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Roma

ROMA, VELA TOR VERGATA: “NEL 2007 SI SAPEVA CHE NON SAREBBE STATA COMPLETATA IN TEMPO”

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Tempo di lettura 2 minutiDocumenti inediti mostrano come il progetto faraonico della Città dello Sport era improponibile già nel 2005: troppo costoso e visionario

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di Maurizio Costa

Roma – Il progetto della Città dello Sport di Tor Vergata è stato, fin dalla sua nascita, un prospetto faraonico e inaudito. Documenti inediti e dichiarazioni di alcune persone che hanno lavorato alla progettazione delle Vele svelano retroscena importanti sulla fattibilità dell’opera. La struttura che domina i terreni di Tor Vergata doveva essere pronta per i Mondiali di nuoto del 2009 e l’allora sindaco, Walter Veltroni, ebbe l’idea, insieme all’Università di Tor Vergata, di chiamare un famoso architetto come Santiago Calatrava per disegnare questo enorme progetto di due vele speculari che avrebbero ospitato piscine e tribune.

L’idea nacque nel 2005 e, nell’arco di due anni, fu posata la prima pietra, esattamente il 21 marzo 2007. Quel giorno, il sindaco Veltroni e l’architetto Calatrava diedero il via ai lavori. Qualche giorno dopo, un architetto da noi contattato visitò il cantiere e parlò con il direttore dei lavori, che fu chiaro: “Noi entro il 2009 non ce la faremo mai a completare l’opera”. Una dichiarazione importante che getta molte ombre sull’operato dell’amministrazione e degli ingegneri del comune e dell’università.

La cosa eccezionale è che prima dell’inizio dei lavori erano state già presentate alcune criticità al progetto che cominciò a delineare Calatrava. L’opera ideata dall’architetto spagnolo era troppo maestosa, sarebbe costata milioni di euro e non sarebbe stata utilizzabile dopo i Mondiali di nuoto. Nel 2005 fu istituita una commissione che avrebbe dovuto presentare le criticità del progetto delle Vele e le possibili idee per creare un’opera utilizzabile da tutti, anche dopo la manifestazione sportiva.

Questo gruppo di lavoro era costituito dal Coni, dal ministero delle Infrastrutture e da alcuni architetti. La commissione giudicò troppo grande e inutile l’opera di Calatrava, che, tra l’altro, non prevedeva piste di atletica e strutture utili all’università. Erano solamente due enormi Vele che contenevano piscine per nuotare e per i tuffi. Nient’altro. L’archistar spagnola non diede neanche un’occhiata a questo documento e continuò per la sua strada.

Calatrava, all’inizio, stimò il costo della Città dello Sport in quasi 60 milioni di euro. Dopo pochi mesi, il prezzo lievitò toccando quote improponibili di quasi 600 milioni di euro. Nel documento inviato all’architetto, la commissione spiegò come si sarebbe potuto costruire un palazzetto dello sport molto più piccolo ma funzionale, che ospitasse anche una pista di atletica e gli alloggi, che, dopo i Mondiali di nuoto, sarebbero stati utilizzati dagli studenti della vicina università.

Inoltre, il documento redatto dalla commissione del Coni, presenta tutte le criticità riguardanti i parcheggi, le aree di sicurezza, i tornelli, i costi e la gestibilità, fattori che non erano mai stati toccati da Calatrava, interessato solamente alle maestose Vele che avrebbero dovuto svettare su Tor Vergata. Il documento rileva che "vanno approfonditi elementi importanti come le biglietterie, le vie d'esodo, l'uso quotidiano dopo i Mondiali e i parcheggi circostanti".

Adesso sulle campagne ad est di Roma c’è solo una Vela, odiata da tutti, residenti e non. Bastava solamente tenere conto delle criticità presentate dalla commissione e magari pensare ad un’opera più funzionale e meno faraonica. Adesso abbiamo una cattedrale nel deserto, bella e inutile.