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Programma di governo? Prolungare l’emergenza coronavirus!

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A quanto pare, a settembre le scuole di ogni ordine e grado riapriranno i battenti, per accogliere sui loro banchi milioni di alunni, dalle primarie (che brutto, preferivo ‘elementari’) fino all’ultimo anno di liceo.

Il panorama non è incoraggiante: anzi, decisamente desolato e angosciante. Infatti i nostri figli e nipoti saranno messi in una teca di plexiglas, come gli insetti da collezione, e in più, oltre ad osservare una distanza sanitaria stabilita ‘ad oculum’, senza una reale consistenza scientifica (c’è chi giura su di un metro, chi su uno e mezzo, chi addirittura su quattro: ma quattro sono troppi, un’aula diventerebbe uno stadio di calcio), ognuno dei milioni di ragazzini e ragazzine dovrà indossare una mascherina, naturalmente di produzione statale, dati i costosi macchinari importati, pare dalla Cina, per produrre UN MILIARDO di mascherine chirurgiche al mese, stretto fabbisogno per tutti noi.

Intanto chi è stato a scuola (non possiamo giurare su ognuno dei nostri componenti l’attuale governo, e sul loro grado di istruzione, altamente variabile: abbiamo avuto un ministro dell’Istruzione con la terza media, abbiamo un segretario di partito con il diploma di odontotecnico e un ministro degli Esteri chissà come) ricorda benissimo quanto sia difficile tenere incollati ai banchi gli alunni, ricorda l’odore di chiuso che si sprigiona dall’aula alla fine dell’ora di lezione, ricorda soprattutto quanto sia difficile tenere a bada venti o più anime innocenti dopo un’ora di immobilismo.

Ancor più se in quel giorno le ore sono quattro, o cinque. Ai miei tempi eravamo anche quaranta, in classe, e si adottava il turno pomeridiano alternato: ma la nostra ‘leva’ era abbondante. Dopo la guerra le coppie volevano ricominciare a vivere, e crescere i figli non era così difficile: la madre a casa, senza volersi ‘realizzare’, ma sentendosi già realizzata come madre e moglie; il padre al lavoro, e la domenica la passeggiata e il gelato, in una città (parlo della mia città natale, Bari) che permetteva di camminare in piena sicurezza, e in cui potevi passeggiare al Lungomare con altre centinaia di persone – sorridenti.

Oggi l’espressione più comune è ‘ingrugnato’, e nessuno è più sicuro di poter passeggiare in luoghi affollati. In più, oggi c’è la guerra alla famiglia, e sappiamo da che parte arrivi. Comunque, i tempi sono cambiati, come è giusto che sia, – tranne la volontà di distruggere la famiglia naturale – e non si può continuare a vivere in un modo che non rispecchia la realtà che troviamo fuor della porta. Solo che oggi è molto più difficile e costoso crescere figli. Soprattutto in uno Stato come è diventata l’Italia. Leggiamo che altri governi, anche europei, adottano politiche di incentivo alla procreazione e all’assistenza non solo dell’infanzia, ma anche della coppia genitoriale. Sono Stati nordici, lontani da noi milioni di anni – e magari con altri problemi. Noi abbiamo iniziative effimere e inefficaci: si sente ogni tanto parlare di ‘bonus bebè’ e altre menate simili, ma sono come gli ottanta euro di Renzi: solo politica. Infatti nulla ha risolto la nostra situazione di decremento demografico, tranne l’importazione di coppie meglio disposte alla procreazione, dagli stati africani e arabi. Ma non è questo il tema di oggi.

Quello che colpisce di un ministro – o ‘ministra’, termine che non fa pensare al Parlamento, ma piuttosto al pranzo di mezzogiorno – come la Azzolina, per quanto qualificata a termini di curriculum, ma assolutamente senza esperienza di governo,  è la sua prontezza nello stabilire che occorrono quattro miliardi di euro per riparare le scuole in degrado, e non solo, ma per impiantarne di nuove perché, ‘per non creare problemi alle famiglie’ (Azzolina dixit), non si pensa di adottare il doppio turno quotidiano, come era anche una volta, quando, appunto, le classi erano troppo numerose, ma piuttosto di creare nuovi impianti per contenere gli alunni costretti alla distanza ‘sociale’.

Questo ha comportato anche un nuovo computo (chissà perché) dell’ora di lezione, che passa da 50 a 40 minuti; cosa inspiegabile, visto che il doppio turno non si concretizzerà. Altra innovazione, oltre alle mascherine e alla distanza, è il fatto che ogni ragazzino sarà chiuso in una teca di plexiglas, così da non poter avere un sia pur fortuito contatto con il compagno – non più di banco. Non basta: saranno fornite visiere trasparenti come quelle indossate da medici e infermieri a contatto con infezioni conclamate. Andare a scuola con la celata sarà come affrontare una lizza medioevale – o giù di lì. E fin qui, per chi in Italia ha seguito le ultime acrobazie di governi come quello che abbiamo attualmente, tutto normale: nel senso che ormai le cose che potrebbero meravigliare gli Italiani sono veramente da scoprire. Normale è la mafia, normali le mazzette, normali le stravaganze di alcuni giudici, normali le uscite dalle carceri senza aver scontato neanche metà della pena, normali gli uxoricidi (non femminicidi, termine coniato con animo certo non sereno), normale il fatto che i nostri ministri siano ‘scelti’ con criteri politici e non di merito o di competenza.

Tutto normale – per noi, che in Italia ci viviamo da sempre. Ma quello che colpisce i meno sprovveduti è il fatto che le misure di protezione – mascherine, plexiglas, distanze – siano già previste nella loro essenza fino a settembre. Mentre da tutte le parti si grida alla fine di una pandemia che, secondo alcuni che fanno i conti dei morti secondo la statistica dei preventivi, non esiste. E per alcuni non è mai esistita. Salta agli occhi il fatto che per tre mesi tutti i morti in ospedale sono stati attribuiti al virus: nessuno è più morto di appendicite, di cancro, di morbillo micidiale (Lorenzin), di infarto, di trauma cranico, di indigestione, di coma etilico, di overdose, di unghia incarnita, o di altre affezioni. Qualcuno aveva interesse ad ingrossare le file delle ‘morti Corona’?

Perché, come in Germania, non sono state fatte almeno alcune autopsie, per stabilire se le morti fossero avvenute ‘per’ Coronavirus o ‘in conseguenza’ di Coronavirus? Ora, non vogliamo negare le file di camion militari e i crematori con lista d’attesa. Ma non abbiamo mai potuto capire – e questo sarebbe stata la prima cosa da spiegare a noi cittadini – che cosa sia, o cosa fosse questo virus. Che fosse Corona lo sappiamo bene. Ma abbiamo anche, fra le righe, imparato che di Corona ogni anno ne abbiamo ospitato uno: il membro di una famiglia numerosa e mutevole. Questo, pare, era, o è, il diciannovesimo – non importa il nome che gli vogliamo dare. E sembra che, come gli altri, si metterà a cuccia, continuando, forse, a sopravvivere. Ma Corona è anche il virus del raffreddore. E allora? Come prevedere che a settembre sarà ancora micidiale? Come impostare un anno scolastico – fra tre mesi – con lo stanziamento di quattro miliardi per rinnovare gli istituti scolastici, quando fino ad oggi, nonostante le ripetute denunzie di inadeguatezza abbiamo sopportato che il soffitto delle aule cadesse sulle teste dei ragazzi durante le ore di lezione? Perché proprio ora? Perché imporre e prevedere l’uso di mascherine ancora a settembre? Perché prevedere l’uso di visiere e diaframmi di plexiglas come se le lezioni si svolgessero in una corsia di terapia intensiva? Forse il nostro governo ha degli interessi nella vendita delle mascherine e degli aggeggi di plexiglas, già installati in tutti i supermercati e farmacie?

E i quattro miliardi che la Azzolina chiede per lavori di adeguamento: sappiamo che gli appalti sono il boccone preferito di certa gente, c’è forse qualcuno che già si sta leccando i baffi? È proprio necessario spendere questo denaro, oltretutto preso a prestito dalla BCE? Ma soprattutto: a chi conviene che il virus Corona sopravviva fino a settembre, il che giustificherebbe tutto il denaro speso e preventivato? Posto che le mascherine chirurgiche sono monouso – quelle prodotte in Italia – di quante mascherine avremmo bisogno, solo per la scuola? E come e dove e da chi saranno smaltite? E chi potrà lucrare sullo smaltimento e sul riciclo? Proprio perché siamo Italiani e sappiamo come vanno queste cose, possiamo dire che, a dir poco, c’è poca trasparenza in questa operazione. Come in quella della ‘ministra’ Bellanova e dei 500 (o 600) mila regolarizzazioni di ‘braccianti’, o supposti tali, irregolari, già ritenuti non idonei dai nostri coltivatori diretti. Sappiamo purtroppo sulla nostra pelle che in politica è come in prestidigitazione: guarda la mano sinistra e intanto la destra agisce (o viceversa) e il trucco è confezionato.

Come disse l’onorevole Amato quando si trattò di fare entrare l’Italia nell’area euro: si va avanti e si vede cosa succede. Se nessuno protesta, si continua fino al punto di non ritorno. Oggi il 30%, pare, dei pubblici esercizi non riaprirà l’attività, e questo impoverisce tutti noi. Il governo, dopo tanti proclami, non ha ancora fatto l’unica cosa che avrebbe dovuto, cioè mettere soldi liquidi in tasca a negozianti, ristoratori, artigiani, eccetera. Qualcosa è arrivato filtrando fra le strette maglie della burocrazia, ma in cifre insufficienti. L’Italia è un paese terremotato, dove c’è tutto da rifare. Ma c’è qualcuno che rifarà prima degli altri. Ci chiediamo soltanto: come fa questo qualcuno a prevedere una sussistenza virale ancora a settembre, ciò che renderebbe necessarie- e non superflue – le misure programmate? Si chiama per caso Otelma? Oppure il virus sopravviverà per volontà politica? E soprattutto: di che portata sarà il business vaccinale su cui pare già si stiano accapigliando Bill Gates e suoi omologhi? Di che portata sarà la presunta e annunciata obbligatorietà di vaccinazione, comunque anticostituzionale, e che discriminazione – anch’essa contro la Costituzione – comporterà in chi non voglia sottoporvisi? E la App ‘Immuni’, fino a che punto sarà uno strumento di controllo nei nostri confronti? E il registrare i nostri contatti, mantenendone notizia fino a un mese, non somiglia tanto ad una disposizione sovietica vecchia maniera, quando invece siamo ormai tutti tracciabili con dispositivi palesi ed occulti? Il tracciato sui pavimenti dei luoghi pubblici, fino a che punto condizionerà la nostra idea di libertà, quando lo Stato ci dice perfino dove mettere i piedi al supermercato, alla Posta, o altrove? E soprattutto: a chi conviene mantenere una condizione di emergenza, sia pur creata ad arte?

Castelli Romani

Frascati: eletti i presidenti delle Commissioni Affari Istituzionali e Bilancio

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Eletti ieri i presidenti della Commissione Affari Istituzionali e della Commissione Bilancio, Patrimonio e Partecipate del Comune di Frascati, rispettivamente Maria, detta Emanuela, Bruni e Roberto Mastrosanti.

Una nuova elezione che segue le dimissioni, sembrerebbe senza alcuna motivazione, di Anna delle Chiaie e Marco Lonzi.

La Commissione Affari Istituzionali, da Statuto del Consiglio Comunale, spetta di diritto alle opposizioni che siedono a Palazzo Marconi che oggi erano rappresentate dalla stessa Emanuela Bruni, Roberto Mastrosanti, Anna delle Chiaie e Matteo Angelantoni con la sola assenza di Marco Lonzi.

Maria, detta Emanuela, Bruni

All’unanimità dei presenti viene eletta la dottoressa Bruni, già candidata sindaco nel 2021 del centro destra Frascatano: un curriculum vitae che spazia dalla carriera giornalista, a ruoli istituzionali – la prima donna a presiedere il cerimoniale di Palazzo Chigi – ed, attualmente, consigliere del CdA del MAXXI – Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo.

Roberto Mastrosanti

Per la Commissione Bilancio, Patrimonio e Partecipate viene eletto, sempre all’unanimità dei presenti compresi i capogruppo dei partiti di maggioranza di Palazzo Marconi, l’avvocato Roberto Mastrosanti, già sindaco della città: una regola non scritta, ma sempre rispettata dall’assise tuscolana, attribuisce sempre alle opposizioni tale presidenza in virtù del fatto che trattasi, pur sempre, di una commissione di controllo.
Si ricuce così il rischio di un blocco dell’attività politica del Consiglio Comunale.
A caldo il commento del commissario cittadino di Forza Italia, nonché membro della segreteria provinciale, il dottor Mario Gori: “Eletti due consiglieri comunali con grande esperienza Amministrativa ed Istituzionale, oltre che stimati professionisti, che, sicuramente, eserciteranno le loro funzioni nell’interesse della collettività”. Si aggiunge poi, nella serata, dalle pagine Facebook, il commento della Lega Frascati che oltre ad augurare un “buon lavoro” ai neoeletti scrive: “su queste commissioni parta un percorso di costruzione di una alternativa politico-amministrativa all’attuale giunta a guida PD”.

Ai neo presidenti auguriamo un buon lavoro.

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Politica

Pescara, convention FdI: Meloni annuncia candidatura alle europee

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Il colpo di teatro arriva solo alla fine: perché la candidatura in tutte le circoscrizioni era oramai più che scontata ma lei chiede anche di scrivere sulla scheda “solo Giorgia, il mio nome di battesimo” perché “io sarò sempre e solo una di voi, una del popolo”.

Lo dice Giorgia Meloni dopo quasi un’ora di comizio, tra una battuta e l’altra pure sulle sue condizioni, “sull’ottovolante” per gli otoliti.


Lanciando non solo la campagna elettorale di Fratelli d’Italia per le europee ma anche la sfida a pesare il suo consenso personale, dopo un anno e mezzo alla guida del governo.
La premier dal palco vista mare di Pescara chiama il suo popolo al plebiscito su di sé (‘Giorgia Meloni detta Giorgia” sarà la dicitura sulla lista che consentirà di indicare come preferenza solo il nome) mentre in platea la ascoltano “l’alleato fedele” Antonio Tajani, Lorenzo Cesa e Maurizio Lupi.

Matteo Salvini, come annunciato all’ultimo, non c’è e fa solo una comparsata, collegato per strada, da Milano. “Ci ha preferito il ponte”, dice lei a metà tra lo scherzo e la punzecchiatura. Per poi infilarsi in 73 minuti di discorso in cui ripercorre la storia di Fratelli d’Italia, ricordando che alle scorse europee “mancammo di pochissimo il quorum del 4%” mentre ora il partito punta almeno a confermare quel 26% conquistato il 22 settembre scorso, che ha portato la destra al governo. Ora, è l’Europa a essere “a un bivio” e tutti “devono essere pronti a fare la loro parte” sprona parlamentari e militanti la premier, che è anche presidente di Fdi e di Ecr, quei conservatori europei che, è convinta, saranno “strategici e fondamentali” nella prossima legislatura Ue. L’impresa, “difficile ma non impossibile”, per Meloni, è quella di replicare a Bruxelles “il modello italiano” di una “maggioranza che metta insieme le forze del centrodestra” per “mandare all’opposizione la sinistra anche in Ue”.


“Mai con la sinistra” è il mantra, che serve a spazzare via, almeno per ora, le ipotesi di cedimenti dopo il voto, quando ci sarà da sedersi al tavolo delle trattative per i nuovi vertici europei. Anche perché – è il concetto che ripete da inizio anno la Meloni – un conto sono gli accordi per la Commissione, altro è una maggioranza stabile al Parlamento europeo.


Intanto, archiviata la conferenza programmatica (quello che ironicamente anche nel ‘fantacongresso’ che circola tra i Fratelli d’Italia viene definito il ‘Giorgia beach party”, che dava parecchi punti in classifica a chi lo pronunciava) ora “c’è la campagna elettorale”. E i dirigenti del partito già hanno iniziato a organizzare i prossimi appuntamenti. Non essendo “la leader del Pd so che il partito mi aiuterà”, ha detto Meloni lanciando una delle tante stilettate a Elly Schlein, cui tuttavia dà il ruolo di avversaria. E se “Giorgia”, come ha detto lei stessa dal palco, in giro andrà poco perché vuole restare concentrata sull’attività di governo, toccherà alla sorella, Arianna Meloni, uscire di più dalle retrovie di qui al voto dell’8 e 9 giugno (un appuntamento per la responsabile della segreteria e delle tessere sarà quasi sicuramente al Sud, in Salento).


Per il resto la premier sfodera il classico armamentario da comizio, attacca Schlein chiamandola direttamente per nome ma anche il Movimento 5 Stelle quando parla del Superbonus come della “più grande patrimoniale al contrario” fatta in Italia. E poi la natalità che deve diventare centrale, la difesa delle origini “guidaico-cristiane” dell’Europa, il cambio di passo già impresso a Bruxelles sulle politiche green, sull’auto, sui migranti. E l’ennesima difesa di Edi Rama (e un attacco a Report) “linciato da quella che poi chiamano Telemeloni, solo perché ha aiutato l’Italia”.

Alla fine il saluto con Ignazio La Russa (che si è perso l’Inter per sentire la premier ma ha la partita “registrata” e poi corre a vedersi il secondo tempo) e niente pranzo sul lungomare, dove pure la aspettavano. Non sta bene, sempre gli otoliti, dicono i suoi. “Se mi vedete sbandare – scherza lei dal palco – non vi preoccupate, cerco di stare ferma e ce la faccio”. Prima della frase più attesa: “Ho deciso di scendere in campo per guidare le liste di Fdi in tutte le circoscrizioni elettorali, se sopravvivo….”. 

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Castelli Romani

Rocca Priora, elezioni: intervista a 360 gradi a Anna Zaratti

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Anna Zaratti, classe 1983, sposata. Una laurea in biologia cellulare molecolare ed un master in genetica forense, oggi docente nella scuola media secondaria.

Una chiacchierata in serenità davanti ad un caffè cercando di capire cosa spinge una ragazza della sua età ad una competizione elettorale.

Anna, anche con te, ci diamo del tu? Come sei arrivata alla politica?

(sorride serena) Si si, diamoci del tu. Ho respirato in casa questa passione.
I primi momenti di vita politica li ho vissuti all’università ed è stata per me un bel banco di prova perché ho compreso in pieno il concetto che la “vera politica parla sempre”.

Spiegami un po’ questa tua ultima affermazione

Vedi non è una questione di ideologie contrapposte ma il concetto stesso che la politica è arte del fare e del discutere. Ha come fine il bene delle persone, della comunità.
Quindi va da se che costruire una strada, una scuola, non è né di destra né di sinistra è semplicemente da FARE e questo si vede ancora di più in un ambito, come quello locale, dove bisogna necessariamente superare questi steccati ideologici.

Quindi vuoi dirmi che alla fine gli steccati ideologici crollano o meglio debbono venire meno di fronte a questo tuo principio?

(il sorriso diventa serio) Certo che si.
La contrapposizione ideologica porta sempre allo scontro delle persone e non al chiarimento delle idee e quindi compiere delle scelte sulla base del FARE deve essere, necessariamente, il principio di chi si presenta di fronte agli elettori.

A Rocca Priora la scelta del tuo partito, Fratelli d’Italia, di cui sei presidente, viene vista come una scelta sofferta. È vero?

Ma neanche tanto.
Quello che ci rimproverano è il discorso delle solite facce, delle solite persone.
Ti faccio un esempio: tu lasceresti una Ferrari o un aereo in mano ad una persona che non l’ha mai guidata?
Io tentennerei nel farlo, preferirei avere qualcuno al fianco che mi insegnasse a farlo, mi spiegasse come tirare fuori al meglio le potenzialità della Ferrari o dell’aereo.
Ecco: guidare una macchina amministrativa, di certo, non è una cosa facile.
C’è bisogno di chi ha le capacità di farlo e che permetta a “noi giovani” di fare esperienza creando poi una nuova classe dirigente.

Quindi fare quella che un tempo era la “gavetta” è necessario anche in politica?

Ancora di più. Si dice spesso che chi governa debba essere un buon padre o una buona madre di famiglia.
Ma non mi risulta che ci sia il “manuale del perfetto genitore” bisogna fare esperienza sul campo ed avere vicino donne e uomini che di “esperienza” ne hanno già e che ci permettano di acquisire con loro quelle capacità amministrative e di governo necessarie per il bene della popolazione.

Mi ha colpito molto nella riunione del 24 aprile quando hai parlato di biodiversità e nello specifico del Bosco del Cerquone. Ho appuntato un acronimo “ZSC” mi spieghi cosa significa e come può diventare quella località il valore aggiunto per Rocca Priora?

(gli brillano gli occhi ed il suo sorriso risplende) Mi fa piacere che ti sia soffermato su questo argomento lo serbo nel mio cuore dai tempi in cui, in università, facevo ricerca.
Noi abbiamo la fortuna di avere una Zona Speciale di Conservazione, ZSC appunto.
Prova a chiudere gli occhi e pensare al nostro territorio in periodo compreso tra 600 mila anni fa e 40 mila anni fa … beh! quello è il Bosco del Cerquone.
Un unicum per il nostro territorio, una zona non contaminata dalle successive forestazioni, i castagni ad esempio, che mutarono moltissimo l’aspetto delle nostre zone.
Li si conservano ancora querce, tigli ed aceri tipici della nostra zona.
Un vero e proprio Santuario Ecologico, un campionario, passami il termine, di molteplici biodiversità, sia faunistiche che floreali.
Si potrebbe creare un indotto turistico magari un vero e proprio centro di ricerca assieme alle università arrivando fino all’ARPA.
Ma quello che diventa ancora più necessario è quello che Claudio Fatelli ha esposto nella riunione a cui tu facevi riferimento: creare quelle strutture capaci di accogliere turisti e ricercatori. Oltre l’indotto ci vuole la capacità recettiva.

Sempre in quella stessa occasione hai ampiamente parlato di Sport ma cosa rappresenta per te?

Qui il discorso si ampia.
Siamo troppe volte abituati a considerare lo sport esclusivamente come pratica sportiva, come attività.
Ma se andiamo a guardare bene lo Sport è la base dell’inclusione, è simbolo e sinonimo di pace, basta guardare nel mondo antico quando durante il periodo olimpico si interrompeva ogni guerra.
Lo Sport insegna a fare tesoro delle sconfitte.
Lo Sport educa i giovani ad una disciplina comportamentale, è la scuola delle regole.
Lo Sport deve diventare un progetto educativo, sociale, inclusivo non esclusivamente motorio.
Quindi una progettualità di questo genere deve diventare l’anima di ogni azione amministrativa.

Un progetto ambizioso, il tuo, ma non si può non condividere

Beh aggiungo che Rocca Priora ha avuto la fortuna di essere stato uno dei primi paesi dei Castelli Romani a dotarsi di un complesso sportivo polivalente. Oggi quella realtà può e deve diventare una Cittadella dello Sport proprio in questo ambito che ho appena descritto. E lo si può fare anche utilizzando strutture ecocompatibili che ne farebbero un unicum nel suo genere.

Sei alla tua seconda esperienza come candidato al consiglio comunale. C’è qualcosa che nella prima tua prima esperienza ti ha colpito?

Si! Non te lo nascondo – dice guardandomi fissa negli occhi – ho sentito forte il peso della responsabilità delle persone che avevano riposto in me la loro fiducia. Un peso importante ma che oggi, ancora di più, mi spinge a fare meglio.
Ma stavolta ho dietro di me una bella squadra che mi supporta e mi sprona ad andare avanti e quello che chiedo ai roccaprioresi è di non smettere mai di stimolarmi anche il giorno dopo le elezioni ricordandogli la mia piena e totale disponibilità a riceverli ogni volta che lo riterranno necessario.
Ed in più, mi prendo l’impegno, già da ora, di incontrarli spesso, in una Assemblea Pubblica, per fare il punto della situazione. Un impegno concreto che mi permetta di ascoltare i loro suggerimenti, le loro idee e, perché no, anche le eventuali lamentele.

Le mie interviste, lo avrai letto, si chiudono sempre con una bacchetta magica che io ti presto e che può far avverare due desideri: uno per te, per la tua famiglia ed uno per la tua città …

Beh facile per la mia famiglia: la serenità e l’armonia e quella capacità di comprendersi sempre.
Per Rocca Priora ho un sogno: una Ludoteca, un luogo che permetta ai giovani di trovarsi e di incontrarsi.
Un luogo che permetta loro di poter tornare ad essere comunità che si unisce e che crea valore aggiunto. E questo lo si può fare utilizzando quelli spazi, troppe volte abbandonati e che, grazie al PNRR il Comune di Rocca Priora sta recuperando appieno.

L’avevo conosciuta dalle parole di alcuni amici che me l’avevano descritta come una donna tenace ma piena di voglia di fare e di capacità di fare sintesi: avevano ragione.
Grazie Anna ed un grosso in bocca al lupo.

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