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OMID JAZI: ESCE IL REMIX DI "EGGREGORA", INTERVISTA ESCLUSIVA AL PRODUTTORE LA.PO FROST

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Tempo di lettura 9 minuti È la prima volta che un brano di Omid viene remixato da un’altra persona.

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di Angelo Barraco
 
Londra –  Omid Jazi, lontano dall’Italia, continua a regalarci grandi sorprese dalla Londra che ha ispirato il suo ultimo album “Tooting Bec”. E’ uscito il remix del brano “Eggregora”, contenuto in “Tooting Bec” e remixato dal produttore e musicista LA.po Frost. Musicista italiano ma londinese d’adozione. E’ la prima volta che un brano di Omid viene remixato da un’altra persona. In un’intervista passata abbiamo spiegato in dettaglio com’è nato “Tooting Bec”, oggi vi proponiamo in esclusiva un’intervista  fatta al produttore LA.po Frost e ad Omid Jazi, che ci hanno spiegato in dettaglio come è nata la loro collaborazione e come è stata concepita l’idea di remixare un brano. 
 
Omid  è un musicista eclettico, polistrumentista con un curriculum musicale da fare invidia ai più; nel 2011 ha suonato tastiera/synth e chitarre con i Verdena nel tour di WOW e con loro ha pubblicato l’ep RADAR, ha un gruppo con Nevruz (noto per la sua energetica partecipazione ad X Factor) dove suona la chitarra e canta, Nevruz invece suona la batteria. Il 28 febbraio 2012 esce il primo ep solista di Omid chiamato “Lenea”, un anno dopo esce l’album “Onde Alfa” e il 1 luglio del 2015 viene pubblicato dalla Nexus edizioni il nuovo album “Tooting Bec”.
 
Intervista al Produttore LA.po Frost:
 
– Come nasce la collaborazione con Omid? Ci saranno altre collaborazioni con Omid in futuro? Come mai hai scelto di remixare il brano “Eggregora”? Quali sono state le influenze maggiori che hai avuto nel rielaborare e remixare il brano?
 
Condividiamo un appartamento. Quando l'ho ascoltata attraverso il muro (e i muri a Londra sono di cartongesso) ho potuto immaginare sonorità che non appartenevano alla traccia originale, ma che in qualche modo la esprimevano.
Al principio ho cercato di dimenticare la versione originale, di non riconoscere quella canzone che avevo sentito più volte nei mesi precedenti. Così l'ho voluta immaginare diversa, nella sua vera natura, elegante e misteriosa, con un nuovo vestito, un vestito da sera. Ho pensato ad una versione elettro-acustica piena di livelli e profondità, e, dopo aver registrato la cassa e il basso, ho fatto delle prove con vari synth e suoni filtrati. Ne è venuta fuori una versione notturna molto cinematica alla quale Omid ha partecipato attento a tutti i passaggi della produzione. Averlo lì come supervisore ha senz'altro accentuato il mio mettermi in mostra e il mio spirito creativo, è stato stimolante. Ascoltata successivamente trovo che alcune sonorità ricordino un po' il James Blake di Brian Eno e gli Air di “10000hz Legend”. Io sono contento, lui pure, è stato divertente. Sarei curioso di sentirlo cantare in inglese per il prossimo esperimento insieme e mi farebbe piacere partecipare ai suoi progetti futuri.
 
– Come reputi il lavoro di Omid “Tooting Bec”?
 
“Tooting Bec” è senz'altro un lavoro di sincero spessore artistico. Disegna con esattezza e determina immaginari e concetti che forse non si sarebbero potuti esprimere altrimenti. Si nota da subito che c’è una necessità espressiva, una riflessione, una sostanza, non tanto nella forma ma nella sostanza in sé. 
“Tooting Bec”, e il lavoro di Omid in generale, credo abbia il potere universale di esistere al di là della forma, ne è la prova il remix di “Eggregora”. Le scritture appartengono al tempo fuori dal tempo. Si guarda dall'alto al basso ciò che è stato e ciò che si è stati. Ci si saluta da lontano forse con un po' di malinconia… musicale. Mi piace come la voce si mimetizza tra la musica e le armonie. Ritrovo parecchie somiglianze con i primi lavori di Battiato e le sonorità di Morgan dell’appartamento, ma anche del rock psichedelico anni ’70/'80 in generale. Se preso musicalmente e volendo usare etichette per semplificarne il messaggio, rappresenta un ottimo esempio di post rock psichedelico avanguardistico contemporaneo dal suono vintage.
 
– Chi è La.po Frost? Parlaci un po’ di te…
 
LA.po (Jacopo Tittarelli Rubboli) è un produttore musicale / musicista.
Iniziai a suonare la chitarra a 15 anni facendo le cover dei Nirvana in uno sgabuzzino sottoterra e poi a suonare il basso perché nella mia città non si trovavano "i bassisti" e quello che avevamo non veniva mai.
Mi ricordo che ho sempre voluto avere una visione globale della musica, non tanto approfondire uno strumento fino a quando non sai più nemmeno cosa stai suonando, ma saper suonare un po' di tutto, per essere autonomo e per “vedere le cose da lontano”, credo che questo sia un po' il vizio del produttore.
Il mio primo demo su cassetta 8 tracce e campionatore è datato 2001, non l'ho mai reso pubblico ma conteneva spunti interessanti electro-pop.
Con la band Frost ebbi diverse soddisfazioni: vinsi Arezzo Wave e il Premio Fondazione AW a 20 anni, nel 2003. Mi ricordo che cantavamo in inglese perché era figo, ascoltavo parecchio Beck e Blur. L’anno successivo suonammo davanti lo stadio di AW pieno di gente, prima di Groove Armada e Little Louie Vega. Ero vestito da motocross con il corpetto e gli stivali, con l'elmetto rosso da skateboard, altri erano in pigiama, uno in paillettes, le orecchie di Shrek, occhiali da sci e roba random tutta colorata. I Funkadelic hanno avuto un ruolo devastante nel nostro look.
Non possedevo un basso e siccome l’avevo sottratto di nascosto ad un amico che non lo sapeva, l’avevo ricoperto di carta stagnola, mi ricordo anche che mostrai il didietro al pubblico dopo la performance e che resi felici diversi giornalisti per questo.
Nel 2005 era già uscito il nostro primo disco in inglese che ci fece partecipare al reality show "MTV A CUT" filmato a Londra con Anastacia, fu una grande esperienza che mi aprì gli occhi sul cosa fare: comprai una batteria, feci un corso di tecnico del suono e mi feci un piccolo studio con Ricc dove produrre.
Il disco in italiano arrivò 4 anno dopo, dopo diverse fatiche ed esperienze (incluso il progetto jazz e semi acustico) e i vari tour in tutto lo Stivale.
Live music non mi bastava più così iniziai a fare il DJ portando avanti per 3 anni  il progetto electro "Frost Dj Sexx” o “FDS" dove suonavamo mash-up ’80-’90 e versioni “fidget” e “nu-disco” fatte da noi. Aprivamo a molti artisti prima e dopo i concerti, remixammo Bugo, UWT, Dopefish, Captain Mantell, Frank Agrario e una marea di bootleg inclusi Major Lazer, New Order e Taxman dei Beatles.
Era molto divertente, mi ricordo che feci un costume da robot con degli scatoloni e che suonammo pure con Camerini.

– Poche parole per delineare la storia della sua carriera, perché Londra?
 
Ho letteralmente fatto di tutto in italia, persino la band a Loredana Berté, provino con la Caselli e live set in discoteca dove suonavamo improvvisando sopra i DJ e facevamo qualche cover a sorpresa super funk ’70 tra cui 'Il Veliero' di Battisti!
Ma non ne potevo più. Tutte le volte che mi chiedevano cosa facevo e rispondevo con: “Il produttore e il musicista” mi rispondevano con: “Sì, ok , ma che lavoro fai?"
Cosi decisi di spostarmi a Londra con un amico con il quale fondai il progetto “Fanny Games” tipo “FDS” ma più electro e meno '80s.
Per 2 anni lavorai in un ristorante come chef, ma contemporaneamente producevo FG… Con FG ho suonato in tutta Londra!
Ho persino aperto a Alex Metric al Koko, eravamo forti dal vivo e che avevamo il supporto di Phonat e della Mofo Hi-F, ma poi il mio amico tornò in Italia e io mi misi a fare Naives insieme a Marc Jacc, che suonò la batteria con “FG” in un gig a Pigalle (Parigi).
“Naives”, che tutt’ora produco, è il mio progetto musicale dove suono il basso e campionatore. Siamo supportati da Gary Crowley della BBC e da diverse radio UK. Tra poco faremo uscire un album di remix (30 Gennaio) e il terzo singolo “Fashion Pineapple” con il video girato alle Seychelles, in attesa dell’album vero e proprio per metà 2016.
Oltre a questo sono ghost producer per diversi DJ e artisti più o meno importanti e lavoro come produttore musicale per diverse compagnie di advertising radiofonico e televisivo.
Concludendo, Londra rappresenta un melting pot che a Perugia (e in Italia) non sono riuscito a trovare in 28 anni che ho vissuto là. È vero ho avuto diverse esperienze gratificanti, ma l’attenzione alla musica che si trova a Londra non sono riuscito a trovarla in Italia.
Purtroppo, non per parlare di luoghi comuni, in Italia la cultura artistica in generale (e io ho due lauree artistiche: una in pittura e una come produttore musicale) non è supportata. Qui a Londra, persino il giardino che è stato di Tizio e Caio è un museo con un caffè e delle persone che ci lavorano dentro. A Londra s’investe sulla cultura, in Italia purtroppo no. Noi potremmo benissimo vivere di cultura e turismo, se solo fossimo meno ignoranti.
Per cambiare discorso, esiste anche qui una grande competizione e spesso è difficile farsi sentire, ma grazie alla preparazione musicale italiana, quella attenta di chi ascolta (e riproduce) ciò che viene dall’oltremanica (e oltreoceano), diventa più facile. Paragonato a quello inglese, siamo un popolo di esibizionisti, un italiano lo riconosci subito!!! Forse ci risulta più facile esprimerci, forse ci piace “fare il verso” di chi è figo perché per noi diventare fighi è un obiettivo di vita… da qui nasce sicuramente l'esterofilia che è senz’altro il motivo (e il primo stage) per il quale tutto ciò che è inglese è più figo di ciò che è Italiano. In realtà è solo diverso e non supportato a dovere, la poesia della lingua italiana non è paragonabile alla semplice e diretta musicalità della lingua inglese. Credo che ora ho un'esterofilia della lingua italiana, dopo 6 anni che vivo a Londra, e incomincio ad apprezzare quella che è (era) la canzone italiana. Se guardo Sanremo mi deprimo però… spero che quest’anno ci siano artisti interessanti, artisti veri, staremo a vedere.
Omid perché non ci vai? Ci vogliono le spinte?

Intervista ad Omid Jazi:

– Il remix è un nuovo tassello nella tua carriera artistica, come reputi questa esperienza?
 
È troppo presto per poterlo dire, ma al momento della sua uscita ho ricevuto due proposte da due diversi artisti che mi hanno chiesto di remixare dei loro pezzi, anche se bisogna sottolineare che il remix di Eggregora è stato realizzato prevalentemente da Lapo. Avere più materiale disponibile per l'ascolto mi sembra indispensabile oggi, visto che l'attenzione del "pubblico" è centellinata e ipervelocizzata. Mi sembra un buon modo per donare qualcosa di mio. Affrontare un remix come questo è stato una sorta di ulteriore prolungamento artistico, senza voler entrare a far parte di una scena elettronica o meno, queste sono cose che non mi interessano, è semplicemente sperimentazione, è un valore aggiunto.
 
– Come hanno reagito i fans al remix?
 
Come dicevo prima, spesso nella gente prevale l'istinto sulla riflessione. Devo dire quindi che gli ascolti su Soundcloud, i like su Facebook etc. dimostrano che chi mi segue non è stato indifferente. Tutto questo correre, accompagnato forse da un po' di “timore” verso un musicista, lascia poco spazio a commenti o messaggi sui miei post su Facebook ad esempio. Proprio per questo questi episodi sempre più rari scaldano il cuore più delle fredde cifre, mi fanno sentire quello che di vero hanno le persone e lo apprezzo enormemente. 
 
– Uscirà un videoclip del brano?
 
Per l'album Onde Alfa ho realizzato dei video con il mio Macbook, è stata una roba che non mi pento di aver fatto ma che comunque di basso profilo artistico, per scarsità di mezzi, il fatto è che non riesco a starmene fermo, ho una implacabile esigenza di espressione. Per questo disco invece, ovvero Tooting Bec, mi premeva creare dei contenuti più versatili. Per quanto riguarda i video mi sono dato l'obiettivo di crearne alcuni che rappresentassero bene il movimento emotivo che i brani trasportano. Prima di procedere alla realizzazione di questo videoclip ho voluto conoscere bene il regista Marco Panichella, mi sono fidato subito di lui ma sentivo la necessità di entrarci in connessione empatica. Quando è arrivato il giorno in cui ho visto nelle sue visioni una connessione intima a quello che è il pezzo mi sono completamente fidato, ero sicuro che avesse capito cosa dovevamo fare insieme. È stata una esperienza meravigliosa, perché c'è stata condivisione. Poi il fatto che siamo tutti e due qui a London da anni, ci ha spinto come spesso accade in questi casi a voler eccellere, nonostante i budget sempre ridotti all'osso. Io credo nella collaborazione amorosa, spesso i video sono fatti in modo completamente casuale, molti videomaker non cercano di capire il mood e lo stato emotivo della musica, incollano sequenze di immagini senza entrare in connessione empatica con la musica. Invece in questo caso io sono estremamente soddisfatto del lavoro di Marco Panichella, sono soddisfatto di aver fatto questa esperienza con lui qui a London e devo dire che l'essere diventati amici ha aiutato il processo di stretta connessione tra il video e la musica. 

– Ti sei avvalso di una collaborazione importante e che ha stravolto il brano, pensi di ripetere l’esperienza in futuro e/o lavorare su qualcosa di simile?
 
Perché no. In un certo senso è un lavoro che faccio spesso già nel percorso di preparazione di un pezzo completo. Di solito un mio brano nasce in un modo e finisce in un altro completamente differente. Arriva però un punto dove il processo di trasformazione del materiale deve interrompersi, deve avere un limite, che ti devi imporre altrimenti non si finisce mai. Una volta accettato il perimetro all'interno del quale il brano deve esprimersi si parte con il lavoro di fino, di produzione, di missaggio e successivamente di mastering. Tutti questi passaggi avvengono in un lasso di tempo piuttosto lungo durante il quale ti ritrovi ad ascoltare lo stesso brano migliaia di volte, come se fosse una sequenza di numeri, ad entrare nel dettaglio, nella matrice. Capisci benissimo quindi cosa voglia dire riaprire nuovamente lo stesso brano per farne un remix, è qualcosa di assurdo, ma mi ha divertito tantissimo, sono riuscito ad entrare di nuovo nel brano anche se era completamente diverso, forse bisogna avere un po' la testa per aria per fare queste cose, altri potrebbero innervosirsi parecchio, io no. Ci sto bene e basta. Però voglio sottolineare ancora, che il remix è stato fatto da Lapo, io ho partecipato ma in veste di featuring, altrimenti chi me l'avrebbe fatto fare di riaprire nuovamente una canzone bella e chiusa? Il fatto è appunto questo, i remix vengono fatti da artisti diversi rispetto a chi ha composto il brano. Quindi posso dire che ancora una volta, sono stato una voce fuori dal coro anche questa volta, questa è innovazione, sperimentazione, cibo.
 
– Prossimi progetti in cantiere?
 
Sì ce ne sono, ma per adesso vorrei ricordarvi che il video di Eggregora uscirà tra poco, probabilmente entro aprile, sono molto contento di lavorare con un regista professionista come Marco Panichella. Credo che dare un aspetto visivo alla musica sia un processo molto affascinante, per questo sto già pensando ad altri video di brani di Tooting Bec.

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Finlandia, Finnair: ecco le novità su frequenze e rotte per la compagnia di bandiera

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La compagnia di bandiera finlandese, Finnair, ha aggiornato il suo programma di traffico per l’estate 2025. In Giappone, Finnair aggiungerà frequenze per Tokyo Narita, offrendo così voli giornalieri sia per Tokyo Haneda che per Tokyo Narita nell’estate 2025. Inoltre, Nagoya otterrà una terza frequenza settimanale.
 
Finnair introduce anche una nuova destinazione nella Norvegia settentrionale, la città di Kirkenes, a partire dalla stagione estiva 2025, volando a Kirkenes da Helsinki via Ivalo, Lapponia finlandese, tre volte a settimana, operando con un aereo ATR da 68 posti. La nuova rotta serve i viaggiatori finlandesi e internazionali che desiderano esplorare sia la Lapponia finlandese che la Norvegia settentrionale e sperimentare, ad esempio, la famosa crociera Hurtigruten che salpa da e per Kirkenes. 
 
“Siamo lieti di presentare una destinazione che rafforza ulteriormente la nostra già estesa rete nella regione artica. La nuova rotta consente un collegamento agevole per i clienti che viaggiano verso la Norvegia settentrionale, rendendo facile e veloce raggiungere la destinazione da Helsinki”, dichiara Ole Orvér, responsabile commerciale di Finnair. 
 
Nei Paesi Baltici, Finnair aggiungerà frequenze a Tallinn, Riga e Vilnius per l’estate 2025 ed ha altresì aggiornato il suo programma di traffico invernale 2024, aggiungendo frequenze per Dallas, rendendolo un servizio giornaliero tutto l’anno. I voli Finnair per Dallas offrono collegamenti fluidi con l’ampia rete di American Airlines dal suo hub di Dallas. 
 
I voli possono ora essere prenotati su Finnair.com. 
 
*Stagione invernale 2024: 27.10.2024-29.3.2025; stagione estiva 2025: 30.3.2025-25.10.2025
 
*Aggiornato il 12.4.2024 sulle frequenze verso i Paesi Baltici.
 
Lapponia e Kirkenes, per una fresca estate ed esperienze artiche
 
La citata Kirkenes, una graziosa cittadina dell’estrema Norvegia nordorientale, affacciata sul mar di Barents,è nota per il suo fascino artico e la natura mozzafiato. Grazie alla sua vicinanza a Russia e Finlandia, la città ha una storia complessa ma affascinante. Qui è possibile ammirare una vista tranquilla di fiordi, montagne e paesaggi di tundra. In inverno è possibile ammirare le magiche aurore boreali, mentre in estate il sole di mezzanotte illumina Kirkenes tutto il giorno. Per quanto piccola, Kirkenes, ca. 3500 abitanti, offre una lunga lista di attività che si possono svolgere. Gli appassionati di storia possono immergersi nel passato di Kirkenes visitando il Borderland Museum. Chi sia alla ricerca di un soggiorno in un hotel unico può visitare il Kirkenes Snowhotel, dove gli interni sono costituiti da ghiaccio e neve tutto l’anno. 
 
Se si è amanti dei frutti di mare, si può provare l’emozionante safari del granchio reale, con la possibilità di pescare personalmente la propria cena. Kirkenes offre anche un’infinità di attività per gli amanti della vita all’aria aperta, dalle slitte trainate da cani e dalle motoslitte in inverno alle escursioni e alla pesca in estate.
 
Kirkenes sarà la terza destinazione di Finnair nel nord della Norvegia: sia Tromsø che Bodø sono collegate con Rovaniemi e Helsinki.
 
Negli ultimi anni la Lapponia finlandese sta registrando un boom del turismo internazionale, soprattutto durante la stagione invernale. Dalla stazione sciistica di Saariselkä, autobus carichi, soprattutto di viaggiatori asiatici, si sono riversati quest’inverno a Kirkenes per sperimentare la costa del Mare di Barents e assaggiare il granchio reale.
 
Negli anni ’60 e all’inizio degli anni ’70, Finnair aveva una rotta da Helsinki via Ivalo a Kirkenes.
 
Kirkenes dista dall’Italia sui 4000 km.
Privo di virus.www.avast.com

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Israele: imminente l’attacco sull’Iran

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Netanyahu: “Israele risponderà all’attacco dell’Iran ma lo farà in maniera saggia e non di pancia”

A poco meno di 48 ore dalla pioggia di droni e missili arrivati sul territorio dello Stato ebraico, il governo di Benyamin Netanyahu sembra aver fatto la sua scelta, mentre Teheran – che ha già messo in stato di massima allerta le sue difese aeree – ha ammonito che l’eventuale azione armata di Israele stavolta “avrà una risposta molto dura”.

Quattro funzionari statunitensi hanno dichiarato però alla Nbc News che un’eventuale risposta israeliana all’attacco iraniano sarà di portata limitata e riguarderà probabilmente attacchi contro armamenti militari iraniani e agli alleati al di fuori dell’Iran. Poiché l’attacco iraniano non ha provocato morti o distruzioni diffuse, secondo i funzionari americani, Israele potrebbe rispondere con una delle sue opzioni meno aggressive: una di queste potrebbe includere attacchi all’interno della Siria.

I funzionari non si aspettano che la risposta prenda di mira alti funzionari iraniani, ma che colpisca le spedizioni o le strutture di stoccaggio con parti di missili avanzati, armi o componenti che vengono inviati dall’Iran a Hezbollah. L’emittente specifica che la valutazione degli Stati Uniti si basa su conversazioni tra funzionari statunitensi e israeliani avvenute prima che l’Iran lanciasse più di 300 droni e missili contro Israele: mentre Israele si stava preparando per l’attacco iraniano la scorsa settimana, i funzionari israeliani hanno informato gli omologhi Usa sulle possibili opzioni di risposta.

L’operazione verso cui si sta dirigendo Israele si scontra inoltre con la forte opposizione Usa e di quella degli alleati che l’hanno affiancato nell’abbattere il 99% dei proiettili lanciati da Teheran. Joe Biden, che aveva frenato la reazione israeliana nelle prime ore, ha ribadito chiaramente che “occorre evitare un’escalation in Medio Oriente” ricevendo il primo ministro iracheno alla Casa Bianca. Mentre il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby, dopo che erano filtrate indiscrezioni su un possibile coordinamento tra Gerusalemme e Washington, ha chiarito che “il governo israeliano deciderà da solo se ci sarà e quale sarà la risposta” all’affronto iraniano.

“Gli Stati Uniti non sono coinvolti”, ha sottolineato Kirby, definendo poi “uno spettacolare fallimento” l’offensiva di sabato di Teheran, quasi a blandire l’alleato israeliano, smentendo peraltro che Teheran “avesse fornito agli Usa tempi e target” dei raid. “Non c’è altra scelta se non quella di rispondere all’attacco di Teheran”, ha detto il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant al capo del Pentagono Austin. E anche il comandante dell’Idf, Herzi Halevi, ha confermato che “la risposta ci sarà”. “Il lancio di così tanti droni e missili sul nostro territorio avrà la sua risposta”, ha avvertito.

Se la reazione armata appare a questo punto scontata, cruciale sarà capire come reagirà Teheran. Il gabinetto di guerra – che al dossier Iran ha già dedicato due riunioni e un’altra è in programma martedì – sta studiando “diverse opzioni”. Ognuna delle quali, è stato spiegato, rappresenta “una risposta dolorosa” per gli iraniani, senza tuttavia rischiare di scatenare “una guerra regionale”. Nel ristretto gruppo di ministri – da Netanyahu a Gallant a Benny Gantz – che deve prendere la decisione, l’obiettivo è quello di scegliere un’opzione che “non sia bloccata dagli Usa” e che rientri in una strada praticabile. Israele, fanno notare molti analisti anche in patria, non può ignorare del tutto le preoccupazioni degli Stati Uniti e degli altri alleati occidentali su un’escalation che avrebbe conseguenze devastanti per la regione e non solo.

Così i vari scenari vanno da un contrattacco diretto sul territorio iraniano a operazioni che colpiscano gli alleati del regime degli ayatollah nella regione fino ad azioni mirate sui capi delle Guardie rivoluzionarie. Nella prima ipotesi, la più pericolosa, nel mirino potrebbero finire addirittura i siti legati al nucleare iraniano il cui programma, secondo il premier britannico Rishi Sunak, “non è mai stato a uno stadio così avanzato”.

L’Iran da parte sua ha messo in guardia Israele. “L’attacco limitato di sabato sera – ha affermato il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian in un colloquio telefonico con l’omologo russo Serghei Lavrov – mirava ad avvertire, scoraggiare e punire il regime sionista. Ma se Israele intraprenderà una nuova azione contro l’Iran, dovrà affrontare una risposta molto più forte”. 

Netanyahu, Iran dovrà aspettare nervosamente nostra risposta

L’Iran dovrà aspettare “nervosamente senza sapere quando potrebbe arrivare l’attacco, proprio come ha fatto fare lo stesso a Israele”. Lo ha detto il premier Benyamin Netanyahu ad una riunione dei ministri del Likud. Poi ha aggiunto – secondo la stesse fonti – “Israele risponderà all’attacco dell’Iran ma lo farà in maniera saggia e non di pancia”.

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Russia, Evgenya Kara-Murza: “Putin va fermato”

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“La Russia ha un unico ed enorme problema interno ed è il regime di Putin.

Tutto il resto proviene a cascata da questo” perciò “Putin va fermato. L’unica garanzia di pace e stabilità per il nostro continente è una Russia democratica”. A parlare, in un’intervista esclusiva al Festival Internazionale del Giornalismo 2024 anticipata all’ANSA, è Evgenya Kara-Murza, moglie di uno dei più noti politici d’opposizione in Russia, Vladimir Kara-Murza, dall’aprile 2022 in carcere dove sta scontando una condanna a 25 anni di reclusione con l’accusa di vilipendio alle forze armate e alto tradimento.“Mio marito è sopravvissuto a ben due agguati, nel 2015 e nel 2017, da parte del gruppo di spionaggio Fsb (i servizi segreti russi, ndr), una banda di criminali al servizio del governo russo, implicati anche nell’avvelenamento con il Novichok”, racconta la moglie dell’oppositore che ha dovuto rinunciare alla sua partecipazione in presenza al Festival di Perugia, in programma dal 17 al 21 aprile. Nella video intervista, che sarà trasmessa sabato 20 aprile, Kara-Murza racconta di non vedere il marito dal giorno del suo arresto nell’aprile 2022: “Mi è stato concesso di parlargli al telefono solo un paio di volte. L’ultima a dicembre per soli 15 minuti. Abbiamo tre figli e ho lasciato che parlassero con il padre per cinque minuti ciascuno. Non ho scambiato nemmeno una parola con lui perché non volevo togliere tempo prezioso ai suoi figli”. La donna è un fiume in piena e le accuse a Mosca sono dirette e circostanziate.

“Questa è un’autentica tortura psicologica che il regime utilizza nei confronti di chi rifiuta di rimanere in silenzio di fronte alle atrocità del governo russo e denuncia la guerra in Ucraina. Il regime di Putin ha rispolverato tutto l’intero arsenale della macchina repressiva sovietica, incluso l’uso di punizioni psichiatriche. Vuol dire che oppositori e dissidenti possono essere rinchiusi con la forza in cosiddetti ‘ospedali psichiatrici’ ed essere sottoposti a trattamenti psichiatrici contro la loro volontà”. Evgenya Kara-Murza non nasconde la sua preoccupazione per la salute del marito che ha perso 25 kg da quando è in carcere. Dallo scorso settembre è rinchiuso in una cella di isolamento nota con le sue iniziali russe come EPKT. La cella di sei metri quadrati ha un solo sgabello, una piccola finestra chiusa da sbarre e un letto che si ripiega nel muro durante il giorno. Nessuna possibilità di comunicare con l’esterno, neanche tramite lettere. “L’obiettivo del regime di Putin – spiega Kara-Murza – è quello di isolare gli oppositori dal mondo. Di farli sentire soli e dimenticati. Per questo è importante continuare a parlare di loro, che i nomi dei dissidenti russi e che le loro storie siano conosciuti”.

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