Caso omicidio Serena Mollicone: il criminologo Carmelo Lavorino querela “Le Iene”

Sulla morte di Serena Mollicone – la ragazza di Arce trovata senza vita nel 2001 in un boschetto nei pressi di Arce – non è mai stata fatta chiarezza. Incolpato in un primo tempo il carrozziere di Rocca d’Arce, Carmine Belli, poi assolto in tre gradi di giudizio, ora i riflettori della procura di Cassino puntano sul maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, ex comandante della caserma dei carabinieri di Arce, sulla moglie Annamaria e sul figlio Marco.

Questo in seguito alla testimonianza del brigadiere Santino Tuzi, che riferì d’aver visto la ragazza salire nell’appartamento del maresciallo, in caserma. Il brigadiere Tuzi si è poi tolto la vita, senza aver potuto chiarire la sua testimonianza davanti al magistrato. Come consulente della difesa è stato chiamato il criminologo professor Carmelo Lavorino, autore, a suo tempo, dell’assoluzione di Carmine Belli.

Nonostante i processi si debbano celebrare in tribunale, da tempo è invalso l’uso di celebrarli mediaticamente, convocando, in alcuni programmi pruriginosi che attirano grande audience, personaggi vari e diversi – investigatori o presunti tali, parenti delle vittime che hanno da sciorinare le proprie supposizioni e teorie colpevoliste, pseudoesperti, sociologi – e -udite udite – giornalisti investigatori che imbastiscono indagini mediatiche molto ghiotte.

È il caso, stavolta, del noto programma ‘Le iene’, i cui operatori si sono rivolti al professor Lavorino, chiedendogli un’intervista a proposito del caso di Arce. Pare che non tutto, secondo Lavorino, sia stato fatto nel binario dell’obiettività e della correttezza che ogni professionista deve mostrare nell’esercizio della sua professione.

Il servizio è andato in onda, ma non secondo ciò che era stato registrato, secondo Lavorino.

Pare infatti che alcune frasi pronunciate dal criminologo siano state manipolate nel montaggio del servizio, assumendo così un significato che mai il professore aveva inteso dal loro. Questo è il motivo per cui Carmelo Lavorino ha sporto querela contro i giornalisti autori della registrazione, contro il programma televisivo, ed altri.

Di queste querele abbiamo ricevuto un comunicato stampa dal professor Lavorino, che pubblichiamo, sotto la piena responsabilità di chi lo ha redatto, affinchè il lettore meglio possa rendersi conto di ciò che è accaduto, e di ciò che potrà accadere.

Questo è il testo trasmessoci dal professor Lavorino

“Rendo noto che questa mattina ho presentato querela alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma per il tramite della Stazione dei Carabinieri di Gaeta (LT) nei confronti dei signori del programma televisivo LE IENE Alessia RAFANELLI, Veronica RUGGERI e Marco ALINI, del Direttore Responsabile del suddetto programma e di altri allo stato ignoti, per i seguenti motivi:

= MOTIVO 1. La sera di domenica 8 dicembre 2019 il canale Italia 1 di Mediaset mandava in onda una puntata del programma LE IENE, dove veniva trasmesso un servizio di circa 26 minuti dedicato all’omicidio di Serena Mollicone – Caso di Arce. Il servizio divulgava alcuni mie frasi estrapolate dall’intervista da me rilasciata agli inviati delle IENE (Veronica RUGGERI e Marco ALINI) il 19 novembre 2019 presso il mio domicilio. Delle suddette frasi (A) alcune sono state registrate in modo fraudolento all’interno del mio domicilio tramite il posizionamento a mia insaputa di uno strumento atto a registrare e mai sono state da me autorizzate ad essere divulgate, frasi da me espresse a fine intervista e a “telecamere spente”; (B) alcune sono state estrapolate dai responsabili del servizio dopo essere state astutamente, abilmente, slealmente e dolosamente tagliate, spostate e manipolate, in modo tale da cambiare il senso reale, il significato e il contesto delle mie parole e del mio pensiero, tanto che – ciliegina finale sulla torta – la parte finale dedicata alle mie dichiarazioni vedeva tagliata la mia frase iniziale “I CARABINIERI INIZIALMENTE HANNO PENSATO CHE FOSSE VERA LA DICHIARAZIONE DI ELVIRA MOLLICONE, LA MAESTRA” e inseriva soltanto la frase “la ragazza doveva andare dal dentista, lui le ha dato un passaggio”, PER COSÌ PRESENTARE COL SUDDETTO TAGLIO DOLOSO LA SEGUENTE “CLAMOROSA RIVELAZIONE” DECLAMATA IN POMPA MAGNA DA VERONICA RUGGERI: “Il primo giugno del 2001 Serena doveva andare dal dentista, TUZI secondo la difesa Mottola l’avrebbe incontrata, le avrebbe dato un passaggio un passaggio e l’avrebbe uccisa per motivi psichiatrici”. In tal modo – e ciò è gravissimo – si fa apparire falsamente la risposta del sottoscritto come riferita a una personale e propria conclusione deduttiva, eliminando il riferimento lo stesso fa all’ipotesi dei Carabinieri in un discorso riservato ed esplicativo, per poi effettuare la seguente manipolazione: mutare l’aggettivo “psichici” proferito dal sottoscritto quando ha parlato delle motivazioni della menzogna del Tuzi con “psichiatrici”.

= MOTIVO 2. Quanto sopra è stato messo in essere per fare risultare FALSAMENTE che io accusassi il brig. Santino TUZI di essere l’assassino di Serena MOLLICONE con l’obiettivo complesso di: (A) danneggiare la mia reputazione, la mia professionalità, (B) inibire le attività di consulenza che su incarico dell’avvocato Francesco GERMANI sto svolgendo per conto dei signori Franco, Marco e Annamaria MOTTOLA, per i quali la Procura di Cassino ha chiesto il rinvio a giudizio, (C) fare lo “scoop” mediatico con diversi scopi, fra cui quello dell’audience.

= MOTIVO 3. Le “accuse verso il brig. TUZI” messemi falsamente e dolosamente in bocca dal suddetto servizio hanno spinto la famiglia del brig. TUZI ed altri a propalare comunicati stampa contro il sottoscritto sino ad accusarlo di “infamia” e di “affermazioni calunniose” ed hanno sollevato indignazione, proteste e insulti da parte di moltissime persone nei miei confronti: hanno indotto molti giornali ed emittenti televisive a pubblicare INCAUTAMENTE titoli del tipo “Il criminologo Lavorino accusa il brig. Tuzi di essere l’assassino di Serena”; ha fatto sì che la famiglia Tuzi presentasse querela contro il medesimo per diffamazione, notizia, quest’ultima, anch’essa divulgata a livello nazionale e sempre riferita alle “mie dichiarazioni ‘accusatorie’ (sic!!!) di omicidio verso il brig. Santino Tuzi”, tanto che una giornalista compiacente, parziale e imprecisa, ha pubblicato, sulle manipolazioni delle IENE ai danni del sottoscritto, ulteriori falsità tutte denigratorie del sottoscritto.

= MOTIVO 4. È evidente che le condotte oggetto della mia querela hanno denigrato la mia persona nella sfera professionale, quale figura di esperto criminologo e criminalista, analista della scena del crimine, profiler e consulente globale investigativo, essendomi stata falsamente attribuita una tesi investigativa arbitraria e non riscontrata, così essendo stato additato come sostenitore di tesi infondate, tanto più scorretto in quanto mosso dal fine di fuorviare l’opinione pubblica e l’Autorità Giudiziaria in favore degli imputati per i quali svolgo la mia opera professionale di consulenza tecnica.

TRATTASI EVIDENTEMENTE DI UN PIANO COMPLESSO, BEN PREMEDITATO
E BEN AGITO, ANCHE IN PERFETTA SINCRONIA FRA LE VARIE PARTI: UN PIANO
RAGIONEVOLMENTE COMMISSIONATO DA SOGGETTI IGNOTI E GESTITO DA ALTRI E/O DAI
DENUNCIATI IN FASI DIVERSE E SINCRONIZZATE.

= MOTIVO 5- Il suddetto servizio delle IENE ha preso in giro,
ingannato e turlupinato quasi tutte le testate giornalistiche tramite
l’organizzazione e la divulgazione dell’INGANNO.

QUATTRO CONSIDERAZIONI DEL SOTTOSCRITTO:

– CONSIDERAZIONE 1- Sicuramente il servizio delle IENE,
eliminando la mia frase “È IPOTESI DEI CARABINIERI CHE” ed attribuendomi
falsamente le frasi accusatorie contro il brig. Tuzi, ha sollevato contro di me
la riprovazione di moltissime persone e giornalisti.

– CONSIDERAZIONE 2. Sicuramente vi è stato l’intento
diffamatorio della combinazione che mi ha teso la trappola e che i tre
denunciati hanno attivato contro il sottoscritto un progetto criminale ben
preciso consistito in fasi ideative-esecutive ben individuate e definite dal
sottoscritto.

– CONSIDERAZIONE 3- La falsa attribuzione alla mia persona
della tesi secondo cui il brig. Santino TUZI deve ritenersi l’assassino di
Serena Mollicone comporta, in via necessaria e di diretta consequenzialità, la
contestuale attribuzione a me medesimo di dichiarazioni diffamatorie nei
confronti del Tuzi, proprio in quanto arbitrarie e infondate, ha di fatto
indotto fraudolentemente e consapevolmente in errore chiunque – ed in primis la
figlia del brig. Tuzi, sig.ra Maria Tuzi – circa la consumazione da parte mia
della diffamazione, tanto da indurla a querelarmi, quale prossima congiunta a
tutela della memoria del defunto padre, ai sensi dell’art. 595 c.p.

– CONSIDERAZIONE 4- Il servizio delle IENE, lungi dall’avere
riportato mie dichiarazioni sulla scorta del diritto di cronaca (ma sono
iscritti all’Ordine dei Giornalisti i tre delle IENE???), appare avere commesso
esso stesso diffamazione ai danni del defunto Santino Tuzi, poiché la tesi
accusatoria nei suoi confronti è opera della sua stessa manipolazione
dichiarativa. Ne consegue che gli autori essi dovranno essere perseguiti per la
condotta oggetto della querela sporta dalla sig.ra Maria Tuzi (erroneamente nei
miei confronti).

Ho nominato mio difensore l’avv. Piergiorgio DI GIUSEPPE.

La querela sarà inviata anche all’Ordine dei Giornalisti, al
Garante della Privacy, a Mediaset, alla Direzione del programma televisivo LE
IENE e ad altre Autorità e Istituzioni con la richiesta di diretto intervento
affinché vengano stroncate e inibite vergognose attività di falsa informazione
basata sul cannibalismo, sulla manipolazione, sulla fraudolenza, sulla slealtà,
sul “taglia-sposta-incolla-fai quello che ti pare e piace tanto sei protetto
dall’interesse dell’audience”, sulla prepotenza, sull’inganno e sulla certezza
dell’impunità in quanto imbevuti dell’autoconvincimento di essere protetti a
livello legale e mediatico sempre in nome dell’audience.

Sono in fase di ultimazione altre querele verso altre persone e/o per altri reati.

Prof. Carmelo Lavorino”




Arce, omicidio di Serena Mollicone. Udienza preliminare per il Maresciallo dei carabinieri Franco Mottola: un caso in salita per il criminologo Carmelo Lavorino

Dopo diciotto anni, pareva che si avvicinasse la conclusione
del caso di omicidio che ha riguardato la morte di Serena Mollicone, ad Arce,
in provincia di Frosinone, uccisa presumibilmente il 1 giugno del 2001, giorno
in cui non fece ritorno a casa.

Ne fu trovato il cadavere due giorni dopo, il 3 di giugno, nel
bosco della Anitrella, in località Fontecupa, in un luogo già setacciato nelle
ricerche dai carabinieri. Il corpo era adagiato in posizione supina coperto da
alcuni arbusti e fogliame, la testa avvolta in un sacchetto di plastica, mani e
piedi legati con scotch e fil di ferro. Naso e bocca erano stati avvolti con
diversi giri di nastro adesivo, causando presumibilmente alla ragazza una lenta
morte per asfissia.

Del delitto fu accusato in un primo tempo Carmine Belli, un carrozziere
di Arce, condannato in prima istanza, poi assolto in appello e Cassazione
grazie al pool difensivo che vedeva come consulente il professor Carmelo
Lavorino.

Lo stesso criminologo è presente ora nel pool difensivo del
maresciallo Franco Mottola, ex comandante della stazione dei carabinieri di
Arce, di sua moglie Annamaria, e di suo figlio Marco, accusati dell’omicidio
che, secondo l’accusa, sarebbe avvenuto proprio nei locali della caserma dei
carabinieri. In particolare, il figlio Marco avrebbe avuto a che fare con un
giro di droga in paese, ragione per la quale Serena Mollicone quella mattina si
sarebbe recata in caserma per denunziare il figlio al padre: da qui il movente
per l’omicidio.  

La prima udienza preliminare per il rinvio a giudizio dei
Mottola si è tenuta ieri mattina, presso il Tribunale di Cassino. Dopo diciotto
anni, e dopo il lavoro ai fianchi effettuato nei confronti dell’opinione
pubblica dal padre di Serena e dai vari programmi di intrattenimento televisivi
che lo hanno visto ospite, Guglielmo Mollicone riteneva che le sue accuse, da
lui ritenute fondate in base alla conoscenza che lui stesso si era formata del
caso e degli eventi, trovassero finalmente la loro logica conclusione nella
condanna della famiglia Mottola. Ma così pare che non sia.

Lo stesso professor Lavorino che ha fatto assolvere Belli,
si occupa ora, con il suo team criminologico-investigativo, della consulenza
per la difesa dei Mottola.

Lavorino afferma che non assume mai la consulenza per la
difesa di persone che lui stesso, a ragion veduta, ritenga colpevoli. Si
prospetta per lui, dato tutto ciò che è stato detto e scritto, un lavoro in
salita.

Abbiamo voluto intervistarlo, e queste sono le sue parole

Carmelo Lavorino criminologo

Professor Lavorino, dopo l’udienza preliminare di oggi,
ritiene che il camino sia ancora lungo?

Ci vorranno ancora tre udienze, programmate per il mese di febbraio, in cui il giudice dovrà valutare alcuni aspetti. dopodichè verso aprile deciderà per l’eventuale rinvio a giudizio di una o più persone. Abbiamo presentato la nostra consulenza, del dottor Antonio Dalla Valle medico legale, dello psicologo dottor Enrico Delli Compagni, oltre che del sottoscritto, una relazione complessa, in cui affrontiamo tutti i temi, e praticamente confutiamo dal punto di vista tecnico-scientifico e criminalistico l’impianto accusatorio, e concludiamo con ventiquattro punti.

Professor Lavorino, ci dica un po’ chi è lei. Noi la
conosciamo da tempo, e conosciamo bene la sua professionalità e il suo ‘tirar
diritto’, ma visto che in televisione vanno sempre certi personaggi, vorremmo
far sapere a chi non la conosce chi è il criminologo Lavorino, quali sono state
le sue esperienze, quali casi ha trattato, e così via. Sappiamo anche che lei
cura la pubblicazione on line di un periodico che tratta di criminologia, e che
ha la gestione del CESCRIN, una scuola di formazione criminologica e
criminalistica.

Bè, mi sono formato essenzialmente sul campo, mi sono
occupato di circa duecentocinquanta omicidi, ho iniziato con i delitti del
‘mostro di Firenze’, attribuiti al contadino di Mercatale val di Pesa Pietro
Pacciani, che facemmo assolvere in appello assieme all’avvocato Nino Marazzita
con un pool tecnico investigativo fondato da me, e sono specializzato
nell’organizzare, fondare e coordinare pool tecnici di difesa o investigativi
di analisi criminale. Mi sono interessato del caso di Via Poma, facendo
prosciogliere Federico Valle, e poi del caso di Arce, in cui facemmo assolvere
in primo grado, appello e Cassazione Carmine Belli, accusato di essere
l’assassino di Serena Mollicone. Ora invece per gli inquirenti l’assassino non
è più Carmine Belli, ma l’assassino sarebbe Marco Mottola con il concorso del
padre e della madre. Ancora, l’omicidio di Cogne, e diversi altri. Sono
professore a contratto all’Università dell’Aquila alla facoltà di Scienza
dell’investigazione, in analisi e scena del crimine.

Quindi anche se il grosso pubblico televisivo non la
conosce, è chiaro che lei può vantare un’esperienza che pochi altri possano
dire di avere accumulato.

Sono d’accordo con lei soltanto sulla seconda delle sue
affermazioni. Per ciò che riguarda la prima, una volta il pubblico televisivo
mi conosceva, poi è successo che pian piano sono stato messo un po’ in
punizione, perché non mi piego mai ai dettami degli autori e di chi vuol far
diventare il crimine un argomento da salotto, in cui si parla di tutto e del
contrario di tutto senza avere le basi, e poi anche perché molti opinionisti
del crimine non gradiscono la mia presenza perché secondo loro potrei rubare
loro visibilità. E poi questi soggetti sono abituati, in maniera molto
maleducata, e non deontologica, che, congiuntamente alla loro attività di
opinionisti in certi programmi, poi si procacciano clienti proprio abusando di
questa visibilità. Io questo lo vedo in effetti come concorrenza sleale, però
tanto è, tanto succede in Italia, non m’importa nulla, ciò che mi importa è la
scienza del crimine.

Quindi lei possiamo dire che è un personaggio un po’
scomodo per la televisione.

Senz’altro per un tipo di televisione in cui è evidente il
pressappochismo nell’analisi criminale, nei fatti di cronaca, e in cui si cerca
di usare la tecnica del fango, la tecnica di molestare le persone imputate
perché le vogliono trascinare per forza sullo schermo per fare spettacolo,
eccetera. Io sono per uno studio del crimine, della criminologia e della
criminalistica e dell’investigazione criminale, in una forma seria, tecnica,
scientifica a prova, e con molta coerenza, bisogna essere coerenti.

Quindi, secondo ciò che si sente soprattutto in
televisione, in questi programmi di intrattenimento, quella che lei ha preso in
mano oggi è una patata bollente, forse derivante dall’esperienza che lei ha
maturato nella difesa del carrozziere Carmine Belli?

Certo, una patata estremamente bollente perché ci troviamo
contro tutti. Questa famiglia [Mottola ndr] è sospettata e anche indagata da
circa otto anni per l’omicidio di Serena Mollicone, e siamo riusciti ad
ottenere gli atti del processo, quindi conoscere le investigazioni fatte e i
capi d’accusa, soltanto da sei, sette mesi, e sono ben cinquantadue faldoni.
Naturalmente è una patata bollente perché li abbiamo tutti contro, perché
finora, l’opinione pubblica, grazie agli opinionisti, grazie alle ‘vittime’,
fra virgolette, che si lamentano di ciò che è accaduto eccetera, l’opinione
pubblica è stata ammorbata con la notizia che questi tre sono colpevoli e non
presunti innocenti. L’opinione pubblica è convinta fermamente che nella caserma
dei carabinieri DI Arce è avvenuto l’omicidio ai danni di Serena Mollicone,
cosa che, secondo me, è falsa. L’opinione pubblica è convinta che l’arma del
delitto contro Serena Mollicone sia la porta del bagno che è stata sequestrata
sempre in questa caserma. Secondo me e i nostri consulenti è una notizia falsa
e sballata. Hanno propalato per anni queste notizie, l’opinione pubblica ha
abboccato, ha bevuto tutto, e purtroppo ora ci troviamo a cercare di pulire, di
eliminare il veleno della vipera che si è sparso. Però devo dire che da quando
abbiamo incominciato a fare delle conferenze stampa con dei giornalisti, –  però a ragion veduta, perché lì abbiamo dovuto
studiare tutti quanti gli atti, non abbiamo sparato cavolate, come fa ogni
tanto qualche opinionista, senza sapere nulla, –  dobbiamo dire che il vento sta cambiando,
perché giornalisti e opinione pubblica stanno incominciando a rendersi conto di
non trovarsi di fronte ad un caso risolto, e che molte fesserie, o altrimenti
molte versioni di parte sono state finora propalate a cavolo.

Questa volta lei e il pool difensivo avete di fronte due
nuovi avversari, l’Arma dei carabinieri che si costituisce parte civile, e la
figlia del brigadiere Santino Tuzi. Lei, però, afferma che assume la consulenza
di personaggi che secondo le sue valutazioni non sono assolutamente colpevoli.

La famiglia Tuzi con la famiglia Mottola non c’entra nulla, quindi conseguentemente con la morte di Serena Mollicone. Noi avremo come avversari l’Arma dei carabinieri, i familiari della Mollicone, e probabilmente ancora qualcun altro. Però è una cosa che non ci preoccupa assolutamente, perché ora che siamo arrivati al contraddittorio, e tutto quello che dovrà essere fatto sarà fatto in maniera estremamente seria, organizzata, meticolosa, per cui daremo il massimo di quello che possiamo dare. Una cosa che mi da’ fastidio come essere umano e criminologo professionista, è che, quando facemmo assolvere Carmine Belli, accusato dello stesso omicidio, contro di noi c’erano tutti quelli che abbiamo contro anche oggi. Tutti quanti puntarono contro Carmine Belli come l’assassino di Serena Mollicone, addirittura anche i familiari di Serena vedevano Carmine Belli come l’assassino. Fummo noi a salvare il Belli, e congiuntamente salvammo anche la giustizia e la verità. Ora ci troviamo a fare lo stesso schieramento contro diversi avversari tra cui ci sono alcuni che sono gli stessi di prima, che così come prima hanno sposato una tesi senza avere cognizione di causa, lo stanno facendo tuttora. Quindi una patata bollente molto forte, e una sfida molto forte che noi accettiamo, perché siamo certi che il nostro lavoro si produrrà al massimo delle sue potenzialità.




Serena Mollicone, concluse indagini: cinque indagati

Tre sono della famiglia Mottola e dovranno rispondere per concorso in omicidio aggravato e occultamento di cadavere

La procura di Cassino (Frosinone) ha concluso le indagini sull’omicidio di Serena Mollicone, la studentessa di Arce uccisa all’inizio di giugno 2001, con il relativo “avviso” ai cinque indagati. Ci sono l’ex comandante dei carabinieri di Arce Franco Mottola, la moglie e il figlio Marco e due carabinieri all’epoca dei fatti in servizio nel comune in provincia di Frosinone. I tre membri della famiglia Mottola sono indagati per concorso in omicidio aggravato e occultamento di cadavere. L’ex comandante della stazione dei carabinieri di Arce Franco Mottola, la moglie Annamaria e del figlio Marco, che dovranno rispondere di omicidio volontario sono indagati per concorso in omicidio aggravato e occultamento di cadavere. IL sottufficiale dell’Arma Vincenzo Quatrale è indagato per concorso in omicidio volontario mentre un altro militare, Francesco Suprano, è indagato per favoreggiamento.




Delitto Serena Mollicone, perizia del Ris. Il criminologo Carmelo Lavorino aspetta le carte e prepara la difesa dei Mottola

Falso allarme, secondo il noto criminologo Carmelo Lavorino, incaricato dalla famiglia Mottola nell’ambito della difesa dall’accusa dell’omicidio di Serena Mollicone, 18 anni, ad Arce, avvenuto il 1 giugno del 2001. A dispetto di quanto comunicato dal RIS dei Carabinieri agli organi di stampa, il professor Lavorino non ritiene esatte le conclusioni a cui gli stessi sono giunti.

Secondo il RIS, infatti, Serena Mollicone sarebbe stata uccisa dal figlio del maresciallo dei carabinieri Mottola, Marco, il quale le avrebbe violentemente sbattuto il capo contro una porta della caserma dei carabinieri di Arce, porta su cui sono state trovate tracce di sangue.

Lui stesso poi – non è ancora chiaro se da solo o con dei complici – ne avrebbe trasportato il corpo nel boschetto di Fontecupa, ad Anitrella, 8 km. Da Arce.

L’assassino le aveva coperto il capo con un sacchetto di plastica, ad evitare di lasciare tracce di sangue, mani e piedi legati con scotch e fil di ferro. Naso e bocca avvolti da numerosi giri di fil di nastro adesivo, che ne avevano causato la morte per asfissia.

“Leggo con fastidio e stupore – dichiara il professor Lavorino – articoli dal titolo ‘Il cerchio si stringe attorno al figlio del maresciallo’, ‘Il delitto è avvenuto in caserma’, ‘Serena sbattuta con forza contro la porta della caserma’, ‘Un’informativa/rapporto incastra il figlio del maresciallo’, e similari, dove si travisano gli esiti degli accertamenti tecnici che qualche ignorante continua imperterrito a chiamare impropriamente ‘perizie’, si strumentalizzano alcune nostre eccellenze (leggere “RIS”), facendo credere all’opinione pubblica che i RIS concludano in tal senso… mentre non è vero, si attribuisce a un atto di parte – l’informativa – una valenza investigativa, tecnica e scientifica spropositata, dimenticando le regole del “giusto processo” e della cautela, non si tiene conto delle confutazioni della difesa.
Ricordo a tutti – prosegue il criminologo – che molti anni fa venne scritto, sempre a proposito del delitto di Arce: “Il cerchio si è stretto attorno al carrozziere Carmine Belli“. Ebbene, questi si fece ingiustamente 18 mesi di ingiusta detenzione e venne assolto soltanto grazie a noi del pool di difesa, in quanto demolimmo l’impianto accusatorio dei due sostituti procuratori e impedimmo un terribile errore giudiziario.
Ritengo che gli Inquirenti siano entrati, – ha proseguito Lavorino – ancora una volta, nel deserto dell’innamoramento del sospetto e dell’ipotesi per non uscirne più, avvolti dal pregiudizio del gruppo e dell’équipe e dall’autoconvincimento riverberante.
Aspettiamo la chiusura delle indagini, – ha concluso Lavorino – aspettiamo le carte, poi analizzeremo e valuteremo sia gli aspetti difensivi, sia quelli per individuare il vero assassino di Serena Mollicone”.

Aggiungiamo che ci auguriamo venga fatta chiarezza anche a proposito del suicidio del brigadiere Santino Tuzi, che apparve poco chiaro nelle sue modalità di esecuzione. Il brigadiere Tuzi, stando alle apparenze, si suicidò con la pistola d’ordinanza, nell’auto di sua proprietà, proprio il giorno prima della sua convocazione in Tribunale per essere interrogato quale persona informata sui fatti.




SERENA MOLLICONE: MAPPATURA GENETICA PER TUTTI GLI UOMINI DI ARCE

di Angelo Barraco
 
Roma – Oggi si è tenuta a Roma, presso l’Hotel Jolly Midas, una conferenza stampa in cui hanno presenziato: Guglielmo Mollicone, padre di Serena Mollicone, l’avvocato Dario De Santis, l’ex generale Luciano Garofalo e la psicologa Volpini. Il pool si è opposto alla richiesta di archiviazione e il 7 gennaio il giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Cassino deciderà se archiviare le indagini o no sulla tragica morte della 18enne di Arce scomparsa il 1 giugno 2001 e ritrovata due giorni dopo presso il bosco dell’Anitrella priva di vita, legata e occultata. Il pool avanzerà la richiesta di sottoporre il paese di Arce ad una mappatura genetica, precisamente tutti gli uomini di Arce. Gugliemo Mollicone spiega: “Con le nuove tecniche all'avanguardia intendiamo proporre al giudice di autorizzare la messa in atto di un metodo di rilevazione genetico identico a quello utilizzato per il caso di Yara Gambirasio. Siamo certi che finalmente le tracce di dna rinvenute sugli abiti di mia figlia Serena potranno avere un nome e un volto. Non possiamo arrenderci anche se sono trascorsi quasi 15 anni dal suo assassinio”. 
 
La scomparsa, le indagini. Serena Mollicone, la giovane studentessa di Arce  è morta a 18 anni nel giugno del 2001 e il suo cadavere fu rinvenuto nel bosco dell’Anitrella. Ma come si sono svolte le indagini in questi anni? Le indagini sul caso hanno avuto alti e bassi. Il 24 settembre 2002, la Procura di Cassino iscrisse nel registro degli indagati il carrozziere di Rocca D’Arce, Carmine Belli. Un indizio che inizialmente destò sospetti sull’uomo fu il rinvenimento del nastro adesivo. Il Belli aveva un nastro adesivo simile a quello che teneva mani e piedi di Serena legati, ma la comparazione delle impronte digitali ha portato esito negativo,  nell’ottobre del 2006, la Cassazione ribadì che il carrozziere era estraneo ai fatti. La svolta arriva però nell’aprile 2008, con la morte di Santino Tuzi, brigadiere dei carabinieri che in precedenza era stato ascoltato come persona informata sui fatti e aveva riferito che il giorno della scomparsa di Serena, aveva visto quest’ultima in caserma dai Mottola. Santino Tuzi successivamente però si suicida e tale morte è tutt’ora avvolta da una fitta cortina di mistero, perché Tuzi si uccide? Il 27 giugno 2011 vengono iscritte nel registro degli indagati cinque persone e sono: l’ex Maresciallo dei Carabinieri di Arce Franco Mottola, suo figlio Marco, un altro Carabiniere, Francesco Suprano, il fidanzato di allora di Serena Michele Fioretti e la madre del giovane, Rosina Partigianoni. Poco tempo fa il Procuratore Mario Mercone e gli investigatori del Reparto Operativo Provinciale dei Carabinieri hanno interrogato un uomo, l’uomo in questione non è stato iscritto nel registro degli indagati ma è stato ascoltato come persona informata sui fatti, vi erano inoltre accertamenti sulla busta e si parlava dell’isolamento di un DNA che presto avrebbe portato al nome dell’assassino, poi cos’è successo? Un caso che sembra avere la risposta dietro l’angolo ma ad ogni passo qualcosa non torna e tutto riparte da capo, si azzera e si annulla.