Scienza e Tecnologia
Redfall, un titolo incompreso dalle enormi potenzialità
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3 settimane fail

Redfall è un titolo che in moltissimi si aspettavano su Pc ed Xbox. Sia perché sarebbe stato gratuito al lancio per tutti i possessori del Gamepass di Microsoft, sia perché aveva creato un’aspettativa enorme fra i fan. Purtroppo però qualcosa non ha funzionato e il gioco non è arrivato al lancio come in molti si aspettavano, così i media e il pubblico nella quasi totalità dei casi a caldo ha letteralmente distrutto il gioco. Noi prima di pronunciarci abbiamo voluto aspettare di finirlo e lo abbiamo spolpato a fondo con grande cura e adesso ci sentiamo pronti a esprimere il nostro verdetto. Redfall non è un brutto gioco, anzi è un prodotto che ha delle basi solidissime, purtroppo però soffre di alcuni problemi che, soprattutto per i giocatori più esigenti, rappresentano dei macigni. A nostro avviso i più gravi sono senza dubbio l’intelligenza artificiale dei nemici umani che è davvero imbarazzante, il framerate a 30 fps che subisce dei repentini cali (ovviabili eliminando il motion blur, il movimento della testa del personaggio mentre cammina e altre impostazioni grafiche), e alcune texture che impiegano molto tempo a caricarsi. Insomma, il titolo di Arkane Studios si è presentato al lancio in forma non perfettamente smagliante, ma a nostro avviso non è un titolo da buttare(cosa che in molti invece hanno asserito). Fatta questa premessa, andiamo a recensire il gioco nel modo più onesto possibile. Redfall era una ridente cittadina costiera del Massachussets, situata nella parte orientale di un’isola rinomata per i frutti di mare e le coste ventose. A partire dal riuscito incipit della vicenda raccontata nel gioco, invece, si può vedere cos’è diventata Redfall oggi, dopo essere caduta totalmente in mano ad un branco di vampiri assetati di sangue la cui origine sembra sia legata ai sinistri esperimenti della Aevum, una casa farmaceutica alla ricerca della cura per tutte le malattie che affliggono l’uomo. Come se non bastasse, gli umani, invece di fare fronte comune di fronte alla minaccia sovrannaturale, si sono perlopiù schierati con i vampiri, creando un farneticante culto in cui, come enormi contenitori di cibo, fanno la fila in attesa di essere divorati (a sentire loro, “elevati”) da uno dei molteplici “succhiasangue” che si aggirano per la cittadina. Nonostante un intreccio in tono minore rispetto ad altre produzioni del medesimo team di sviluppo, l’ambientazione di Redfall è, come da tradizione, estremamente ben ricreata e curata in ogni minimo dettaglio, con una grande quantità di interni da esplorare, una direzione artistica da b-movie degli anni ’80 molto coerente con i temi trattati e un’atmosfera generale che ci ha rapito sin da subito e che, a conti fatti, risulta uno dei principali punti di forza della produzione. Il giocatore sarà chiamato ad indossare i panni di uno di quattro sopravvissuti, tutti sufficientemente differenziati in termini estetici e di abilità, per far fronte a questa invasione e riportare le cose alla normalità, a partire dal sole oscurato e dalla barriera di onde che, sin dai primi secondi di gioco, impedisce a ogni umano vivo la fuga dall’isola. I 4 protagonisti dell’avventura sono: Devinder un inventore inglese, nonché autore letterario, che si ritrova bloccato sull’isola dov’era intervenuto ad un evento di presentazione del suo ultimo libro. Poi c’è Jacob che offre uno spaccato della vicenda dal punto di vista dei cattivi (o presunti tali), visto che è un ex cecchino militare assoldato da una milizia privata per trarre in salvo gli ultimi civili della Aevum rimasti a Redfall. Assalito con tutta la sua squadra da un vampiro maggiore, viene privato di un occhio ma guadagna al suo posto la capacità di evocare un corvo spiritico che gli consente un’ampia visuale a volo d’uccello di tutti i campi di battaglia. Poi c’è Layla, una brava studentessa universitaria squattrinata che ha scelto, per soldi, di sottoporsi ad esperimenti con la Aevum, ricavandone poteri telecinetici e la possibilità di evocare il suo ex ragazzo, nel frattempo trasformatosi in un vampiro, per ripulire la scena da ospiti indesiderati. Conclude il quartetto Remi De La Rosa, sboccata volontaria portoricana amante della tecnologia che va sempre in giro con il suo robot Bribon, che le offre un diversivo formidabile per i nemici, che lei stessa può bersagliare impunemente mentre il droide ne attira l’attenzione nei modi più chiassosi possibili. Insomma, il quartetto di protagonisti che ha il difficile compito di ripulire Redfall dai vampiri è senza dubbio molto variegato e offre tantissime possibilità di approccio.
Redfall è uno shooter in prima persona con elementi gdr, infatti man mano che si prosegue nell’avventura i personaggi potranno potenziare i propri poteri e abilità attraverso uno skill-tree molto ricco, ma soprattutto potranno raccogliere equipaggiamento ed armi di diversa rarità che offrirà loro bonus più o meno validi. Uno dei pregi di Redfall risiede nel fatto che, essendo affrontabile sia in solitaria che fino a un massimo di 4 giocatori insieme, offre una certa pluralità di soluzioni per superare le missioni secondarie, con qualche limitazione in più legata invece a quelle principali. Tra uccisioni ambientali legate ai generatori o alle numerose taniche di liquido infiammabile sparse per le ambientazioni, possibilità di aggirare i nemici, cecchinaggio da lontano e persino la possibilità di condurre una delle tre fazioni nemiche presenti sulle mappe per fare il proprio lavoro sporco e assottigliare i ranghi nemici, è possibile affrontare molte missioni come meglio si crede. Se questa libertà è rinfrescante per uno sparatutto in prima persona, lo è meno se confrontata con i precedenti lavori di Arkane perché, in assenza persino di un tasto dedicato alle eliminazioni silenziose alle spalle, in Redfall è inevitabile finire a premere il grilletto: tanto lungo la campagna principale quanto durante le caotiche e spassose sessioni multigiocatore, mettere mano al proprio arsenale e fare fuoco è sempre l’unica soluzione possibile, mortificando approcci stealth e possibili percorsi alternativi alla carneficina. Il sistema di shooting è nel complesso buono, ma non eccezionale se paragonato ai mostri sacri del genere, ma fortunatamente il tocco Arkane arriva in soccorso del gameplay in più istanze, dalla possibilità di organizzare delle trappole alla buona varietà del loot. Redfall però dà il meglio di se soprattutto se viene giocato con due o più amici, grazie anche ad un level design raramente banale, il divertimento decolla perché, pur abbandonando le atmosfere tese e tendenti all’horror della modalità in giocatore singolo, Redfall offre il meglio di sé nell’interazione tra personaggi, nel gioco di squadra, nella diversificazione delle bocche da fuoco e delle rispettive abilità uniche. La scelta del protagonista, poi, influenza fortemente lo stile di gioco e favorisce la rigiocabilità della campagna, che in sè non si rivela troppo lunga, e la sperimentazione in sede di multiplayer, con i poteri degli eroi che si intersecano e che possono rendere il team virtualmente imbattibile, quantomeno se i suoi membri sanno cosa stanno facendo. La progressione ruolistica, dal canto suo, si rivela secondaria, e solamente le abilità di livello più alto, raggiungibili dopo diverse ore di cooperativa riescono a spostare realmente gli equilibri negli scontri più duri con i vampiri di alto livello o nei nidi più ardui da conquistare. A proposito di nidi: questi sono eventi generati proceduralmente dal gioco, la cui influenza continua ad espandersi di giorno in giorno durante la campagna, grazie al ciclo giorno/notte completo di cui Redfall è dotato, e rappresentano uno dei pochi momenti di vera sfida offerti dal prodotto.
Ma veniamo ora alle dolenti note, uno dei maggiori problemi della produzione risiede nel bilanciamento della difficoltà, tanto in single player, quanto, soprattutto, durante le sessioni in cooperativa: Redfall è, semplicemente, troppo facile, soprattutto se giocato con gli amici. Se già dopo pochi minuti della campagna principale in single player è stato necessario innalzare al massimo livello di difficoltà, quando ci siamo dedicati al multiplayer il fattore sfida è calato notevolmente, perché il gioco non scala adeguatamente la forza dei nemici per rapportarla a quella del party, limitandosi ad aumentare il numero di personaggi di supporto ai mostri principali e ad allungarne la barra della vita, rendendoli delle vere e proprie spugne per i colpi del gruppo di survivors. Il risultato è che, passata l’inevitabile esaltazione iniziale, che viene dal buon feeling delle armi e dalla cura riposta nell’ambientazione il party diventa troppo forte troppo presto. In single player, poi, la sovrabbondanza di kit medici, munizioni e gadget consumabili finisce con il banalizzare la stragrande maggioranza degli scontri con i nemici comuni. Anche perché, e qui giungiamo al problema di Redfall di cui parlavamo in apertura, l’intelligenza artificiale dei nemici umani si è rivelata assolutamente deficitaria: attaccati dalla distanza, si limitano a correre in linea retta verso il giocatore incuranti della propria incolumità, o, in alternativa, scaricano inutilmente il caricatore di un’arma a corto raggio mentre chi gioca li bersagliano dalla distanza finendoli in un paio di colpi. Negli interni, la loro capacità di avvistamento è ancora più limitata, se possibile, e basta nascondersi dietro ad una porta o in un sottoscala per ucciderli tutti uno ad uno man mano che si avvicinano, senza alcun tentativo da parte loro di stanare i giocatori con una granata, di circondarli o di intrappolarli, nonostante la schiacciante superiorità numerica. Va un po’ meglio con i vampiri, capaci di teletrasportarsi e decisamente più resistenti ai colpi, ma anche loro si limitano a caricare a testa bassa. Altro neo di Redfall riguarda l’aspetto tecnico, che fortunatamente sarà comunque soggetto, come già anticipato dal team di sviluppo, a numerose patch, tra le quali quella del day-one e, più in là, quella che aggiungerà i famigerati 60 fps, assenti nell’unico preset disponibile al lancio, che prevede una definizione in 4K con un blocco a 30 fps. La totalità della nostra prova è avvenuta su Xbox Series X, e abbiamo risolto il problema dei cali sotto i 30 fps maneggiando un po’ le opzioni grafiche e di gioco, cosa che consigliamo a chiunque voglia giocarlo. Esteticamente parlando il taglio generale che fa il verso alle produzioni horror a basso budget di fine anni ’80, l’estetica dei vampiri, la caratterizzazione delle diverse zone di Redfall: dall’immancabile area portuale dove si può quasi sentire il tanfo di pesce marcito al sole alle zone vip, dense di villette e di verde: Redfall è un prodotto che riesce a fare centro senza alcuna difficoltà nell’immaginario del giocatore, con uno stile immediatamente riconoscibile ed impossibile da non amare. Ottimo il lavoro anche dal punto di vista sonoro: le musiche rappresentano uno dei punti più alti della produzione, sempre sul pezzo e sempre incalzanti al punto giusto quando le cose a schermo si fanno incandescenti. A tal proposito, il doppiaggio italiano fa segnare un altro punto a favore della produzione Arkane: per scelta delle voci, prove recitative e missaggio dei volumi, la traccia nostrana non ha nulla da invidiare a quella originale. Tirando le somme quindi a nostro avviso Redfall non è assolutamente il mostro di bruttezza colmo di difetti che in molti hanno voluto dipingere. Certo è un titolo che ha alcuni problemi, ma vi assicuriamo che se settato a dovere e giocato con attenzione e non con superficialità, è un gioco che sa sorprendere, con una buona trama e che vi farà passare di sicuro diverse ore di divertimento.
GIUDIZIO GLOBALE
Grafica: 8
Sonoro: 8
Gameplay: 8
Longevità: 8
VOTO FINALE: 8
Francesco Pellegrino Lise
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Scienza e Tecnologia
LEGO 2K Drive: corse folli, mattoncini e divertimento assicurato
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20 ore fail
4 Giugno 2023
Lego 2K Drive è un gioco di corse basato su Lego e sviluppato per la prima volta da Visual Concepts e pubblicato da 2K. Il titolo è stato rilasciato il 19 maggio 2023 per Nintendo Switch, PlayStation 4, PlayStation 5, Windows, Xbox One e Xbox Series X/S. Prima di entrare nel vivo della recensione ci teniamo a dire che è fruibile in un eccellente italiano scritto e parlato, con scelte di traduzione particolarmente indovinate. Valga per tutti l’esempio del nome del mondo di gioco – Mattonia – il quale rende perfettamente non solo la natura a base di mattoncini dell’open world, ma anche il “fattore follia” che anima l’intera produzione. LEGO 2K Drive può vantare inoltre una trama, altro punto a favore della produzione. Certo, ovviamente si potranno selezionare altre modalità più immediate, come i giri su pista senza soluzione di continuità, le coppe, e tutto quanto un normalissimo gioco di corse potrebbe proporre. Ma gli sviluppatori hanno visibilmente insistito sulla narrazione principale, che riunisce tutti questi elementi all’interno di una progressione sensata e stimolante. La modalità Storia mette i giocatori nei plasticosi panni di un’anonima Matricola appena arrivata a Mattonia, un mondo dove tutto ruota intorno alle corse. Si viene quindi presi sotto l’ala protettrice di Clutch Fulminton, una vecchia leggenda delle corse che riconosce subito il talento del protagonista offrendogli la sua guida e i suoi preziosi consigli per vincere il torneo Astrocoppa, la principale competizione cittadina. Per potersi qualificare tuttavia sarà necessario prima esplorare le quattro regioni principali di Mattonia sconfiggendo i piloti locali e guadagnando le loro preziose bandiere a scacchi. Una trama semplice e lineare, ma condita come sempre da un umorismo tipico dei giochi LEGO e da personaggi sopra le righe. La vera protagonista della produzione però è la stessa Mattonia, che con i suoi quattro biomi offre un vero e proprio parco giochi dove sbizzarrirsi a bordo del proprio bolide. Gli scenari variano da classiche praterie verdeggianti a brulli deserti, fino ad arrivare a zone oscure dove è perennemente notte e abituano creature come vampiri e scheletri. Le macro aree sono piuttosto estese e ricche di attività a cui dedicarsi oltre alle corse, come prove a tempo, partite di golf e missioni di ricerca, fino ad arrivare a quelle più particolari come sventare un’invasione di alieni investendoli a suon di derapate o salvare quanti più cittadini possibili da una mandria di clown robotici. Insomma a livello di varietà LEGO2K Drive non ha nulla da invidiare rispetto gli esponenti più blasonati del mondo delle corse.
LEGO 2K Drive viene presentato come un’esperienza open world in piena regola, ma la questione è più delicata. Non bisogna infatti pensare ai mondi aperti interminabili dei titoli action, perché l’estensione di quello in questione è molto buona, ma non sorprendente. Si tratta in realtà di una vasta mappa che racchiude al suo interno, come già detto, quattro diverse aree tematiche, ognuna contraddistinta da un bioma specifico: ma non sarà possibile viaggiare dall’una all’altra in qualsiasi momento, andranno sbloccare progressivamente come veri e propri livelli; inoltre, anche all’interno delle singole mappe, si sarà sempre in qualche modo legati a un’esplorazione la cui libertà è stata dettata dall’alto dall’idea degli sviluppatori. Il tutto ha senso e funziona, con qualche riserva. La prima è questa: LEGO 2K Drive vorrebbe proporre libertà assoluta ai nuovi arrivati, ma in realtà si resa vincolati a una serie di attività secondarie particolarmente tediose. Il sistema di progressione è legato al livello del giocatore: non si può, ad esempio, accedere alle gare di livello 4 senza prima aver raggiunto quello specifico livello. E per raggiungerlo bisognerà giocare a oltranza, completando incarichi secondari, i quali sono legati molto raramente alle corse vere e proprie. Alcune missioni secondarie richiedono di completare imprese improbabili – divertenti, per carità, ma più vicine alla citata “follia LEGO” che alla formula di un gioco di corse. Riportare all’ovile dei maialini blu non è neanche la richiesta più strana che possa capitare: ad esempio durante la nostra prova ci è capitato di dover condurre un uovo gigante dentro una padella altrettanto enormne, e lì sono stati dolori perché nessuno dei due oggetti aveva intenzione di collaborare. In LEGO 2K Drive ovviamente non ci si limita a esplorare e a completare missioni secondarie fuori di testa, anche se questi aspetti costituiscono una parte cospicua dell’intera esperienza. Ciò che conta, alla fin fine, sono le corse su strada e fuori strada. L’idea di alternare tre diverse tipologie di veicoli che si modificano all’istante in base al suolo è stata brillante: si passa da una macchina hamburger (asfalto) a un quad (sterrato) e infine a una barca a motore (in acqua), senza soluzione di continuità. Il sistema di guida, invece, avrebbe potuto essere migliorato in quanto mantiene una chiara ispirazione arcade, e propone tutte le possibilità di un qualsivoglia Mario Kart, ma senza la stessa precisione. Le derapate permettono di accumulare il turbo, ma utilizzarlo significa anche perdere il controllo del veicolo, i potenziamenti su pista poi portano al caos totale, tra ragnatele che bloccano nemici, razzi autoguidati e scudi energetici. Vincere non è impossibile, anzi; ma molto spesso il tutto è legato più al caso che alla bravura. Gli amanti delle costruzioni in sé impazziranno di gioia nello scoprire come ogni singolo veicolo di LEGO 2K Drive possa essere assemblato da zero, con tanto di istruzioni a schermo, recandosi nel proprio garage. Certo, il sistema non è pratico come nella realtà, ma funziona; inoltre il titolo presenta davvero tantissimi modellini che possono poi essere equipaggiati e utilizzati sia nell’esplorazione dell’open world che su pista. Noi ci siamo divertiti con il veicolo hamburger, ma di possibilità ce ne sono innumerevoli sin da subito. Al di là della confusione generale, è comunque opportuno tenere conto dei parametri dei singoli mezzi: alcuni sono più pesanti, altri più facilmente manovrabili, e via dicendo; non sono davvero aspetti che facciano la differenza, non nella modalità storia almeno, ma è comunque opportuno sapere che esistono e che soprattutto possono avere un certo peso.
Per quanto riguarda la guida vera e propria, una volta scelti i veicoli, le gare si svolgono nel più classico degli schemi per questo genere, ovvero con piste ricche di curve a gomito che mettono a dura prova l’abilità nel derapare e power-up di vario tipo come missili a ricerca, mine, ragnatele per ostacolare gli avversari o teletrasporti per tornare in testa dalle ultime posizioni. Andando a sbattere o subendo troppi colpi inoltre sarà facile vedere il proprio veicolo perdere pezzi (letteralmente) fino ad esplodere del tutto, ma distruggendo gli scenari o gli avversari si possono recuperare i mattoncini per curarsi e al tempo stesso caricare la barra del turbo, indispensabile per riuscire a trionfare. L’intera avventura può essere affrontata insieme ad un amico in split screen sia locale che online, e fino a 6 giocatori possono sfidarsi in gare multiplayer decisamente adrenaliniche. Dal punto di vista tecnico LEGO 2K Drive si presenta su Xbox Series X (versione testata) con una risoluzione a 4K e 60 fps piuttosto stabili, anche se con leggeri cali in situazioni caotiche con diverse esplosioni e pezzi che volano. Il colpo d’occhio generale è ottimo, e il mondo coloratissimo rende alla perfezione l’atmosfera giocosa dei titoli LEGO. Tirando le somme, la produzione di Visual Concepts è un titolo colorato, divertente e leggero, nonché una piacevole sorpresa. Non è un gioco perfetto o con grandi pretese competitive, ma permette di passare diverse ore in spensieratezza esplorando Mattonia e le sue numerose attività, godendosi qualche adrenalinica gara all’ultimo sorpasso o rilassandosi con il garage dove creare i veicoli più assurdi. La presenza del multigiocatore in locale e online poi dona al titolo una marcia in più. Il nostro consiglio? Provatelo e vivetelo non come una simulazione di guida, ma come un’occasione per divertirsi nel modo più assurdo che si possa immaginare.
GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 8
Sonoro: 8,5
Gameplay: 8,5
Longevità: 8,5
VOTO FINALE: 8,5
Francesco Pellegrino Lise
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Meta lancerà in autunno Quest 3, il nuovo visore a realtà mista
Pubblicato
20 ore fail
4 Giugno 2023
Quest 3 è il visore a realtà mista (aumentata e virtuale) di nuova generazione che Meta, l’azienda di Mark Zuckeberg, renderà disponibile in autunno.
L’annuncio sui profili social del fondatore di Facebook, arriva qualche giorno prima della conferenza degli sviluppatori di Apple, il 5 giugno, in cui molto probabilmente l’azienda di Cupertino mostrerà la sua idea di visore. “Meta Quest 3 è il primo visore per la realtà mista a colori ad alta risoluzione, 40% più sottile e più confortevole, display e risoluzione migliori – scrive Zuckerberg – Ha un chipset Qualcomm di nuova generazione con prestazioni grafiche raddoppiate e le nostre cuffie più potenti di sempre.
E’ in arrivo quest’autunno”. Il prezzo del dispositivo si aggirerà intorno ai 500 dollari, mentre quello di Apple è previsto abbia un prezzo più alto. “Quest 3 – aggiunge il Ceo di Meta – sarà il modo migliore per sperimentare la realtà mista e virtuale in un dispositivo autonomo. Sarà compatibile con l’intera libreria di Quest 2 con altri titoli in arrivo. Maggiori dettagli alla nostra conferenza Connect il 27 settembre”. La società, intanto, dal 4 giugno abbassa i prezzi dei visori già in commercio Quest 2 e Quest Pro e con il prossimo aggiornamento software rinnova l’unità di elaborazione grafica e l’unità centrale di elaborazione promettendo un aumento delle prestazioni e della velocità su app e giochi. Insomma, dopo questo annuncio, la guerra ad Apple per il mercato del mondo dei visori a realtà mista entra nel vivo. Solo gli utenti sapranno far capire quale dei due device sarà più apprezzato. Non resta che aspettare e capire soprattutto quanto sarà rivoluzionario questo dispositivo.
F.P.L.
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Scienza e Tecnologia
Ys IX: Monstrum Nox diventa next-gen e arriva su PlayStation 5
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20 ore fail
4 Giugno 2023
Ys IX: Monstrum Nox è solo l’ultimo capitolo di una serie poco conosciuta ma che affonda le sue radici nello scorso secolo, il primo episodio risale infatti al 1987, quando uscì per PC-88. Da allora lo sviluppatore Nihon Falcom ha realizzato otto episodi principali e un paio di spin-off per una moltitudine di piattaforme. Nonostante la sua diffusione, il franchise non ha mai avuto le pretese dei tripla A e non si è mai sognato di sfidare i colossi dei GDR nipponici ben più famosi, ma col tempo si è ritagliato uno zoccolo duro di fan grazie a un universo colorito, splendide colonne sonore e dinamiche di gioco vecchia scuola che propongono qualcosa di nuovo a ogni capitolo. Ricordiamo che il titolo arriva su PlayStation 5 dopo essere sbarcato su PlayStation 4 in origine e su Nintendo Switch. Ma veniamo alla trama: ambientato alcuni anni dopo i fatti raccontati nell’ultimo episodio, Ys IX: Monstrum Nox si apre con un evento a dir poco sconvolgente, ovvero l’arresto del protagonista Adol Christin. Poiché durante i propri vagabondaggi è puntualmente rimasto coinvolto in casi alquanto eclatanti e misteriosi, come l’incidente dell’Oceano Atlas (raccontato in Ys VI: The Ark of Napishtim) o il naufragio sull’Isola di Seiren, dalla quale nessuno aveva mai fatto ritorno prima di lui (come narrato in Ys VIII: Lacrimosa of Dana), l’Impero Romun ha infatti emesso un mandato di cattura per il giovane avventuriero dai capelli rossi, con l’accusa di aver deliberatamente provocato buona parte degli inspiegabili episodi che l’hanno visto protagonista. Catturato nelle primissime battute della vicenda e rinchiuso in una cella della Prigione di Balduq, che un tempo era considerata la più grande e inespugnabile fortezza dell’Impero, Adol riesce comunque a evadere, allo scopo di evitare un’ingiusta condanna e cercare al tempo stesso le prove della propria innocenza. Durante la rocambolesca fuga, tuttavia, il guerriero viene colto di sorpresa da una misteriosa figura femminile, la quale annuncia di aver bisogno del suo aiuto e subito dopo gli spara con un proiettile alchemico. Anziché ucciderlo, il colpo trasforma il corpo del povero Adol, conferendogli un aspetto più selvaggio e le incredibili abilità soprannaturali tipiche dei cosiddetti “Monstrum”, ossia un gruppo di criminali che da diversi mesi va seminando il caos tra le strade della città-prigione di Balduq. Sfruttando a proprio vantaggio i poteri ricevuti dall’enigmatica Aprilis, Adol riconquista dunque la libertà perduta, ma all’indomani realizza suo malgrado di non poter abbandonare la città. La maledizione dei Monstrum, infatti, obbliga il ragazzo e i suoi simili a rimanere nei pressi di Balduq, affinché questi possano regolarmente raggiungere il “Grimwald Nox”: un piano ultraterreno cui i Mostrum vengono evocati più o meno ogni notte al fine combattere contro mostri terrificanti. Come spiegato dalla criptica Aprilis, l’unico modo per infrangere la maledizione è quello di risolvere il mistero della Prigione di Balduq, cercando al contempo di respingere l’oscurità del Grimwald Nox. Se le passate incarnazioni di Ys hanno insomma visto Adol Christin indossare i panni dell’eroe giunto per caso nel luogo e nel momento propizio, Ys IX: Monstrum Nox compie invece un curioso strappo alla regola per mostrare ai giocatori un lato leggermente più ribelle dello spadaccino ormai famoso in ogni angolo del pianeta e raccontare, di conseguenza, una storia dai toni ben più oscuri di quelli cui il brand ha storicamente abituato i fan.
Dal punto di vista della giocabilità l’esplorazione è senza dubbio la parte più divertente dell’esperienza, nonostante qualche passaggio vagamente platform sia stato realizzato sotto un profilo un po’ maldestro, ma lo è anche il sistema di combattimento che ci aveva già abituato bene in Ys VIII: Lacrimosa of Dana e che in questo sequel funziona ancora meglio. Le meccaniche di base restano le stesse: si possono controllare massimo tre personaggi a combattimento ed è possibile scambiarli al volo per impiegare l’arma appropriata contro il nemico che si sta affrontando. Gli scontri si svolgono in tempo reale, quasi come in un action game che premia più l’aggressività che la strategia: oltre a colpi normali da inanellare in combo, Adol e gli altri possono utilizzare vari attacchi speciali che scaricano i punti accumulati colpendo i nemici. La gestione delle risorse diventa sempre più importante, specialmente contro i boss che sono spesso enormi, coriacei e particolarmente insidiosi se non si segue la strategia giusta, sfruttando ogni aspetto del sistema di combattimento come le intuitive meccaniche Flash Dodge e Flash Guard che conferiscono bonus temporanei ai giocatori che riescono a schivare o parare in tempo. Dal momento che la maggior parte dell’avventura è ambientata tra le strade di Balduq, i combattimenti coi mostri si innescano ogni volta che il giocatore entra in contatto con le spaccature dello spazio-tempo disseminate un po’ ovunque: queste, infatti, fermano il tempo per gli individui circostanti e costringono il party a battersi contro le raccapriccianti creature del Grimwald Nox. Di conseguenza, fatta eccezione per i materiali di consumo, come ad esempio le pozioni, gli oggetti recuperati in giro sono piuttosto pochi e non esistono punti in cui dedicarsi ad attività come la pesca o l’estrazione dei minerali, che invece in Lacrimosa of Dana erano fondamentali. In compenso, Ys IX: Monstrum Nox ha abbandonato del tutto la componente da “metroidvania” e, di conseguenza, la necessità di sottoporsi a brevi sessioni di backtracking. Innanzitutto, stavolta la mappa della città non è suddivisa in tante piccole aree, magari collegate tra loro da stretti corridoi, ma al contrario è unica e pertanto non risulta assolutamente dispersiva o ingarbugliata. Come se non bastasse, lo sviluppatore ha rimosso gli oggetti che, una volta equipaggiati, conferivano azioni speciali come il doppio salto (che è stato integrato nel sistema di movimento di base), la capacità di arrampicarsi sui rovi, e così via, poiché i luoghi altrimenti inaccessibili possono ora essere raggiunti sfruttando a dovere i poteri speciali dei Monstrum. Ognuno dei componenti del team dispone infatti di una capacità singolare, che gli altri compagni possono prendere in prestito, e che appunto spalanca le porte ad azioni altrimenti impensabili. Adol, ad esempio, dopo essere diventato un Monsturm ha acquisito il Dono della Crimson Line, ossia la capacità di teletrasportarsi da un capo all’altro della mappa, attraverso le linee cremisi che collegano un edificio e l’altro o addirittura permettono di raggiungere la cima di una torre in meno di un secondo. Le più utili del pacchetto sono comunque l’abilità Corsa Celeste di White Cat, che permette di arrampicarsi in verticale e di compiere dei balzi a mezz’aria, e la Discesa del Cacciatore di Hawk, che fa spuntare due magnifiche ali sulle spalle del personaggio controllato con cui planare lentamente, magari in prossimità di scrigni altrimenti irraggiungibili. Dal punto di vista tecnico Ys IX: Monstrum Nox appare decisamente più curato e attento ai dettagli rispetto al passato. Ora raggiunge i sessanta fotogrammi al secondo con immagini più nitide e una risoluzione chiara e meglio definita e con colori più chiari e vivaci. La grafica, tuttavia, non cambia molto dal passato, presentandosi in effetti come il reale tallone d’Achille della produzione. A riguardo, tutto appare vecchio e datato, con texture tuttavia curate meglio rispetto alle precedenti versioni. Tirando le somme, Ys IX: Monstrum Nox si dimostra un videogioco che arriva al suo obiettivo sotto ogni punto di vista. Caratterizzato da una storia intensa, profonda e longeva, può far sognare gli appassionati quanto i neofiti, anche se per capire bene la trama e alcuni dialoghi sarebbe meglio aver giocato ai capitoli precedenti.
GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 7
Sonoro: 8
Gameplay: 8,5
Longevità: 8
VOTO FINALE: 8
Francesco Pellegrino Lise
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