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Donald Trump e il disordine strutturale dell'essere umano

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di Paolino Canzoneri

Uomo tutto d'un pezzo, Donald Trump ha da sempre mostrato un carattere molto deciso e sicuro che lo ha da sempre favorito nella sua ascesa imprenditoriale iniziata da giovanissimo dopo un percorso educativo trascorso fra la New York Military Academy e i successivi studi assidui che gli diedero modo di laurearsi in Economia e Finanza presso la Wharton School of Businness in Pennsylvania. Favorito dalla carriera societaria del padre nel campo immobiliare, Trump non tardò di certo a mostrare quella sua spiccata predisposizione agli affari e all'importanza di considerare i media televisivi e web quali trampolino di lancio per la notorietà. Da sempre capitalista convinto, Trump ha subito chiarito, a scanso di fraintendimenti, la sua fiera appartenenza a quella classe imprenditoriale fortemente sostenitrice del modello americano. Imprenditoria, sviluppo e industria tesi alla produzione e al consumo visti come scopo assoluto e obiettivo unico, come cieca finalità al fine di consentire il tenore di vita agiato dei più ricchi e con relativo interesse alle classi meno abbienti e di sangue misto presenti nel vastissimo territorio americano. Le grandi industrie colosso negli Stati Uniti d'America hanno accolto benevolmente Trump dimostrandogli fiducia e riconoscendogli grande capacità imprenditoriale grazie agli ingenti investimenti che nel giro di pochi anni lo hanno fatto entrare a forza nella lista degli uomini più ricchi d'America alla posizione 405 con un patrimonio di oltre 4 miliardi di dollari anche se durante una intervista televisiva lui stesso ha dichiato che il suo patrimonio si aggirava invece sui 9 miliardi di dollari. Considerato come perfetto candidato e uomo ad hoc per preservare e favorire gli interessi dei vari zio Paperone in tutte gli stati americani, Donald Trump pensa bene di candidarsi nel giugno del 2015 nella corrente dei Repubblicani riuscendo tra l'altro ad ottenere immediati consensi e pioggia di voti nelle primarie che hanno consentito di fare chiarezza su quali stati fossero dalla sua parte e quali invece dimostrano ancora oggi forte ostilità per via della presenza di popolazioni di colore, di ispanici e messicani da sempre visti come invasori pericolosi e criminali; Trump infattti non ha mai nascosto il suo razzismo e la sua scialba considerazione all'ipotesi di accoglienza delle popolazioni messicane viste come pericolose ed eversive. La sua campagna elettorale si è da subito incentrata sulla rassicurazione al popolo americano (ricco e capitalista) che ogni sforzo di emarginazione e controllo di tutte le popolazioni del sud sarebbe sempre stato fra i principali punti di programmazione politica e accanto alla tutela fiscale per le grosse multinazionali delle armi sono tornati propositi di muri nelle frontiere con il Messico, argomenti che sanno di vecchio e di evidente arretramento per un popolo che nello scacchiere mondiale muove e manovra più o meno responsabilmente le sorti e gli equilibri di tutti. A peggiorare un profilo pieno di "crepe" e di scarsa credibilità, vi è anche una forma di maschilismo e sessismo che svilisce quella integrità e quei valori che dovrebbero tenere in piedi e in asse qualsiasi uomo politico che intende rappresentare intere comunità e in questo putroppo Donald Trump, incapace forse a cibarsi di cultura,  preferisce invece ingozzarsi di piaceri materiali che trascendono il rispetto per la donna vista come mezzo di soddisfazione di "pruriti" carnali. Più volte nella sua carriera di imprenditore si è lasciato andare in inopportuni e vergognosi episodi di molestie sessuali sempre approfittando e abusando del suo potere, della sua carica e sopratutto dei soldi che il più delle volte fomentano la perdita del raziocinio in una direzione patologica da delirio di onnipotenza. La storia antica dell'America facilmente trascrivibile in un libretto di poche pagine paga la mancanza di contatti con culture ed etnie varie e oltre ai nativi indiani sterminati senza tanti convenevoli non vi è mai stato contatto con altre popolazioni e questo ha causato una precisa convinzione di perseguire ideali tesi alla produzione e al consumo cieco e veloce senza margini di considerazione per nient'altro. La campagna elettorale americana lunga ed estenuante è stata una sorta di caccia allo scheletro nell'armadio dell'avversario, una ricercata costruzione di "gogna mediatica" al solo scopo di screditare l'altrui credibilità sguinzagliando i collaboratori per scandagliare eventi del passato alla ricerca di qualche peccato veniale o meno al solo scopo di rafforzare la propria credibilità. E non lo sarà stato per Trump apparire in un video di Playboy accanto alle conigliette sensuali e mezze nude e tantomeno le tante denunce di donne molestate in diversi periodi nel posto di lavoro o privatamente, tutti elementi che mostrano una persona debole troppo fragile dinanzi agli istinti sessuali. Appare evidente quanto rabbioso debba essere stato per il Tycoon trascorrere la campagna elettorale avendo una donna quale unica e forte contendente, la probabilità d'esser battuti da una "femmina" deve aver aumentato la dose di stress e prova ne sono stati i molti strafalcioni e clamorosi scivoloni "social" con tutta una serie di tweet rabbiosi e fuori luogo che negli ultimissimi giorni hanno convinto i collaboratori di Trump a sospendergli l'account. Elementi oggettivi che un presidente non dovrebbe avere e che la dicono lunga sull'importanza della integrità mentale e del self control che una persona deve avere quando si appresta a coprire un ruolo fondamentale nelle sorti del mondo intero. Il talento imprendoriale non può bastare per compiti cosi importanti e condurre la campagna elettorale paventando muri, intolleranze razziali, sessismo, cieco consumismo e totale servilismo verso le industrie delle armi non potrà mai durare perchè quella strada porta solo al disordine strutturale dell'essere umano. 

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Israele: imminente l’attacco sull’Iran

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Netanyahu: “Israele risponderà all’attacco dell’Iran ma lo farà in maniera saggia e non di pancia”

A poco meno di 48 ore dalla pioggia di droni e missili arrivati sul territorio dello Stato ebraico, il governo di Benyamin Netanyahu sembra aver fatto la sua scelta, mentre Teheran – che ha già messo in stato di massima allerta le sue difese aeree – ha ammonito che l’eventuale azione armata di Israele stavolta “avrà una risposta molto dura”.

Quattro funzionari statunitensi hanno dichiarato però alla Nbc News che un’eventuale risposta israeliana all’attacco iraniano sarà di portata limitata e riguarderà probabilmente attacchi contro armamenti militari iraniani e agli alleati al di fuori dell’Iran. Poiché l’attacco iraniano non ha provocato morti o distruzioni diffuse, secondo i funzionari americani, Israele potrebbe rispondere con una delle sue opzioni meno aggressive: una di queste potrebbe includere attacchi all’interno della Siria.

I funzionari non si aspettano che la risposta prenda di mira alti funzionari iraniani, ma che colpisca le spedizioni o le strutture di stoccaggio con parti di missili avanzati, armi o componenti che vengono inviati dall’Iran a Hezbollah. L’emittente specifica che la valutazione degli Stati Uniti si basa su conversazioni tra funzionari statunitensi e israeliani avvenute prima che l’Iran lanciasse più di 300 droni e missili contro Israele: mentre Israele si stava preparando per l’attacco iraniano la scorsa settimana, i funzionari israeliani hanno informato gli omologhi Usa sulle possibili opzioni di risposta.

L’operazione verso cui si sta dirigendo Israele si scontra inoltre con la forte opposizione Usa e di quella degli alleati che l’hanno affiancato nell’abbattere il 99% dei proiettili lanciati da Teheran. Joe Biden, che aveva frenato la reazione israeliana nelle prime ore, ha ribadito chiaramente che “occorre evitare un’escalation in Medio Oriente” ricevendo il primo ministro iracheno alla Casa Bianca. Mentre il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby, dopo che erano filtrate indiscrezioni su un possibile coordinamento tra Gerusalemme e Washington, ha chiarito che “il governo israeliano deciderà da solo se ci sarà e quale sarà la risposta” all’affronto iraniano.

“Gli Stati Uniti non sono coinvolti”, ha sottolineato Kirby, definendo poi “uno spettacolare fallimento” l’offensiva di sabato di Teheran, quasi a blandire l’alleato israeliano, smentendo peraltro che Teheran “avesse fornito agli Usa tempi e target” dei raid. “Non c’è altra scelta se non quella di rispondere all’attacco di Teheran”, ha detto il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant al capo del Pentagono Austin. E anche il comandante dell’Idf, Herzi Halevi, ha confermato che “la risposta ci sarà”. “Il lancio di così tanti droni e missili sul nostro territorio avrà la sua risposta”, ha avvertito.

Se la reazione armata appare a questo punto scontata, cruciale sarà capire come reagirà Teheran. Il gabinetto di guerra – che al dossier Iran ha già dedicato due riunioni e un’altra è in programma martedì – sta studiando “diverse opzioni”. Ognuna delle quali, è stato spiegato, rappresenta “una risposta dolorosa” per gli iraniani, senza tuttavia rischiare di scatenare “una guerra regionale”. Nel ristretto gruppo di ministri – da Netanyahu a Gallant a Benny Gantz – che deve prendere la decisione, l’obiettivo è quello di scegliere un’opzione che “non sia bloccata dagli Usa” e che rientri in una strada praticabile. Israele, fanno notare molti analisti anche in patria, non può ignorare del tutto le preoccupazioni degli Stati Uniti e degli altri alleati occidentali su un’escalation che avrebbe conseguenze devastanti per la regione e non solo.

Così i vari scenari vanno da un contrattacco diretto sul territorio iraniano a operazioni che colpiscano gli alleati del regime degli ayatollah nella regione fino ad azioni mirate sui capi delle Guardie rivoluzionarie. Nella prima ipotesi, la più pericolosa, nel mirino potrebbero finire addirittura i siti legati al nucleare iraniano il cui programma, secondo il premier britannico Rishi Sunak, “non è mai stato a uno stadio così avanzato”.

L’Iran da parte sua ha messo in guardia Israele. “L’attacco limitato di sabato sera – ha affermato il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian in un colloquio telefonico con l’omologo russo Serghei Lavrov – mirava ad avvertire, scoraggiare e punire il regime sionista. Ma se Israele intraprenderà una nuova azione contro l’Iran, dovrà affrontare una risposta molto più forte”. 

Netanyahu, Iran dovrà aspettare nervosamente nostra risposta

L’Iran dovrà aspettare “nervosamente senza sapere quando potrebbe arrivare l’attacco, proprio come ha fatto fare lo stesso a Israele”. Lo ha detto il premier Benyamin Netanyahu ad una riunione dei ministri del Likud. Poi ha aggiunto – secondo la stesse fonti – “Israele risponderà all’attacco dell’Iran ma lo farà in maniera saggia e non di pancia”.

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Russia, Evgenya Kara-Murza: “Putin va fermato”

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“La Russia ha un unico ed enorme problema interno ed è il regime di Putin.

Tutto il resto proviene a cascata da questo” perciò “Putin va fermato. L’unica garanzia di pace e stabilità per il nostro continente è una Russia democratica”. A parlare, in un’intervista esclusiva al Festival Internazionale del Giornalismo 2024 anticipata all’ANSA, è Evgenya Kara-Murza, moglie di uno dei più noti politici d’opposizione in Russia, Vladimir Kara-Murza, dall’aprile 2022 in carcere dove sta scontando una condanna a 25 anni di reclusione con l’accusa di vilipendio alle forze armate e alto tradimento.“Mio marito è sopravvissuto a ben due agguati, nel 2015 e nel 2017, da parte del gruppo di spionaggio Fsb (i servizi segreti russi, ndr), una banda di criminali al servizio del governo russo, implicati anche nell’avvelenamento con il Novichok”, racconta la moglie dell’oppositore che ha dovuto rinunciare alla sua partecipazione in presenza al Festival di Perugia, in programma dal 17 al 21 aprile. Nella video intervista, che sarà trasmessa sabato 20 aprile, Kara-Murza racconta di non vedere il marito dal giorno del suo arresto nell’aprile 2022: “Mi è stato concesso di parlargli al telefono solo un paio di volte. L’ultima a dicembre per soli 15 minuti. Abbiamo tre figli e ho lasciato che parlassero con il padre per cinque minuti ciascuno. Non ho scambiato nemmeno una parola con lui perché non volevo togliere tempo prezioso ai suoi figli”. La donna è un fiume in piena e le accuse a Mosca sono dirette e circostanziate.

“Questa è un’autentica tortura psicologica che il regime utilizza nei confronti di chi rifiuta di rimanere in silenzio di fronte alle atrocità del governo russo e denuncia la guerra in Ucraina. Il regime di Putin ha rispolverato tutto l’intero arsenale della macchina repressiva sovietica, incluso l’uso di punizioni psichiatriche. Vuol dire che oppositori e dissidenti possono essere rinchiusi con la forza in cosiddetti ‘ospedali psichiatrici’ ed essere sottoposti a trattamenti psichiatrici contro la loro volontà”. Evgenya Kara-Murza non nasconde la sua preoccupazione per la salute del marito che ha perso 25 kg da quando è in carcere. Dallo scorso settembre è rinchiuso in una cella di isolamento nota con le sue iniziali russe come EPKT. La cella di sei metri quadrati ha un solo sgabello, una piccola finestra chiusa da sbarre e un letto che si ripiega nel muro durante il giorno. Nessuna possibilità di comunicare con l’esterno, neanche tramite lettere. “L’obiettivo del regime di Putin – spiega Kara-Murza – è quello di isolare gli oppositori dal mondo. Di farli sentire soli e dimenticati. Per questo è importante continuare a parlare di loro, che i nomi dei dissidenti russi e che le loro storie siano conosciuti”.

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Zaporizhzhia, Aiea: rischio di un grave incidente nucleare

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Gli “attacchi sconsiderati” alla centrale nucleare di Zaporizhzhia “aumentano significativamente il rischio di un grave incidente nucleare e devono cessare immediatamente”: lo ha detto il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) Rafael Grossi, come riferisce l’Agenzia stessa.

L’attacco di ieri alla centrale rappresenta “una chiara violazione dei principi fondamentali per la protezione della più grande centrale nucleare d’Europa”, ha aggiunto. 

Ieri l’Aiea ha confermato che “le principali strutture di contenimento dei reattori della centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia hanno subito ieri almeno tre attacchi diretti”.

E’ il primo caso del genere “dal novembre 2022 e dopo aver stabilito i 5 principi di base per evitare un grave incidente nucleare con conseguenze radiologiche”, ha detto Grossi.

“Nessuno può in teoria trarre beneficio o ottenere alcun vantaggio militare o politico dagli attacchi contro gli impianti nucleari – continua Grossi in un post sul suo account X -. Faccio appello fermamente ai responsabili militari affinché si astengano da qualsiasi azione
che violi i principi fondamentali che proteggono gli impianti nucleari”.

Poco prima l’Aiea aveva dichiarato che “attacchi di droni hanno causato un impatto fisico su uno dei sei reattori dell’impianto e una vittima”, specificando che “i danni all’unità 6 non hanno compromesso la sicurezza nucleare ma si tratta di un incidente grave che potrebbe minare l’integrità del sistema di contenimento del reattore. 

 I responsabili dell’impianto, sotto controllo russo, hanno denunciato che “droni ucraini hanno attaccato la centrale nucleare di Zaporizhzhia” e questi raid hanno “danneggiato un camion parcheggiato vicino alla mensa”. Da parte sua, il governatore ucraino Ivan Federov ha detto che l’esercito russo ha bombardato con missili Grad Gulyaipole la regione di Zaporizhzhia, uccidendo tre civili nella stessa abitazione.

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