Palermo – New York, duro colpo a “Cosa Nostra”: scattata l’operazione congiunta tra Squadra Mobile e FBI

PALERMO – La Polizia di Stato di Palermo ha inflitto un duro colpo al mandamento mafioso di Passo di Rigano, disarticolandone il vertice.

Dall’alba di oggi, più di 200 uomini della Squadra Mobile di Palermo, del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e del Federal Bureau of Investigation (FBI) di New York, stanno eseguendo numerosi provvedimenti restrittivi, disposti dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Palermo, nei confronti di altrettanti esponenti e sodali del mandamento mafioso di Passo di Rigano, che dovranno rispondere, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione aggravata, concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori aggravato, concorrenza sleale aggravata dal metodo mafioso ed altro.

“Incontri di Tommaso e Francesco Inzerillo con Settimo Mineo, capo mandamento di Pagliarelli tratto in arresto il 4 dicembre 2018 nell´ambito dell´operazione Cupola2.0. Inzerillo Tommaso parla con Zito Simone, colpito dall´odierna misura cautelare e residente in America, riguardo alla legittimazione in seno a cosa nostra di Francesco Inzerillo, cugino di Tommaso”

Le indagini dell´operazione, denominata “New connection”, hanno registrato il forte legame instaurato tra Cosa Nostra palermitana e la criminalità organizzata statunitense, con particolare riferimento alla potente Gambino Crime Family di New York, nonché la forte capacità pervasiva, da parte della famiglia mafiosa di Passo di Rigano, sull´economia legale dell´omonimo quartiere, secondo una capillare divisione di ruoli e mansioni: dalla fornitura alimentare all´ingrosso alle classiche estorsioni, passando per la gestione dei giochi e delle scommesse on line.

A Passo di Rigano avevano ricostituito la loro roccaforte criminale importanti esponenti della famiglia Inzerillo, una storica cellula mafiosa palermitana, decimata negli anni 80 dalla seconda guerra di mafia. Agli esiti delle indagini, è risultato infatti che questi “scappati”, rientrati in Italia nei primi anni duemila, avessero ricostituito le file della “famiglia”, anche grazie al ritrovato equilibrio con la fazione criminale avversa.

Nel corso dell´operazione si è, altresì, proceduto al sequestro preventivo, tra beni mobili, immobili e quote societarie, riconducibili agli indagati e quantificato nell´ordine di circa tre milioni di euro.




Palermo, clan mafiosi: dopo gli arresti sequestri e confische per 3 milioni di euro

PALERMO
Sequestri e confische per un valore di 3 milioni di euro effettuati dai
carabinieri su disposizione del Tribunale di Palermo Sezione Misure di Prevenzione. I militari dell’Arma hanno dunque
eseguito l’ultimo di una serie di provvedimenti di sequestro e di confisca
relativi a beni mobili e immobili riconducibili a vari soggetti legati a clan
mafiosi per un valore complessivo di circa 3 milioni di euro, concordando con
il quadro indiziario ricostruito dalle indagini patrimoniali svolte dai carabinieri
sotto l’egida della Procura della Repubblica di Palermo.

Il provvedimento di oggi ha riguardato Piscitello Francesco Paolo, arrestato nell’ambito dell’operazione “Perseo” e appartenente al mandamento mafioso di Palermo – Porta Nuova. Allo stesso è stato contestato di aver agevolato l’attività dell’associazione mafiosa Cosa Nostra, per aver messo a disposizione di Scalavino Enrico, all’epoca latitante, un appartamento. Sono stati confiscati 3 magazzini a Palermo del valore complessivo di circa € 200.000.

Altri provvedimenti sono stati eseguiti nei giorni scorsi e hanno riguardato:

Tusa Giovanni arrestato
nell’ambito dell’operazione “Brasca”

Appartenente alla
famiglia mafiosa di Palermo – Villagrazia, in atto detenuto. Allo stesso è
stato contestato di aver agevolato l’attività dell’associazione mafiosa Cosa
Nostra, per aver contribuito a realizzare un costante collegamento tra i
vertici dell’organizzazione attraverso incontri e riunioni presso i locali ove
esercitava l’attività commerciale. Sono stati sequestrati i seguenti beni del
valore complessivo di circa € 345.000. Un intero complesso dei beni aziendali
dell’impresa individuale denominata “I Sapori della Terra di Tusa Giovanni”,
esercente attività di commercio al dettaglio di frutta e verdura, con sede a
Palermo e 7 rapporti bancari.

Neri Aristide arrestato nell’ambito dell’operazione di servizio denominata “Jafar”

Appartenente alla famiglia mafiosa di Misilmeri, in atto detenuto. Allo stesso è stata contestata la partecipazione ad un’estorsione commessa tra febbraio e aprile 2014 ed il suo pieno inserimento nella famiglia mafiosa alle dipendenze di Lo Gerfo Francesco. Sono stati sequestrati i seguenti beni, del valore complessivo di circa € 155.000: un intero complesso dei beni aziendali dell’impresa individuale denominata “Cn Costruzioni di Aristide Neri”, esercente attività edile, con sede a Misilmeri e 2 rapporti bancari.

Ruggeri Giuseppe arrestato nell’ambito dell’operazione “Panta Rei”

Appartenente al
mandamento mafioso di Palermo – Porta Nuova. Allo stesso è stato contestato
l’aver collaborato con Calcagno Paolo nella gestione del mandamento mafioso,
coordinando le attività illecite e le estorsioni e occupandosi del
sostentamento dei detenuti e dei rapporti con esponenti di altre famiglie; sono
stati confiscati i seguenti beni, del valore complessivo di circa € 200.000. Capitale
sociale e complesso aziendale della società “L.C.R. Frescogel S.r.l.” con sede a
Palermo, avente quale attività il commercio all’ingrosso di prodotti della
pesca freschi e 6 rapporti bancari.

Caporrimo Giulio arrestato nell’ambito dell’operazione denominata “Oscar”

Già reggente del
mandamento mafioso di Palermo – Tommaso Natale, in atto detenuto. Al predetto è
stato sequestrato un immobile ad uso commerciale, in atto adibito ad attività
di bar a Palermo, del valore di circa 2 milioni di euro.




Palermo, manette per 10 persone. L’accusa: estorsioni, con l’aggravante di avere favorito cosa nostra

PALERMO – Nella mattinata di oggi, il Nucleo Investigativo di Palermo ha dato esecuzione ad una misura cautelare in carcere – disposta dal GIP del Tribunale di Palermo su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo – nei confronti di 10 indagati ritenuti a vario titolo responsabili di estorsioni, con l’aggravante di avere favorito l’associazione mafiosa denominata cosa nostra.

Le acquisizioni investigative sono il risultato degli approfondimenti immediatamente successivi all’operazione TALEA che, il 5 dicembre 2017, aveva consentito di disarticolare la struttura di vertice dei mandamenti mafiosi di Resuttana e San Lorenzo/Tommaso Natale, con l’arresto -fra gli altri- di Maria Angela DI TRAPANI, moglie di Salvino MADONIA, storico boss condannato all’ergastolo anche per l’omicidio dell’imprenditore Libero Grassi.

In particolare, nel provvedimento il giudice ha contestato agli indagati tre vicende estorsive:

˗ consumate nel tempo a Palermo in danno 2 esercizi commerciali;

˗ ricostruite attraverso:

· le indagini tecniche;

· la successiva collaborazione e denuncia delle vittime;

· le propalazioni del collaboratore di Giustizia Sergio MACALUSO, già esponente della famiglia mafiosa di Resuttana.

Nel panorama di contrasto al fenomeno del racket ha avuto un importante ruolo l’associazione Addiopizzo, in un consolidato sistema di tutela e di supporto alle vittime di questo reato.

ELENCO DESTINATARI

1. NIOSI Giovanni, nato a Palermo il 24 ottobre 1954;

2. FRICANO Giuseppe, nato a Palermo il 06 giugno 1967;

3. SALSIERA Pietro, nato a Palermo l’1 settembre 1958;

4. CUMBO Antonino, nato a Palermo l’11 dicembre 1965;

5. GIANNUSA Carlo, nato a Palermo il 03 novembre 1969;

6. NAPOLI Mario, nato a Palermo il 12 settembre 1965;

7. SIRAGUSA Antonino, nato a Palermo il 03 maggio 1970;

8. TARALLO Antonino, nato a Palermo il 09 maggio 1973;

9. PILLITTERI Michele, nato a Palermo il 05 giugno 1960;

10. DI MAIO Salvatore, nato a Palermo il 08 ottobre 1972.




Palermo, duro colpo a cosa nostra: arrestati 16 boss

PALERMO – Nelle prime ore di questa mattinata, il Comando Provinciale Carabinieri di Palermo ha dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere che – sulla base dell’attività investigativa dei militari del Comando Compagnia Carabinieri di Bagheria – è stata emessa dal GIP presso il Tribunale di Palermo, su richiesta della Procura della Repubblica di Palermo – Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 16 persone ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso ed estorsione aggravata dall’ art. 7 d.l. n. 152/91, convertito in l.n. 203/91.

 

SPIEGAMENTO DI FORZE

Sono stati impegnati oltre 100 Carabinieri, con l’ausilio di unità cinofile e di un elicottero del 9° Nucleo di Palermo.

Le risultanze investigative, acquisite nell’ambito di un’indagine convenzionalmente denominata “Nuova Alba”, hanno permesso di:

–     accertare l’appartenenza di alcuni soggetti all’organizzazione criminale denominata “Cosa Nostra”;

–     documentare alcune estorsioni commesse da suoi affiliati ai danni di imprenditori operanti nel territorio di Bagheria e nei comuni limitrofi;

–     ricostruire i mutevoli equilibri mafiosi del Mandamento di Bagheria, sempre capace di rigenerarsi dopo ogni operazione di polizia, con l’immediato rimpiazzo dei soggetti arrestati.

 

I RUOLI DEI MAFIOSI

Nell’ordinanza di custodia cautelare sopra citata viene contestata ad alcuni indagati l’appartenenza alla famiglia mafiosa di Altavilla Milicia (PA), nel ruolo di soggetti preposti alla selezione delle vittime di estorsione e alla successiva riscossione delle somme di denaro, al sostentamento degli affiliati detenuti in carcere, nonché alla gestione monopolistica delle mediazioni immobiliari, imponendo provvigioni superiori a quelle di mercato.

Inoltre, sono state accertate una pluralità di condotte estorsive compiute da esponenti apicali del Mandamento mafioso di Bagheria ai danni di imprenditori locali i quali, operanti nel settore edile e nella fornitura di acqua minerale, sono stati costretti a consegnare ingenti somme di denaro a titolo di “pizzo”, ovvero ad assumere soggetti contigui all’organizzazione mafiosa.

 

COLPITI I CAPI DI COSA NOSTRA

Tra gli arrestati figura SCADUTO Giuseppe, già arrestato nel 2008 nell’ambito dell’operazione “PERSEO”, allorquando – al vertice del Mandamento mafioso di Bagheria – emergeva per il ruolo di promotore nella ricostruzione della Commissione Provinciale di Cosa Nostra e, dallo scorso aprile, tornato in libertà dopo un lungo periodo di detenzione.

Il provvedimento è stato notificato in carcere a DI SALVO Giacinto, altro esponente di spicco della consorteria mafiosa, già a capo del Mandamento mafioso di Bagheria dal 2011 fino al maggio 2013, quando venne arrestato nell’ambito dell’indagine denominata “ARGO”. Le indagini avevano permesso di ricostruire l’ascesa del predetto da capo famiglia a quello di reggente e cassiere del Mandamento di Bagheria.

Nel medesimo contesto, è stato arrestato TRAPANI Giovanni ritenuto fino al 2010 a capo della famiglia mafiosa di Ficarazzi, destinatario di misura cautelare nell’ambito dell’operazione denominata “IRON MEN”.

Colpiti dal provvedimento anche i vertici storici della famiglia mafiosa di Altavilla Milicia, come LOMBARDO Franco, ritenuto a capo della famiglia mafiosa di Altavilla Milicia tra il 2011 e l’ottobre 2012 e, per breve periodo, reggente del Mandamento di Bagheria, nonché MODICA Michele, a capo della famiglia mafiosa di Altavilla Milicia fino al giugno 2014, allorquando venne arrestato nell’ambito dell’indagine “RESET”. Per alcuni degli indagati, già detenuti, il provvedimento è stato notificato presso le Case circondariali di Palermo, Tolmezzo (UD) e Prato.




Palermo, cosa nostra: svolta nelle indagini per l'omicidio di Giampiero Tocco

 

di Vincenzo Giardino


PALERMO – I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP del Tribunale di Palermo, dottor F. La Cascia, su richiesta della locale Procura distrettuale (diretta dal dott. Francesco Lo Voi, sotto il coordinamento dei Sostituti Procuratori dott.ssa Annamaria Picozzi, dott. Roberto Tartaglia e dott.ssa Amelia Luise) nei confronti di 4 importanti esponenti di Cosa Nostra:
–    Gallina Ferdinando, nato a Carini il 21 maggio 1977;
–    Pipitone Giovan Battista, nato a Carini il 24 luglio 1949;
–    Pipitone Vincenzo, nato a Torretta il 5 febbraio 1956;
–   Gregoli Salvatore, nato a Palermo il 24 gennaio 1958.
in quanto responsabili dell’omicidio di Tocco Giampiero, ucciso con il metodo della lupara bianca.


Il 26 ottobre del 2000, Tocco era stato sequestrato da un commando di uomini travestiti da poliziotti che avevano inscenato un posto di controllo a Terrasini: quando lo fermarono mentre era alla guida del suo fuoristrada, a bordo c’era la figlia di sei anni che venne risparmiata. Dopo che i sequestratori lo portarono via, fu proprio la bambina a chiamare la madre e fornire poi indicazioni sull'accaduto attraverso un disegno. Il tutto venne registrato dalle microspie che i Carabinieri avevano installato nel fuoristrada poiché sospettavano il coinvolgimento del Tocco nell’uccisione di Di Maggio Giuseppe, figlio del noto Procopio, già reggente della famiglia mafiosa di Cinisi e storico alleato di Totò Riina.


Alla svolta nelle indagini contribuivano le recenti dichiarazioni del neo collaboratore di giustizia Pipitone Antonino, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Carini, e quelle dei pentiti Pulizzi Gaspare e Briguglio Francesco. Tali dichiarazioni e i conseguenti riscontri eseguiti dai militari dell’Arma consentivano di ricostruire il delitto (per il quale furono già condannati in via definitiva Lo Piccolo Salvatore, Lo Piccolo Sandro, Mazzola Damiano e i due collaboratori di giustizia, Pulizzi Gaspare e Briguglio Francesco) e determinare i ruoli ricoperti dagli attuali destinatari del provvedimento restrittivo, di seguito delineati:
–    Pipitone Antonino e Gregoli Salvatore inscenarono (con l’ausilio di Gallina Ferdinando, Pulizzi Gaspare, Mazzola Damiano, Lo Piccolo Salvatore e Lo Piccolo Sandro che fungevano da “staffetta”), il finto posto di controllo della Polizia, indossando delle apposite pettorine ed utilizzando un’autovettura con lampeggiante per fermare il fuoristrada, sequestrare il Tocco e condurlo materialmente in un’abitazione a Torretta;
–    Pipitone Giovan Battista e Pipitone Vincenzo, unitamente a Lo Piccolo Salvatore e Sandro, procedettero all’interrogatorio ed all’uccisione della vittima mediante strangolamento;
–    Gallina Ferdinando, detto Freddy, e Pulizzi Gaspare effettuarono i preliminari sopralluoghi lungo l’itinerario percorso nei giorni precedenti dalla vittima, partecipando poi alla staffetta di supporto ai finti poliziotti;
–    Gallina e Pulizzi caricarono il cadavere all’interno di un’auto e lo trasportarono in Contrada Dominici di Torretta, dove venne sciolto nell’acido alla presenza di Conigliaro Angelo (deceduto), Pipitone Vincenzo, Pipitone Giovan Battista e Pipitone Antonino.

Le dichiarazioni di Pipitone Antonino confermavano anche il movente del delitto che, effettivamente, è da ricollegare alla scomparsa del figlio di Procopio Di Maggio, “Peppone”, ed alla reazione di stampo mafioso decisa dai Lo Piccolo   a quell’episodio, evidentemente considerato una sorta di attacco al loro dominio criminale.
 




Apertura anno giudiziario a Palermo, Il Presidente Frasca: "Cosa nostra è ancora forte"

 

di Paolino Canzoneri

 
PALERMO – Non usa mezzi toni il presidente della corte d'appello di Palermo facente funzioni Matteo Frasca nel suo consueto discorso inaugurativo dell'Anno Giudiziario nel capoluogo siciliano. Sono parole forti e decise che non lasciano dubbi circa l'ardua strada in salita ancora da compiere con un panorama che lascia poco spazio a illusioni e buone prospettive per il futuro: "L'anno giudiziario che ci apprestiamo a inaugurare si apre con l'auspicio di un deciso recupero di efficienza e di efficacia della giurisdizione. Dopo una prolungata stagione di contrapposizioni, scontri ed attacchi frontali alla Magistratura si è avviato un nuovo corso fondato sul confronto e sul dialogo. Cosa nostra sul territorio rimane diffusa e pervasiva ed è stata tuttora in grado, quando ne ha ritenuto la necessità, di portare a compimento azioni violente ed efferate per affermare la propria supremazia ed alimentare il flusso di proventi illeciti". Parole che raggelano il sito della corte che in un religioso silenzio ascolta attonito il presidente spiegare le motivazioni specifiche che dimostrano quanto lontana sia una concreta soluzione per sconfiggere il germe atavico della mentalità mafiosa: "Da una parte, rimane pressante la sistematica imposizione del 'pizzo' alle attività commerciali e alle imprese, dall'altra è ritornato preminente l'interesse dell'organizzazione mafiosa nel monopolio del mercato delle sostanze stupefacenti. Ma il dato più significativo è rappresentato dalla permanente e molto attiva opera di infiltrazione, da parte di cosa nostra, in ogni settore dell'attività economica e finanziaria, che consenta il fruttuoso reinvestimento dei proventi illeciti, oltre che nei meccanismi di funzionamento della pubblica amministrazione, in particolare nell'ambito degli enti locali". 
 
Parole spese anche per gli importanti traguardi ottenuti nel duro lavoro della magistratura che non ha mai abbassato la fronte e si è sempre spesa in un lavoro complesso, capillare nonchè pericoloso in una terra come quella siciliana: "La maggior parte delle recenti iniziative in materia di giustizia inducono ad un cauto ottimismo perchè, al di là delle pur esistenti problematiche che le caratterizzano, sembrano confermare un cambiamento di rotta, dalle riforme contro la magistratura a quelle per la Giustizia e, quindi, per la tutela dei diritti. Il cammino è lungo e tanto altro c'è ancora da fare ma la strada imboccata sembra quella giusta. Come si vede, nei Tribunali monocratici il 26% dei procedimenti viene definito entro 6 mesi, mentre il 47% entro un anno. I processi innanzi ai Tribunali collegiali sono stati definiti entro 6 mesi nel 20% dei casi ed entro un anno per il 38%". E i dati comunque lasciano spazio ad un cauto ottimismo poiche sono calati lievemente nel 2016 i procedimenti penali 58.090 a fronte dei 64.113 dell'anno precedente pari al 9,39% incardinati dalle Procure nel distretto di corte d'appello di Palermo. Nel 2016 ne sono stati definiti 65.663, rispetto ai 58.893 del periodo pregresso (+11,50%). La pendenza finale, pari a 52.143 procedimenti, risulta essere diminuita del 14,35% rispetto ai 60.879 fascicoli pendenti al 30 giugno 2015.  Aumentati invece i procedimenti penali finiti nelle aule di giustizia 66.936 a fronte dei 62.748 del 2015, +6,67%. Ne sono stati eliminati 68.459 contro i 61.325 del 2015. Le stime della corte penderebbero da oltre tre anni 1.490 processi negli uffici giudicanti di primo grado mentre è in aumento il numero dei reati ambientali; reati in materia di violazioni edilizie e urbanistiche e quelli di lottizzazione abusiva sono in calo. 
 
Matteo Frasca annuncia una importante novità: "Per meglio fronteggiare il settore dei reati ambientali è stato costituito e opera presso la Procura della Repubblica di Palermo il Gruppo Investigativo Tutela Patrimonio Ambientale già composto da ufficiali di appartenenti al Corpo della Polizia Municipale di Palermo coordinati da un funzionario dell'Agenzia Regionale per la Tutela dell'ambiente (ARPA) appositamente distaccato". 
 
Fra i tanti argomenti trattati si è dato spazio anche alle inversioni di tendenza del 2016 riguardo procedimenti penali in calo, femminicidi in diminuizione:"Dopo il boom dello scorso anno giudiziario, sono in decrescita nel distretto di Palermo i reati contro la pubblica amministrazione: sono passati da 3.338 a 3.167 con un decremento percentuale del 5% complessivamente che arriva a toccare punte del 22% se si analizza il reato di corruzione (le denunce sono passate da 45 a 35). Ma la media non deve ingannare, perchè il trend a Palermo, Sciacca e Trapani è in ascesa". 
 
Spazio anche ad una polemica del tutto legittima che contraddistingue il nostro paese da troppi anni: "La normativa italiana sulla prescrizione è un'anomalia se si considera che in nessun altro Paese europeo esiste un regime analogo al nostro. E questo ritrovato 'nazionalismo giuridicò, che comporta la pervicace conservazione di regole che l'Europa ci chiede a ragione di cambiare, finisce per collidere con l'esterofilia di maniera che invece non di rado ci induce ad importare istituti giuridici ben lontani dalla cultura, dalla storia e dalla tradizione del nostro Paese, anche se, poi, finiamo per constatarne l'insuccesso quantomeno per crisi di rigetto." 
 
Sull'emergenza immigranti il presidente si è cosi espresso: "È emergenza migranti, anche sul fronte giudiziario, nel distretto di corte d'appello di Palermo. Numerosi ed in crescita esponenziale sono i procedimenti di competenza del Tribunale in materia essendone sopravvenuti 4.045 a fronte dei 1.759 del periodo precedente, con un aumento del 128%, mentre le definizioni sono passate da 599 a 1.297, con un incremento del 117%; la pendenza segnala un incremento del 155%, con ragionevole previsione di ulteriore crescita, in relazione al trend in aumento dei flussi migratori. Dal luglio 2015 al 30 giugno 2016 sono stati iscritti 1.477 procedimenti riguardanti minori stranieri non accompagnati (di cui 1.141 di volontaria giurisdizione, 162 di adottabilità e 174 di misure rieducative), con un trend in sensibile aumento. La nostra regione non è in condizioni da sola di dare una risposta adeguata ai bisogni di un numero così elevato di minori. Se, fino a poco tempo fa, gli sbarchi avvenivano quasi esclusivamente nel territorio della Procura di Agrigento, nel periodo di riferimento, anche a seguito delle operazioni dell'Ue, vi è stato un notevole numero anche al porto di Palermo». Nel 2016 si contano 15 arrivi a Palermo, 98 ad Agrigento e 23 a Trapani, con 51 fermi di scafisti a Palermo, 25 ad Agrigento e 22 a Trapani.". 
 
In conclusione il quadro si allarga e si giunge quindi ai reati di terrorismo che segnano una preoccupante impennata: "Sono in aumento i reati di terrorismo nel distretto giudiziario che comprende Palermo, Trapani e Agrigento. L'intensa l'attività investigativa attorno ad attività criminose strettamente connesse a fenomeni riconducibili al terrorismo internazionale ha portato all'arresto di una cittadina libica da tempo residente a Palermo e pienamente inserita nel mondo universitario. Grazie ad attività di intercettazione, soprattutto telematica è stato accertato ha svolto attività rientranti a pieno titolo nella propaganda terroristica idonea ad integrare la fattispecie di istigazione ed apologia di reato con finalità di terrorismo, aggravata dalla dimensione transazionale della condotta grazie all'uso del web attraverso cui venivano presi contatti e diffusa la propaganda terroristica sia in Libia che in altri paesi del continente europeo e in Turchia». La cerimonia di apertura dei lavori in ambito giudiziario si terrà oggi.



COSA NOSTRA PAGA IL MUTUO ALLA DONNA DEL BOSS: ECCO I DETTAGLI DELL'OPERAZIONE ANTIMAFIA DI PALERMO

Redazione

Un boss dei boss, un "super boss", come lo definiscono gli investigatori: e' il ruolo svolto da Paolo Calcagno, reggente del mandamento di Porta Nuova, tra i fermati dell'operazione dei carabinieri di Palermo 'Panta Rei'. Calcagno, spiega il colonnello Salvatore Altavilla, comandante del reparto operativo del comando provinciale, "anche per la carica assunta e per il prestigio che Porta Nuova ha sulle altre famiglie, viene considerato una sorta di super capo, chiamato a dirimere le controversie esistenti pure in altri territori e mandamenti, anche al di fuori della citta'". Per l'ufficiale "gli arresti di oggi dimostrano come l'economia palermitana sia ancora condizionata da Cosa nostra. Sono in tutto 27 le estorsioni accertate, di queste 14 nei confronti di commercianti che operano nel centro di Palermo e 9 fuori dal territorio cittadino. Va comunque sottolineato che gli operatori economici hanno collaborato, denunciando o ammettendo il ricatto mafioso". L'organizzazione mafiosa, conferma Altavilla, "puntava anche al controllo del mercato ittico di Palermo, imponendo prezzi anche alle singole bancarelle e tendendo a far sparire dal mercato le ditte concorrenti a quelle sottoposte al controllo della mafia"

Cosa nostra paga il mutuo alla donna del boss, ritenuta la nuova capo cosca del mandamento di Porta nuova, Teresa Marino. È quanto emerge dall'operazione antimafia 'Panta Reì dei Carabinieri del Comando provinciale di Palermo che all'alba di oggi hanno arrestato 37 persone, la 38esima è ancora ricercata. Gli investigatori lo hanno scoperto anche grazie alle numerose intercettazioni registrate negli ultimi mesi durante l'indagine coordinata dalla Dda di Palermo. In particolare, gli inquirenti fanno riferimento a un dialogo il cui «contenuto risultava di estremo interesse, poiché si aveva piena contezza del fatto che a Teresa l'organizzazione mafiosa stesse addirittura pagando il mutuo di un'abitazione». Circostanza già emersa nel corso di un'altra conversazione del 23.05.2014 «in cui Teresa raccontava al genero Angelo De Simone che Paolo Calcagno aveva investito Alessandro Bronte di prendersi carico di tale incombenza». «Dal contenuto di questa conversazione, emergeva che il mutuo era stato acceso attraverso una prestanome compiacente che però si lamentava di essere stata ricompensata con pochi spiccioli e stava creando qualche problema che un altro interlocutore prontamente prospettava a Teresa», come scrivono i magistrati nel provvedimento di fermo. «Fabio D'Alia le diceva che quel giorno la donna non si era presentata in banca e aveva anche »sbagliato« a parlare al telefono, tanto da costringerlo a interrompere la chiamata: »…me ne sono andato in banca …inc… e ho fatto tutte cose senza di lei, però cosa devo fare con questa? Ci devo andare, cominciò a parlare pesante pure per telefono e io gli ho chiuso il telefono«, emerge da una intercettazione. Teresa Marino ascoltati i fatti, »immediatamente ordinava a Fabio di andare presso l'abitazione della donna per risolvere la faccenda («…tu ora lo sai dove devi andare? A limite ci vai a casa…» e «..ci vai con cosa… ci fai chiamare i maschi..»)

Teresa Marino, moglie del boss Tommaso Lo Presti, è la figura che fa da tramite tra il capomafia di Porta Nuova recluso al 41 bis e gli uomini della cosca. Fino a "reggerne" le sorti in prima persona. Lo sostengono i magistrati della Dda di Palermo. "La Marino – si legge nel provvedimento di fermo dell'operazione 'Panta Rei' eseguita dai carabinieri del comando provincia di Palermo contro i clan di Porta Nuova e Bagheria – in maniera indiretta, fungeva da 'faro' sugli odierni assetti del mandamento di Porta Nuova di cui lei era parte pienamente attiva, delineandone le gerarchie, le vicende criminali e le azioni delinquenziali che lo caratterizzano e ne rappresentano la fonte di sostentamento". Una certezza investigativa raggiunta grazie anche agli investigatori dell'Arma che sono riusciti a piazzare cimici in casa del boss, in via Cipressi a Palermo, riuscendo a "captare" incontri e conversazioni di assoluto rilievo. "Le prime conversazioni intercettate si rivelavano, immediatamente, di rilevante interesse – si legge – sia per il loro contenuto sia per la presenza, quali interlocutori, di soggetti di notevole interesse operativo. Quest'ultimo aspetto, infatti, avvalorava quanto premesso e denotava la piena organicita' della Marino al sodalizio delle cui vicende si occupava attivamente". Nel salotto di casa Lo Presti, nel giugno 2004 la Marino parla con Alessandro Bronte uno dei fermati, e ribadisce l'interesse del mandamento per gli stupefacenti. La donna boss sottolinea il suo peso "decisionale" rivestito all'interno del mandamento quando, per tranquillizzare il suo interlocutore e garantirgli la piu' ampia copertura del suo operato nel traffico di droga, gli dice che bastera' che ai sodali riferisca che aveva parlato con lei: "Al limite male che vada vieni a sapere cose, me l'hai detto a me per dirglielo non ti creare problemi…", "se questa e' una cosa che… tu falla… al limite me lo hai detto a me… gli dici no… glielo devo dire lui…"




CASTELVETRANO E "COSA NOSTRA": TERRA BRUCIATA ATTORNO MATTEO MESSINA DENARO

di Andrea Li Causi

Trapani – Stamane i Carabinieri di Trapani hanno tratto in arresto, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia, quattro soggetti affiliati alle famiglie mafiose di Bagheria e Corso dei mille (PA), tutti indagati per rapina, ricettazione aggravata dalle finalità mafiose. L’esecuzione del provvedimento costituisce la prosecuzione dell’operazione denominata “Eden 2” che nel 2014 aveva riscontrato il coinvolgimento delle famiglie mafiose di Castelvetrano e Palermo (Corso dei Mille) come responsabili di una rapina presso una ditta di spedizioni di Campobello di Mazara (TP), facente parte del patrimonio aziendale della società A.G. trasporti, che era stata posta sotto sequestro  nell’ambito del procedimento di prevenzione ai danni dell’imprenditore palermitano Cesare Lupo, prestanome dei fratelli Graviano. L’esito finale dell’operazione aveva portato a provvedimenti nei confronti di ben 14 soggetti, tra cui anche Girolamo Bellomo, cognato di Francesco Guttadauro e nipote acquisito del superlatitante Matteo Messina Denaro. I collaboratori di giustizia hanno confermato la presenza degli attuali indagati sulla sopracitata rapina. Il soggetto che spicca in questa vicenda è Giorgio Provenzano, esponente del clan di Bagheria, già tratto in arresto nella precedente operazione “Eden 2”, che è nipote di Vernengo Ruggero, esponente mafioso della famiglia di “Corso dei Mille”. L’uomo si è attivato nel coinvolgere, per il tramite di Francesco Guttadauro, la famiglia mafiosa di Castelvetrano nella realizzazione della citata rapina al deposito di Campobello di Mazara (TP); reperire le autovetture e le pettorine recanti la scritta “polizia”, da utilizzare nel corso della attività criminosa; definire le modalità di spartizione dei proventi della rapina a favore delle famiglie mafiose di Bagheria, Castelvetrano e Corso dei mille. Il provvedimento ha raggiunto due soggetti che facevano parte del gruppo dei rapinatori ovvero Michele Musso e Domenico Amari e Alessandro Rizzo che era incaricato di vendere la merce rubata. L’indagine rappresenta un ulteriore tassello per l’arresto di Matteo Messina Denaro. 



COLPITA "COSA NOSTRA", ARRESTATO SALVATORE PROFETA STORICO BOSS DELLA GUADAGNA

di Andrea Li Causi

Palermo –  Nuovo duro colpo per Cosa Nostra, un’operazione antimafia eseguita dalla Polizia ha portato a circa dieci arresti nei confronti di affiliati alla famiglia mafiosa del quartiere Guadagna, a Palermo. E’ stato arrestato inoltre Salvatore Profeta, 66 anni, e storico boss della Guadagna che era impegnato a riorganizzare Cosa Nostra a Palermo. Con questo arresto gli inquirenti ritengono di aver estirpato il nuovo vertice e il relativo corso che stava prendendo. Salvatore Profeta e capomafia ed indicato da collaboratori di giustizia come un “uomo d’onore” sin dai tempi di Stefano Bontade. L’uomo ha subito condanne per mafia, droga ed estorsione e fu arrestato anche per la Strage di Via D’Amelio poiché accusato dal falso pentito Vincenzo Scarantino ma scagionato dal collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza. Secondo gli inquirenti l’uomo, dopo essere stato rimesso in libertà ha ripreso la sua attività di capo mandamento. Profeta era un boss in espansione ed era riconosciuto anche da altri capi mafia di spicco per il suo legame con i riti di affiliazione arcaici e ha dimostrato anche di essere in grado deviare processione, un atto che per un boss ha un valore elevato. Quando è stato arrestato questa notte, sono scese in strada tante persone lungo le strade del quartiere Guadagna per salutarlo. Questo “omaggio” che ha reso al boss parte della cittadina lì presente non ha facilitato i movimenti della polizia nel corso delle operazioni di arresto. In merito al boss Profeta e ai rituali di affiliazione, dalla Polizia riferiscono: “ancora oggi ha dimostrato di essere legata a rituali di affiliazione arcaici. Assicurati alla giustizia i principali esponenti dello storico mandamento di Palermo”. Ma Salvatore Profeta non è stato l’unico arrestato, poiché la polizia ha smantellato il clan di Santa Maria di Gesù. L’operazione è stata chiamata “Stirpe” perché ha visto tra gli arrestati parenti del boss come il figlio e il nipote, Rosario e Antonino Profeta. E’ stato arrestato anche Francesco Pedalino, Giuseppe Galati e Antonino Palumbo che gestivano per conto della famiglia la zona di via Oreto. Gli arrestati sono diversi, che negli anni si sono sottoposti anche ai rituali di affiliazione del bacio in fronte e della “punciuta” di fronte al boss. Gli arrestati sono accusati di associazione mafiosa, estorsione e rapina. 



PALERMO, ARRESTATI I CAPIMAFIA DI "COSA NOSTRA" VICINI AL LATITANTE MESSINA DENARO

A.D.M.

Palermo – Intercettazioni, pedinamenti, indagini senza sota per arrivare a sgominare la rete dei capimafia vicino boss latitante Matteo Messina Denaro. Esponenti di vertice delle famiglie di Cosa Nostra trapanese e presunti favoreggiatori di Messina Denaro sono stati arrestati nell'operazione "Ermes" condotta dalla polizia di Stato e coordinata dalla Procura distrettuale antimafia di Palermo. Arresti e perquisizioni sono stati eseguiti nelle province di Palermo e Trapani da personale delle Squadre Mobili delle due città con il coordinamento del Servizio centrale operativo della polizia di Stato e la partecipazione del Ros dei carabinieri.

I provvedimenti restrittivi riguardano i capi del mandamento di Mazara del Vallo e dei clan di Salemi, Santa Ninfa, Partanna, ritenuti feudi di Messina Denaro. L'indagine si collega alle "Golem I e II" e "Eden I e II", che avevano già colpito la rete di fiancheggiatori e parenti del latitante. Gli arresti eseguiti sono in tutto undici. Gli investigatori hanno colpito il sistema di comunicazioni di Matteo Messina Denaro, che come altri capimafia usava i "pizzini" per dare ordini e gestire gli affari. Il centro di smistamento dei bigliettini era in un casolare nelle campagne di Mazara del Vallo




PALERMO, COLPITA "COSA NOSTRA" : 39 ARRESTI

di A. B.
 
Palermo – Stamane i Carabinieri di Palermo, dopo una complessa attività di indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia, hanno dato il via a 39 misure cautelari nei confronti di soggetti ritenuti responsabili di associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione, traffico di stupefacenti, corruzione e altri reati. L’operazione dei Carabinieri ha smantellato il mandamento mafioso di “Pagliarelli”, storico punto cardine per Cosa Nostra. Sono stati tratti in arresto in capi delle famiglie mafiose di “Pagliarelli”, “Corso Calatafimi” e “Villaggio Santa Rosalia” che sono: Giuseppe, Massimiliano Perrone, Alessandro Alessi, Vincenzo Giudice.
 
E’ stato arrestato anche un soggetto di spicco, ovvero Salvatore Sansone, che è il nipote di Nino Rotolo, appartenente alla famiglia mafiosa dell’uditore. I soggetti esercitavano estorsione e chiedevano il pizzo, ma l’azione era contenuta poiché la crisi e le difficoltà portavano le vittime a reagire. Invece è rimasto invariato l’interesse di cosa nostra per la grande imprenditoria e per i grossi appalti, come per esempio è il caso di Perrone, che durante la ricostruzione dell’ospedale “Paolo Giaccone” ha cercato di imporre all’impresa che si è aggiudicata l’appalto il materiale per la costruzione, la manodopera e anche una donazione di 500 mila euro. L’attività investigativa ha potuto dimostrare e constatare anche il movimento della droga che veniva dal Piemonte e dalla Campania.