Palmina Martinelli: riaperto il caso della 14enne di Fano arsa viva in casa

Bari – Colpo di scena nell’omicidio di Palmina Martinelli, la 14enne di Fano trovata avvolta dalle fiamme all’interno della sua abitazione l’11 novembre del 1981 e morta 22 giorni dopo al Policlinico di Bari.

Dopo oltre 36 anni dalla terribile morte e dopo le tanto discusse sentenze che hanno portato all’assoluzione dei due imputati che oggi non potranno esse più processati la magistratura ha deciso di riaprire il caso ipotizzando il reato di omicidio volontario aggravato, al momento a carico di ignoti.

L’indagine è affidata alle pm Simona Filoni e Bruna Manganello,  questa nuova riapertura del caso è nata a seguito di un meticoloso studio dei precedenti fascicoli sulla morte di Palmina, custoditi a Bari e Brindisi.

Da questo studio è emerso che vi sono gli estremi per individuare eventuali corresponsabili.

La Procura di Bari vuole estendere le indagini anche nel familiare. Tra le prime cinque persone convocate ci sono Enrico Bernardi e Giovanni Costantini, entrambi assolti in via definitiva trent’anni fa.

Era stata la stessa Palmina a fare i nomi di Enrico e Giovanni poco prima di morire, quando ancora il suo corpo era gravemente ustionato e la sua voce sofferente e spezzata. Un giorno il medico le spiegò che le sue parole sarebbero state registrate su nastro e che in quella stanza vi era anche un Magistrato, Palmina raccolse tutte le sue forze e diede risposte chiare e perentorie: il medico chiese a Palmina di dirgli soltanto i nomi delle persone che le avevano fatto del male e lei rispose “Giovanni, Enrico”; il medico chiese anche il cognome di queste persone e Palmina rispose“uno Costantino”, l’altro? Chiede il medico, ma Palmina non lo sa. Il medico chiede: “Queste persone cosa ti hanno fatto” e Palmina risponse “Alcol e fiammifero”.

NUOVE INDAGINI “Ho la coscienza a posto, non avevo alcun motivo di commettere una cosa del genere. Mi sono sempre chiesto perché Palmina fece il mio nome. Dopo tanti anni mi auguro che si arrivi a una conclusione una volta per tutte” sono queste le parole rilasciate da Enrico Bernardi subito dopo aver lasciato la caserma dei Carabinieri di Bari dove sono cominciate le nuove indagini sulla morte di Palmina.

E’ stata convocata anche Tommasina Martinelli, sorella maggiore di Palmina e il marito Cesare Ciaccio, il titolare del distributore di benzina dove Antonio Martinelli fece sosta mentre stava accompagnando la sorella bruciata.

Mina Martinelli, altra sorella della vittima sentita pochi giorni fa dagli inquirenti ha dichiarato “Mi aspetto la verità, è quello che voglio e spero di arrivarci” aggiungendo inoltre “Credo che anche se è passato tanto tempo ci siano ancora possibilità concrete perché finalmente ci sia giustizia”. Sono state inoltre sentite quattro donne, tutte conoscenti della vittima e della sua famiglia all’epoca dei fatti.

Ma chi ha voluto la morte di Palmina e perché? La giovane venne ritrovata avvolta dalle fiamme sul piatto della doccia del bagno. Sin da subito fece i nomi dei responsabili che l’aveva arsa viva perché aveva rifiutato di prostituirsi.

Palmina rimase diversi giorni presso il Centro di Rianimazione del Policlinico di Bari e parlò con il pubblico ministero Nicola Magrone e il Dott. Tommaso Fiore. La ragazza parlò e le sue parole vennero incise su nastro e verbalizzate.

Con voce sofferente la giovane ha risposto alle domande “Chi ti ha fatto del male?” gli fu chiesto, Palmina rispose “Giovanni, Enrico” gli fu chiesto inoltre “Puoi dire anche il cognome di queste persone?” la giovane aggiunse “Uno Costantino. L’altro non lo so”. Le domande sono state specifiche e mirate “Cosa ti hanno fatto queste persone?”, Palmina ha risposto con la voce sofferente e provata “Alcol, fiammifero”.

Giovanni Costantino era un ragazzo di 19 anni di cui la Palmina era innamorata. Il giovane faceva il militare e lei gli inviava tante lettere. Una sorella di Palmina, Franca, si era precedentemente innamorata di Enrico e con lui era andata a vivere ma successivamente fu avviata alla prostituzione.

Il processo ebbe inizio il 28 novembre del 1983 e si concluse il 22 dicembre dello stesso anno con un verdetto inaspettato, l’assoluzione degli imputati. La Corte inoltre avvalorò la tesi del suicidio dopo il ritrovamento di una lettera della giovane.

Il Pm propose inoltre l’impugnazione ma il verdetto fu confermato nel 1987 in Appello e anche il Cassazione. La sorella Giacomina non ha mai creduto al suicidio e si è sempre battuta affinchè venisse fuori la verità.

Angelo Barraco