ELENA CESTE: LA CRIMINOLOGA URSULA FRANCO NON HA DUBBI "NON E' STATA UCCISA"

di Domenico Leccese

L’accusa sarà in aula il 23 settembre dopo la perizia criminologica della difesa che smonta punto per punto ogni possibile ricostruzione alternativa all’allontanamento volontario.

Ci racconta come ha iniziato ad occuparsi del caso Buoninconti-Ceste?

Vede, io ignara di come sarebbero poi andate le cose, ho pubblicato sul mio blog Malke crime notes il primo articolo con la soluzione del caso all’indomani del ritrovamento dei resti di Elena Ceste, precisamente il 31 ottobre 2014. L’arresto di Buoninconti l’ho appreso con stupore, ma poi mi sono detta che avrei trovato nell’ordinanza indizi di cui non ero a conoscenza ed invece mi sono resa conto leggendo quel documento pubblicato online che mi trovavo di fronte ad un clamoroso errore giudiziario.

Come è arrivata a quella che, anche a mio avviso, è la soluzione del caso?

Ho impegnato molte ore di studio, cerco di sintetizzare: Ho analizzato il caso in due tempi, in primis ascoltando i racconti di Michele Buoninconti e quelli di parenti ed amici dopo la scomparsa di Elena Ceste. L’autopsia psichiatrica della Ceste era compatibile con un allontanamento volontario della donna e ne ho avuto ulteriore conferma dallo stato in cui è stata ritrovata la casa, ovvero nelle stesse condizioni in cui Buoninconti ed i figli l’avevano lasciata. Il denudamento, letto dagli inquirenti come indubbio indizio di un omicidio è stato per me il primo campanello d’allarme che mi ha portato a ritenere l’omicidio alquanto improbabile, quel denudamento è cruciale, è la prova della psicosi, una psicosi che si evince dalle testimonianze dei ‘confidenti’ della Ceste. Lo dico sulla base dell’esperienza avendo assistito al denudamento di un detenuto psicotico mentre lavoravo nel carcere di Gorgona. La messinscena degli abiti in cortile sostenuta dagli inquirenti è totalmente illogica, Buoninconti non avrebbe avuto alcuna ragione di inventarsi quella storia e se avesse pensato ad uno ‘staging’ non avrebbe rimosso gli abiti da dove li aveva collocati. E’ una regola della criminologia, lo ’staging’ non si racconta, si mostra. In seconda analisi, il ritrovamento dei resti a poche centinaia di metri da casa, le risultanze autoptiche, l’assenza di segni di trasporto di un cadavere sull’auto mi hanno confermato che non era stato commesso un omicidio. L’autopsia ha concluso che non era possibile definire la causa della morte di Elena, quei resti non ci dicono altro. Sono i risultati delle indagini che ci dicono come è morta. Non è emerso nulla che confermi l’ipotesi degli inquirenti, ovvero l’omicidio e nulla che provi l’occultamento, lo studio degli atti prova invece l’allontanamento volontario ed esclude qualsiasi responsabilità di Buoninconti. Insomma, un caso semplice di morte in seguito ad una tragica fatalità trasformato in un evento mediatico che lascerà pesanti strascichi, non solo su Buoninconti ed i suoi figli.

Buoninconti è stato accusato di aver finto di cercare la moglie, dal suo punto di vista come valuta il suo comportamento?

Per quanto riguarda il comportamento di Buoninconti egli ha avuto, dopo essersi reso conto della scomparsa di Elena, solo atteggiamenti costruttivi e finalizzati a ricerche concrete che non si riscontrano mai nei rei di omicidio, ad esempio l’immediatezza nella richiesta di aiuto è un segnale di attivazione immediata, spiegabile solo con la volontà di ritrovare un proprio caro, che nessun colpevole, in specie se costui può prender tempo prima di denunciare una scomparsa, mette in atto, tantomeno prima di essersi disfatto del cadavere. Buoninconti cercò la moglie prima a casa, poi chiamò i vicini per sapere se fosse a casa loro o se l'avessero vista. E’ alquanto illogico e privo di riscontri nella casistica che un soggetto telefoni prontamente ai vicini dopo aver commesso un omicidio e durante le delicate fasi dell’occultamento, come se si trattasse di compiere un atto automatico giornaliero. Egli coinvolse in modo logico prima i vicini, poi i parenti, poi si rivolse al 118 e su suggerimento dell’operatore del 118 si diresse dai carabinieri per fare una denuncia utile per poter richiedere informazioni ai pronto soccorso, il tutto in circa un'ora e 45 minuti di tempo, mostrandosi consapevole, che, essendo con tutta probabilità Elena nuda, si doveva far presto, e desideroso di ritrovare la madre dei propri figli, prodigandosi nel fornire a tutti più informazioni possibili, indicandola come una donna in stato confusionale, senza vestiti e senza occhiali.

Le risultanze dello studio delle celle collocano davvero Michele Buoninconti nei pressi del Rio Mersa intorno alle 9.00 come sostiene la procura?

Assolutamente no, la perizia sulle celle dell’accusa ci dice soltanto che Buoninconti agganciò la cella del Rio Mersa alle 9.02.50 mentre era in transito, non esistono né testimoni né prove scientifiche in grado di collocare Buoninconti nei pressi del Rio Mersa in un altro orario. Come ho scritto nella mia perizia, Buoninconti con il suo telefono alle 8.55.04, alle 8.57.28 ed alle 9.01.48 agganciò sempre la cella di pertinenza di casa sua e una testimone, Marilena Ceste, lo vide dalla finestra intorno alle 9.00, è quindi escluso che fosse ad occultare il cadavere di sua moglie.

Perché in molti non le credono?

Non mi credono coloro che non hanno approfondito il caso e coloro che non hanno dimestichezza con la psichiatria, partono dal presupposto che la procura non possa essersi sbagliata ed invece si sbagliano anche loro. Lo ripeto, il problema è che per risolvere questo caso ci vogliono alcune competenze che la maggior parte degli inquirenti, dei giornalisti e dei laureati in Legge non hanno, chi le ha invece non si è dato pena di studiare il caso prima di esprimersi. Qualcosa è andato storto dall’inizio, ci troviamo di fronte ad un classico errore giudiziario dove la fanno da padroni, la pressione mediatica, la ‘tunnel vision’, la ‘noble cause corruption’ e molto altro. Nel mio libro sul caso Buoninconti- Ceste descriverò nel dettaglio tutte le fasi di questo errore.

Una volta riconosciuto l’errore, tutto tornerà come prima? Non credo proprio, questo caso rimarrà nella storia della giustizia italiana, un caso così grossolano di mala giustizia da far tremare il sistema, non solo quello della giustizia ma anche quello dei media.

Come vive l’attesa della sentenza?

Naturalmente con ansia, il fatto che la verità sui fatti sia stata rivelata non è una garanzia, è una verità scomoda per molti, non solo per la procura. Infine le confido che sono curiosa di sapere come l’accusa ricostruirà un omicidio che non c’è stato, la procura infatti non ci ha ancora detto nello specifico come secondo loro andarono i fatti.




ELENA CESTE: MICHELE BUONINCONTI, UNA VITTIMA DEL SISTEMA?

 

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di Domenico Leccese

L’Osservatore d’Italia intervista nuovamente la dottoressa Ursula Franco, medico chirurgo e criminologo, consulente della difesa di Michele Buoninconti che non smette di difendere a "spada tratta" il proprio assistito e per questo viene tacciata di incompetenza da illustri colleghi e da parte dei media.

Ritiene che Michele Buoninconti sia vittima di un errore giudiziario?

Senza ombra del dubbio, un caso di errore giudiziario da manuale.

Come sta Michele Buoninconti ?

Michele Buoninconti sta vivendo una situazione paradossale, a dir poco kafkiana, sono mesi che urla a tutti la propria innocenza, ma il rimarcarlo viene scambiato per una sorta di delirio persecutorio, fa comodo a tutti pensare che il vero malato sia lui e non lo sia stata invece sua moglie Elena. La malattia mentale nel caso ne sia affetto Buoninconti è per tutti ben visibile, reale, concreta, facilmente diagnosticabile mentre nel caso di Elena è una mia fantasia. Non le pare bizzarro che nonostante sia stata in primis la Procura ad affermare che Elena fosse psicotica, io venga derisa perché affermo questa verità? Mi aspetterei che si alzasse un coro di psichiatri pronti a confermare che gli psicotici si denudano e proprio perché vivono un delirio che ritengono reale possono reagire allo stesso, in questo caso Elena credeva che la volessero portare via da casa e quindi semplicemente scappò, come aveva prospettato pochi minuti prima al figlio, e si nascose, senza alcuna intenzione di lasciarsi morire. Il distacco completo dalla realtà non le faceva percepire il freddo, né il dolore e neanche si accorse della presenza nell’acqua nel rio. Il disconoscere la psichiatria da parte di chi si trova ad affrontare questo caso è il vero problema, un problema insormontabile.

Quali sono gli indizi contro Michele Buoninconti?

Non ci sono indizi, non esistono perché Michele non ha ucciso sua moglie, la Procura non è stata in grado di ricostruire il presunto omicidio di Elena Ceste perché non c’é stato. La mia ricostruzione di come andarono i fatti è ciò che somiglia di più alla verità e non varierà con le stagioni. Vede, intanto non è stata accertata la causa della morte di Elena Ceste e potrebbe bastare, ma aggiunga pure che la perizia sulle celle non prova assolutamente che Michele Buoninconti fosse nei pressi del Rio Mersa quando la Procura ritiene stesse occultando il cadavere di sua moglie bensì che ci fosse circa 3 minuti dopo e solo in transito, poi non ci sono segni di trasporto di un cadavere sull’auto, né segni di una colluttazione, né graffi prodotti dai rovi sul volto o le mani di Buoninconti, né fango sulle sue calzature che possano provare l’occultamento.

Cosa pensa degli attacchi degli altri criminologi nei suoi confronti?

Non varrebbe neanche la pena di commentarli, comunque trovo assai triste che si parli di me senza conoscermi, senza conoscere il mio lavoro ed in specie deridendo la mia ricostruzione senza aver letto tutti gli atti. Inconsapevolmente chi attacca me danneggia la criminologia che è agli albori, non penso infatti sia stata mai redatta in Italia una perizia come quella da me prodotta per Michele Buoninconti. Tengo a precisare che non tutti i criminologi tentano di diffamarmi, il dottor Ruben De Luca è stato molto professionale quando gli hanno chiesto che cosa pensasse della mia ipotesi, mi sarei aspettata da tutti lo stesso atteggiamento.

E gli attacchi dei media?

Inspiegabili, perché sostenere che io sarei incompetente e quindi inadatta a difendere Buoninconti se lo ritengono colpevole? E’ una contraddizione, se mi attaccano evidentemente mi temono, io invece non temo loro, un giorno dovranno rispondere di tutto ciò che hanno scritto e detto davanti ad un Giudice.

Michele Buoninconti è davvero una persona difficile come dicono i media?

Io e Michele Buoninconti abbiamo una collaborazione professionale straordinaria basata sul rispetto e la fiducia reciproca, egli non è assolutamente una persona difficile, è semplicemente un innocente in carcere e finché le persone si rivolgeranno a lui da colpevole verranno trattate come si meritano.
 




ELENA CESTE: RESTA IN CARCERE MICHELE BUONINCONTI

di Angelo Barraco
 
Michele Buoninconti resta in carcere. La decisione è stata presa dalla prima sezione penale della Cassazione che ha rigettato il ricorso. Buoninconti quindi rimane detenuto presso il carcere di Asti. Ieri Il pg di Cassazione Giuseppe Corasaniti ha avanzato la richiesta di conferma di custodia cautelare in carcere per Michele Buoninconti, accusato di aver ucciso e occultato il cadavere della moglie, Elena Ceste. Il Pg ha avanzato la richiesta ai giudici della prima sezione penale.
 
La storia: Motta di Costigliole D’Asti, pochi abitanti che si conoscono tutti. Sono le 08:15 del 24 gennaio, Elena è solita accompagnare i figli a scuola ma quella mattina non si sente bene e chiede al marito di accompagnarli. Alle 08.35 il marito, Michele Buoninconti, rientra a casa e trova vicino il cancello i vestiti di Elena e gli occhiali dalla quale la donna non si separava mai perché miope e sul tavolo trova la fede nuziale. Elena sparisce, da qui inizia un mistero fitto. Elena sparisce in venti minuti, stando al raccondo del marito, un spazio temporale oggettivamente scarso. Una donna nuda si sarebbe notata subito e invece nessuno vede Elena nuda camminare per strada. Il marito, appena tornato a casa e dopo aver visto quei vestiti per terra si allarma perché per lui è una vergogna che una donna cammini nuda per strada e allora si mette alla ricerca della donna ma non trova nulla. Il marito dichiara che la donna, la sera prima della scomparsa era agitata, e il marito, dopo aver chiesto quale fosse il problema, la donna rispose di aver combinato un guaio e di essere sulla bocca di tutti stupendosi di come il marito non fosse a conoscenza di tale cosa.
 
Il marito dichiara anche che Elena quella notte gli fece leggere degli sms che la donna avrebbe ricevuto da altri uomini, Michele dichiara anche che la donna chiese a lui di non mandare i figli a scuola perché pensava che fossero a rischio e che qualcuno li avrebbe presi. Durante le prime indagini salta fuori la vita di Elena attraverso i social network. Michele, durante la prima fase delle indagini punta subito il dito su due persone, accusandole di essere coloro che importunavano Elena e quindi di essere stati loro ad averla istigata all’allontanamento. Vengono verificate le posizioni di queste persone e risulta che queste due persone hanno un alibi e non possono essere loro.
Vengono analizzati dalla polizia scientifica i vestiti che Michele dice di aver trovato vicino al cancello, ma su di essi non vi è traccia alcuna di esposizione all’atmosfera ergo quei vestiti non sono mai stati lì fuori poiché se fossero stati fuori ci sarebbero stati elementi scientifici che avrebbero supportato questa tesi. I racconti di Michele appaiono confusi, strani e spesso alquanto sospetti. 
 
Il cadavere di Elena Ceste è stato rinvenuto in data 23/10/2014 all’interno di un canale di scolo che dista 2 Km di distanza da casa sua. La causa della morte è probabilmente l’asfissia. I medici scrivono: “lo stadio evolutivo del processo trasformativo cadaverico è coerente con l'epoca della scomparsa della donna, si può ritenere che il corpo della Ceste sia sempre rimasto nel luogo ove furono rinvenuti i resti. Si deve altresì affermare che il corpo pervenne nel luogo in cui ne furono ritrovati i resti completamente nudo” continuano dicendo “l'autopsia non esclude che l'intero corpo fosse immune da lesioni da arma da taglio o da fuoco, anche se tale ipotesi deve ritenersi malsicura, si affaccia, più probabile, l'ipotesi di una morte per asfissia”. 
 
Viene effettuato un altro sopralluogo dopo il ritrovamento del cadavere, e viene ritrovato un telo, classico telo utilizzato nelle serre. Il telo si trovava poco distante dal luogo di rinvenimento del cadavere e si iniziano ad avvalorare le prime ipotesi: e se il telo in questione fosse stato utilizzato per trasportare il corpo?
Le varie ricerche hanno portato a rinvenimenti ossei sparsi e c’è la probabilità che nei prossimi giorni, durante le ricerche che si stanno svolgendo, vengano fuori altri reperti ossei. 
Ma come è morta Elena? L’acqua del canale di scolo era alta pochi centimetri al momento del ritrovamento, la condotta, lunga tre metri, passa sotto la ferrovia. La scoperta non è avvenuta ad opera dei carabinieri ma è avvenuta in modo estremamente casuale da un dipendente del comune.
 
Quel canale non veniva pulito da anni e invece gli altri canali erano stati puliti, quindi soltanto chi conosceva quella zona, avvalorando l’ipotesi dell’omicidio, avrebbe potuto portare il corpo lì per via di una conoscenza logistica. Il cadavere è stato trovato con il volto riverso nel fango e privo di indumenti, ma Elena poteva percorrere quella strada a piedi per poi morire lì? Chi ha ispezionato la zona ha detto chiaramente che il livello dell’acqua era molto basso quindi l’ipotesi del suicidio crolla come un castello di carta.
Il 29 gennaio 2015, I carabinieri di Asti hanno arresto Michele Buoninconti, marito di Elena Ceste. L’accusa è omicidio volontario premeditato e occultamento di cadavere. L’arresto è avvenuto su ordine del gip di Asti Giacomo Marson che ha accolto la richiesta del PM Laura Deodato. Michele Buoninconti si dichiara innocente dal carcere e dice di non essere stato lui ad uccidere la moglie ed invita gli inquirenti a cercare il vero colpevole.
 
Gli avvocati, Chiara Girala e Alberto Masoero hanno chiesto la scarcerazione del loro assistito. Emergono dalla procura dei ritagli di intercettazione, come quando parla con i figli dicendo loro: “Ero riuscito a far diventare mamma una donna, 18 anni della mia vita per recuperarla, 18 anni per raddrizzare mamma. Vai a capire che cosa ha visto”, sempre alla figlia dice: “A non ascoltare il padre si fa la fine della madre, che non ha ascoltato il padre”. Con i figli Michele usa toni ancora più forti: “Loro vogliono sentire solo questo, che tra di voi non andate d’accordo, Così uno va da una parte, uno da un’altra parte … Vi va bene vivere così, separati? E a me, perché mamma è … chissà dove, mi mettono ancora da un’altra parte. A casa nostra sai cosa ci fanno venire? Le zoccole, le straniere, a fottere! Così c’è una zoccola per ogni stanza. E la sera c’è il bordello. Perciò cercate di essere bravi tra di voi. Mi avete visto litigare con mamma?” 
 
Successivamente gli avvocati Chiara Girala e Alberto Masoero hanno chiesto la scarcerazione del loro assistito in quanto ritennero eccessiva la misura cautelare attuata nei riguardi del Buoninconti. Il Gip Giacomo Marson, invece, ha respinto tale richiesta. I quattro figli sono stati affidati ai nonni materni dal Tribunale dei Minori di Torino che ha imposto il divieto assoluto di vedere il padre. E’ stata avanzata un ulteriore richiesta di scarcerazione ma è stata respinta, a è il Tribunale del Riesame che ha respinto la richiesta di scarcerazione avanzata dagli avvocati dell’uomo. Il Gip che ha respinto la richiesta, Giacomo Marson, ha spiegato in 80 pagine di provvedimento quali sono stati i motivi che hanno indotto Michele ad uccidere Elena. Il Tribunale del Riesame ha respinto la richiesta di scarcerazione per Michele, ma il Tribunale esclude l’aggravante della premeditazione, quindi si sarebbe trattato di un omicidio d’impeto.



ELENA CESTE: TESTIMONIANZE, PERIZIE E UN PROFILO DELLA DONNA RIMASTO INESPLORATO

di Chiara Rai

Altri colpi di scena e notizie esclusive fornite a L’Osservatore d’Italia in una intervista inedita alla Dottoressa Ursula Franco, medico chirurgo e criminologo, consulente della difesa di Michele Buoninconti. Emerge un quadro di Elena Ceste che possiamo definire ancora inesplorato con testimonianze che andrebbero attentamente analizzate.

 

Qualche mese fa abbiamo avuto il piacere di intervistarla e lei, come abbiamo avuto modo di approfondire, esclude che Elena Ceste sia stata vittima di un omicidio, ci può dire di più?

Il vero punto cruciale di questo caso è che nulla indica che ci sia stato un omicidio, l’esame medico legale sul cadavere della Ceste non ha stabilito la causa della morte ed ha escluso le più comuni cause di morte violenta. Una causale asfittica, tra l’altro indimostrabile per le condizioni in cui è stato ritrovato il cadavere, è stata ipotizzata dai consulenti medico legali del gip solo in via residuale, tale ipotesi per essere presa in seria considerazione dovrebbe essere accompagnata da indizi che la confermino, come ad esempio potrebbero essere i segni di una colluttazione sia su Buoninconti che sulla moglie. Tali indizi mancano. L’assenza di segni di una colluttazione e l’assenza di segni del trasporto del cadavere sull’auto difficilmente possono sostenere l’ipotesi omicidiaria, piuttosto tendono ad escluderla.

L’accusa ha definito surreale ed inverosimile l’ipotesi di un allontanamento volontario della donna, in preda ad una crisi psicotica e per di più senza abiti, lei come giustifica tali convinzioni degli inquirenti?

Solo per chi disconosce la psichiatria le dinamiche dell’allontanamento di Elena possono apparire inverosimili, in realtà l’allontanamento volontario, dopo un altrettanto volontario denudamento, è l’unica ipotesi realmente plausibile e logica in questo caso, anche dal punto di vista della ricostruzione degli eventi, non solo, è l’unica cui si confanno tutte le risultanze investigative, crisi psicotica, autopsia negativa per morte violenta, assenza di segni di una colluttazione su Buoninconti, assenza di segni di trasporto del cadavere sull’auto e assenza di un movente. Il denudamento della Ceste si spiega solo come sintomo di una psicosi. Un omicida non avrebbe avuto alcuna ragione di denudare la sua vittima, il denudamento non impedisce il riconoscimento né favorisce i fenomeni cadaverici, piuttosto li rallenta nel caso in cui le temperature esterne siano basse, come lo erano ad Asti il 24 gennaio 2014.

Mi chiedo se a suo dire ci siano dei passaggi, elementi che non sono stati presi in considerazione dal pm e o dagli inquirenti. Se sì quali e in che misura possono incidere sull'inchiesta?

La Ceste soffriva di psicosi, come ci confermano i racconti di alcuni conoscenti che ricevettero sue confidenze nei mesi precedenti alla sua scomparsa e come ci conferma la perizia psicologica del Dr Pirlo, perito del gip, che parla di precedenti psicotici, questi dati a mio avviso sono stati fatalmente sottovalutati. Una psicosi non trattata tende a recidivare. Elena dopo i pensieri persecutori ossessivi di ottobre sviluppò un grave disturbo psicotico che esordì nel pomeriggio del giorno precedente la sua scomparsa. Buoninconti non si sarebbe potuto inventare un quadro classico di psicosi se non avesse assistito al delirio persecutorio della moglie, al racconto delle allucinazioni uditive, ai colpi che la donna si dava sulla fronte per cacciare le voci.



Fu un caso la morte della Ceste od una scelta deliberata?

Elena era in preda al delirio e fuggì ai suoi persecutori, non era decisa a lasciarsi morire, si nascose nel Rio Mersa e poi si addormentò a causa del freddo e della fatica che le aveva provocato il delirio, delirio che durava dal pomeriggio del giorno precedente e che le aveva impedito di dormire, infine morì per assideramento. La Ceste non scelse di lasciarsi morire, la sua fine fu una tragica fatalità che ebbe come concause la sua patologia psichica ed il freddo. Se la donna si fosse allontanata nei mesi estivi si sarebbe risvegliata dopo qualche ora e qualcuno l’avrebbe di sicuro avvistata tra i campi.

Oltre a non aver compreso la vera causa dell’allontanamento di Elena, cosa secondo lei nella ricostruzione dell’accusa non è logico?

La criminologia è una scienza esatta, se un’ipotesi è errata tutto ciò che la conforta è illogico. Uno dei punti più deboli della ricostruzione dell’accusa sono le condizioni in cui fu ritrovata la casa dei due coniugi, ovvero priva di segni della presenza della Ceste dopo la dipartita del marito e dei figli. Elena dopo le 8.10 non si occupò delle faccende domestiche che avrebbe dovuto sbrigare, la casa al ritorno di Michele era esattamente come lui l’aveva lasciata a riprova del fatto che la moglie si allontanò subito dopo l’uscita del marito e dei figli, se la Ceste infatti fosse rimasta per 35 minuti nella sua abitazione e fosse stata uccisa dal marito dopo le 8.45 la stessa avrebbe lavato almeno le tazze della colazione e rifatto tutti i letti. Durante il primo sopralluogo in casa Buoninconti- Ceste i carabinieri trovarono anomalo che solo il letto matrimoniale fosse stato ricomposto e dedussero che proprio su quel letto Michele aveva con tutta probabilità ucciso Elena e che solo in seguito all’omicidio lo avesse rifatto. Se, come sostiene l’accusa, Michele avesse ucciso Elena sul letto matrimoniale ancora sfatto non avrebbe avuto ragione alcuna di ricomporlo, sfatto per sfatto, tra l’altro uno dei figli dei coniugi Buoninconti ha riferito di aver aiutato la madre quella mattina a rifare il letto matrimoniale poco prima delle 8.10.



Che cosa pensa delle risultanze della perizia del gip sulle celle telefoniche?

Non ho nulla contro la perizia in sé, è l’interpretazione che non convince. Secondo la perizia Buonninconti si trovava nei pressi del Rio Mersa alle 9.02.50, non prima, ma la procura ha ipotizzato che egli fosse in quella zona, pur non avendo né prove scientifiche (celle telefoniche), né testimoni in grado di collocarlo in quel luogo, ad occultare il cadavere della moglie, tra poco dopo le 8.57.28 e le 9.00.18. Buoninconti durante le 3 ravvicinate telefonate, quelle delle 8.55.08, delle 8.57.28 e delle 9.01.48 agganciò la cella che copre casa sua, la logica vuole che evidentemente egli si trovasse in quell’area ed è una forzatura collocarlo altrove senza giustificazioni, tra l’altro Marilena Ceste lo vide di fronte alla casa dei Rava circa 5 minuti dopo aver ricevuto da lui la telefonata delle 8.55.08, quindi intorno alle 9.00. Le risultanze della perizia sulle celle telefoniche prodotta dalla procura non accreditano assolutamente la ricostruzione dell’accusa.

La procura ritiene un indizio a carico di Buoninconti il fatto che il corpo si trovasse a poche centinaia di metri da casa, che ne pensa?

La vicinanza del luogo in cui furono ritrovati i resti di Elena non è un indizio a carico di Buoninconti, piuttosto il contrario. Il fatto che il corpo sia stato ritrovato così vicino a casa avvalora l’ipotesi dell’allontanamento volontario, se Michele avesse occultato il corpo di Elena non lo avrebbe nascosto in quel luogo, in specie dopo aver allertato i vicini e sapendo che i soccorritori sarebbero andati lì a cercarlo, tra l’altro i soccorritori cercarono intorno alla casa proprio su sua indicazione. Michele sostenne nei primi giorni che Elena andava cercata vicino a casa e che con tutta probabilità era nuda, solo in seguito, convinto di aver cercato ovunque e di non essersi potuto sbagliare cominciò ad elaborare ipotesi alternative.



Ritiene che il clima colpevolista alimentato dai media possa influenzare il processo?

Vede, io credo che per molti sia difficile pensare, il pregiudizio ingombra le menti dei pigri. L’interesse suscitato dai media nei confronti del caso Ceste ha scatenato un clima colpevolista che non ha influenzato solo il pubblico televisivo ma è entrato a gamba tesa nel processo attraverso le testimonianze, tale clima a senso unico ha manipolato gli animi dei testi e lo loro testimonianze ne hanno risentito. La maggior parte dei testimoni diretti degli avvenimenti di quei giorni si sono sentiti a torto traditi da Buoninconti. I media hanno il demerito di aver trasformato un innocente, colpito da un doloroso lutto, in un mostro in carne ed ossa, in un capro espiatorio cui nessuna debolezza, seppure umana e comune a tutti noi, è perdonata.



Non ha mai avuto dubbi?

Theodor Lessing suggeriva di percorrere il cammino del dubbio nella ricerca della verità. Ad ogni studente di criminologia il primo giorno viene detto che innamorarsi di un’ipotesi e cercare di trovare contorte giustificazioni alla propria idea è il peggiore errore che si possa fare in questo campo. Sulla base di questi due insegnamenti, all’inizio della mia analisi mi sono posta molte domande, nel momento in cui ho visto la verità ho ricostruito i fatti secondo la logica ed ho riconosciuto senza ombra del dubbio un doloroso errore giudiziario.




ELENA CESTE:GIUDIZIO IMMEDIATO PER MICHELE BUONINCONTI

di Angelo Barraco
 
Asti – Il Gip, Giacomo Marson, ritiene sufficiente la mole di prove raccolte a carico di Michele Buoninconti, indagato per aver cagionato la morte e per aver occultato il cadavere della moglie Elena Ceste. E’ stato deciso il Giudizio immediato ed è stata fissata per il 1 luglio la prima udienza in corte d’Assise. Michele Buoninconti è difeso dagli avvocati Chiara Girola e Massimo Tortoroglio che hanno adesso ben 15 giorni di tempo per chiede il rito abbreviato, che potrebbe portare all’indagato uno sconto di 1/3 della pena. 
 
Motta di Costigliole D’Asti, pochi abitanti che si conoscono tutti. Sono le 08:15 del 24 gennaio, Elena è solita accompagnare i figli a scuola ma quella mattina non si sente bene e chiede al marito di accompagnarli. Alle 08.35 il marito, Michele Buoninconti, rientra a casa e trova vicino il cancello i vestiti di Elena e gli occhiali dalla quale la donna non si separava mai perché miope e sul tavolo trova la fede nuziale. Elena sparisce, da qui inizia un mistero fitto. Elena sparisce in venti minuti, stando al raccondo del marito, un spazio temporale oggettivamente scarso. Una donna nuda si sarebbe notata subito e invece nessuno vede Elena nuda camminare per strada. Il marito, appena tornato a casa e dopo aver visto quei vestiti per terra si allarma perché per lui è una vergogna che una donna cammini nuda per strada e allora si mette alla ricerca della donna ma non trova nulla. Il marito dichiara che la donna, la sera prima della scomparsa era agitata, e il marito, dopo aver chiesto quale fosse il problema, la donna rispose di aver combinato un guaio e di essere sulla bocca di tutti stupendosi di come il marito non fosse a conoscenza di tale cosa.
Il marito dichiara anche che Elena quella notte gli fece leggere degli sms che la donna avrebbe ricevuto da altri uomini, Michele dichiara anche che la donna chiese a lui di non mandare i figli a scuola perché pensava che fossero a rischio e che qualcuno li avrebbe presi.

Durante le prime indagini salta fuori la vita di Elena attraverso i social network. Michele, durante la prima fase delle indagini punta subito il dito su due persone, accusandole di essere coloro che importunavano Elena e quindi di essere stati loro ad averla istigata all’allontanamento. Vengono verificate le posizioni di queste persone e risulta che queste due persone hanno un alibi e non possono essere loro.
Vengono analizzati dalla polizia scientifica i vestiti che Michele dice di aver trovato vicino al cancello, ma su di essi non vi è traccia alcuna di esposizione all’atmosfera ergo quei vestiti non sono mai stati lì fuori poiché se fossero stati fuori ci sarebbero stati elementi scientifici che avrebbero supportato questa tesi. I racconti di Michele appaiono confusi, strani e spesso alquanto sospetti. 
 
Il cadavere di Elena Ceste è stato rinvenuto in data 23/10/2014 all’interno di un canale di scolo che dista 2 Km di distanza da casa sua. La causa della morte è probabilmente l’asfissia. I medici scrivono: “lo stadio evolutivo del processo trasformativo cadaverico è coerente con l'epoca della scomparsa della donna, si può ritenere che il corpo della Ceste sia sempre rimasto nel luogo ove furono rinvenuti i resti. Si deve altresì affermare che il corpo pervenne nel luogo in cui ne furono ritrovati i resti completamente nudo” continuano dicendo “l'autopsia non esclude che l'intero corpo fosse immune da lesioni da arma da taglio o da fuoco, anche se tale ipotesi deve ritenersi malsicura, si affaccia, più probabile, l'ipotesi di una morte per asfissia”. 

Viene effettuato un altro sopralluogo dopo il ritrovamento del cadavere, e viene ritrovato un telo, classico telo utilizzato nelle serre. Il telo si trovava poco distante dal luogo di rinvenimento del cadavere e si iniziano ad avvalorare le prime ipotesi: e se il telo in questione fosse stato utilizzato per trasportare il corpo?
Le varie ricerche hanno portato a rinvenimenti ossei sparsi e c’è la probabilità che nei prossimi giorni, durante le ricerche che si stanno svolgendo, vengano fuori altri reperti ossei. 
Ma come è morta Elena? L’acqua del canale di scolo era alta pochi centimetri al momento del ritrovamento, la condotta, lunga tre metri, passa sotto la ferrovia. La scoperta non è avvenuta ad opera dei carabinieri ma è avvenuta in modo estremamente casuale da un dipendente del comune.
Quel canale non veniva pulito da anni e invece gli altri canali erano stati puliti, quindi soltanto chi conosceva quella zona, avvalorando l’ipotesi dell’omicidio, avrebbe potuto portare il corpo lì per via di una conoscenza logistica. Il cadavere è stato trovato con il volto riverso nel fango e privo di indumenti, ma Elena poteva percorrere quella strada a piedi per poi morire lì? Chi ha ispezionato la zona ha detto chiaramente che il livello dell’acqua era molto basso quindi l’ipotesi del suicidio crolla come un castello di carta.
 
Il 29 gennaio 2015, I carabinieri di Asti hanno arresto Michele Buoninconti, marito di Elena Ceste. L’accusa è omicidio volontario premeditato e occultamento di cadavere. L’arresto è avvenuto su ordine del gip di Asti Giacomo Marson che ha accolto la richiesta del PM Laura Deodato. Michele Buoninconti si dichiara innocente dal carcere e dice di non essere stato lui ad uccidere la moglie ed invita gli inquirenti a cercare il vero colpevole. I suoi avvocati, Chiara Girala e Alberto Masoero hanno chiesto la scarcerazione del loro assistito. Emergono dalla procura dei ritagli di intercettazione, come quando parla con i figli dicendo loro: “Ero riuscito a far diventare mamma una donna, 18 anni della mia vita per recuperarla, 18 anni per raddrizzare mamma. Vai a capire che cosa ha visto”, sempre alla figlia dice: “A non ascoltare il padre si fa la fine della madre, che non ha ascoltato il padre”. Con i figli Michele usa toni ancora più forti: “Loro vogliono sentire solo questo, che tra di voi non andate d’accordo, Così uno va da una parte, uno da un’altra parte … Vi va bene vivere così, separati? E a me, perché mamma è … chissà dove, mi mettono ancora da un’altra parte. A casa nostra sai cosa ci fanno venire? Le zoccole, le straniere, a fottere! Così c’è una zoccola per ogni stanza. E la sera c’è il bordello. Perciò cercate di essere bravi tra di voi. Mi avete visto litigare con mamma?” 
 
Successivamente i suoi avvocati Chiara Girala e Alberto Masoero hanno chiesto la scarcerazione del loro assistito in quanto ritennero eccessiva la misura cautelare attuata nei riguardi del Buoninconti. Il Gip Giacomo Marson, invece, ha respinto tale richiesta. I quattro figli sono stati affidati ai nonni materni dal Tribunale dei Minori di Torino che ha imposto il divieto assoluto di vedere il padre. E’ stata avanzata un ulteriore richiesta di scarcerazione ma è stata respinta, a è il Tribunale del Riesame che ha respinto la richiesta di scarcerazione avanzata dagli avvocati dell’uomo. Il Gip che ha respinto la richiesta, Giacomo Marson, ha spiegato in 80 pagine di provvedimento quali sono stati i motivi che hanno indotto Michele ad uccidere Elena. Il Tribunale del Riesame ha respinto la richiesta di scarcerazione per Michele, ma il Tribunale esclude l’aggravante della premeditazione, quindi si sarebbe trattato di un omicidio d’impeto. Gli avvocati di Michele Buoninconti, a seguito di questa notizia, affermano che aspettano le motivazioni del Riesame ma se i giudici hanno escluso la premeditazione, la posizione del loro assistito si alleggerisce.
#ELENACESTE #MICHELEBUONINCONTI



ELENA CESTE: MICHELE BUONINCONTI VITTIMA DI UN ERRORE GIUDIZIARIO?

di Domenico Leccese amministratore Gruppo Facebook #chilhavisto

Proviamo a sintetizzare la perizia della Dott.ssa Ursula Franco, medico chirurgo e criminologo, consulente della difesa di Michele Buoninconti.


La Tempistica – Michele Buoninconti la mattina del #24gennaio2014 lasciò la casa dei vicini di nome Rava intorno alle 8.58 come risulta dallo studio incrociato della perizia della Procura sulle celle telefoniche e delle testimonianze del signor Aldo Rava, sua moglie e sua figlia e della signora Marilena Ceste e tornò in quell’area alle 9.01.48, meno di 4 minuti dopo. L’accusa sostiene che in quel frangente Buoninconti trasportò, denudò ed occultò la moglie nel Rio Mersa. Sempre secondo la Procura il percorso da casa Buoninconti al Rio Mersa è percorribile in 2 minuti e 30 secondi e per il ritorno, passando dalla discoteca, in circa 1 minuto e 30 secondi ed ai 4 minuti di percorso necessari per andare e tornare vanno aggiunti i minuti necessari a denudare ed occultare un corpo. Uno studio approfondito della tempistica porta quindi a concludere che evidentemente in meno di 4 minuti l’indagato non solo non ebbe il tempo di occultare un cadavere, né tantomeno di denudarlo ed occultarlo ma neanche di andare e tornare dal luogo dove venne ritrovato il corpo della moglie.

Riguardo alle telefonate ai vicini dopo il presunto omicidio la criminologa sostiene che:
Da un punto di vista criminologico appare d’altronde alquanto illogico che un soggetto, subito dopo aver commesso un faticoso omicidio per asfissia, dopo aver messo il corpo della vittima in auto con notevole sforzo fisico (il tutto in pochissimi minuti) e soprattutto prima di averlo occultato, perda tempo al telefono con i vicini di casa o si diriga da loro con il cadavere in auto, dirottando la loro attenzione su di sé ed aumentando il rischio di essere visto durante l’occultamento, in specie in una zona così vicina alla sua abitazione.
Il comportamento di Michele rispetto alla serie di telefonate ricalca piuttosto il comportamento di un soggetto preoccupato che cerca un familiare e non quello di un omicida che sta per occultare un cadavere.
La casistica ci dice che caratteristica comune a molti colpevoli è il ritardo con cui gli stessi allertano i soccorsi, un omicida avvisa della scomparsa della propria vittima solo quando si vede costretto a farlo.
L'immediatezza invece con cui Michele allertò i vicini è un indice statistico di innocenza.
Se Michele avesse ucciso Elena al suo ritorno dal paese, come contestatogli dall'accusa, prima di dare l’allarme, egli avrebbe potuto prendersi tutto il tempo possibile, almeno fino al ritorno dei bambini dalla scuola.

La condizione psichica della Ceste:
La Ceste la mattina del 24 gennaio 2014 si allontanò da casa, poco dopo le 8.15, in preda ad una crisi psicotica caratterizzata da allucinazioni uditive e da un delirio persecutorio. Elena era in preda ad un delirio persecutorio e si nascose ai suoi ‘persecutori’ proprio dove sono stati ritrovati i suoi resti.
La Ceste, la notte precedente la scomparsa, riferì a Michele di temere che la portassero via, ella quella mattina prese delle misure preventive nei confronti di coloro che avrebbero voluto, a suo avviso, portarla via di casa, cercò di impedire ai suoi persecutori immaginari di compiere ciò che credeva le avrebbero fatto ed a tal scopo si nascose nel Rio Mersa.
La Ceste non desiderava morire, solo nascondersi. Il suo allontanamento non fu altro che una risposta comportamentale al suo convincimento delirante.
I suoi sintomi, ovvero un delirio persecutorio lucido, senza alterazioni dello stato di coscienza, presente già dal pomeriggio del 23 gennaio, le allucinazioni uditive, il battersi sulla fronte per scacciarle, associati al denudamento che seguì e che precedette l’allontanamento della donna da casa, ci permettono di ricostruire un quadro psicotico certo, che il signor Buoninconti non può essersi inventato. Ciò che scatenò la crisi della Ceste, furono i numerosi messaggi ricevuti da Damiano Silipo il giorno 20 gennaio, che la donna visse in modo persecutorio, attribuendo agli stessi un significato abnorme.

Il denudamento:
Elena poco prima di allontanarsi da casa si spogliò volontariamente, il denudamento, come abbiamo già visto, rientra semplicemente tra le anomalie del comportamento messe in atto dai soggetti psicotici a causa della perdita del contatto con la realtà e della compromissione della capacità critica. Spogliare Elena dei pochi abiti che indossava da parte di un omicida non avrebbe impedito il suo riconoscimento, né tantomeno avrebbe favorito i fenomeni cadaverici, ma li avrebbe al contrario rallentati, in quanto le temperature esterne erano molto basse quella mattina.
Nessuno, non solo Michele Buoninconti avrebbe avuto un buon motivo per denudare Elena dopo averla uccisa, perdendo, tra l’altro, tempo prezioso ed esponendosi ad un maggior rischio di essere visto.

Le tazze da lavare ed i letti da rifare:
Il fatto che la casa, al ritorno di Michele, fosse ancora in disordine avvalora l’ipotesi dell’allontanamento volontario della Ceste, di poco posteriore alla partenza del marito e dei figli, cui seguì la morte.

Michele riferisce di aver cercato nei pressi del luogo del ritrovamento:
E’ naturale che solo dopo il ritrovamento Buoninconti abbia però affermato in modo più dettagliato di essere stato nelle immediate vicinanze del sito del ritrovamento, per la sorpresa che ebbe nel sapere che la donna era stata ritrovata in un luogo dove lui era stato a cercarla senza trovarla.
Egli è torturato dal pensiero di essere stato vicino a trovare la moglie quella mattina, ma di non averla vista e non esiste altra spiegazione logica, non vi è altra ragione per cui egli racconti di essere stato in quel luogo, se non il rimpianto di non averla trovata, un rimpianto che non gli dà pace ed assume le vesti di una auto ’accusa'. Michele non ha mai avuto motivo di giustificare a nessuno la sua presenza nei pressi di quel luogo, come invece sostiene la procura, in quanto nessun testimone ha mai dichiarato di averlo visto lì. Il fatto che egli conoscesse lo stato del Rio Mersa in quel periodo, ovvero che vi fossero solo pochi centimetri d’acqua, non prova assolutamente che egli avesse raggiunto il canale in quel punto, ma piuttosto che ne fosse a conoscenza per aver visto il letto di quel canale in un’altra zona, ad esempio a pochi metri da casa sua dove il canale era visibile in quanto privo di incolta vegetazione.

Le contraddizioni nel racconto dell’indagato:
L’indagato nelle prime ore dalla scomparsa di sua moglie si trovava in uno stato di severa agitazione e quelle che appaiono sospette incongruenze nel suo racconto sono ascrivibili al suo stato di alterazione dovuto alle sue preoccupazioni, non solo, egli era anche esausto per aver passato una notte insonne a causa dei disturbi di Elena.
La condizione di stress dell'indagato dovuta agli accadimenti di quella mattina produsse nello stesso un disturbo del processo di memorizzazione di comune osservazione, ovvero il blocco della memorizzazione a lungo termine per cui i suoi ricordi di quei momenti, fissati inizialmente nella memoria a breve termine, a causa del suo stato d'animo, non si impressero in quella a lungo termine. Per tale ragione egli ha fornito versioni diverse riguardo al ritrovamento degli abiti e degli occhiali di Elena in cortile, non si è ricordato l’esatta sequenza di alcuni fatti e delle telefonate, né se Marilena Ceste fosse stata a casa sua quella mattina. Egli, solo in seguito, con l'aiuto dei testimoni, è riuscito a ricollocare la maggior parte degli accadimenti di quella mattina nell'esatto ordine temporale.

L’assenza di un possibile movente:
Nel corso delle indagini, non è emerso alcun dato significativo che faccia ritenere che Michele avesse scoperto che Elena lo tradiva, né che la donna intendesse separarsi da lui. Michele non era geloso di Damiano Silipo ed aveva buoni rapporti con lui, ce lo dimostra il fatto che il 19 gennaio, domenica, promise un coniglio in regalo a Damiano e glielo fece consegnare proprio da Elena il giorno dopo. Buoninconti, nonostante ipotizzasse un coinvolgimento di Silipo, non sospettava assolutamente che i due avessero una relazione ma piuttosto che Damiano si fosse infatuato di Elena e che fosse solo la causa scatenante del suo delirio ed allontanamento, per i suoi insistenti tentativi di contattarla telefonicamente, nonostante egli personalmente non avesse dato alcun peso e valore ai suoi messaggi. Michele ha realizzato che Elena poteva averlo tradito solo dopo la sua scomparsa, quando si è confrontato con gli inquirenti ed i giornalisti.

Il fallimento delle ricerche con i cani:
Le ricerche con i cani non danno risultati affidabili per molteplici ragioni, le condizioni climatiche; la contaminazione della scena per l’accorrere di molti soggetti; la scelta dell’oggetto o dell’indumento appartenente allo scomparso che può trattenere residui del profumo dei saponi da bucato; l’invecchiamento della traccia; l’interpretazione delle indicazioni del cane che spetta all’uomo ed è quindi passibile di errore.
La riprova sono gli errori fatti dai cani durante le ricerche di Tommaso Onofri, Yara Gambirasio, Christiane Seganfreddo, Eleonora Gizzi, Melania Rea e Laura Winkler.
Nel nostro caso, i cani utilizzati durante le ricerche della Ceste seguirono una traccia olfattiva che conduceva in direzione esattamente opposta a quella dove si trovava il corpo della donna. Secondo i soccorritori quella seguita dai cani poteva essere una ‘traccia di tipo rituale’, ovvero una traccia lasciata dalla Ceste lungo un percorso che la donna aveva fatto in precedenza abitualmente e sempre secondo loro, se ci fosse stata una traccia fresca in direzione opposta a quella fiutata, i cani l’avrebbero seguita. Alla luce degli insuccessi nazionali tale affermazione non sembra reggere, né tale fallimento può essere giustificato sostenendo che i cani non percepirono una traccia fresca perché la Ceste sarebbe stata chiusa nel baule dell’auto durante il percorso da casa al luogo in cui furono ritrovati i suoi resti, lasciando quindi una ‘traccia minima’. A parte il fatto che Elena si diresse a piedi in quel luogo, sappiamo che la donna aveva fatto in precedenza, il giorno 22 gennaio, il percorso fiutato dai cani, opposto a quello di quella mattina e lo aveva fatto sempre a bordo dell’auto ed essendo inverno, di sicuro aveva guidato con i finestrini chiusi, in una condizione evidentemente di ‘traccia minima’, come nel caso fosse stata chiusa nel baule di un’auto, appare quindi improbabile che i cani abbiano fiutato una traccia vecchia piuttosto di una nuova, non resta che concludere che per un qualche motivo i risultati di tali ricerche condussero anche questa volta ad un falso positivo.
In conclusione, vista la casistica, di cui ho citato solo alcuni esempi, che hanno visto l’utilizzo dei gruppi cinofili per le ricerche, non appare sospetto nel nostro caso, ma piuttosto nella norma, che le ricerche con i cani abbiano dato esiti infruttuosi e che Elena sia stata ritrovata ‘per caso’ nella prima zona battuta dalla protezione civile, ben 9 mesi dopo la sua scomparsa.

Buoninconti è innocente oltre ogni ragionevole dubbio:
In conclusione, le risultanze autoptiche sul cadavere della Ceste che non hanno consentito di pervenire a conclusioni scientificamente sostenibili in merito alle cause del decesso, escludendo altresì la maggior parte delle comuni cause di morte violenta per l’assenza di lesioni di natura traumatica e di ferite sulle parti molli superstiti delle regioni antero laterali del torace e dell’addome; l’assenza di lesioni riferibili ad una colluttazione sull’indagato; le risultanze negative delle analisi dei RIS sull’auto dell’indagato; l’assenza di una specifica causale di una supposta azione criminosa; le condizioni psichiche della donna nelle ore e nei mesi precedenti la sua scomparsa; la dimostrata impossibilità da parte di Buoninconti di condurre il corpo della moglie, denudarlo, occultarlo dove sono stati ritrovati i suoi resti e tornare verso casa, in meno di 4 minuti; conducono a ritenere che l’unica ipotesi logica e plausibile che spieghi gli accadimenti di quella mattina sia quella dell’allontanamento volontario della Ceste, poco dopo le 8.15 del 24 gennaio 2014, in uno stato di alterazione psichica causato da una crisi psicotica acuta cui seguì la morte.

Elena Ceste si recò deliberatamente là dove sono stati ritrovati i suoi resti, dopo essersi aperta un varco tra la fitta vegetazione, si nascose nel letto del Rio Mersa, in pochi minuti si assopì per il freddo e morì per assideramento.
#sapevatelo2015 mimmoleccesefreelance@




ELENA CESTE, URSULA FRANCO: FU ALLONTANAMENTO VOLONTARIO

 

GUARDA ALCUNE PAGINE DELLA PERIZIA DELLA DOTT.SSA URSULA FRANCO IN FONDO ALLA PAGINA

 

Redazione

Caso Elena Ceste – Grande esclusiva de L'Osservatore d'Italia. Pubblichiamoparte della super perizia stilata dalla dott.ssa Ursula Franco sul caso della morte di Elena Ceste. Questo importantissimo documento scagionerebbe completamente Michele Buoniconti dall'accusa di aver ucciso sua moglie Elena.

Ricostruzione dei movimenti di Michele Buoninconti la mattina del 24 gennaio 2014: La mattina del 24 gennaio 2014, il signor Michele Buoninconti è uscito con l'auto della moglie, intorno alle ore 8.10, con i propri figli. Dopo aver accompagnato i bambini a scuola si è recato al Comune di Costigliole d'Asti per chiedere informazioni sulla rata dell'IMU ed infine, dopo essere stato inquadrato dalla telecamera della farmacia comunale alle ore 8.37, si è fermato all'ambulatorio del medico di famiglia per controllare gli orari di ricevimento e subito dopo si è diretto verso casa passando per il castello, guidando con prudenza, per abitudine e per la nebbia. Egli è probabilmente giunto a casa tra le ore 8.45 e le 8.47. Dopo aver aperto il cancello ed essere entrato in cortile con l'auto,

Buoninconti ha trovato il maglione che Elena indossava quella mattina, in terra, sul tombino di fronte al portone, e sotto lo stesso le ciabatte della moglie. Preoccupato per tale rinvenimento l'uomo ha cominciato a cercare la moglie all’esterno della casa. Avendo trovato i suoi indumenti all'esterno, egli ha pensato logicamente che Elena fosse in cortile. Dopo quelle prime infruttuose ricerche, Buoninconti è entrato nell'abitazione e lì ha continuato a cercarla. In quell’occasione ha localizzato il telefonino della moglie sulla credenza della camera da pranzo dove era ancora verso le ore 10.00 quando Michele lo mostrò a Marilena Ceste (pag. 13 ordinanza di riesame). Buoninconti quella mattina non chiamò mai Elena al cellulare in quanto lo trovò subito dopo averla cercata in cortile, tra l’altro, essendo abitudine dei due coniugi lasciare i loro telefonini sulla credenza della camera da pranzo, egli non pensò che la moglie l’avesse con sé (pag. 4, verbale assunzione informazioni di Michele Buoninconti del 4 aprile 2014). Michele Buoniconti attivò inavvertitamente quella mattina 5 telefonate dirette al telefonino della moglie che era rimasto a casa, e che prese con sé probabilmente solo intorno alle ore 10.00, dopo averlo mostrato a Marilena Ceste.

Torniamo ai suo movimenti di quella mattina, dopo aver cercato Elena in cortile ed in casa, non trovandola, Buoninconti chiamò i vicini per chiedere se la donna fosse da loro o l'avessero vista. Michele chiamò prima la vicina Marilena Ceste chiedendole se avesse visto la moglie, ad una risposta negativa della stessa l'uomo non replicò a causa della vergogna per ciò che gli stava capitando. La telefonata alla Ceste è quella delle ore 8.55.04.

La cella telefonica 2416: Durante tale telefonata, della durata di 29 secondi, il telefonino di Buoninconti agganciò la cella 2416 di pertinenza dell'area in cui si trova la sua casa. Dopo la telefonata all’utenza di Marilena Ceste l'indagato decise di cercare la moglie fuori casa, è di quei momenti la telefonata ai Rava, telefonata di primaria importanza che colloca Michele ancora nei pressi di casa sua. Michele chiamò i Rava alle 8.57.28 e non avendo ricevuto risposta, si recò da loro e gli citofonò, parlò con Aldo Rava, gli chiese notizie di sua moglie, alla risposta negativa dell'uomo, Michele risalì in auto e fece un primo giro esplorativo di pochi minuti nei pressi della ferrovia in disuso e cerchi concentrici tra Motta ed Isola d'Asti. Durante la telefonata ai Rava, delle ore 8.57.28, il telefonino di Buoninconti agganciò la cella di competenza dell'area di casa sua, la 2416. Michele fece quella telefonata mentre si stava dirigendo verso la casa dei Rava. Quindi: – la testimonianze di Aldo Rava che colloca il dialogo avuto con Michele poco dopo aver ricevuto una telefonata alla quale egli non fece in tempo a rispondere, – la testimonianza della figlia di Aldo Rava, Fiorenza Rava che ha riferito di aver saputo dalla propria madre che Michele aveva citofonato ai suoi genitori poco prima delle 9.00, – e quella di Marilena Ceste che afferma di essersi preparata un caffè, di aver ricevuto la telefonata di Michele e poco dopo, mentre aveva ancora il caffè in mano, di aver visto Michele parlare con Aldo Rava dalla finestra, ci confermano tutte che Michele ben oltre le 8.57.28 si trovava ancora nei pressi di casa sua, precisamente di fronte alla casa dei Rava (pag. 10 ordinanza di riesame) e solo successivamente si diresse a cercare la moglie. Poiché alle 9.01.48 il cellulare di Buoninonti già tornava ad agganciare la cella telefonica di pertinenza dell’area di casa sua (cella 2416), quel suo primo giro perlustrativo durò un tempo alquanto inferiore ai 4 minuti, compatibile con il racconto dell’uomo agli inquirenti, ovvero di ‘un giro veloce’.

Il verbale di assunzione di informazioni: Michele nel verbale di assunzione di informazioni del 4 aprile 2014 a pag. 6: ‘..e vado a Motta, ritorno poi verso isola d’Asti, ho fatto un giro veloce, avevo fretta di trovarla’. Tale tempistica è assolutamente incompatibile con i tempi ipotizzati dall’accusa, tempi che prevedono un percorso da casa di Buoninconti al Rio Mersa percorribile in 2 minuti e 30 secondi e per il ritorno, passando dalla discoteca, un percorso percorribile in circa 1 minuto e 30 secondi. Di conseguenza, solo per raggiungere il luogo dove è stata ritrovata Elena e tornare indietro il Buoninconti avrebbe avuto bisogno di 4 minuti circa, ai quali andrebbero aggiunti alcuni minuti per denudare ed altri per occultare il corpo della Ceste. Nel caso in oggetto non sussistono i minuti necessari per il denudamento e l’occultamento e neanche quei 4 minuti per andare sul luogo del ritrovamento e ritorno. I minuti a disposizione del Buoninconti tra la fine del colloquio avuto con Aldo Rava e la prima telefonata al telefonino di Elena, quella delle 9.01.48, che agganciò la cella di pertinenza dell’area di casa Buoninconti-Ceste, la 2416, risultano infatti inferiori ai 4, quindi come da lui sempre sostenuto egli neanche raggiunse quel luogo. Ma veniamo alle testimonianze che provano che il Buoninconti dopo le 8.57.28 si trovava ancora vicino a casa sua, più precisamente di fronte al cancello di casa Rava: Michele Buoniconti nel verbale di assunzione di informazioni del 4 aprile 2014 a pag. 5, dopo aver riferito di aver chiamato Marilena Ceste (telefonata delle 8.55.04) dice: ‘Prendo la macchina la Peugeot 106, nel frattempo chiamo gli altri vicini, il primo dei vicini ulteriori non mi ha risposto…’. Buoninconti, sempre nello stesso verbale, a pag. 6, nel riferire il fatto si è confuso, si è ricordato sbagliandosi di aver parlato con Aldo Rava al telefono piuttosto che dal vivo: ‘Sono andato dai vicini di cognome Rava, ho anche citofonato, non hanno risposto e io sono andato via…quando al citofono non mi hanno risposto ho telefonato al fisso e chiedo loro di Elena, mi hanno riferito di non averla vista’. Buoninconti è smentito dai tabulati che ci dicono che i Rava non risposero a quella telefonata ed è smentito pure dalla loro testimonianza. Evidentemente, dato che la telefonata delle 8.57.28, come ci dicono i tabulati fu senza risposta, Michele parlò con Aldo Rava di persona che gli riferì di non sapere nulla della moglie. Non avrebbe avuto senso peraltro che Michele telefonasse ai Rava dopo averci parlato. Il perché Michele si confonda rispetto alla sequenza degli eventi di quella mattina lo spiegheremo in seguito. Vediamo in dettaglio le testimonianze dei vicini: Aldo Rava, sentito pochi giorni dopo i fatti, il 6 febbraio 2014, ha riferito agli inquirenti di aver sentito squillare il telefono fisso, di non averlo raggiunto in tempo utile per rispondere per problemi di deficit uditivo, di aver sentito suonare con insistenza il campanello della porta, di essersi affacciato alla finestra, di aver visto Michele con l'auto e che lo stesso gli aveva chiesto se avesse visto Elena (cfr., verbale si sommarie informazioni di Aldo Rava del 6 febbraio 2014 e pag. 12 dell’ordinanza di riesame). La figlia di Aldo Rava, Fiorenza Rava, sentita dai Carabinieri cinque giorni dopo la scomparsa di Elena ha riferito di aver saputo dalla madre che Michele si recò dai suoi genitori poco prima delle 9.00: ’A mia mamma lo aveva detto Michele che si era recato a cercarla a casa di mia mamma, ritengo poco prima delle 9.00’. (pag. 1, verbale di sommarie informazioni, Fiorenza Rava, 29 gennaio 2014) Anche la testimonianza dell’altra vicina, la prima contattata dal Buoninconti quella mattina, Marilena Ceste, ci conferma che Michele dopo le ore 8.57.28 si trovava ancora nei pressi di casa sua, ovvero di fronte al cancello dei Rava. Marilena Ceste ha riferito ai carabinieri: ‘Entro in casa, mi preparo un caffè, ho avviato le pulizie di casa, poco dopo ha suonato il telefono di casa era Michele…. torno alle faccende, ricordo che avevo la tazza del caffè in mano e dalla finestra ho visto Michele che parlava con i comuni vicini famiglia Rava…. rispetto alla telefonata saranno passati poco più di 5 minuti’. (pag. 3, verbale di assunzione di informazioni di Marilena Ceste del 20 marzo 2014). Non passarono più di 5 minuti, ce lo dice il caffè che la Ceste aveva in mano.

Il primo giro perlustrativo di Michele Buoniconti: Michele dopo il passaggio dai Rava fece il suo primo giro perlustrativo che durò come abbiamo visto un tempo inferiore ai 4 minuti. Egli agganciò infatti la cella di casa nella telefonata delle 9.01.48 che terminò un minuto dopo agganciando la cella di Isola d’Asti, la 2415 e tornò a casa verso la fine della seconda telefonata ad Elena, che iniziò alle 9.03.14 agganciando la cella di Isola d’Asti, la 2415, e terminò agganciando quella di casa Buoninconti- Ceste, la 2416 alle 9.04.16. Dopo le 9.04.16 Michele fece un altro giro in casa, vi tornò dopo aver pensato: ‘non ho guardato bene’, quindi decise di recarsi a Govone. Chiamò Oreste Ceste alle 9.06.59, quando ancora il suo telefonino agganciava la cella di casa, la 2416 e parlò con lui mentre in auto si dirigeva a Govone, lo si evince dai tempi di percorrenza, egli non avrebbe fatto in tempo, altrimenti, ad essere a Govone ed agganciare la cella del luogo già alle 9.10.32, dopo 2 minuti e 36 secondi dalla fine della telefonata allo zio Oreste. Al riguardo lo zio Oreste ci conferma tale circostanza, egli, a tal proposito, riferisce il 1 febbraio 2014: ‘Prima di arrivare da me mi ha chiamato sul mio cellulare e poi è arrivato subito per accendere la caldaia'. (cfr. faldone n. fg.148). Quindi si evince dai tempi di percorrenza che Michele sfruttò il tempo della telefonata per dirigersi a Govone. Nel verbale di assunzione di informazioni del 4 aprile 2014, Michele ci conferma questo dato: ‘Io quando ho chiamato Oreste ero nel tragitto Motta Govone passando per Sanmartino attraverso la cava, ho chiamato dalla macchina…’. Buoninconti andò a Govone in quanto non aveva punti di riferimento, non sapeva dove cercare. Michele, convinto che Elena fosse sulle strade percorribili dalle auto, escluse che si fosse diretta verso Costiglione in quanto non l’aveva incrociata tornando a casa, escluse dopo un rapido controllo che si fosse diretta nel senso opposto e quindi scelse Govone, a mio avviso non sbagliando, in quanto quella casa poteva essere un punto di riferimento per la moglie anche in uno stato psichico alterato. Buoninconti dopo aver acceso la caldaia, non perse tempo con lo zio, che al telefono gli era apparso confuso e continuò a cercare la moglie. Michele non si recò quindi dai Rava prima di telefonare ad Oreste Ceste alle ore 9.06.59, come sostenuto dall’accusa, ma appena dopo il termine della telefonata senza risposta al telefono fisso dei Rava delle 8.57.28. Quindi come si evince dagli orari delle telefonate, dalle corrispondenti celle telefoniche, che localizzano la posizione del Buoninconti e dalle testimonianze dei vicini, Michele quella mattina non ebbe il tempo di occultare un cadavere, tantomeno di denudarlo ed occultarlo, in quanto ebbe un tempo inferiore ai 4 minuti che non gli avrebbe nemmeno permesso di andare e tornare dal luogo dove venne ritrovato il corpo della moglie, egli, come ha sempre sostenuto, non raggiunse mai quel luogo ma si avvicinò all'area per una rapida supervisione, per vedere se non ci fossero impronte umane, convinto, purtroppo, che sua moglie non si sarebbe inoltrata nelle strade di campagna. Naturalmente, il fatto che Michele non abbia denudato ed occultato il corpo della moglie, esclude di conseguenza che egli abbia commesso un omicidio e ci spiega le telefonate ai vicini, telefonate mosse da una sincera volontà di ritrovare la Ceste e che altrimenti sarebbero state ingiustificabili. Tra l’altro, quelle telefonate fatte ai vicini sui soli telefoni fissi hanno una spiegazione logica, egli si accertò come avrebbe fatto chiunque altro, in primis, che la moglie non fosse a casa loro e Michele è credibile quando sostiene di non aver chiamato i vicini sui cellulari per non perdere tempo in inutili spiegazioni nel caso i suoi interlocutori non fossero a casa, egli infatti era agitatissimo ed iperattivo, focalizzato nella disperata ricerca di sua moglie e non intendeva perdere tempo in chiacchiere.

Il punto di vista criminologico: Da un punto di vista criminologico appare d’altronde alquanto illogico che un soggetto, subito dopo aver commesso un faticoso omicidio per asfissia, dopo aver messo il corpo della vittima in auto con notevole sforzo fisico (il tutto in pochissimi minuti) e soprattutto prima di averlo occultato, perda tempo al telefono con i vicini di casa o si diriga da loro con il cadavere in auto, dirottando la loro attenzione su di sé ed aumentando il rischio di essere visto durante l’occultamento, in specie in una zona così vicina alla sua abitazione. Tornando ai movimenti di Michele di quella mattina, egli dopo essere stato a Govone, allontanandosi da casa per pochissimi minuti, tanto che già alle 9.14.12 era sulla strada del ritorno ed il suo telefonino agganciava la cella 2415 di Isola d’Asti, tornò a casa, alle 9.22 telefonò alla famiglia Terzuolo, il suo telefono agganciò in quell’occasione la cella telefonica di pertinenza di casa sua, la 2416. Alle 9.30 si presentò a casa di Marilena e la invitò a cercare Elena a Motta e lui si diresse nuovamente verso Govone, questa volta cercando la moglie ad andatura moderata. Durante questo secondo viaggio verso Govone, all'altezza del ponte sul Tanaro, Buoninconti chiamò il padre di Elena. La telefonata al signor Franco Ceste è delle 9.33.39. Michele, dopo i primi minuti di ricerche disperate, crollò psicologicamente al telefono con lui, pianse. E’ facilmente intuibile il motivo per cui non lo avesse chiamato fino a quel momento, Buoninconti sperava di essere in grado da solo di ritrovare la moglie e di non dover avvisare i genitori di lei della sua scomparsa, vissuta tra l’altro da lui, marito, come un fallimento. Alle 9.48, Michele chiamò la sorella di Elena, Daniela Ceste. Al ritorno da Govone, Michele si recò dal parroco, incontrò Marilena e Rita in strada ed infine cercò ancora Elena in casa, questa volta con l'aiuto di Marilena. Michele, in quell’occasione, come riferito dalla testimone, cercò pure nel cofano della sua auto. Egli, avendo capito che Elena non era in sé, pensò che avrebbe potuto essersi nascosta ovunque. Michele fece cose illogiche, in quanto cercava di pensare con la testa disturbata della moglie. In ultimo, contattò il 118 e si recò dai carabinieri intorno alle 10.30. Michele da un punto di vista comportamentale ha mostrato, in occasione della scomparsa della moglie, atteggiamenti costruttivi e finalizzati a ricerche concrete, che non si riscontrano mai nei rei di omicidio. L’immediatezza nella richiesta di aiuto è un segnale di attivazione immediata, spiegabile solo con la volontà di ritrovare sua moglie, che nessun colpevole, in specie, se costui può prender tempo prima di denunciare una scomparsa, mette in atto, tantomeno prima di essersi disfatto del cadavere. Buoninconti cercò la moglie prima a casa, poi chiamò i vicini per sapere se fosse a casa loro o se l'avessero vista. Egli coinvolse in modo logico prima i vicini, poi i parenti, poi si rivolse al 118 e su suggerimento dell’operatore del 118 si diresse dai carabinieri per fare una denuncia, utile per poter richiedere informazioni ai pronto soccorso, il tutto in circa un'ora e 45 minuti di tempo, mostrandosi consapevole, che, essendo con tutta probabilità Elena nuda, si doveva far presto, e desideroso di ritrovare la madre dei propri figli, prodigandosi nel fornire a tutti più informazioni possibili, indicandola come una donna in stato confusionale, senza vestiti ed occhiali.
 
La ricostruzione dei movimenti e stato psichico di Elena Ceste la mattina del 24 gennaio 2014

L'allontanamento da casa di Elena Ceste: Elena Ceste la mattina del 24 gennaio 2014 si allontanò da casa, poco dopo le 8.15, in preda ad una crisi psicotica caratterizzata da allucinazioni uditive e da un delirio persecutorio. La donna dopo aver accompagnato i bambini ed il marito all’auto rientrò in casa, si tolse la giacca, che Michele le aveva messo sulle spalle, e premette il pulsante di apertura del cancello automatico, uscì di nuovo, si tolse gli abiti in due tempi, prima le ciabatte ed il maglione, che lasciò sul tombino di fronte alla porta di casa, quindi si avvicinò al cancello per impedire che si chiudesse, finì di denudarsi per poi allontanarsi e trovare la morte nel letto del Rio Mersa per assideramento. Elena era in preda ad un delirio persecutorio e si nascose ai suoi ‘persecutori’ proprio dove sono stati ritrovati i suoi resti. Il ritrovamento del cadavere ad una distanza ridotta dall'abitazione avvalora la tesi dell'allontanamento volontario, la Ceste percorse infatti quel tragitto in pochi minuti e la sfortuna volle che nessuno la vedesse. Per quanto riguarda gli occhiali, la donna fu capace di raggiungere il fosso pure non indossandoli essendo affetta solo da miopia. L’indagato ha raccontato nel dettaglio a familiari, inquirenti e giornalisti i sintomi che la moglie aveva cominciato a manifestare già dal pomeriggio del giorno precedente la sua scomparsa e che si erano esacerbati durante la notte, quei sintomi, ovvero un delirio persecutorio lucido, senza alterazioni dello stato di coscienza, presente già dal pomeriggio del 23 gennaio, le allucinazioni uditive, il battersi sulla fronte per scacciarle, associati al denudamento che seguì e che precedette l’allontanamento della donna da casa, ci permettono di ricostruire un quadro psicotico certo, che il signor Buoninconti non può essersi inventato.

Una severa alterazione dell'equilibrio psichico di Elena si manifestò dal pomeriggio del 23 gennaio fino al momento della sua scomparsa, cui seguì a breve la morte. Quel pomeriggio Michele trovò la moglie seduta in terra che piangeva e si lamentava di alcune persone che non la ‘lasciavano stare’ inviandole messaggi sul telefonino. Quelle lamentele di Elena furono il primo segnale di un delirio persecutorio. La Ceste non si era mai aperta con il marito fino a quel pomeriggio, quando in preda ormai al delirio, gli fece leggere i messaggi del comune amico Damiano Silipo che Michele interpretò come innocui. A questi messaggi Buoninconti non diede peso in quanto comprese che il racconto della moglie non era logico, anzi cercò di incoraggiarla e di farla ridere con il solletico (verbale di sommarie informazioni di Michele Buoninconti del 4 aprile 2014, pag. 10). A quella prima manifestazione pomeridiana psicotica del 23 gennaio, seguì un periodo di apparente tranquillità, finché il quadro sintomatologico si arricchì durante la notte delle allucinazioni uditive, voci che dicevano ad Elena che non era una buona madre e che lei tentava di scacciare picchiandosi sulla fronte, inoltre il delirio persecutorio si fece più importante, non solo ‘non la lasciavano stare’ ma i suoi persecutori erano, a suo dire, decisi a portarla via da casa, ad allontanarla dai suoi figli, il motivo ce lo spiegano le sue allucinazioni uditive che le ripetevano che ‘non era una buona madre’.

Le allucinazioni uditive: La Ceste allo scopo di allontanare le allucinazioni uditive si era picchiata ripetutamente sulla testa, tanto da arrossarsi la fronte, anche questa reazione alle allucinazioni uditive è di comune osservazione nei soggetti affetti da questo tipo di sintomi ed avvalora il racconto del marito. Durante la notte quindi, si compose un quadro classico di psicosi con totale disgregamento della personalità. Dopo quella notte ‘difficile’ la Ceste, nonostante apparisse serena, non accompagnò i figli a scuola, anche se era compito suo, perché non se la sentiva e questo fatto inusuale ed improvviso, come confermato dai bambini, è la riprova che qualcosa non andava. Quella mattina, i figli non notarono nulla di anomalo nel comportamento della madre, ella infatti non aveva manifestato evidenti segnali di ‘squilibrio’ ma pochi minuti prima che lasciassero l’abitazione, Elena, mentre i bambini si trovavano in auto, invitò il marito a non portare i figli a scuola, tornando a manifestare un delirio persecutorio, questa volta arricchitosi da idee di controllo sui figli da parte di soggetti estranei alla famiglia. Se è vero che Elena manifestò solo dal pomeriggio del 23 gennaio 2014 veri e propri sintomi psicotici, ella stava ‘covando’ una crisi psicotica già dal mese di ottobre, nonostante all'epoca la donna fosse ancora socialmente competente. Proprio in quel periodo, Elena confidò all’amica Fiorenza Rava, all’amico Giandomenico Altamura ed al parroco di Motta alcune sue paure, originate da suoi comportamenti ‘sbagliati’, ovvero dall’aver tradito il marito. Elena era convinta di essere stata ‘tradita da una vecchia conoscenza’ e di ‘essere sulla bocca di tutti’. Si inferisce dai racconti dei suoi confidenti che nella psiche della Ceste, in autunno, si erano affacciati alcuni pensieri ossessivi persecutori che sono a posteriori riconoscibili come il germe del suo delirio persecutorio manifestatosi alla fine di gennaio. I ‘confidenti’ della Ceste, a ragione, ebbero l’impressione ascoltandola che nei suoi racconti ci fosse qualcosa di anomalo, che non fossero aderenti alla realtà (lo vedremo in seguito più in dettaglio analizzando le loro testimonianze). Buoninconti era all’oscuro sia dei tradimenti che di quelle confidenze che nessuno gli aveva riferito, egli dice la verità quando afferma di non essersi accorto, prima del pomeriggio del 23 gennaio, del disagio della moglie.

I tradimenti e le angosce di Elena Ceste: A Michele, Elena nascose i tradimenti ed anche le angosce che le avevano provocato, fino a poche ore prima della scomparsa. Le psicosi sono una patologia psichiatrica molto comune, ad eziologia multifattoriale, a modalità di esordio variabile, che si differenzia da soggetto a soggetto per sintomatologia, gravità e prognosi. L’età d’insorgenza è variabile e colpisce dall’1 al 2% della popolazione, senza distinzione tra i sessi. La crisi psicotica è evidentemente un disturbo psichico molto comune, spesso definito volgarmente ‘esaurimento nervoso’. Un soggetto affetto da psicosi necessita di una terapia specialistica, nel caso una crisi si risolva spontaneamente, facilmente recidiva se il soggetto non viene sottoposto a terapia farmacologica. Soggetti diversi sviluppano crisi psicotiche caratterizzate da un diverso ‘set’ di sintomi. I sintomi delle psicosi possono essere grossolanamente suddivisi in due categorie, sintomi ‘positivi’ e ‘negativi’ e non è necessario, per giungere ad una diagnosi, che si manifestino tutti nel solito soggetto. Tra i sintomi ‘positivi’ si riscontrano: disturbi della forma del pensiero (alterazioni del flusso ideativo, incoerenza, alterazioni dei nessi associativi, eloquio disorganizzato), disturbi del contenuto del pensiero (deliri), disturbi della senso percezione (dispercezioni ed allucinazioni uditive, visive, olfattive, tattili, cenestetiche, gustative) e disturbi comportamentali di tipo disorganizzato (movimenti bizzarri e denudamento). Tra i sintomi ‘negativi’ possono comparire sintomi autistici, catatonia o isolamento. Come appena accennato le modalità d’esordio della psicosi sono variabili da soggetto a soggetto, prima della vera e propria crisi psicotica possono manifestarsi i cosiddetti prodromi o precursori, come: cambiamenti di umore, ritiro sociale, pensieri ossessivi e ritualità comportamentali, segnali difficilmente riconoscibili come clinicamente rilevanti all’occhio inesperto di un familiare e spesso perfino a quello più esperto di un medico di base, ma indici comunque di un esordio subacuto della crisi.

Stato psicotico e comportamenti pericolosi (suicidio): Elena come abbiamo visto in precedenza manifestò, alcuni mesi prima della crisi psicotica vera e propria, i cosiddetti prodromi, ovvero un profondo disagio emotivo e pensieri ossessivi specifici con neppur troppo sfumate idee di riferimento. Lo stato psicotico è una condizione che provoca la perdita del contatto con la realtà e proprio per questo conduce frequentemente a comportamenti anomali ed a causa dell’assenza di critica dovuta alla compromissione intellettiva, a volte pericolosi. I soggetti in preda al delirio ed alle allucinazioni possono mettere in atto comportamenti imprevedibili di tipo grossolanamente disorganizzato, ovvero condotte strane, con carattere d’impulso, immotivate, irrazionali, inutili, insensate, assurde, tra queste si riscontrano smorfie, stereotipie, automatismi verbali, fughe senza meta, denudamento, suicidio e delitti senza scopo (Ugo Cerletti, psichiatra, Scritti sull’elettroshock, Roberta Passione, Franco Angeli Editore). Il denudamento di Elena che precedette la sua fuga da casa, rientra semplicemente tra le anomalie del comportamento che possono manifestarsi nei soggetti psicotici. Ogni crisi psicotica, seppur imprevedibile, ha un motivo scatenante, un cosiddetto ‘trigger’ o innesco. La Ceste aveva tradito il marito, per questo motivo si sentiva in colpa e temeva delle ripercussioni.

Elena viveva da qualche mese un conflitto manifesto causato dal contrapporsi di esigenze interne contrastanti, un conflitto tra i suoi desideri e le sue esigenze morali, da questo conflitto hanno avuto origine i suoi sintomi. I contenuti sia del suo delirio che delle sue allucinazioni uditive ci mostrano i motivi scatenanti della sua crisi psicotica, le ‘voci’ che le dicevano che non era una ‘brava madre’, il delirio persecutorio per cui temeva di essere allontanata da casa e che le portassero via i figli, furono evidentemente prodotti del suo senso di colpa. Su questo sensibile terreno il vero motivo scatenante, il trigger, ciò che più specificamente scatenò la crisi della Ceste, furono i numerosi messaggi ricevuti da Damiano Silipo il giorno 20 gennaio, che la donna visse in modo persecutorio, attribuendo agli stessi un significato abnorme, e che mostrò al marito proprio nel pomeriggio del 23 gennaio dicendo lui: ‘Non mi lasciano stare’, contribuirono inoltre a scatenare la crisi anche il tentativo di contattare Elena fatto dal Silipo il giorno 21 gennaio, quando il telefono della donna era in mano a Buoninconti ed un ulteriore messaggio del giorno 23 gennaio.

Il delirio persecutorio: Dai racconti di Michele fatti al giornalista di Chi l’ha visto ed andati in onda nella puntata del 26 febbraio 2014 si evince che la Ceste il pomeriggio del 23 gennaio era in preda ad un delirio persecutorio: ‘Che mia moglie avesse dei problemi non me ne sono mai accorto perché non mi ha mai dato dimostrazione e quel giovedì, il giovedì (23 gennaio 2014) prima che scomparisse, verso tardo pomeriggio salgo sopra e trovo mia moglie accovacciata lì tra la cucina e il soggiorno e c'era mia figlia piccola vicina e lei stava piangendo, mia moglie e chiedo: Cosa è successo? E lei mi dice: Non mi lasciano stare. Ho detto: Ma come, chi è che non ti lascia stare? Fammi capire! Non mi lasciano stare, non mi lasciano stare, non mi vogliono lasciar stare! E mi fa vedere il telefonino, mi ha fatto, mi ha messo lei la videata dei messaggi e c’era un elenco di messaggi fatti nell'arco della giornata dalla stessa persona, erano messaggi cheee mmm… all'inizio non ho, non ho pensato male perché erano come se un amico volesse consolare un’amica, c’era scritto: Ti voglio bene, perché non mi chia.. Perché non mi rispondi al telefono? E poi c’era addirittura una che diceva: Perché non rispondi, se mi hai cercato tu? E’ perché ti senti sola ed hai bisogno di parlare. E poi un altro: Ci vediamo al solito posto. Vedendo…. è il papà del compagno di mio figlio… ho cominciato a pensare questo, infatti gli ho chiesto spiegazioni a mia moglie, ho detto ma guarda un po’ questi messaggi, tra questo messaggio e quest’altro ci manca un nesso, perché lui per farti il secondo messaggio, tu gli hai risposto al primo e ho detto: Fammi vedere anche i tuoi messaggi. Ha detto lei: Ma non ci sono, sono gli altri che li fanno al posto mio. Ho detto: Ma come gli altri li fanno al posto mio? Gli (le) ho chiesto: Gli altri chi? Perché poi la faccenda dei messaggi, ho visto che mia moglie non collaborava, ho lasciato perdere, ho detto, perché dopo lei si è rasserenata e abbiamo fatto cena tutto, io mi son visto Don Matteo, lei è venuta a stirare di qua…’. Dai racconti di Michele al giornalista di Chi l’ha visto andati in onda nella puntate del 12 febbraio e del 19 febbraio 2014 si comprende invece che Elena la notte tra il 23 ed il 24 gennaio era in preda ad una crisi psicotica caratterizzata da un delirio persecutorio e da allucinazioni uditive: ‘Durante la notte lei si sveglia e mi sveglia anche a me. Io dico: Come mai non riesci a dormire? Perché lei era seduta lì sul letto e mi teneva scoperto, io avevo freddo, sono stato costretto a svegliarmi, gli chiedo: Cosa hai? E lei dice: Ho delle voci in testa che non, non mi lasciano stare. E ho detto: Quali voci hai? Eh, dicono di me che sono una cattiva mamma e mi fa proprio direttamente a me, dice: Sono io una cattiva mamma? Ed allora io più che rasserenare cosa posso fare? Dico: Ma come Elena, come puoi dire una cosa del genere? E poi chi lo pensa una cosa del genere? Perché tu mamma di 4 figli puoi mai essere una cattiva mamma?! Così riesco a rassicurala, me la tiro verso di me, me la faccio stare un po' sul petto, l'accarezzo, la coccolo, finché lei riesce a rilassarsi e ci addormentiamo in due. E adesso che mi ricordo nella notte quando lei mi parlava di tante cose, lei ha specificato anche: Non permettere che mi portino via, dove vado? Dove posso mai andare io? E io gli ho detto: Ma chi ti fa andare via?
 
Questa e' la tua casa, nessuno ti caccia via….’. Nei racconti di Michele al giornalista di Chi l’ha visto andati in onda nella puntata del 26 febbraio 2014 si evincono altri dettagli della crisi psicotica notturna di Elena: ‘… la notte avevo freddo verso le 2 di notte, 2 e mezzo potevano essere adesso con precisione non mi ricordo co… esattamente e sentivo freddo e mi sono tirato una volta le coperte addosso e di nuovo me le sono tirate un’altra volta, al che dopo un po’ ti svegli e ho visto mia moglie ed era lì seduta sul letto, ho detto: Cosa fai? perché mi scopri? E lei si batteva in fronte, addirittura gli avevo visto che qui s'era fatta rossa, ho detto: Ma cosa stai facendo? Ha detto: Le voci che mi tormentano. Ho delle voci che mi tormentano in testa’. Il mattino del 24 gennaio, Michele credette che Elena avesse superato la crisi notturna, in realtà ella appariva serena ma non lo era, poco prima che Michele accompagnasse i bambini a scuola ella tornò a delirare, inserendo nel suo delirio un altro elemento persecutorio, il timore che le controllassero i figli. ’.. al mattino quando l’ho vista che mi è venuta a chiamare era be.. era già vestita tutta, l’ho guardata una faccia serena, ho detto: Ah, è stato un incubo, meno male mia moglie è serena, è stato solo un incubo. Poi dopo la colazione i bambini hanno iniziato a scendere giù uno per volta, hanno iniziato a mettersi in macchina e io nel frattempo scendevo anch’io per portarli a scuola e lei mi ha seguito ed ha iniziato di nuovo a dirmi: Lasciali a casa i bambini, non li portare a scuola. Lasciali a casa, non li portare a scuola. Ho detto: E perché non devo portarli a scuola? Non devi portarli a scuola perché ce li controllano, perché loro hanno messo cose brutte su di me e adesso vogliono condizionare i nostri bambini, ce li controllano, sì, perché i nostri bambini ce li vogliono controllare, vogliono portarli lontano da me’ (Chi l’ha visto, intervista a Michele Buoninconti in onda nella puntate del 12 febbraio e del 19 febbraio 2014). Nel verbale di assunzione di informazioni del 4 aprile 2014, pag. 10, Michele ha riferito che, quella notte, Elena ‘continuava nel dire sono sulla bocca di tutti, mi meraviglio che tu non lo sappia, ne parla tutto il mondo…. Parlava del fatto che le fosse stata clonata l’identità del computer’, il suo racconto è credibile, egli ha riportato agli inquirenti frasi della moglie che ella aveva già riferito ai suoi ‘confidenti’ nel mese di ottobre, i quali non si erano mai confrontati su quei temi con Michele. Evidentemente, come abbiamo già detto, quelle paure di ottobre non erano altro che pensieri ossessivi specifici, prodromi del suo delirio persecutorio di gennaio. Probabilmente, ancora prima del pomeriggio del giorno precedente la sua scomparsa erano tornati a manifestarsi nella mente della Ceste quei pensieri ossessivi che l’avevano afflitta nel mese di ottobre, in quanto già il 22 gennaio l’amica Fiorenza si era accorta che qualcosa turbava Elena.

Il racconto di Fiorenza Rava: La signora Fiorenza Rava ha riferito agli inquirenti alcune sue osservazioni sulle condizioni di Elena quel giorno, due giorni prima della sua scomparsa: ‘Ricordo molto bene e me lo porterò dietro per sempre, l’espressione di Elena quel mattino del 22 gennaio in cui essendomi recata a casa loro per l’acquisto delle uova, Michele mi aveva accolto a casa, era andato a recuperare le uova nel pollaio ed il tempo del confezionamento nei contenitori, ricordo che Elena si era affacciata dalle scale e mi era apparsa con una espressione magonata. Più timida e schiva, solo come se avesse bisogno di dirmi qualcosa e si sia trattenuta anche dal pianto: in effetti io dopo aver preso le uova ho salutato Michele che stava tornando in cortile alle ordinarie sue occupazioni e mi sono congedata da Elena che è salita nuovamente in casa, salutandomi sommessamente. Non la avevo mai vista così prima, tanto è vero che tornando a casa di mia madre ricordo di averglielo subito raccontato. Non so dire di più ma quella sua espressione di tristezza, mista a malinconia mi è rimasta nel cuore’ (pag. 1, verbale di sommarie informazioni di Fiorenza Rava del 15 dicembre 2014). In un’intervista, andata in onda durante la trasmissione Chi l’ha visto del 9 aprile 2014, la signora Fiorenza Rava, riguardo a quel 22 gennaio, ha dichiarato: ‘Io ero andata su per prendere le uova, c’era Michele, me le ha date lui e nel frattempo Elena scende le scale e io ho avuto impressione che fosse magonata, che avesse voglia di piangere, che avesse voglia di dirmi qualcosa, io non ho osato non avevo.. non ho nessun diritto di chiederle sue cose private e ci siamo lasciate così, che adesso col senno di poi potevo chiedere, dovevo chiedere, invece non ho osato’. Sempre nella stessa puntata di Chi l’ha visto, del 9 aprile 2014, è andata in onda un’intervista a Michele Buoninconti che riguardo a quell’episodio ha dichiarato: ‘Io non ho notato niente quel giorno lì, infatti le lo ho lasciate da sole e io sono, mi sono anche allontanato, quando quella persona lì, se quella persona lì aveva notato qualcosa visto che erano amiche, perché non si è soffermata un attimo? Perché adesso è facile dire: E io l'ho vista strana…'.

Nell’ordinanza di applicazione della misura coercitiva alle pagine 58 e 59 si legge: ‘Riguardo a quel giorno Fiorenza Rava notava Elena Ceste particolarmente scossa e bisognosa di conforto. La testimone conserva il ricordo di una donna pronta a commuoversi, sino al sopraggiungere di Michele Buoninconti che con il suo arrivo aveva bloccato ogni confidenza, riferendo di aver percepito nella persona offesa descritta come tesa e preoccupata, il senso di forte disagio’. Elena in realtà appariva frenata dalla presenza del marito poiché a lui aveva nascosto ciò che in precedenza aveva confidato alla Rava, ed intendeva farlo ancora. La Ceste non aveva motivo di temere Michele, si bloccò solo perché non voleva che il marito venisse a conoscenza delle sue infedeltà. La signora Fiorenza Rava aveva ricevuto nel mese di ottobre delle confidenze da parte di Elena che non avevano di sicuro come soggetto Buoninconti e la Ceste mai si era lamentata con lei dei comportamenti del marito, né lo aveva fatto con l’amico Giandomenico Altamura, in quel periodo ella aveva riferito soltanto, sia a Fiorenza che a Giandomenico, di aver sbagliato, di essere stata tradita da una persona che credeva amica e di essere sulla bocca di tutti. Quindi nonostante i sintomi durassero da ore, sebbene con periodi di interruzione, Michele sottovalutò le difficoltà di Elena nella speranza che non fosse altro che una crisi passeggera, un momento di stress che la faceva farneticare, ma che sarebbe passato, assumendo un atteggiamento tipico della maggior parte dei familiari che tendono a negare la malattia psichiatrica per paura e per la difficoltà a riconoscerne i sintomi. Il perché Elena si allontanò non appena i suoi familiari lasciarono l’abitazione, lo abbiamo già accennato e si spiega facilmente, i comportamenti dei soggetti psicotici sono conseguenza delle loro idee deliranti o reazioni alle loro allucinazioni che, influenzandone il pensiero, indirizzano di conseguenza i loro atti, che proprio per questi motivi sono anomali. Il suo allontanamento non fu altro che una risposta comportamentale al suo convincimento delirante. I deliri hanno contenuti strettamente legati all’esperienza soggettiva di chi li manifesta. Elena aveva tradito Michele e la paura di venir scoperta, il timore di alterare l'equilibrio familiare, il senso di colpa per aver commesso un atto reprensibile, il rimorso ed un senso diffuso di indegnità personale che l’affliggevano, si manifestarono inizialmente (ottobre) con pensieri ossessivi ed in seguito con un quadro psicotico completo caratterizzato da allucinazioni uditive, da un delirio persecutorio e da disturbi comportamentali quali il denudarsi e l’allontanarsi da casa per nascondersi.

La notte precedente la scomparsa: La Ceste, la notte precedente la scomparsa, riferì a Michele di temere che la portassero via, ella quella mattina prese delle misure preventive nei confronti di coloro che avrebbero voluto, a suo avviso, portarla via di casa, cercò di impedire ai suoi persecutori immaginari di compiere ciò che credeva le avrebbero fatto ed a tal scopo si nascose nel Rio Mersa.

La sfortuna di Elena Ceste furono le basse temperature, se fosse stata primavera o estate, la donna con tutta probabilità sarebbe stata avvistata dai contadini nei campi nei giorni seguenti alla sua fuga, mentre purtroppo quel giorno ella si assopì a causa del freddo e poi morì per assideramento. Elena quella mattina si denudò e reagì al suo delirio persecutorio, prese un'iniziativa, nel timore di venir portata via da casa, scappò e si nascose ai suoi 'inesistenti' persecutori nel greto di quel fiumiciattolo, inconsapevole, a causa della sua condizione psichica, che le indusse un profondo distacco dalla realtà, che il freddo avrebbe avuto il sopravvento su di lei. La Ceste non desiderava morire, solo nascondersi. Proprio il ritrovamento del corpo nudo ad una distanza ridotta dall’abitazione e la sede stessa, avvalorano l’ipotesi dell’allontanamento volontario. Il luogo in cui sono stati ritrovati i resti della donna, sarebbe risultato infatti estremamente indaginoso da raggiungere ad un soggetto deciso ad occultare un cadavere, ma ben più semplice da raggiungere da un soggetto allo scopo di nascondersi deliberatamente. Ad accreditare l’ipotesi che la Ceste soffrisse di psicosi, come abbiamo accennato in precedenza, non sono solo i racconti di Michele di quell’ultima notte passata insieme, ma anche quelli della signora Fiorenza Rava, conoscente di Elena, del parroco di Motta di Costiglione don Roberto e dell’amico della Ceste, Giandomenico Altamura, i quali hanno riferito ad inquirenti e giornalisti di alcuni contatti verbali che ebbero con la Ceste nei mesi che precedettero la sua scomparsa. I tre, nel mese di ottobre ricevettero delle confidenze da parte di Elena, la donna riferì a queste persone di essere preoccupata per le ripercussioni di un suo comportamento ‘sbagliato’. Giandomenico Altamura ha raccontato ai giornalisti i contenuti di un colloquio telefonico con la Ceste, in questi termini: ‘…qualcuno che la voleva infangare, che voleva screditarla, parlava di un amico di vecchia data, una mia vecchia conoscenza ripeteva Elena e aggiungeva che questa persona diceva di avere delle cose da dire, forse delle cose da poter fare come se potesse dire al marito di Elena chissà quali cose….Elena era convinta che il marito sapesse ma non ho mai capito cosa cavolo sapesse perché lei non me l'ha mai spiegato ma lei era certa che il marito sapesse, che tutti sapessero, una volta mi ha detto che quando inviava un messaggio col suo telefonino a me, contemporaneamente quel messaggio arrivava al marito, al cellulare del marito le ho detto forse c'è qualcosa che non va nella tua testa non so perché se è come dici tu basta che prendi il cellulare di tuo marito e vedi che messaggio c'è, ma lei glissava e continuava a ripetere: Mio marito sa, lui sa! E poi era certa che qualcuno era entrato nel suo account di Facebook e che qualcuno la seguisse, sono stata infangata continuava a ripetere. Ma da chi? Le avrò chiesto mille e cinquecento volte, me lo dici da chi? E su cosa ti infangano? Ma lei glissava, c'è gente cattiva, ripeteva, persone che conosco, un amico di vecchia data continuava a ripetere… era molto agitata’(puntata di Chi l’ha visto del 9 aprile 2014). Elena confidò verso la fine di ottobre le sue preoccupazioni anche al parroco di Motta di Costiglione e lui le ha riferite il 12 marzo ad una giornalista di Chi l’ha visto in questi termini: ‘La cosa sorprendente è che tanto più sembra che lei dicesse a varie persone questa cosa, che era sulla bocca di tutti e quanto che le persone più vicine sembra non ne sapessero un granché. E quindi chi ci capisce, è difficile sapere quanto ci fosse di reale e quanto ci fosse di non so, se un senso di colpa o qualcosa del genere… nell'incontro che abbiamo avuto una volta si vedeva che era così, un po' spaventata o che aveva qualche cosa così, però io era la prima volta che la vedevo, quindi non sapevo nulla di lei fino a quel giorno…è stata molto vaga e io non ho voluto, visto il clima, visto la sensazione che c’era, ho cercato di tranquillizzarla in una forma un po’ generica. Quando c’è una persona che è un po’ più spaventata di quello che di solito potrebbe essere, però senza indagare tanto sulle cose e anche perché immaginavo che successivamente avremmo avuto occasione magari di vedersi di nuovo…’.




ELENA CESTE: COME SI METTE PER MICHELE BUONINCONTI?

di Angelo Barraco

Resta in carcere Michele Buoninconti, marito di Elena Ceste, la donna scomparsa da casa il 24 gennaio dell’anno scorso e poi ritrovata cadavere a ottobre, in un canale vicino casa. Lo ha deciso il Tribunale del Riesame che ha respinto la richiesta di scarcerazione avanzata dagli avvocati dell’uomo.Giacomo Marson, il Gip che ha respinto la richiesta, ha spiegato in 80 pagine di provvedimento quali sono stati i motivi che hanno indotto Michele ad uccidere Elena. Il riesame esclude l’aggravante della premeditazione in favore di un delitto d'impeto. Ai legali di Michele Buoninconti, adesso, non rimane altro che aspettare le motivazioni del Riesame. Michele Buoninconti è detenuto presso il carcere di Quarto d’Asti dal 29 gennaio sebbene sia stato iscritto nel registro degli indagati poco dopo il rinvenimento del corpo della moglie, lo scorso 20 ottobre, trovata cadavere completamente nuda, in un canale di scolo non lontano dalla propria casa.




ELENA CESTE: MICHELE BUONINCONTI RESTA IN CARCERE

di Angelo Barraco

Michele Buoninconti, indagato per omicidio premeditato e occultamento di cadavere resta in carcere. L’uomo è accusato di aver ucciso la moglie Elena Ceste, ufficialmente scomparsa nel gennaio 2014 e ritrovata cadavere il 18 ottobre scorso a pochi chilometri da casa e per pura casualità nella tranquilla Costigliole D’Asti. I suoi avvocati, Chiara Girala e Alberto Masoero hanno chiesto la scarcerazione del loro assistito in quanto ritennero eccessiva la misura cautelare attuata nei riguardi del Buoninconti. Il Gip Giacomo Marson, invece, ha respinto tale richiesta. I quattro figli sono stati affidati ai nonni materni dal Tribunale dei Minori di Torino che ha imposto il divieto assoluto di vedere il padre. Michele Buoninconti, attualmente, si trova detenuto presso il carcere di Quarto d’Asti, divide la cella con un altro detenuto e ha la possibilità di carpire le informazioni esterne tramite giornali e tv.