AGORAFOBIA E CLAUSTROFOBIA: DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA

Acura della Dott.ssa Catia Annarilli, Psicologa – Psicoterapeuta

L'ansia è generalmenre frutto di un conflitto interno , è una forma di paura che deve essere individuata, compresa ed elaborata.
Un attacco di panico è definibile come un breve periodo in cui la persona viene improvvisamente travolta da uno stato di terrore. I sintomi dell'attacco di panico come: palpitazioni, tremori, dolore al petto, sudore raggiungono il picco in non più di dieci minuti.
Nella storia della persona sono spesso rintracciabili eveti stressanti o separazioni importanti. La sintomatologia di un attacco può ricordare quella di un infarto con sbalzi di pressione, capogiri e senso di morte e per questo spesso lo si può confondere con un infarto.

L'Agorafobia (dal greco “paura della piazza”) si ha quando la persona prova una forte ansia in situazioni dalle quali sembra difficile uscirne o allontanarsi, teme di non poter ricevere aiuto se colto da un atacco, che tende a manifestarsi soprattutto qaundo ci si trova soli lontani da punti di riferimento.
Si registrano episodi di attacco in luoghi affollati come lunghe code, gli autobus o i treni e questo accade al punta tale che al che poi la persona decide di evitare l'evento stressante limitando al massimo gli spostamenti e quando deve uscire chiede sempre di essere accompagnato, determinando una situazione di forte limitazione della libertà personale.

In queste persone sembra essere molto forte la paura dell'abbandono, lo spazio esterno e la folla possono rimandare all'assenza o alla fragilità dei confini interni.

L'agorafobia può essere anche con o senza attacco di panico, in questo secondo caso si è ugualmente vincolata e condizionati negli spostamenti – perché pur non avendo un attacco di panico si ha sempre la paura che possa sopraggiungere.

Agorafobia e claustrofobia sono individuabili lungo un continum: il claustrofobico soffre se si trova chiuso e riferisce di provare disagio senza via di fuga; l'agorafobico riesce beno o male ad affrontare gli spazi aperti se accompagnato, il claustrofobico invece non affronterebbe mai un ascensore chiuso.
Sia l'agorafobico – con la paura di perdersi all'esterno – che il claustrofobico – con la paura di intrusione – mostrano entrambi una forte debolezza di confini interni.

Una terapia sistemico relazionale cercherà di modificare l'equilibrio disfunzionale della situazione, analizzando tutte le relazioni di dipendenza che si sono create cercando di comprenderne il valore anche all'interno del più ampio sistema di appartenenza, favorirà lo svincolo e l'individuazione della persona dai membri del sistema con l'obiettivo di raggiungere un maggiore senso di benessere ed autonomia.

Dott.ssa Catia Annarilli
Psicologa – Psicoterapeuta
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