PALERMO: EX IMPIEGATA INPS "INVALIDA" A SPASSO COL CANE

Redazione

Palermo – Doveva essere su una sedia a rotelle, invece era spasso con il cane. E' una messinese 63enne, residente a Forli', pensionata ed ex dipendente dell'Inps, la falsa invalida alla quale la Guardia di Finanza di Forli' ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari emesso dalla Procura per truffa aggravata ai danni dell'istituto previdenziale, ex datore di lavoro della donna.

  Da dieci anni percepiva circa 500 euro al mese (oltre alla pensione di anzianita') perche' nel 2002, riconosciuta "invalida con totale e permanente inabilita' lavorativa 100% e con impossibilita' di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore", era stata mandata in pensione con la concessione dell'indennita' di accompagnamento. Quantificato un danno di 60.000 euro. Nel corso degli anni la donna era riuscita a trarre in inganno i medici nel corso delle diverse visite di controllo presentandosi sulla sedia a rotelle elettrica perche' impossibilitata a camminare, adducendo sintomatologie dolorose che le impedivano di alzarsi dal letto da sola, dichiarando di avere bisogno continuamente dell'assistenza di un accompagnatore per svolgere le attivita' quotidiane, dal lavarsi al prepararsi da mangiare. Le indagini, coordinate dal procuratore di Forli' Sergio Sottani, e dal sostituto Lucia Spirito, erano state avviate a marzo con appostamenti, pedinamenti e videoriprese e hanno consentito di appurare che la signora utilizzava la sedia a rotelle elettrica per uscire di casa solo negli orari "d'ufficio", quando maggiore poteva essere la possibilita' di essere vista. Alle 6 del mattino o dopo le 23 era solita invece passeggiare tranquillamente sotto casa. Quando i finanzieri si sono avvicinati mentre era a spasso con il cagnolino, per invitarla in caserma, la signora, visibilmente imbarazzata, ha dichiarato di avere una patologia che le consentiva di poter camminare soltanto in alcune ore della giornata e in particolare la mattina presto o la sera.
  Per anni la donna, prima di andare in pensione aveva lavorato all'Inps proprio nell'ufficio che si occupava delle pensioni di invalidita'. Ed e' proprio questo particolare, come lei stessa ha dichiarato ai militari, che le consentiva di "conoscere bene gli ambiti" per questa tipologia di pensioni. 




PALERMO: FURTO ENERGIA ELETTRICA, 6 ARRESTI

Redazione

Palermo – Luce gratis, o quasi, alla "Marinella". E' stato necessario procedere a controlli e riscontri, audizioni e testimonianze di residenti ma, alla fine, la Polizia di Stato, grazie anche ai rilievi tecnici di personale Enel, ha tratto in arresto, in regime domiciliare 6 persone e ne ha denunciata una settima per il reato di furto di energia elettrica.

Alle sette persone, capifamiglia di tutti i nuclei familiari occupanti una palazzina del quartiere "Marinella", in via Giulio Verne, il Commissariato P.S. "S.Lorenzo" ha contestato il reato di furto aggravato di energia elettrica .

Tutti e sette i nuclei familiari sono risultati non in regola, seppur secondo modalità diverse, con la fornitura Enel: quattro su sette sono risultati formalmente non intestatari di fornitura ma beneficiari grazie ad allacci abusivi, i rimanenti tre, invece, è risultato abbiano manomesso i contatori loro intestati, alterando il rapporto tra kilowattora consumati e dichiarati, in un rapporto di 100 a 13 .

Grazie ad artifici e raggiri, presumibilmente realizzati dalla sapiente mano di compiacenti elettricisti, gli occupanti della palazzina hanno fruito indebitamente di energia elettrica in un ampio lasso di tempo la cui forbice, da caso a caso, oscilla dai due mesi ai cinque anni .

Secondo un primo sommario calcolo il danno arrecato all'Enel ammonterebbe a circa quarantamila euro.

I componenti dei nuclei familiari che hanno assunto su di sé la responsabilità degli allacci abusivi o taroccati hanno pienamente confermato gli esiti dei riscontri Enel ed hanno raccontato ai poliziotti di essere stati spinti all'illecita condotta dalla necessità economica.

Il caso scoperto alla "Marinella" è l'ennesimo di un fenomeno che ormai registra dati di punta in svariati quartieri cittadini e che vede impegnata la Polizia di Stato, in modo sistematico, unicamente a personale Enel.




PALERMO, LASCARI: SEQUESTRATA MASSERIA DEL '500

Redazione

Palermo – Agenti della Polizia di Stato in servizio presso il Commissariato di P.S "Cefalu", hanno sequestrato questa mattina il complesso di Torretonda, sito nella contrada omonima, a pochi chilometri dalla costa tirrenica, tra Capo Plaia e la foce del torrente Piletto,che comprende un baglio e una torre della seconda metà del Cinquecento.

La struttura, riconosciuta come bene di interesse storico e monumentale, versa in uno stato di assoluto degrado. Alcune strutture sono crollate, molte testimonianze artistiche sono state irrimediabilmente compromesse. La masseria, all'interno della quale si trova la chiesa di san Francesco Saverio, è inserita in un fondo di grandi dimensioni nel territorio di Lascari, appartiene alla Fondazione Mandralisca di Cefalù, ma viene da molti anni gestita da due conduttori che sono stati ora denunciati per varie ipotesi di danneggiamento di beni di interesse storico e artistico e di luoghi di culto.

La Fondazione tenta da tempo di recuperare la disponibilità dell'intero fondo e contesta la legittimità del titolo in base al quale i due conduttori sono subentrati al padre, morto nel 1987, nella titolarità di un contratto di affitto agrario. La controversia non è stata mai definita. Malgrado numerose richieste di rilascio del fondo, i conduttori hanno continuato ad usare il baglio come un magazzino e come struttura di supporto della produzione agraria. Per fermare il degrado la Fondazione Mandralisca ha ora chiesto interventi urgenti. I poliziotti, del Commissariato di Polizia di Cefalù, diretto dal Vice Questore Aggiunto, dott. Manfredi Borsellino, hanno dato corso alle segnalazioni con il sequestro della masseria e della torre.

Alcuni locali sono risultati pericolanti, altri corpi dell'edificio sono stati trovati in pessime condizioni oppure adibiti ad un uso (deposito di prodotti agricoli, ricovero di attrezzature e di derrate, allevamento di galline) incompatibile con la natura del bene tutelato con un decreto dell'assessorato regionale ai Beni culturali del 1999. Il caso viene seguito dalla Procura della Repubblica di Termini Imerese, informata anche dalla Soprintendenza ai Beni culturali e ambientali di Palermo. Il Baglio Torretonda era una delle residenze del barone Enrico Pirajno di Mandralisca, un colto mecenate dell'Ottocento che ha lasciato tutti i suoi beni tra i quali il celebre Ritratto d'uomo di Antonello da Messina alla Fondazione e al museo creato nella sua casa di Cefalù. Il Baglio fu restaurato e ampliato nel Settecento. Fu sistemato il piano nobile, poi affrescato, secondo lo stile dell'epoca, con temi naturalistici.

I soffitti e le stanze furono affrescati con motivi floreali, le sale vennero pavimentate con maiolica policroma. Nella chiesetta di san Francesco Saverio, pure affrescata, sono state fino a un certo punto celebrate cerimonie religiose e perfino alcuni matrimoni di casa Mandralisca. Ora è la struttura in oggetto è risultata usata come deposito di prodotti agricoli. Negli ultimi tempi era cresciuto l'allarme per lo stato del complesso, uno dei siti più suggestivi e carichi di storia della provincia di Palermo. La Fondazione ha infatti segnalato che alcuni locali sono stati interessati da crolli, in alcuni punti sono state riscontrate lesioni nelle murature, i controsoffitti sono stati trovati in condizioni di disfacimento. Così era ridotto l'unico bene di interesse storico e artistico del territorio di Lascari.




PALERMO, "COSA NOSTRA": MAXI OPERAZIONE DI CARABINIERI, POLIZIA DI STATO E GUARDIA DI FINANZA.

Redazione

Palermo – Dalle prime ore del mattino è in corso una vasta operazione antimafia nell’area occidentale del capoluogo siciliano. Carabinieri, Polizia di Stato e Guardia di Finanza di Palermo stanno eseguendo una novantina di provvedimenti restrittivi nei confronti di “uomini d’onore” dei mandamenti mafiosi di Resuttana e San Lorenzo, in quanto ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento ed altro.

Le indagini, coordinate dalla D.D.A. di Palermo, hanno consentito di ricostruire l’organigramma dei mandamenti individuandone capi e gregari degli ultimi anni, di accertare la capillare e soffocante pressione estorsiva esercitata da “cosa nostra” in danno di numerose imprese edili ed attivita’ commerciali nonche’ di  riscontrare il diffuso condizionamento illecito dell’economia locale. Sequestrati complessi aziendali per svariati milioni di euro.

PALERMO: OPERAZIONE “APOCALISSE”
AZZERATI MANDAMENTI MAFIOSI DI SAN LORENZO/TOMMASO NATALE E RESUTTANA.

Nelle prime ore di questa mattina, il Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri, il Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza e la Squadra Mobile della Questura di Palermo, hanno eseguito 95 misure cautelari, emesse dal G.I.P. del Tribunale di Palermo, Dott. PETRUCCI, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, di Palermo, a seguito di indagini coordinate dalla stessa, nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti responsabili di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti, fittizia intestazione di beni, riciclaggio, reimpiego di denaro proveniente da delitto, illecita concorrenza con violenza o minaccia, detenzione illegale di armi e munizioni e reati di natura elettorale.
Nello specifico, dei 95 indagati, 78 sono destinatari di ordinanza di custodia cautelare in carcere, 13 di ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, 2 di obbligo di dimora, 1 di divieto di dimora e 1 di obbligo di presentazione alla P.G.
Nello stesso contesto si stanno eseguendo otto provvedimenti di sequestro preventivo di imprese, intestate a prestanome, ma riconducibili ad elementi di spicco di “Cosa Nostra”.
L’operazione, denominata “Apocalisse”, sta infliggendo un durissimo colpo ai due mandamenti mafiosi palermitani di “Resuttana” e “San Lorenzo/Tommaso Natale”, già colpiti negli ultimi anni da svariate operazioni, ma costantemente interessati da tentativi di riorganizzazione intorno a figure carismatiche come quella di Girolamo BIONDINO, fratello di quel Salvatore a suo tempo tratto in arresto in occasione della operazione che pose fine alla latitanza di Salvatore RIINA.
L’indagine “Apocalisse”, così chiamata da uno degli indagati che, nel corso di una conversazione intercettata dagli investigatori, che prevedeva il proprio arresto unitamente  i propri sodali, partendo dalle basi e salendo fino ai vertici, ha consentito di ricostruire gli attuali organigrammi dei due mandamenti mafiosi facendo emergere i ruoli dei singoli affiliati e le dinamiche che hanno portato all’acquisizione dei vari incarichi e documentando la pianificazione e l’esecuzione di quei delitti funzionali sia ad aumentare la forza di intimidazione del vincolo associativo, sia ad alimentare le casse delle varie famiglie mafiose.

LE DINAMICHE CRIMINALI ALL’INTERNO DEL MANDAMENTO DI RESUTTANA.
 
Le indagini sono state realizzate coniugando l’uso della tecnologia, di tecniche investigative tradizionali e di strumenti finalizzati alla ricostruzione dei patrimoni illeciti dei sodali.
Le acquisizioni nei pressi dei luoghi frequentati da INTRAVAIA Gioacchino e FRICANO Giuseppe, che, in una prima fase, gestivano insieme il mandamento di Resuttana, consentivano di decriptare le vicende che convulsamente si susseguivano nella prima parte del 2012. Si evinceva che, in quel periodo, la struttura della consorteria di Resuttana non rispettava il classico assetto dei sodalizi mafiosi, caratterizzati da una chiara e definita ripartizione dei ruoli, risultando connotata da una forte instabilità. La decimazione degli affiliati, a seguito delle operazioni condotte dalle Forze di Polizia negli ultimi anni, aveva costretto il FRICANO ad arruolare una serie di soggetti che non avevano alcun legame con quel territorio, in quanto affiliati a famiglie mafiose di altri mandamenti, e che spesso non risultavano affidabili (c.d. “drogati” o “scappati di casa”). Il continuo inserimento di tali soggetti nelle fila della famiglia e la loro successiva estromissione è stato uno dei fattori principali di tale instabilità che ha generato, a sua volta,  una serie di profondi attriti tra i due coreggenti.
Gli attriti tra FRICANO e INTRAVAIA, nel mese di marzo 2012, generavano una frattura insanabile, culminata addirittura in uno scontro fisico che veniva ripreso dalle telecamere e dalle microspie installate dagli operatori in via Corleo. Da tale momento in poi l’INTRAVAIA tenterà di far prevalere la propria leadership rispetto a quella del FRICANO costituendo di fatto, anche se transitoriamente, uno schieramento mafioso a sé stante. Di tale schieramento faceva parte anche PILLITTERI Michele il macellaio, soggetto a capo di un gruppo di affiliati che capillarmente imponevano le estorsioni agli esercizi commerciali presenti sul territorio. Ben presto, però, il FRICANO avrà la meglio sull’INTRAVAIA. Egli, infatti, nonostante fosse stato inserito solo nel recente periodo tra le fila del sodalizio mafioso, oltre a vantare una parentela con il capo storico del mandamento di Porta Nuova, Pippo CALO’, poteva contare sui buoni rapporti che intercorrevano con MATASSA Filippo, reggente della famiglia dell’Acquasanta, e, soprattutto, su una particolare liaison con colui il quale, in quel periodo storico, era ritenuto il mafioso più influente all’interno di Cosa Nostra palermitana, D’AMBROGIO Alessandro, reggente del mandamento di Palermo Porta Nuova. Tuttavia, nonostante l’ago della bilancia pendesse a favore del FRICANO, l’INTRAVAIA continuava ad operare con il proprio schieramento in una posizione di extra organicità rispetto a Cosa Nostra. E’ in questa fase che emergeva, grazie alle intercettazioni e all’acquisizione di notizie confidenziali, la pianificazione degli omicidi di INTRAVAIA e PILLITTERI la cui esecuzione veniva scongiurata grazie all’intervento degli investigatori.
Secondo quanto emergeva dalle indagini il conseguente isolamento dell’INTRAVAIA lasciava campo libero al FRICANO che iniziava ad imporre incontrastato la propria leadership. Di riflesso sul territorio veniva registrata una maggiore capillarità delle estorsioni agli esercizi commerciali ed alle imprese. Il denaro, oltre ad alimentare le casse del mandamento ed a servire quindi per il sostentamento delle famiglie dei detenuti, veniva anche reinvestito nel settore delle scommesse sportive e nella costituzione di società finalizzate allo sfruttamento delle energie alternative. La focalizzazione delle indagini su FRICANO faceva, inoltre, affiorare il timor reverentialis che questi nutriva nei confronti del reggente dell’attiguo mandamento di San Lorenzo/Tommaso Natale, BIONDINO Girolamo, personaggio dall’ elevato carisma criminale.
Sempre nell’ambito del mandamento mafioso di Resuttana è stato accertato che la famiglia mafiosa dell’Acquasanta è stata retta, dapprima, dai fratelli MATASSA, Agostino e Filippo – entrambi già pregiudicati – e, successivamente, da GALATOLO Vito, genero del predetto Filippo ma, soprattutto, figlio di Vincenzo, storico esponente del medesimo contesto criminale. Vito GALATOLO, infatti, dopo essere stato scarcerato in data 13.09.2012 per fine pena, ha ripreso ed ha mantenuto, fino alla data odierna, quello che già era stato il proprio ruolo in seno a Cosa Nostra, nonostante sia effettivamente domiciliato nella città di Mestre (VE), dove è sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale. Tra i metodi adottati dal GALATOLO per riciclare il denaro della “cassa” della famiglia mafiosa dell’Acquasanta, vi sarebbe stato anche quello di impiegare oltre 660.000,00 Euro di proventi illeciti in scommesse calcistiche, “ripulendo”, mediante le relative vincite, oltre  590.000,00 Euro.
Nel quartiere “Arenella”, poi, secondo quanto accertato dagli investigatori, le attività criminali ed, in particolare, il racket delle estorsioni venivano gestite da PALAZZOTTO Gregorio soggetto avente legami di parentela con il noto boss FIDANZATI Gaetano (deceduto in data 03.10.2013). A partire dal marzo 2013, dopo che il citato PALAZZOTTO Gregorio ha fatto nuovamente rientro in carcere per scontare una condanna definitiva per il reato di estorsione, la reggenza della famiglia è stata mantenuta, temporaneamente, dal cugino PALAZZOTTO Domenico, sotto la “guida” di MAGRI’ Pietro e, poi, direttamente da quest’ultimo.
Specifiche attività investigative hanno permesso di appurare come il PALAZZOTTO Gregorio sia riuscito, nonostante la detenzione, a mantenere intatta la propria leadership nel contesto criminale di riferimento, avvalendosi dell’opera della propria compagna DE LISI Daiana.  
Appare interessante notare come i cugini PALAZZOTTO siano imparentati con il noto boss mafioso del secolo scorso PALAZZOTTO Paolo. Al riguardo, la figura del predetto è passata agli onori della cronaca dell’epoca, essendo stato uno degli imputati dell’omicidio, avvenuto a Palermo il 12 marzo 1909, del Tenente di Polizia Giuseppe (Joe) PETROSINO, divenuto, agli inizi del ‘900, il simbolo della lotta alla criminalità di stampo mafioso. Quest’ultimo, peraltro, come rilevato dalle notizie dell’epoca, arrestò, precedentemente, il giovane boss negli Stati Uniti come responsabile di un racket della prostituzione e di una tratta di donne bianche reclutate in Italia, dietro promesse di lavoro e matrimonio, per essere invece avviate sui marciapiedi di New York. Secondo la ricostruzione dei fatti, PALAZZOTTO era rientrato in Italia poco dopo l’arrivo di PETROSINO e avrebbe pubblicamente giurato di uccidere il detective. Il boss, unitamente ad altri imputati, tra cui Vito CASCIO FERRO, vennero processati per l’efferato delitto, ma assolti per insufficienza di prove. Nonostante tale epilogo, nel corso di una conversazione intercettata, PALAZZOTTO Domenico, nel rivendicare il proprio retaggio mafioso ultracentenario, garantito dalla discendenza con il PALAZZOTTO Paolo, conferma l’avvenuto omicidio ad opera del proprio congiunto per conto di Vito CASCIO FERRO.
Le attività investigative hanno altresì permesso di porre in risalto il ruolo e le figure dei cugini DI MARIA Ignazio, GRAZIANO Camillo, GRAZIANO Francesco e GRAZIANO Roberto, tutti operanti sotto l’egida di GRAZIANO Vincenzo – padre dei predetti Camillo e Francesco – imprenditore edile e già ritenuto organico al contesto criminale facente capo alla famiglia LO PICCOLO. In particolare, gli investigatori hanno appurato come gli stessi – sebbene già gravati da specifici provvedimenti di sequestro emessi nell’ambito dell’applicazione di misure di prevenzione a carattere patrimoniale – continuassero a perseguire i propri interessi economici sia gestendo illegalmente vari business, quali il redditizio settore delle “macchine da gioco” e delle scommesse sportive on line, che investendo capitali nell’economia lecita attraverso l’interposizione fittizia di prestanome, tutti inclusi nel provvedimento restrittivo.  
Nel corso delle indagini è, inoltre, emersa la capacità della famiglia GRAZIANO di ostacolare il libero esercizio del voto tant’è che, in occasione delle elezioni amministrative del maggio 2012, il citato GRAZIANO Francesco – coadiuvato dal pregiudicato FLAUTO Lorenzo, cugino di quest’ultimo e anch’esso affiliato – ha stipulato un “patto di scambio” con il candidato FRANZETTI Pietro (anch’egli destinatario di misura personale), ottenendo da quest’ultimo consistenti somme di denaro in cambio della promessa di un “pacchetto” di voti reperito influenzando gli elettori sul territorio controllato dal sodalizio criminale.

LE DINAMICHE CRIMINALI ALL’INTERNO DEL MANDAMENTO DI SAN LORENZO/TOMMASO NATALE.
Come detto, una delle figure di maggior rilievo emersa dal complesso delle investigazioni è senza dubbio quella di BIONDINO  Girolamo; costui, in ragione della sua appartenenza a famiglia di sicura e datata ortodossia mafiosa ha assunto, all’indomani dell’arresto di CAPORRIMO Giulio, il difficile compito di provvedere alla riorganizzazione del mandamento di San Lorenzo – Tommaso Natale assumendone la guida.
In tale sua attività ha costantemente mantenuto un atteggiamento di basso profilo e di massima riservatezza adottando una serie di cautele tese a scongiurare le inevitabili investigazioni a suo carico evitando l’uso del telefono cellulare e limitando al massimo quello della sua abitazione per i contatti con i sodali; per gli spostamenti ha spesso utilizzato passaggi occasionali di parenti e conoscenti o addirittura i mezzi pubblici  e, per partecipare agli incontri con gli altri affiliati, ha adottato un sistema attraverso il quale, senza alcun apparente preavviso, veniva prelevato, mai nello stesso luogo ed in genere mentre camminava a piedi per le vie del suo quartiere, da soggetti diversi.
La riorganizzazione del mandamento ha portato BIONDINO Girolamo alla nomina dei reggenti della famiglie che ne fanno parte e dei responsabili di alcuni quartieri che, seppur dipendendo dalle stesse, per l’estensione territoriale o per l’elevato tasso di criminalità che li caratterizza, hanno una specifica autonomia gestionale e, pertanto, necessitavano di un preciso “responsabile” .
Così si è accertato che GUERRERA Silvio è stato nominato reggente della famiglia mafiosa di Tommaso Natale – Cardillo, CONTINO Tommaso reggente della famiglia mafiosa di Partanna – Mondello, Sandro DIELE ha assunto la responsabilità di Pallavicino-Zen fino alla data del suo arresto avvenuto in data 07.06.2013 per poi essere sostituito da TERRACCHIO Onofrio, FAVALORO Gioacchino ha preso il posto di BATTAGLIA Giuseppe come responsabile del quartiere Sferracavallo, CIARAMITARO Gaetano è risultato responsabile del quartiere Marinella e CAPORRIMO Francesco, padre di Giulio, ha mantenuto un ruolo di prestigio all’interno della famiglia mafiosa di Tommaso Natale intervenendo nelle dinamiche criminali della stessa. Per quanto invece attiene alla famiglia di San Lorenzo, è emerso che in una prima fase la reggenza della stessa era stata assunta da D’ALESSANDRO Francesco il quale però, successivamente, si defilava. Tale atteggiamento non costituiva una estromissione per scarse capacità organizzative o per un deficit di autorevolezza ma, al contrario, era riconducibile ad un progetto disegnato da BIONDINO Girolamo, che intendeva preservare il cugino Francesco per farne il suo successore dopo l’arresto che egli riteneva inevitabile. BIONDINO aveva maturato detta decisione verosimilmente a seguito del pentimento della nuora RICHICHI Giovanna Micol. Invero, quest’ultima, moglie del figlio di BIONDINO Girolamo, Giuseppe, detenuto al 41 bis, dopo un periodo di collaborazione con la giustizia, avviato nell’aprile del 2012, durante il quale era stata trasferita con la figlia in una località protetta, ritornava presso la propria abitazione sottomettendosi al volere del suocero. L’isolamento precauzionale di D’ALESSANDRO Francesco comportava, quindi, un urgente avvicendamento al vertice della famiglia mafiosa di San Lorenzo. Ne derivava una assunzione diretta della reggenza della famiglia da parte dello stesso BIONDINO  con l’attribuzione, peraltro, di compiti di corresponsabilità anche ad altri appartenenti alla organizzazione.
La presenza di una nuova articolazione territoriale mafiosa, quella di Pallavicino/Zen, di fatto elevata – nell’ambito dell’organigramma del mandamento di San Lorenzo –  a famiglia mafiosa, costituisce una delle novità dell’attuale indagine. Tale “famiglia”, di cui è la prima volta che si registra la presenza, era stata costituita attorno alla figura di DIELE Sandro e annoverava tra le sue fila alcuni tra i più violenti e determinati affiliati tra i quali TERRACCHIO Onofrio, risultato l’autore di un attentato ai danni dell’ex collaboratore di giustizia GAGLIANO Raimondo. Quest’ultimo, dopo una lunga assenza da Palermo, era tornato ad abitare nel quartiere ZEN, regno del DIELE, il quale in passato aveva subìto una condanna proprio a causa di tale collaborazione. Il rientro dell’ex collaboratore nel proprio territorio risultava come un affronto per il DIELE il quale, poiché ciò rischiava di minare la propria leadership, prima lo faceva minacciare facendogli trovare davanti l’abitazione una testa di capretto con dei proiettili conficcati negli occhi, e poi pianificava il suo omicidio. Il 25 marzo 2013, TERRACCHIO, coadiuvato da Paolo LO IACONO, sparava almeno 6 colpi d’arma da fuoco contro gli infissi della abitazione del GAGLIANO, fuggendo immediatamente dopo a bordo di uno scooter rubato. Il 7 giugno 2013, DIELE Sandro, a seguito del ripristino di una custodia cautelare, veniva tratto in arresto ed il suo posto veniva poi preso, nel mese di ottobre 2013, da TERRACCHIO Onofrio.
Le attività di indagine ponevano la lente d’ingrandimento anche sulle dinamiche della famiglia mafiosa di Partanna Mondello. Reggente di tale famiglia risultava essere CONTINO Tommaso, uno dei pochi sodali che senza “filtri” si rapportava direttamente a BIONDINO Girolamo. Questi, forte di una grande esperienza nel settore dell’edilizia, imponeva alle imprese edili che lavoravano nel suo territorio le forniture e la manodopera di società riconducibili al sodalizio o in alternativa la corresponsione del canonico“pizzo”. In particolare, emergeva all’attenzione degli investigatori la società di MESSIA Giuseppe, alla quale, per effetto della azione impositiva del CONTINO, venivano delegati non solo i lavori di scavo che si svolgevano nel territorio di Partanna Mondello, ma addirittura quelli che venivano eseguiti nell’ambito dell’intero “super mandamento”. La penetrazione investigativa consentiva di prendere contezza diretta ed approfondita di una serie di attività estorsive/impositive svoltesi anche a cavallo tra i territori di Partanna-Mondello e Tommaso Natale ; fra tutte si segnala quella ai danni delle imprese impegnate nei lavori di costruzione di un cinema multisala nell’area ove era situato l’ex stabilimento della “Coca Cola”, fatte oggetto di un danneggiamento posto in essere da CONTINO Tommaso, D’URSO Salvatore e SPINA Antonino. Nell’occasione, le indagini operate consentivano di registrare le conversazioni tra i tre relative all’organizzazione dell’atto intimidatorio ed alla successiva fuga dal sito.
Invero, per quanto riguarda la famiglia mafiosa di Tommaso Natale, un tempo affidata alla diretta responsabilità di LO PICCOLO Salvatore, è emerso che il BIONDINO ne aveva affidato la reggenza a GUERRERA Silvio che si è attivamente adoperato nella raccolta dei profitti delle estorsioni destinandoli al mantenimento dei compartecipi detenuti e dei loro familiari ed ha disposto danneggiamenti ed intimidazioni nei confronti di coloro che non si piegavano alle richieste estorsive. Il GUERRERA è stato affiancato nelle sue attività criminali da SARDISCO Roberto, suo autista e factotum, il quale ha operato nell’ambito della famiglia mafiosa di Tommaso Natale nel settore delle estorsioni e tenendo per conto del GUERRERA i contatti con gli altri affiliati.
Le indagini hanno permesso, altresì, di documentare l’avvicendamento al vertice della articolazione mafiosa di Sferracavallo tra BATTAGLIA Giuseppe e FAVALORO Gioacchino, divenuto il responsabile dell’organizzazione mafiosa in quel quartiere dopo l’arresto del BATTAGLIA avvenuto in data 05.03.2013. Le intercettazioni svolte svelavano, tra l’altro, i retroscena relativi alla cattiva gestione della zona di Sferracavallo da parte di BATTAGLIA Giuseppe, malvisto dai vertici del mandamento sia per la conduzione poco riservata del suo ruolo, sia per i sospetti di aver sottratto i soldi raccolti e destinati al sostentamento dei detenuti e delle loro famiglie.

LE IPOTESI DI REATO
Nell’ambito della presente attività di indagine è stato in particolare “fotografato” il ritorno ad  attività criminali tradizionali. Nonostante l’aumento delle denunce sporte negli ultimi anni dai cittadini, è stato registrato un riacutizzarsi della raccolta estorsiva presso i commercianti, un aumento delle richieste a Cosa Nostra di “autorizzazioni” per l’apertura di esercizi commerciali, una forte capacità di condizionamento delle politiche di assunzione del personale da parte di grosse aziende presenti sul territorio, una recrudescenza delle imposizioni delle forniture e dei sub appalti nei lavori edili, un ampio ricorso alla intestazione fittizia di attività commerciali riconducibili ai mafiosi indagati, l’esercizio di imprese con concorrenza illecita attuata attraverso minaccia o violenza, l’intromissione nel lucroso business delle “macchinette da gioco” e, in almeno un caso, il procurare voti ad un candidato alle elezioni amministrative, ovvero tutte quelle attività che proiettano l’organizzazione mafiosa sul territorio. L’estorsione, in particolare, oltre a costituire un’importante forma di finanziamento della macchina mafiosa, si conferma uno strumento imprescindibile sia per l’affermazione della supremazia sul territorio, sia per il controllo dello stesso. La presente attività d’indagine ha consentito di ricostruire con certezza la commissione di decine di reati di questo genere ai danni di imprenditori edili e di svariati commercianti palermitani e sono stati raccolti elementi prodromici a delineare, una volta eseguita l’operazione, una quantità di episodi estorsivi ancora maggiore.
L’estrema dinamicità degli affiliati si esplicitava anche attraverso la pianificazione e la realizzazione di traffici di stupefacenti interessanti le articolazioni mafiose dell’Arenella,  di Marinella e di San Lorenzo con il disvelamento della operatività in questo ambito criminale di diversi ed autonomi gruppi, talvolta operanti in concorrenza sul medesimo territorio, ma comunque facenti tutti capo ad appartenenti all’organizzazione mafiosa che dettava le regole per massimizzare i profitti e fissare gli ambiti operativi di ciascuno onde evitare contrasti e sovrapposizioni.
Significativa appare in proposito la cointeressenza tra TERRACCHIO Onofrio e D’ALESSANDRO Salvatore ed il referente del campo nomadi di Via del Fante, KPUZI Avni, al quale  i due cedevano parte dello stupefacente che acquisivano attraverso privilegiati canali criminali. Un’intercettazione ha consentito infatti di svelare che, in ragione dello stretto rapporto avviato con la collaborazione in materia di stupefacenti, gli    zingari venivano incaricati dagli esponenti di Cosa Nostra, in maniera assolutamente irrituale, della commissione di atti intimidatori ad esercizi commerciali ed imprese.
Nel complesso nell’ordinanza di custodia cautelare viene contestato il reato di cui all’art.416-bis a 58 soggetti, mentre gli altri dovranno rispondere di reati aggravati dal metodo o, comunque, dalla finalità mafiosa.
Al momento sono 34 le estorsioni (di cui 21 tentate) contestate, ma gli elementi raccolti consentiranno di procedere su numerosissimi altri episodi estorsivi.

ELENCO DEI DESTINATARI DELLE MISURE RESTRITTIVE E BENI PER I QUALI E’ STATO DISPOSTO IL SEQUESTRO PREVENTIVO.

1.    AIELLO Epifano di Vincenzo, inteso “Fanuzzo”, nato a Palermo il 20 novembre 1966, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
2.    ALFANO Benedetto di Gioacchino, nato a Palermo il 7 dicembre 1965, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
3.    BAGLIONE Domenico di Pietro detto “Mimmo”, nato a Palermo il 6 dicembre 1959, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
4.    BATTAGLIA Giuseppe, di Vincenzo, nato a Palermo il 12 luglio 1972, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
5.    BONURA Giuseppe, di ignoto, nato a Palermo il 18 novembre 1966, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
6.    CACCIATORE Giovanni, nato a Palermo il 12.01.1966, ed ivi residente nr. 14, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
7.    CHIOVARO Alessandro di Girolamo, nato a Palermo il 02.06.1977, residente in Torretta (PA), sottoposto all’obbligo di dimora nel Comune di residenza;
8.    CONSIGLIO Domenico di Salvatore, nato a Palermo il 25 maggio 1954, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
9.    CONTINO Tommaso, nato a Palermo il 25.12.1961 ed ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
10.    COPPOLA Salvatore fu Giacomo, inteso “cuppulicchiu”, nato a Partinico il 19 aprile 1965, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
11.         COSTA Alessandro di Giovanni, nato a Palermo il 2 luglio 1987, ivi residente, sottoposto agli arresti domiciliari;
12.    CUSIMANO Carmelo di Santo, nato a Palermo il 07.10.1974, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
13.    D’ALESSANDRO Francesco di Girolamo, inteso “Zio Ciccio” nato a Palermo l’ 1 dicembre 1945, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
14.    D’ALESSANDRO Girolamo di Francesco, nato a Palermo l’11 ottobre 1975, ivi residente , sottoposto all’obbligo di dimora nel Comune di residenza;
15.    D’ALESSANDRO Salvatore, nato a Palermo il 12.01.1977, ed ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
16.    D’ANGELO Guido di Rosolino, nato a Palermo il 20 ottobre 1959, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
17.    DIELE Sandro, nato a Palermo il 6.03.1972 ed ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
18.    FARNESE Carmelo, nato a Monreale il 15 dicembre 1951, ivi res. Fraz. Pioppo, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
19.    FRICANO Giuseppe, di Paolo, nato a Palermo il 6 giugno 1967, ivi residente di fatto domiciliato a Palermo in Via Padre Puglisi nr. 15, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
20.    GELARDI Rosario di Gaetano, nato a Palermo il 2 gennaio 1969, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
21.         GENNARO Melchiorre di Marcello, nato a Palermo il 16 luglio 1993, ivi residente, sottoposto agli arresti domiciliari;
22.    GERACI Nicola, di Antonio, inteso “biscottino”, nato a Palermo il 13 dicembre 1975, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
23.    GINESTRA Carlo Lucio di Gioacchino, nato a Baden Baden (Germania) il 7 gennaio 1969, residente a Carini (PA), sottoposto agli arresti domiciliari;
24.    GIORLANDO Giuseppe di Antonino, nato a Palermo il 27 ottobre 1981, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
25.    GUCCIONE Ciro di Vincenzo, nato a Palermo il 13 febbraio 1973, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
26.    INTRAVAIA Gioacchino, di Vincenzo, inteso “Sifilitico”, nato a Palermo il 27 gennaio 1953, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
27.    KPUZI Avni, di Ali, nato a Kos Mitrovica (Serbia) il 25 dicembre 1987, residente a Palermo, presso campo nomadi, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
28.    LIGA Vincenzo, di Antonino, nato a Palermo il 29 dicembre 1993, ivi residente, sottoposto agli arresti domiciliari;
29.    LO IACONO Paolo, nato a Palermo 19.01.1967, ed ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
30.         LOMBARDO  Giuseppe,  di  Ferdinando,  nato  a  Palermo  il  16  settembre  1988,  ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
31.    LUCA’ Vincenzo, di Saverio, nato a Palermo il 10 ottobre 1970, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
32.    MANGANO Francesco Paolo, di  Nicola, nato a Palermo il 17 aprile 1979 ivi residente, sottoposto agli arresti domiciliari;
33.    MARANZANO Serafino, di Gaetano, nato a Palermo il 20 maggio 1977, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
34.    MESSIA Giuseppe, di Antonino, inteso “Pinuzzo Misia”, nato a Palermo il 4 marzo 1977, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
35.    MILITANO Francesco, di Carmelo, nato a Palermo il 14 marzo 1988, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
36.    PILLITTERI Michele, di Andrea, detto il macellaio, nato a Palermo il 5 febbraio 1960, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
37.    PILLITTERI Michele, di Giuseppe, detto il mastro, nato a Palermo il 15 maggio 1947, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
38.    PUCCIO Marcello di Francesco, nato a Palermo il 24.09.1979, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
39.    ROMANO Ignazio, di Giovanni, nato a Palermo il 5 ottobre 1965, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
40.    SIRAGUSA Antonino, di Vito, nato a Palermo il 3 maggio 1970, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
41.    SIRAGUSA Luigi, detto “Gigetto” o “Testone”, nato a Palermo il 12.09.1975, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
42.    TARALLO Antonino, di Giovanni, nato a Palermo il 9 maggio 1973, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
43.    TERRACCHIO Onofrio, di Pietro, inteso “Fabio”, nato a Palermo il 25 aprile 1978, ivi residente, di fatto domiciliato in Palermo, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
44.    VALGUARNERA Aurelio, di Antonio, nato ad Agrigento il 21 giugno 1958, residente a Palermo, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
45.    VENTIMIGLIA Calogero, nato a Palermo il 04.01.1971, ed ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
46.    VITALE Giovanni, di Rosario, inteso “il panda o il tignuso”, nato a Palermo il 29 agosto 1969, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
47.    BEONE Giovanni, detto lo stolito, nato a Palermo il 02.04.1964, ed ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
48.    CAROLLO Marco, detto Ten Ten, nato a Palermo 24.05.1979, ed ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
49.    CIARAMITARO Antonino, nato a Palermo il 06.11.1992, ed ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
50.    D’ANGELO Seam, nato a Palermo il 13.01.1978, e residente a Capaci (PA), sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
51.    DI MAIO Nicolò di Pietro inteso “il ragioniere”, nato a Palermo il 12 luglio 1981, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
52.    DI MARIA Ignazio, detto “Bubu o facce gianna”, nato a Palermo il 22.04.1970, ed ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
53.    ENEA Ciro, nato a Palermo 17.03.1986, ed ivi residente, sottoposto agli arresti domiciliari;
54.    FLAUTO Lorenzo, nato a Palermo l’11.03.1975, ed ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
55.    FLAUTO Roberto di Giuseppe, nato a Palermo, il 18.02.1982, residente a Bagheria (PA), sottoposto agli arresti domiciliari;
56.    FRANZETTI Pietro, nato a Palermo il 24.05.1977, ed ivi residente, sottoposto alla misura del divieto di dimora nel Comune di Palermo; 
57.    GALATOLO Vito detto u’ piciriddu, nato a Palermo il 10.10.1973, residente a Mestre (VE) sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
58.    GALLINA Angelo, nato a Carini (Pa) il 19.01.1962, ed ivi residente sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
59.    GRAZIANO Camillo, nato a Palermo il 04.07.1972, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
60.    GRAZIANO Francesco, nato a Palermo il 03.02.1974, residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
61.    GRAZIANO Roberto, nato a Palermo il 06.04.1978, residente a Monreale (PA), sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
62.    GRAZIANO Santo, nato a Palermo il 26.05.1963, residente a Monreale (PA) sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
63.    GRAZIANO Vincenzo, nato a Palermo il 12.06.1951, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
64.    LI VOLSI Luigi, detto Luigi “u barone”, nato a Palermo il 15.02.1956, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
65.    MAGRI’ Pietro, detto Piero, nato a Palermo il 27.03.1949, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
66.    MARINO Leonardo di Angelo, nato a Palermo il 21.12.1989, ivi residente, sottoposto agli arresti domiciliari;
67.    MARINO Teresa di Giuseppe, nata a Palermo, il 10.03.1977, ivi residente, sottoposta agli arresti domiciliari;
68.    MATASSA Agostino, nato a Palermo il 10.08.1958, ed ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
69.    MATASSA Filippo, detto puffetto, nato a Palermo il 15.09.1949, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
70.    MINEO Pietro di Mariano, nato a Palermo il 25.04.1962, ivi residente, sottoposto agli arresti domiciliari;
71.    PALAZZOTTO Domenico, nato a Palermo il 26.10.1985, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
72.    PALAZZOTTO Gregorio, detto occhi celesti, nato a Palermo il 12.03.1977, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
73.    PIAZZESE Serafino, nato a Palermo il 24.06.1956, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
74.    PICONE Salvatore, di Andrea, nato a Palermo il 18.02.1992, ivi residente, sottoposto alla misura dell’obbligo quotidiano di presentazione alla p.g.;
75.    PIZZURRO Emilio, nato a Palermo il 26.08.1958, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
76.    PUCCIO Aurelio, di Giovanni, nato a Corleone il 3 gennaio 1956, residente a Palermo, sottoposto agli arresti domiciliari;
77.    PUCCIO Leandro di Aurelio, nato a Palermo, il 24.03.1985, ivi residente, sottoposto agli arresti domiciliari;
78.    BARONE Domenico, nato a Palermo il 19.10.1981, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
79.    BIONDINO Girolamo, nato a Palermo in data 8.09.1948 ed ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
80.    BONFIGLIO Maurizio di Giuseppe, nato a Palermo il 10.03.1969, ivi residente, sottoposto agli arresti domiciliari;
81.    CALVARUSO Giuseppe, nato a Palermo il 31.12.1982, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
82.    CAPORRIMO Francesco, nato a Palermo il 26.07.1944, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
83.    CIARAMITARO Gaetano, nato a Palermo in data 01.09.1969, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
84.    CLEMENTE Leonardo, nato a Palermo il 5.12.1966, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
85.    D’URSO Salvatore, nato a Palermo il 30.07.1974 ed ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
86.    DAVI’ Giuseppe Fabio, nato a Liestal (CH) il 23.05.1976 e residente a Palermo, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
87.    FAVALORO Gioacchino, nato a Palermo il 09.02.1980, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
88.    GLORIA Fabio, inteso FAIA, nato a Palermo il 29.12.1975, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
89.    GUERRERA Silvio, nato a Palermo in data 08.10.1961, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
90.    ILARDI Sergio, nato a Palermo il 19.11.1969 ed ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
91.    LI VIGNI Rosario, nato a Palermo il 12.12.1970, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
92.    LO PRESTI Angelo, nato a Palermo il 23.01.1969, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
93.    SARDISCO Roberto, nato a Palermo in data 8.02.1975, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
94.    SPINA Antonino, nato a Palermo il 18.06.1985, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere;
95.    TAORMINA Girolamo, nato a Palermo il 18.06.1982, ivi residente, sottoposto alla custodia cautelare in carcere.

In fase di esecuzione dei provvedimenti restrittivi emessi a carico degli indagati, si procederà al sequestro, ex art.12 sexies D.L. 356/92, delle seguenti aziende:
1.    società “New center car di De Lisi Ivana e C. s.a.s”, officina meccanica sita in Palermo via Libertà nr.94, sequestrata anche ai sensi dell’art. 416bis co. 7 C.P.;
2.    società “S.L.T”, sita in Palermo Passaggio Tchaikovsky nr.28, con attività di trasporto merci su strada e progettazione di impianti energetici;
3.    società “MGA CLUB”, società cooperativa sportiva dilettantistica sita in Palermo via Vito Muciaccia nr.11;
4.    società “GMI Costruzioni” s.r.l., con sede in Palermo;
5.    società “RGF Service” s.r.l., con sede in Palermo, via Ugo La Malfa nr. 9127;
6.    ditta individuale MINEO Salvatore, con sede in Palermo;
7.    ditta individuale “INTERNET POINT DI PICONE SALVATORE”, con sede in Palermo via dell’Orologio nr. 22/24;
8.    società “EDIL D.C.D.” s.r.l., con sede in Palermo via Santocanale nr. 90/B, sequestrata anche ai sensi dell’art. 416bis co. 7 C.P.. 

 




PALERMO, OPERAZIONE RESET: ARRESTATI BOSS STORICI DI "COSA NOSTRA"

Redazione
Palermo
– Dalle prime luci dell’alba, 500 Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo, al termine di una complessa attività d’indagine coordinata dalla locale D.D.A., sono impegnati nell’esecuzione di 31 fermi del P.M. nei confronti di capi e gregari del mandamento mafioso di Bagheria, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, omicidio, sequestro di persona, estorsione, rapina, detenzione illecita di armi da fuoco e danneggiamento a seguito di incendio.
Completamente disarticolato il mandamento di Bagheria, storica roccaforte di cosa nostra. Insieme ai reggenti dell’ultimo decennio del mandamento e delle famiglie mafiose di Bagheria, Villabate, Ficarazzi e Altavilla Milicia, sono stati tratti in arresto pericolosi “uomini d’onore” della consorteria.
Le investigazioni, in particolare, hanno consentito sia di documentare l’esistenza di un “Direttorio”, un organo decisionale provinciale, sia di accertare l’esistenza all’interno della consorteria di un vertice strategico, in gergo “la testa dell’acqua”, al quale doveva obbedienza anche il reggente operativo del mandamento.
Sono stati inoltre identificati gli esecutori materiali dell’omicidio di CANU Antonino, consumato in Caccamo il 27 gennaio 2006, e del tentato omicidio di SALERNO Nicasio, occorso in Caccamo il 23 agosto 2005.
Le acquisizioni raccolte hanno, infine, consentito di documentare ben 44 estorsioni, quattro danneggiamenti a seguito di incendio, una rapina e una tentata rapina. Quattro i progetti di rapina sventati grazie all’intervento “preventivo” dei carabinieri.
 




PALERMO PEDOFILIA: ZIO ABUSA SESSUALMENTE DI DUE NIPOTI

Redazione

Palermo – Agenti della Polizia di Stato, appartenenti alla sezione "Reati sessuali ed in danno di minori" della Squadra Mobile di Palermo hanno eseguito un provvedimento di Custodia Cautelare in carcere nei confronti di un 49enne cittadino palermitano, ritenuto responsabile di avere, ripetutamente, abusato, sessualmente, di due sue nipoti.

Il provvedimento è stato disposto dal G.I.P. del Tribunale di Palermo, dr. Nicastro, su richiesta del P.M., dr. Lenzi.

I poliziotti della Mobile hanno delineato un quadro indiziario concordante ed a tratti raccapricciante nei confronti dell'indagato, sviluppando una segnalazione loro pervenuta dal "Telefono Azzurro", cui, qualche mese orsono, era giunta la chiamata di una delle due vittime, ora adolescenti.

Le dichiarazioni della vittima che si era rivolta al "Telefono Azzurro", rese in più sessioni di audizioni dinanzi a poliziotti e consulenti tecnici, hanno dolorosamente ricostruito spaccati di vita familiare in cui l'innocenza del rapporto parentale fra zio e nipote è stata, per anni, corrotta da una morbosa promiscuità.

Gradualmente, una delle vittime, oggi 16enne, ha raccontato di avere subito in silenzio violenze, abusi e minacce dallo zio, ed ha, incredibilmente, circostanziato al 2004, quando ancora aveva 6 anni, l'inizio del suo calvario.

La ragazzina, costretta a bruciare le tappe dell'infanzia e dell'adolescenza, ha raccontato con dovizia di particolari gli abusi subiti da parte dello zio che li accompagnava con la minaccia di ripeterli anche nei confronti della madre, se la piccola avesse parlato.

Le violenze sarebbero avvenute, nel corso degli anni, nella casa dei nonni dove lo zio vive insieme ai genitori e dove la piccola, in compagnia di papà e mamma, si recava in occasione di ogni festività.

Per la giovane vittima, in uno strano capovolgimento del calendario, i giorni di festa erano giorni di strazio.

Il trauma subito, a partire da così tenera età, non ha però impedito alla piccola di mantenere i contatti con la realtà e non le ha precluso la percezione del giusto e del sopruso, del buono e del cattivo.

Da ciò la decisione, provvidenziale, della vittima, di rivolgersi al "Telefono azzurro" e quindi alla Polizia di Stato.

I racconti dell'adolescente hanno consentito di squarciare il velo del silenzio anche in relazione ad un altro episodio di abuso, perpetrato dall'uomo nei confronti di una seconda nipote, cuginetta della prima denunciante.

Anche questa vittima ha confermato ai poliziotti di avere subito abusi sessuali, quando aveva appena 6 anni.

La piccola, è però riuscita a sottrarsi, nel corso degli anni, alle "attenzioni" dello zio, evitandolo e frequentando di rado la casa dei nonni.

Anche di questo abuso l'uomo dovrà rispondere dinanzi ai Giudici.




PALERMO: MAFIA NEL SETTORE DEL METANO

Redazione

Palermo – Nuovi sviluppi nell'ambito del filone investigativo portato avanti dalla Guardia di Finanza di Palermo sotto il coordinamento della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia – del capoluogo siciliano e che un anno fa aveva portato al sequestro di un ingente patrimonio, del valore complessivo di oltre 50 milioni di euro, nei confronti di un gruppo imprenditoriale di Palermo che ha curato, a cavallo fra gli anni '80 e '90, la metanizzazione di diverse aree del territorio siciliano.
Le indagini si erano concentrate, in primo luogo, sulla genesi del gruppo, costituito negli anni ‘80 da un ex dipendente pubblico, successivamente divenuto "imprenditore", grazie all'investimento di ingenti risorse finanziarie di dubbia provenienza, che si è presto sviluppato con la protezione di "Cosa Nostra" e degli appoggi politici – in particolare dell'ex sindaco di Palermo – arrivando ad ottenere ben 72 concessioni per la metanizzazione di Comuni della Sicilia e dell'Abruzzo, i cui lavori di realizzazione sono stati in più occasioni affidati in sub appalto ad imprese direttamente riconducibili a soggetti con precedenti specifici per mafia e ad altre comunque vicine alla criminalità organizzata, in una logica di costante e reciproco vantaggio fra il gruppo e l'organizzazione criminale.
In tale contesto, nel dicembre 2013, il Tribunale di Palermo aveva disposto un ulteriore sequestro, per un valore di circa 7,6 milioni di euro, di quattro società nei confronti di una famiglia di imprenditori di Belmonte Mezzagno (Pa), operanti da diversi anni nel settore edilizio e della manutenzione delle reti di gas metano.
Secondo le risultanze indiziarie, i soggetti interessati dal provvedimento avrebbero coinvolto familiari e collaboratori, alcuni dei quali privi di condizioni reddituali compatibili con l'entità degli investimenti necessari per l'avvio delle attività imprenditoriali, nell'intestazione di aziende operanti nel medesimo settore, per continuare a gestire i contratti acquisiti e le attività avviate nonostante i precedenti provvedimenti cautelari a carico delle altre società a loro direttamente o indirettamente riconducibili.
A questo scenario si collega l'esecuzione del provvedimento ora emanato dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo, su richiesta della locale Procura della Repubblica – D.D.A. – con cui è stata disposta l'amministrazione giudiziaria con conseguente sospensione temporanea dell'amministrazione ai sensi del'art.34 del decreto legislativo n.159 del 2011 nei confronti di due importanti realtà imprenditoriali, operanti nel settore della vendita e distribuzione del gas metano sul territorio nazionale e di una società di manutenzione con sede in Calabria.
Dalle ulteriori indagini è infatti emerso il possibile coinvolgimento di queste ultime società nell'agevolazione di imprenditori già sottoposti ad indagini di polizia giudiziaria e misure di prevenzione ai sensi della normativa antimafia, mediante condotte reiterate nel tempo che in alcuni casi avrebbero consentito ad imprese considerate vicine ad ambienti criminali di neutralizzare i provvedimenti cautelari inflitti e di continuare a consolidare la propria espansione in alcune regioni della penisola nel settore del gas metano.
Con l'emissione del Decreto che impone l'amministrazione giudiziaria o "sospensione temporanea dell'amministrazione", il Tribunale di Palermo ha, di fatto, sollevato dalla gestione i rappresentanti della citata società per un periodo di sei mesi.
Tale misura ha la finalità di impedire che la criminalità organizzata strumentalizzi attività economiche esercitate da aziende lecite per realizzare propri interessi illeciti; in pratica, i responsabili delle diverse sedi locali dell'azienda dovranno temporaneamente cedere la gestione agli amministratori giudiziari, ponendosi sotto "tutela" dell'Autorità Giudiziaria, la quale, al termine del periodo, valuterà la sussistenza dei presupposti per restituire o meno la gestione "bonificata".
Si tratta di una misura preventiva antimafia che permette di perseguire obiettivi diversi ed ulteriori rispetto alla confisca dei beni come frutto di attività illecite, poiché è in grado di agire nelle realtà aziendali di particolare complessità, con l'intento di colpire solo l'area ritenuta influenzata da interessi mafiosi e fortificarne al contempo il "sistema immunitario", salvaguardando l'attività economica nel suo complesso ed il conseguente aspetto occupazionale, nonché l'indotto, i clienti e i fornitori.




PALERMO COSA NOSTRA: SCONGIURATA UNA NUOVA FAIDA DI MAFIA

Redazione

Palermo – I Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Palermo, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo (Procuratore Capo dott. Francesco Messineo, Procuratore Aggiunto dott. Leonardo AGUECI, Sost. Proc. dott.ssa Francesca MAZZOCCO e dott.ssa Caterina MALAGOLI), hanno dato esecuzione ad un provvedimento di fermo del P.M., per il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, nei confronti di 8 persone, esponenti di vertice del mandamento mafioso di Palermo “Porta Nuova”.
Il sodalizio, che si articola nelle famiglie mafiose di “Porta Nuova”, “Palermo Centro” e “Borgo Vecchio”,  riveste grande importanza nelle dinamiche criminali di “Cosa Nostra”, in quanto opera nel cuore della città dove sorgono alcune tra le più importanti attività commerciali, i tre mercati storici (“Ballaro”, “Capo”, “Vucciria”) e il porto.
I rilevanti interessi connessi con questo ambito cittadino costituiscono probabilmente la ragione per cui “Cosa Nostra”, nonostante i durissimi colpi subiti negli ultimi anni, sia sempre riuscita ad assicurare un rapidissimo “rimpiazzo” di capi e gregari.
L’indagine “Iago” ha consentito di ricostruire l’attuale organigramma del mandamento mafioso, facendo emergere i ruoli dei loro capi e le dinamiche che hanno portato alle loro investiture, ma soprattutto ha permesso di scongiurare l’inizio di una pericolosa faida tra famiglie mafiose.
 

L’ASSOCIAZIONE  PER DELINQUERE
L’operazione è il risultato di un’attività d’indagine avviata nel gennaio del 2013 e incentrata su DI GIACOMO Giuseppe[1], braccio destro dell’allora reggente del mandamento, D’AMBROGIO Alessandro (arrestato nell’operazione “Alexander”).
La leadership del DI GIACOMO, dapprima responsabile della famiglia mafiosa di “Porta Nuova”, era stata acquisita anche grazie ad una importante parentela, quella con il fratello ergastolano DI GIACOMO Giovanni, uno dei componenti del gruppo di fuoco del boss mafioso Pippo CALO’, storico capo del mandamento di “ Porta Nuova”.
Le intercettazioni delle conversazioni intercorse tra i due fratelli in carcere, oltre a delineare il ruolo apicale assunto da DI GIACOMO Giuseppe, hanno permesso di ricostruire le capacità operative dell’intera consorteria.
Determinante è apparso il ruolo di DI GIACOMO Giovanni, personaggio carismatico e di grande caratura criminale che, consapevole del ruolo di rilievo ricoperto dal fratello, lo guidava dal carcere consigliandogli le strategie criminali da intraprendere, soprattutto in relazione alla gestione della c.d. “cassa”. A tal proposito, illuminante appare la conversazione, intercorsa tra i fratelli, in occasione della quale viene messo in evidenza  che per il pagamento delle c.d. “mesate” agli affiliati del mandamento era necessaria la somma complessiva di 11.500,00 euro:”…. sì … allora … ora ti dico una cosa …a quello nostro … gli devo mettere … ogni mese … ogni mese si devono mettere undici e cinque”.
 

GLI ASSETTI DEL MANDAMENTO E I SUOI VERTICI
Nel luglio del 2013, con l’operazione Alexander e l’arresto di Alessandro D’AMBROGIO, viene decapitato il vertice del mandamento mafioso. Senza temporeggiamenti, viene nominato, quale successore,  DI GIACOMO Giuseppe al quale tale decisione viene chiaramente comunicata dal fratello Giovanni in occasione di uno dei periodici incontri: “….ma poi c’è un’altra cosa che fuori non la sa nessuno … questa te la dico a te …
e ad un certo punto dovrà venire fuori … a TE ti abbiamo fatto NOI ALTRI (ndr. I boss detenuti)……a LUI (ndr.DI GIOVANNI Gregorio) chi l’ha fatto… il NICCHI?!…e chi l’ha autorizzato????!!!!…e questi sono tutti abusivi sono… ricordatelo!
Ma tale situazione è destinata a suscitare presto risentimenti in mafiosi di rango che, scarcerati di lì a poco, non condividono la leadership del momento, nonostante Giuseppe DI GIACOMO non abbia mai fatto venire meno il  sostentamento  agli affiliati detenuti e ai loro familiari. 
Il 12 marzo 2014 Giuseppe DI GIACOMO viene ucciso in un agguato eseguito con le classiche modalità mafiose, nel cuore del mandamento di cui era reggente.
L’omicidio innesca nei familiari un’incontrollabile desiderio di vendetta e DI GIACOMO Giovanni e il fratello Marcello progettano di uccidere coloro che ritengono essere i responsabili del  delitto, convinti anche da alcune insinuazioni venute a conoscenza dell’ergastolano.  
 

GLI ALTRI PROGETTI OMICIDIARI
Gli incontri in carcere tra i fratelli Giovanni e Giuseppe DI GIACOMO sono costantemente incentrati sulla necessità di eliminare qualche personaggio ritenuto non in linea con la nuova gestione della consorteria. I due, al fine di rimarcare lo spessore della reggenza, parlano dell’opportunità di uccidere un sodale, che egoisticamente non vuole mettere a disposizione degli affiliati le proprie risorse economiche, e della necessità di eliminare un  uomo d’onore prossimo alla scarcerazione, in quanto ritenuto responsabile di un proposito omicidiario ordito dal boss CANCEMI Salvatore nei confronti di Giovanni quando quest’ultimo era in libertà. Inquietante, a tal proposito, lo scambio di battute tra i fratelli:
GIOVANNI:   … hai capito? però ti metti sempre un uomo vicino…
GIUSEPPE:      … certo
GIOVANNI:    … TUM … NEL SACCO … L’IMPORTANTE CHE LO DOVETE “AVVRURICARE” (ndr.seppellire) … tutto qua è il discorso
GIUSEPPE:      … certo
GIOVANNI:    … QUACINA … QUACINA (ndr. calce) … DI SOPRA
GIUSEPPE:      … si … eh … eh
GIOVANNI:    …GLI TOGLIETE I VESTITI
GIUSEPPE:      … si … lo so
GIOVANNI:    … LE SCARPE … hai capito?
GIUSEPPE:      … si
GIOVANNI:    … CI FAI IL TRATT … PERO’ QUANDO VIENE IL CRASTO … “BATTITILO SEMPRE IN CAPO”
GIUSEPPE:      … si
GIOVANNI:    … PERCHÉ PUÒ AVERE QUALCHE… CAPITO?
GIUSEPPE:      … si
GIOVANNI:    … QUESTO E’ IL DISCORSO… PER EVITARE “U’ SCRUSCIO”
 

ELENCO ARRESTATI :
1.    DI GIACOMO Marcello, nato a Palermo il 30.11.1967, affiliato alla famiglia mafiosa di Porta Nuova;
2.    LIPARI Vittorio Emanuele, nato a Palermo il 27.06.1961, affiliato alla famiglia mafiosa di Porta Nuova;
3.    LIPARI Onofrio, detto Tony, nato a Palermo il 14.05.1990, reggente della famiglia mafiosa di Porta Nuova;
4.    MILANO Nunzio, nato a Palermo il 26.08.1949, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Porta Nuova;
5.    COMANDE’ Stefano, nato a Palermo il 15.04.1986, affiliato alla famiglia mafiosa di Porta Nuova;
6.    ZIZZA Francesco, nato a Palermo il 01.06.1982, affiliato alla famiglia mafiosa di Porta Nuova;
7.    GIOELI Salvatore, nato a Palermo il 01.09.1966, reggente della famiglia mafiosa di Palermo Centro;
8.    LO PRESTI Tommaso cl.75, nato a Palermo il 22.10.1975, reggente della famiglia mafiosa di Palermo Centro successivamente a GIOELI Salvatore.

 




PALERMO: SGOMINATA LA BANDA DELLE FINTE FORZE DELL'ORDINE

Redazione

Palermo – Agenti della Polizia di Stato, appartenenti alla sezione “Antirapina” della Squadra Mobile di Palermo, e Carabinieri della Compagnia di Partinico hanno eseguito un provvedimento di Custodia Cautelare in Carcere nei confronti di Sparacio Vincenzo, 25enne pregiudicato palermitano di via Piazza Ingastone, Parisi Mariano, 44enne pregiudicato palermitano di via Ranzano, e Vassallo Vincenzo, 37enne palermitano di via La Loggia.
Ai tre sono contestate violente rapine in abitazione, lesioni aggravate e falso materiale.                                                                                                                           
Abiti, almeno a prima vista, fedelmente riproducenti le divise delle Forze dell’Ordine, pistole, finti tesserini e decreti di perquisizione, artigianali lampeggianti: c’erano tutti gli elementi perché una banda di spregiudicati criminali ed abili trasformisti riuscisse a far passare una violenta rapina in appartamento per un’operazione di polizia.
Era così che, con tanto di garbo e frasario tipico delle Forze dell’Ordine, i malviventi riuscivano, alle prime luci dell’alba, ad avere schiuse direttamente dai proprietari, solitamente facoltosi commercianti, le porte degli appartamenti da depredare.
L’uscio delle abitazioni era il discrimine oltre il quale la cortesia “istituzionale” lasciava spazio alla violenta paura.
Già lo scorso 13 dicembre, poliziotti e carabinieri riuscirono a far luce su una delle rapine, nello specifico avvenuta il precedente 18 novembre in un’abitazione di Villagrazia di Carini, arrestando due dei tre malviventi (a finire in manette quella volta furono Parisi e Sparacio).
Il proseguo delle indagini, con le perquisizioni nei domicili dei fermati, ha consentito di ricollegare i fermati anche ad altri due analoghi episodi.
Lo scorso 8 novembre, 5 persone di cui uno travisato da carabiniere, a Isola delle Femmine, hanno suonato al citofono di una donna, titolare di una tabaccheria, annunciando una perquisizione.
Facilmente, i cinque hanno così avuto accesso all’appartamento occupato dalla donna e dai suoi due figli.
Una volta entrati,  i malviventi hanno rivelato le loro reali intenzioni con una frase che le indagini di polizia hanno accertato essere elemento di collegamento alle rapine: “la sceneggiata è finita, è in corso una rapina”. 
I due figli sono stati imbavagliati e legati ai polsi con fascette di plastica: il tentativo di reazione di uno dei due è stato tacitato con un violento calcio all’addome, mentre la donna è stata costretta a mostrare la cassaforte ed aprirla.
Particolarmente considerevole il bottino dei malviventi fatto di preziosi per un valore di almeno 20.000,00 euro e la somma di 3.000,00 euro in contanti.
Dopo breve tempo, il 20 novembre 2013, la banda di finti appartenenti alle forze dell’ordine ritorna a colpire, scegliendo, stavolta, la casa di un gioielliere di Partinico.
Alle 05:00 del mattino,  5 uomini, in questo caso quattro travestiti da finanzieri ed uno da carabiniere, con il solito copione, inscenando l’esecuzione di una perquisizione, si sono fatti aprire la porta di casa da una donna settantatreenne, convivente con il marito ed altri familiari. Anche in questo caso, i malviventi hanno usato metodi violenti e sbrigativi, concentrandosi sulla donna, minacciata con le brutte perché li conducesse  nella attigua gioielleria e, per questo, scaraventata a terra.
A sconsigliare i complici dal portare a termine il colpo un finto malore del gioielliere che si accasciava sul letto, simulando un’insofferenza cardiaca.
Nel caso della prima rapina, un’importante svolta è stata fornita dal ritrovamento nel domicilio del Parisi, avvenuto nel corso delle perquisizioni  eseguite lo scorso dicembre, di parecchi monili e preziosi riconosciuti dalle vittime di Isola delle Femmine, dai riscontri effettuati da Carabinieri e Poliziotti e dalle descrizioni somatiche  delle vittime.
Nel caso della seconda tentata rapina di Partinico, gli indizi sono legati ai positivi rilievi dattiloscopici che hanno accertato come le impronte trovate all’interno della vettura usata dai complici per raggiungere l’appartamento (abbandonata dai malviventi subito dopo la fuga) corrispondessero ad almeno un malvivente.
L’indizio più stringente è invece legato alla integrale registrazione visiva dell’arrivo e della fuga dei malviventi dall’appartamento, effettuata dalle telecamere esterne della gioielleria.
Ulteriore indizio significativo per gli investigatori è stata l’ingessatura al braccio del Parisi, notata in occasione del suo rintraccio a dicembre all’interno di una pizzeria, insieme ai due complici.
In quella circostanza, l’uomo, sottoposto a controllo, non solo ha cercato di celare la sua identità esibendo documenti falsi, ma  ha spiegato agli agenti e ai Carabinieri, insospettiti  della sua ingessatura, di aver avuto un incidente stradale.
Tale giustificazione non convincendo gli operanti ha determinato la richiesta di una  consulenza, grazie alla quale si accertava che la ferita era in realtà compatibile con l’esito di un colpo di arma da fuoco.
Gli investigatori hanno accertato come i tre odierni arrestati facciano parte di un sodalizio ben strutturato, probabilmente composto da rapinatori interscambiabili ed i cui restanti elementi, Polizia e Carabinieri, ritengono di potere identificare a breve.
Ulteriori dettagli verranno forniti durante un incontro che si terrà in data odierna alle ore 10: 30 nel complesso “Sant’Elisabetta” ubicato presso gli Uffici della Squadra Mobile di Palermo con la partecipazione del Capo della Squadra Mobile, Primo Dirigente della Polizia di Stato, Dr. Calvino, del Vice Questore Aggiunto, dott.ssa Como, dirigente della V sezione Antirapina della Squadra Mobile, del Tenente Colonnello Pierluigi Solazzo, Comandante del Gruppo Carabinieri di Monreale e del Capitano De Chirico, Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Partinico.  
 




PEDOFILIA IN RETE: 24 DENUNCIATI PER I REATI DI PORNOGRAFIA MINORILE E VIOLENZA SESSUALE

Redazione

Sono Impiegati, liberi professionisti, studenti, operai e pensionati i pedofili finiti nella rete della polizia postale di Udine.

Con l'operazione "Micione mio" gli agenti hanno scoperto una community di pedofili che adescavano minorenni e si scambiavano poi i loro contatti.

Le indagini avviate circa un anno fa e concluse oggi, sono partite dalla denuncia dei genitori di una bambina di 12 anni della provincia di Udine che, una volta adescata, era stata indotta ad inviare video ed immagini che la riprendevano in atteggiamenti erotici.

Nel corso delle investigazioni i poliziotti hanno individuato una rete di persone che adescavano le bambine mediante una community di "Netlog" e che, dopo essersi scambiati i riferimenti, intrattenevano rapporti con loro attraverso Messenger, Skype e WhatsApp, acquisendo filmati e foto delle loro conversazioni.

Numerose sono state le perquisizioni, coordinate dal Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia online del Servizio polizia postale e delle comunicazioni ed eseguite dagli agenti di Udine.

Le indagini hanno portato al sequestro di materiale informatico: 22 computer, 46 hard disk, 508 supporti CD e DVD, 46 pendrive, 50 telefoni cellulari e sim card, 11 memory card e documentazione varia ritenuta utile per successivi sviluppi.

Le città interessate dall'inchiesta sono Pesaro, Udine, Roma, Palermo, Caserta, Vibo Valentia, Brescia, Latina, Cagliari, Avellino, Monza e Brianza, Enna, Milano, Verbania, Lecce, Savona, Lucca, Forlì e Cesena, Genova, Torino, Bari, Verona e Benevento.

I 24 denunciati, hanno quasi tutti un'età compresa tra i 29 e i 54 anni; ci sono inoltre anche due ultrasessantacinquenni. Tra gli indagati ci sono anche quattro recidivi per reati di pornografia minorile e violenza sessuale.




PALERMO OPERAZIONE BUCATINO: ARRESTATO FRANCESCO PITARRESI PER ESTORSIONE, RAPINA E LESIONI PERSONALI CON L'AGGRAVANTE DEL METODO MAFIOSO

Redazione

Palermo – Ieri venerdì 4 aprile 2014, in tarda serata, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo hanno rintracciato e tratto in arresto Pitarresi Francesco, nato a Palermo, classe 1989. Il provvedimento restrittivo è stato emesso dal G.I.P. del Tribunale di Palermo su richiesta della locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia.L’ arrestato è ritenuto responsabile, a vario titolo, di “estorsione, rapina e lesioni personali, con l’aggravante di avere commesso il fatto con metodo mafioso, ovvero avvalendosi della forza di intimidazione connessa a un sodalizio di tipo mafioso e delle condizioni di assoggettamento ed omertà da essa derivanti”. L’arrestato è stato tradotto presso la casa circondariale “Pagliarelli”