, anziché limitarsi a riprodurre informazioni senza critica. Le redazioni giornalistiche devono anche impegnarsi a stabilire procedure e standard rigorosi per garantire che le notizie pubblicate siano accurate, verificate e originali.

Nonostante le sfide, il giornalismo rimane un elemento essenziale della società democratica, svolgendo un ruolo critico nel garantire la trasparenza, la responsabilità e il dibattito pubblico. In un’epoca di crescente polarizzazione e disinformazione, il giornalismo di qualità è più importante che mai per garantire la salute e la vitalità della democrazia.

Il giornalettismo

Il giornalettismo è un termine utilizzato per descrivere una pratica giornalistica che si distingue per la sua superficialità, sensazionalismo e mancanza di rigore etico e professionale. Questo fenomeno si manifesta spesso attraverso la semplificazione e la drammatizzazione delle notizie, con un’enfasi sullo scandalo, sull’intrattenimento e sulla creazione di sensazioni forti piuttosto che sull’accuratezza e sulla completezza dell’informazione. Questa forma di comunicazione mediatica può essere spinta da interessi commerciali, politici o ideologici, sacrificando la completezza e l’accuratezza delle informazioni a favore dell’attrazione di pubblico e della generazione di click e visualizzazioni.

Una delle caratteristiche distintive del giornalettismo è il suo focus sulle notizie più spettacolari o sensazionali, a volte a discapito di questioni più rilevanti o complesse. Questo approccio può portare a una distorta percezione della realtà, in cui eventi minori o isolati vengono sovradimensionati mentre questioni cruciali vengono trascurate.

Il giornalettismo è spesso associato a una certa forma di giornalismo popolare, che cerca di attirare l’attenzione del pubblico attraverso titoli accattivanti, foto suggestive e articoli sensazionalistici. Questo tipo di giornalismo tende a privilegiare il lato emotivo delle storie piuttosto che la loro sostanza, incoraggiando una cultura di consumo veloce delle notizie piuttosto che una riflessione critica e approfondita.

Una conseguenza del giornalettismo è la perdita di fiducia nel giornalismo come istituzione e nel ruolo dei media come custodi dell’informazione pubblica. Quando le persone sono bombardate da notizie sensazionalistiche e spettacolari, possono diventare scettiche riguardo alla veridicità e all’attendibilità delle informazioni, alimentando la diffidenza nei confronti dei media e delle istituzioni democratiche in generale.

Il giornalettismo può anche avere implicazioni negative per il dibattito pubblico e il funzionamento della democrazia. Quando le notizie sono presentate in modo distorto o sensazionalistico, possono influenzare le opinioni e i comportamenti delle persone, portando a decisioni politiche o sociali basate su informazioni errate o parziali.

Per contrastare il giornalettismo e promuovere un giornalismo di qualità, è fondamentale sostenere e difendere il rispetto per i principi etici e professionali del giornalismo, come l’obiettività, l’imparzialità e l’accuratezza. Inoltre, i consumatori di notizie possono contribuire a contrastare il giornalettismo cercando fonti informative affidabili, valutando criticamente le notizie e cercando una varietà di punti di vista su un dato argomento.

Il giornalaismo

Infine, il giornalaismo rappresenta una nuova forma di produzione e diffusione di notizie che emerge dall’era digitale e dei social media. Caratterizzato dalla decentralizzazione della produzione e della distribuzione dell’informazione, il giornalaismo si basa spesso su fonti non tradizionali, come i social network, i blog e i forum online. Se da un lato questa democratizzazione dell’informazione ha contribuito a una maggiore diversità di voci e punti di vista, dall’altro ha anche sollevato preoccupazioni riguardo alla veridicità e all’affidabilità delle fonti, dato che spesso mancano i controlli e le verifiche tipiche del giornalismo tradizionale.

Il termine “giornalaismo” potrebbe essere una creazione linguistica che si riferisce a un’evoluzione o a una variante specifica del giornalismo, magari connotata da caratteristiche distintive rispetto alla pratica tradizionale del giornalismo.

Tuttavia, se intendiamo trattare questo termine come una fusione tra “giornalismo” e “alaismo”, potrebbe essere interessante esplorare come l’alaismo, in politica, si riferisce a un’ideologia o un movimento che cerca di seguire la dottrina o le politiche di un leader carismatico, adattandole o interpretandole a seconda delle circostanze o delle necessità del momento.

Quindi, se applichiamo questa concezione al giornalismo, potremmo ipotizzare che il “giornalaismo” sia una pratica giornalistica che segue o promuove le idee, le politiche o l’agenda di un individuo, di un gruppo o di un’ideologia specifica, piuttosto che aderire ai principi tradizionali di obiettività, imparzialità e verifica delle fonti.

In un contesto simile, il giornalaismo potrebbe essere caratterizzato da una marcata parzialità, sensazionalismo e mancanza di rigore nel fornire informazioni. Questo tipo di giornalismo potrebbe essere utilizzato per promuovere un’agenda politica o ideologica specifica, manipolando o distorcendo le informazioni per adattarle a una narrativa predefinita.

È importante sottolineare che, sebbene questa interpretazione del termine “giornalaismo” possa avere delle implicazioni negative, non rappresenta l’intera gamma di pratiche giornalistiche. Il giornalismo etico e professionale rimane fondamentale per garantire l’informazione accurata e la salvaguardia della democrazia.

La diffusione dei social media e delle piattaforme online ha inoltre alimentato la proliferazione di fenomeni quali le fake news, l’echo chamber e la polarizzazione dell’opinione pubblica. Questi sviluppi pongono nuove sfide per il giornalismo, che deve adattarsi a un ambiente mediatico sempre più frammentato e competitivo, senza compromettere l’integrità e l’attendibilità dell’informazione.

In conclusione, il giornalismo, il giornalettismo e il giornalaismo rappresentano tre approcci diversi alla comunicazione mediatica, ciascuno con le proprie caratteristiche e implicazioni. Mentre il giornalismo tradizionale cerca di garantire l’accuratezza e l’obiettività delle informazioni, il giornalettismo e il giornalaismo possono privilegiare sensazionalismo e semplificazione a scapito della qualità dell’informazione.

In un’era in cui la tecnologia e i social media hanno rivoluzionato il modo in cui consumiamo e produciamo notizie, è essenziale riflettere sulle implicazioni di questi cambiamenti per il futuro del giornalismo e della democrazia.

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Editoriali

Da Giorgio Almirante a Giorgia Meloni: 80 anni di percorso tra continuità e cambiamenti della destra italiana

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La politica italiana ha sempre ospitato una serie di correnti e movimenti, con la destra che ha attraversato varie fasi e trasformazioni nel corso del tempo. Da Giorgio Almirante, fondatore del Movimento Sociale Italiano (MSI), a Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia (FdI), la destra italiana ha attraversato un percorso complesso, caratterizzato da cambiamenti ideologici, sociali e politici.

L’eredità di Giorgio Almirante e il Movimento Sociale Italiano (MSI)

Giorgio Almirante è stato una figura di spicco della destra italiana nel secondo dopoguerra. Come fondatore e leader del MSI, Almirante incarnava un nazionalismo conservatore e anti-comunista. Il MSI, nato nel 1946, era erede del Partito Fascista di Benito Mussolini e rappresentava un’ala estrema della politica italiana. Tuttavia, negli anni ’70 e ’80, sotto la guida di Almirante, il MSI cercò di rinnovare la sua immagine, cercando di allontanarsi dall’etichetta di “fascista” e di inserirsi nel panorama politico mainstream.

Il passaggio dall’MSI a Alleanza Nazionale

Negli anni ’90, con la fine della guerra fredda e il crollo del comunismo, la destra italiana subì un cambiamento significativo. Nel 1995, il MSI si trasformò in Alleanza Nazionale (AN), sotto la leadership di Gianfranco Fini. Fini cercò di allontanare il partito dagli elementi più estremisti e fascisti, adottando una retorica più moderata e democratica. AN divenne parte integrante del sistema politico italiano, entrando a far parte di coalizioni di governo e accettando i principi della democrazia pluralista.

La rinascita della destra con Fratelli d’Italia

Tuttavia, il vento della destra italiana ha continuato a soffiare, e nel 2012 è stato fondato Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale (Fdl-AN), guidato da Giorgia Meloni, Gianni Alemanno e Ignazio La Russa. Il partito si è posizionato come l’erede ideologico dell’AN e ha abbracciato un nazionalismo conservatore e identitario. Meloni, in particolare, ha portato una ventata di freschezza alla destra italiana, attrattiva soprattutto per i giovani e per coloro che si sentono trascurati dalle élite politiche tradizionali.

L’ascesa di Giorgia Meloni e la nuova destra italiana

Giorgia Meloni, nata nel 1977, rappresenta una nuova generazione di leader della destra italiana. Con una retorica forte e decisa, Meloni ha saputo capitalizzare sul malcontento verso l’establishment politico e sulle preoccupazioni riguardanti l’immigrazione, la sicurezza e l’identità nazionale. Fratelli d’Italia ha ottenuto risultati significativi nelle elezioni politiche, consolidando la sua posizione come uno dei principali partiti di destra in Italia.

La destra italiana nel contesto europeo

Il percorso della destra italiana, da Almirante a Meloni, riflette anche le tendenze più ampie all’interno della destra europea. La crescente preoccupazione per l’immigrazione, l’identità nazionale e la sovranità statale ha alimentato la salita di partiti di destra in molti paesi europei. Tuttavia, ciascun paese ha le sue specificità e la sua storia politica unica, che influenzano il modo in cui la destra si presenta e agisce.

La Frammentazione della Destra Italiana: Un’Analisi Politica

La politica italiana è stata da sempre caratterizzata da una molteplicità di partiti e movimenti, ognuno con la propria ideologia e visione politica. Tra questi, la destra italiana non è stata immune dalla frammentazione, che ha avuto un impatto significativo sul paesaggio politico del Paese.

Origini della Frammentazione

Per comprendere appieno la frammentazione della destra italiana, è necessario analizzare le sue origini. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’Italia ha visto la nascita di una serie di partiti politici di destra, che spaziavano dall’estrema destra nazionalista a movimenti conservatori più moderati.

Tuttavia, nel corso degli anni, la destra italiana ha subito numerose scissioni e divisioni interne, spesso dovute a conflitti personali, divergenze ideologiche e lotte di potere. Questi fattori hanno contribuito alla creazione di una serie di partiti e movimenti di destra, ognuno con il proprio leader carismatico e seguaci devoti.

Le Principali Fazioni

La frammentazione della destra italiana ha portato alla creazione di diverse fazioni e gruppi politici, ciascuno con le proprie caratteristiche e obiettivi. Tra i principali vi sono:

  1. Forza Italia: Fondato da Silvio Berlusconi nel 1994, Forza Italia è stato uno dei principali partiti di centro-destra in Italia per diversi decenni. Tuttavia, nel corso degli anni, il partito ha subito diverse scissioni e ha visto la nascita di nuove formazioni politiche.
  2. Lega Nord: Originariamente un movimento separatista del Nord Italia, la Lega Nord si è trasformata in un partito nazionale di destra sotto la leadership di Matteo Salvini. La Lega Nord è nota per le sue posizioni anti-immigrazione e euroscettiche.
  3. Fratelli d’Italia: Un partito di destra nazionalista fondato da Giorgia Meloni nel 2012, Fratelli d’Italia è diventato uno dei principali attori della destra italiana. Il partito si basa su un nazionalismo conservatore.
  4. Movimento Sociale Italiano (MSI): Originariamente un partito neofascista fondato nel dopoguerra, il MSI è stato successivamente trasformato in Alleanza Nazionale e infine assorbito da Forza Italia. Tuttavia, una parte dei suoi ex membri ha continuato a operare all’interno di movimenti di estrema destra.

Impatto sulla Politica Italiana

La frammentazione della destra italiana ha avuto un impatto significativo sulla politica del Paese. Innanzitutto, ha reso difficile per la destra italiana presentare un fronte unito e coeso, spesso conducendo a coalizioni fragili e instabili.

Inoltre, la frammentazione ha alimentato la polarizzazione politica in Italia, con i vari partiti di destra che competono per attirare l’elettorato con discorsi populisti e promesse di cambiamento. Questo ha contribuito a una maggiore instabilità politica e ha reso difficile per il Paese affrontare le sfide economiche, sociali e ambientali.

Prospettive Future

Il futuro della destra italiana rimane incerto, con molte domande sulla sua capacità di unirsi e presentare un fronte coeso. Tuttavia, con l’aumento del nazionalismo e del populismo in Europa, è probabile che la destra italiana continui a giocare un ruolo significativo nella politica del Paese. In conclusione, la frammentazione della destra italiana è stata una caratteristica persistente della politica italiana, con profonde implicazioni per il Paese nel suo complesso. Mentre la politica italiana continua a evolversi, sarà interessante osservare come la destra italiana si adatterà e influenzerà il futuro del Paese.

Conclusioni

Il percorso della destra italiana da Giorgio Almirante a Giorgia Meloni è stato caratterizzato da continuità e cambiamento. Mentre alcuni principi fondamentali, come il nazionalismo e il conservatorismo, sono rimasti costanti, il modo in cui questi principi sono stati interpretati e presentati è cambiato nel corso degli anni. Con Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, la destra italiana si trova oggi in una fase di rinnovato vigore e ambizione, giocando un ruolo sempre più centrale nel panorama politico nazionale.

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Costume e Società

Famiglie allargate si o no?

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Le ricerche sociologiche, oggi, vedono un forte cambiamento nell’assetto familiare. Tale condizione ha origine sia da un mutamento nel concetto di genitorialità che nel ruolo della famiglia all’interno della società: cambiano le persone, si modificano le strutture familiari, mutano le coppie, si spostano gli interessi di ogni singolo individuo, passando dalla condivisione all’individualizzazione.

Molti aspetti legati alla natura psicologica del singolo soggetto subiscono un cambio repentino: si pensa più a sé stessi che agli altri. In questo scenario, siamo di fronte a molte trasformazioni che vanno ad incidere, inevitabilmente, sulla composizione della famiglia stessa.

Quello che cambia oggi rispetto a circa 50 anni fa è legato alle cause della nascita delle nuove famiglie “allargate”, “ricomposte” o “ricostituite. Mentre un tempo le famiglie ricostituite si formavano dopo la morte di un coniuge, dagli anni ‘70, invece, con la possibilità anche in Italia di ricorrere a separazione e divorzio, si sono verificati cambiamenti sociali e culturali che hanno portato ad una nuova struttura di queste famiglie.

Le famiglie “allargate”, ovvero le famiglie composte da due partners che hanno vissuto l’esperienza della fine di un precedente matrimonio, da cui almeno uno ha avuto figli che attualmente vivono con loro, hanno la caratteristica di avere confini più labili e incerti rispetto alla famiglia “tradizionale”, sia in termini biologici che legali. I processi relazionali sono sicuramente più complessi, sia nella comprensione che nella gestione, sono flessibili e hanno un inizio e un’evoluzione molto rapida.

Le famiglie ricostituite sono state definite “cespugli genealogici”, per la loro ampia estensione orizzontale anziché verticale. Mentre alcuni studiosi non appoggiano totalmente questi cambiamenti, altri fanno fronte alle nuove forme familiari che non possono essere ignorate, ma devono essere comprese e sostenute.

Le famiglie ricostituite vivono la crisi di chi, con storie diverse e diversi modi di affrontare i problemi, deve trovare dei compromessi per affrontare insieme nuove situazioni.
Gli studi affermano che i precedenti rapporti coniugali e la loro chiusura siano stati rielaborati, con una buona definizione delle attuali relazioni e con confini chiari, in modo che i partner possano iniziare un nuovo rapporto senza rancori passati. È importante che i figli non abbiano un atteggiamento oppositivo verso il nuovo partner, sperando in una riappacificazione tra i suoi genitori. Questo sarà direttamente proporzionale ai livelli di chiarezza e definizione raggiunti.

L’età dei figli è importante: i bambini in età prescolare potrebbero manifestare regressioni, nascondendo il desiderio di farsi accudire. Per i ragazzi la necessità di conferme da parte del genitore biologico potrebbe invece lasciare il posto alla rabbia verso il genitore acquisito, soprattutto nella fase adolescenziale, all’interno della quale avviene il processo di costruzione della loro identità e questo totale mutamento potrebbe essere percepito come un ostacolo.
In questa fase, per i figli, il formarsi di una famiglia allargata, sancisce definitivamente la fine della relazione tra i genitori biologici, e spesso questo può portare alla paura inconscia che affezionandosi al genitore acquisito, in qualche modo si “tradisca” quello biologico. La causa che ne consegue è che ciò potrebbe portare i figli ad allearsi con quest’ultimo e sviluppare un senso di protezione morboso.

In ogni caso la genitorialità è ancora più difficile poiché i genitori dovranno imparare a gestire eventuali conflitti e gelosie tra i fratelli acquisiti. Nelle famiglie allargate è opportuno costruire nuove identità familiari, nuove stabilità ed equilibri.
A tale proposito, non si può dare una risposta definitiva alla domanda “Le famiglie allargate sì o no?”, poiché essendo in continua espansione necessitano di sostegno e di supporto. Sicuramente nelle famiglie ricostituite possono innescarsi situazioni particolari, ma dare una “valutazione” negativa o positiva non è certo il modo migliore per andare verso un processo di accettazione.

Di concerto, le famiglie ricostituite possono racchiudere al loro interno grandi risorse ed elementi di ricchezza per tutti i componenti, i quali si troveranno a contatto con abitudini, tradizioni, modelli e storie diverse dalle proprie.

Tutto questo, se integrato con nuovi “ingredienti” e abitudini comuni diviene un elemento fondamentale per la crescita e il benessere di tutti, portando alla costruzione di nuovi equilibri.

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