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Editoriali

Attacco al governo, la farsa della Sea Watch 3 orchestrata contro Salvini

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Che Salvini sia inviso all’Europa, alle sinistre – o presunte tali – , alla Francia e alla Germania, oltre che alle forze oscure che finora non hanno fatto altro che organizzare, da Ciampi e Prodi in poi, con l’avvento dell’euro, la nostra catastrofe (ricordiamo il governo tecnico di Monti e la sua distruttiva politica di austerity), che Salvini sia odiato e minacciato di morte quotidianamente dai soliti imbecilli, dicevamo, è noto a tutti coloro che, almeno con un orecchio, seguono la politica italiana, magari al di là dell’informazione ufficiale, quella dei soliti telegiornali.

Che la sortita della nave taxi raccogli-profughi fosse una trappola per Matteo, lo si era capito fin da subito

Perché al timone di quella barchetta battente in maniera evidentemente abusiva bandiera olandese, dato che la sua paternità da parte dell’Olanda è stata molto comodamente negata, c’era un personaggio sconosciuto ai più, ma che già era stata coinvolta in possesso e uso di cocaina – a quanto riferiscono alcune voci – e fin qui scagli la prima pietra chi è scevro da questo peccato, dati i tempi.

L’altra accusa di cui si sussurra è l’uso di carte di credito rubate

Per cui nel passato la brava emula di Robin Hood aveva già avuto a che fare con la giustizia. A trentadue anni, invece di cercare di formare una famiglia – il che sarebbe giusto e anche morale – questo personaggio, in odore di Soros – le cui fondazioni pare che finanzino le varie ONG per il soccorso in mare – si mette al timone di una barca che poco può raccogliere in termini di naufraghi, ma tant’è, la sua stazza la rende sufficiente a raccogliere una cinquantina di giovanottoni straripanti di ormoni e palestrati, a quel che si evince dalle foto scattate sul ponte: un mucchio, un monticello di persone di colore stravaccate sul ponte, che ci sono presentate come ‘stremate’, forse dal troppo riposo, visto che l’autorità italiana che governa i porti si è preoccupata di mandare a bordo medici, di sbarcare chi fosse in stato di vera necessità di cure, e di caricare sulla piccola nave viveri, acqua e quant’altro – medicinali – fosse stato necessario. Non sono quindi stati abbandonati, i ‘naufraghi’ di plastica, al loro destino, ma curati come e meglio che se fossero stati a terra.

Pura fantasia, non dimostrabile, il fatto che la Rackete temesse il suicidio di alcuni

Aspettiamo che Carola Rackete, con il corpo ricoperto da numerosi e invasivi tatuaggi e la sua capigliatura ‘rasta’ – che sinceramente a noi solleva sempre qualche dubbio sulla sua pulizia e odore – venga proposta per il Nobel per la pace: possibile. Ma lo scopo dell’operazione era quello di forzare il blocco dei porti italiani tanto sbandierato dal nostro ministro dell’interno. Anche se poi i ‘barchini’ sono arrivati ugualmente a Lampedusa, in sordina, e i relativi occupanti sono stati prelevati dalla GdF e avviati ad un centro di identificazione, quella identificazione che, evidentemente, non fa comodo agli occupanti della Sea Watch. Mentre altri profughi siriani richiedenti asilo – nel loro pieno diritto di ottenerlo – selezionati all’origine, scendevano nei nostri aeroporti con voli charter organizzati dalla Comunità di S. Egidio, di concerto con le Chiese Evangeliche italiane; gli uomini avviati ad una occupazione che consenta loro di mantenersi, e i bambini avviati all’istruzione scolastica. Tutto il contrario, insomma, di quello che si ottiene con l’immigrazione selvaggia e incontrollata che tanti problemi causa ogni giorno all’Italia e alle nostre Forze dell’Ordine; un mondo opaco nel quale ci può essere di tutto, come in effetti c’è, dal terrorismo islamico ai rapinatori, stupratori e violenti in genere.

Non che tutti siano così, intendiamoci, ma una mela marcia rovina tutto il cesto

Sarebbe quindi opportuno che i cosiddetti migranti – termine coniato ad hoc per evitare quello più appropriato di ‘clandestini’, visto che ancora una legge sull’immigrazione, di cui nessuno mostra più di ricordarsi, esiste – venissero accolti dall’Europa, e non solo dall’Italia, in maniera razionale, come quella adottata dalla politica dei voli charter. Combattere a monte la mafia dei disperati, a cui si fa credere ogni favola, pur di accaparrarsene la presenza e il denaro, sarebbe condurre un’azione di guerra con forze speciali, ma nessuno mostra di aver voglia di intraprenderla. Sarebbe molto facile individuare i centri di propaganda della ‘migrazione’ e i loro capi, e distruggerne l’organizzazione, ma forse si andrebbero a pestare i piedi ad altre convenienze.

Pare che i ‘medici dal Sahara’ siano disponibili ad intervenire per l’espianto di organi – 15.000 dollari per un rene – su aspiranti profughi ancora vivi. Tanti soldi per un commercio ignobile già praticato anche da noi, vittima Pamela Mastropietro, diciott’anni, a Macerata, smembrata dai mafiosi nigeriani ancora viva, e i cui resti, mancanti di alcuni organi, gettati in due valigie sul greto di un fiume.

Tornando alla Sea Watch, un quotidiano italiano ha riportato la notizia di conversazioni fra esponenti della nostra sinistra ancora a terra e Carola Rackete, la quale esortava i nostri politici a rimandare la loro presenza sulla nave, e ad essere disponibili al loro intervento ‘umanitario’ quando lei lo avesse richiesto. L’opposizione al servizio della Rackete ci dice quanto sia disperata questa sinistra nei confronti di un governo che, pur contrastato con tutti i mezzi a loro disposizione, continua a fare andare dritta la barca dell’Italia. Sono di ieri i risultati dell’Istat, che dicono che è diminuita la disoccupazione, particolarmente quella giovanile, e che il nostro spread, nei confronti dei bund tedeschi, crea un interesse sui titoli decennali, inferiore al 2%, ciò che non accadeva da molti anni. Per rispondere a tutti gli ingenui – mica tanto – che continuano a scrivere sugli striscioni stradali che ‘Salvare la gente non è reato’, rispondiamo che siamo assolutamente d’accordo con loro: è un obbligo di legge, oltreché morale, salvare chi si trovi in difficoltà, ancorchè creata ad arte, e non solo in mare. È reato, invece, operare uno sbarco espressamente proibito, contravvenire alle leggi dello Stato italiano, rappresentato nella fattispecie dal Ministro dell’Interno Matteo Salvini, forzando il blocco nelle acque di Lampedusa, spalleggiata da ‘onorevoli’ membri della sinistra di opposizione, praticamente ‘cespugli’ parlamentari senza nessuna voce in capitolo per l’inconsistenza dei loro partiti, tranne – e questo è ancora più grave – il PD, ex partito di governo.

Un’azione orchestrata per colpire Salvini nella sua azione più rappresentativa, cioè quella della diminuzione degli sbarchi selvaggi, – e dei morti in mare – con l’intento di screditarlo agli occhi del mondo, mandando avanti una Carola qualsiasi, che non ha niente da perdere, e che, anzi, ricopre esattamente il ruolo di martire dell’iniquità. L’attacco sferrato a Salvini è rivolto a tutta la nazione, e alla sua credibilità internazionale, se il fatto non sarà sanzionato con la massima severità. Rifiutare l’obbedienza ad una motovedetta della GdF – apparato militare – e cercare di schiacciarla contro il molo, mettendo a rischio la vita stessa degli occupanti (nessuno dice la la motovedetta avrebbe potuto affondare, nonostante la lentezza dell’operazione) sono fatti gravissimi, che mettono in luce la nostra ridotta capacità di reazione.

Mentre i soliti idoti criticano il comportamente della GdF, che non avrebbe dovuto cercare di evitare l’attracco. Fantastico! In altri paesi la Sea Watch 3, nelle stesse circostanze, nell’avvicinamento alle coste lampedusane sarebbe stata oggetto di colpi di arma da fuoco, davanti alla prua, per avvertimento. Oggi la propaganda fa perno soltanto sul fatto umanitario, ma quello era già stato ampiamente soddisfatto dal nostri interventi a bordo della nave. Quello che si voleva evitare era lo sbarco, l’ennesimo, in Italia, vista l’inanità di un’Europa che pretende di comandare anche a proposito dei nostri prodotti tipici e sulla misura delle vongole, e che poi si volta dall’altra parte quando dovrebbe manifestare più coesione. Ma già, lo sbarco, complici tutti, doveva avvenire in Italia, per mostrare a Salvini che il più forte non era lui, anche andando contro la legge di uno Stato democratico, come l’Italia si picca di essere.

Ricordiamoci che un’azione del genere, ripetiamo, non è contro un ministro, ma contro l’intero popolo italiano, visto che questo governo è stato eletto democraticamente, e che finora, nonostante il berciare dei componenti il Consiglio europeo e la relativa commissione – i quali mostrano di avere più simpatia per l’opposizione che per il governo – ha fatto e continua a fare il bene della nostra nazione. Robin Hood lottava contro lo sceriffo di Nottingham e contro l’usurpatore del trono di Riccardo Cuor di Leone, ma quella era una giusta protesta contro una tirannia iniqua. Invitiamo tutti coloro che ritengono che il nostro regime sia una tale tirannia, a mettersi su di un barcone e farsi abbandonare nel Mediterraneo: prima o poi qualche Robin Hood in gonnella li verrà a raccogliere. Purchè glielo dica Soros.

Cronaca

Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

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Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

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Editoriali

19 luglio 1992: un maledetto pomeriggio

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Lo ricordo come allora quel tragico 19 luglio 1992.
Un caldo improponibile, come quello di questi giorni.
Ma era sabato e con gli storici amici del paese l’appuntamento era fisso: “… ci vediamo più tardi al chiosco, verso le 5, e poi decidiamo dove passare pomeriggio e serata …“.
E cosi facemmo!
Arrivammo un po’ alla spicciolata (cellulari, WhatsApp ed altro sarebbero arrivati anni dopo).
Per ultimo, ma non per questo meno importante, uno dei nostri amici, all’epoca cadetto alla scuola sottufficiali dei Carabinieri.
Lo sguardo basso, ferito oserei dire.
Il passo lento, non era il suo solito passo.
Gli occhi lucidi che facevano presagire che qualcosa di grave era successo.
“Hanno ammazzato pure Paolo”, furono le sue uniche indimenticabili parole.
In un momento i nostri sorrisi, la nostra voglia di festeggiare quel sabato si ruppe.
Non erano passati neanche due mesi dell’attentato di Capaci in cui Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta erano stati ammazzati per ordine della Mafia ed ora anche Paolo Borsellino e la sua scorta erano lì dilaniati dall’ennesimo atto vigliacco di Cosa Nostra.
Giovanni e Paolo incarnavano i sogni di quella nostra generazione pronta a scendere in piazza per dire “NO ALLA MAFIA”.
Una generazione che aveva fatto dell’impegno politico e sociale la propria stella polare.
Quei due uomini seppero farci capire quanto l’impegno dovesse essere sempre animato da uno spirito di sacrificio personale.
Ci fecero capire che per cambiare il mondo il primo impegno era mettersi in gioco.
Quel pomeriggio i nostri sogni di ragazzi che volevano un mondo migliore saltarono in aria come quella maledetta bomba in via d’Amelio.
Ma capimmo, anni dopo, che dalla loro morte sarebbe germogliato quel seme che avrebbe fatto crescere la pianta rigogliosa della legalità.
Oggi a più di 30 anni dalla loro morte tengo in mente due loro pensieri:

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

L’ importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza (Giovanni Falcone)
La paura è umana, ma combattetela con il coraggio (Paolo Borsellino)


Ecco paura e coraggio … le loro vite, il loro impegno, il loro sacrificio ci hanno insegnato che possono convivere e farci essere grandi uomini.

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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