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Editoriali

Banca Popolare del Lazio: le dimissioni di massa, le votazioni online e… “Il segreto di Pulcinella”

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Neanche il grande (non certo di statura) Napoleone avrebbe pensato una soluzione tanto ardita quanto intelligente

Cosa c’è veramente dietro le dimissioni di tutto il Consiglio di amministrazione della Banca Popolare del Lazio?

Molti hanno pensato che ci fosse, al pari di tante altre ormai note situazioni simili (vedi Carige ceduta alla Bper, Valconca commissariata), problemi finanziari e contabili della Banca. Invece noi questo non possiamo affermarlo, anche se ci giunge voce di un fuggi fuggi di depositi verso altri istituti, al punto che sembra non siano operativi alcuni Bancomat.

Di sicuro per un Istituto di credito non è rassicurante vedere un intero Consiglio di amministrazione che si dimette in blocco senza che ci siano problematiche di estrema importanza di fondo.

Un fatto simile destabilizza tutto l’ambiente bancario con effetti anche sugli altri istituti. Sulla questione, ancora non è arrivato un intervento da parte della Banca D’Italia, organo di controllo.

Di fatto, ogni volta che questo giornale nomina Banca D’Italia, immediatamente sembrano risentirsi i vertici della Popolare del Lazio, che puntualmente rinnovano la richiesta di risarcimento di presunti danni che avremmo cagionato loro con i nostri articoli.

Ritornando ai motivi delle dimissioni del Consiglio di amministrazione, abbiamo formulato qualche domanda in giro, soprattutto dopo aver appreso della imminente presentazione di una lista di candidati proveniente dal territorio di Latina, che i ben informati attestano aver già raggiunto le 250 firme necessarie per la presentazione.

Ebbene, ne sarebbe emerso un quadro per nulla rassicurante quanto ad armonia all’interno della Governance, potendo sommessamente ipotizzare che nonostante gli sforzi della banca D’Italia, dopo un periodo a dir poco travagliato, iniziato con la destituzione del vecchio patriarca (Mastrostefano), il successore non sia riuscito ancora a ottenere un equilibrio all’interno del Consiglio di amministrazione.

Del resto, con le numerose evidenze emerse e poste in essere da alcuni dei vecchi amministratori, rimane difficile pensare che i nuovi non abbiano neppure pensato di chiedere provvidenze, vantando la loro illibatezza. In questa ottica sembra si possa inquadrare la prematura uscita dallo scenario governativo  del professor Avvocato Leopoldo Sambucci, sicuramente un profilo di altissimo livello (forse troppo), come più volte affermato dai vecchi vertici della Banca, dato per favorito nella corsa alla Presidenza, ma probabilmente troppo curioso nel voler comprendere i reali meccanismi di funzionamento degli affidamenti sia ai clienti che alle società appaltatrici di lavori (vedi rifacimento della sede), un palese atto di lesa maestà che in una Banca affrancata da attendibili controlli da parte della vigilanza, potrebbe venire punito con l’ostracismo.

In tale situazione di equilibrio instabile, si inserisce l’ambizione di uno dei più recenti cooptati alla carica di amministratore, di aspirare alla Presidenza, scalzando il Principe degli strateghi; quest’ultimo, non volendo lasciare la poltrona conquistata alla corte del Presidente Mastrostefano, dopo aver ottenuto le dimissioni dell’altro aspirante Sambucci, non volendo forzare la mano come accadde all’epoca della defenestrazione dell’Avvocato Guidaldi, ha forse e diciamo forse pensato che potesse raggiungere lo scopo, in assenza di dimissioni volontarie, con una rinnovata nomina dei consiglieri, dopo le dimissioni di massa.

Il meccanismo, per quanto possa apparire contorto è scritto in modo chiaro all’articolo 30 dello statuto e prevede che “dalla lista che ha ottenuto la maggioranza dei voti espressi vengono tratti – secondo l’ordine progressivo con il quale sono elencati nella lista stessa – tanti Amministratori pari al numero dei consiglieri da eleggere diminuito di due. I restanti due Amministratori sono tratti – secondo l’ordine progressivo con il quale sono elencati nella lista stessa – dalla lista che ha ottenuto il maggior numero di voti fra le liste di minoranza”.

In pratica, una seconda lista consente ai primi due di entrare in consiglio anche senza aver ottenuto alcun voto in assemblea. E allora? Poiché gli ultimi due della Lista dei consiglieri uscenti vengono eliminati, è sufficiente posizionare all’ottavo ed al nono posto coloro che si vogliono defenestrare, coordinando al tempo stesso il nominativo dei primi due nomi da inserire nella seconda lista, ovviamente non ostile, e il gioco è fatto.

Ma queste sono solo ipotesi, condite di condizionali, formulate ad alta voce sicuri di esprimere soltanto liberamente il proprio pensiero in assenza della disponibilità dei vertici della banca di volerci fornire chiarimenti.

Neanche il grande (non certo di statura) Napoleone avrebbe pensato una soluzione tanto ardita quanto intelligente.

Scopriamo, dopo aver fatto luce sul meccanismo posto in essere, che all’ultimo posto della lista del Presidente Capecelatro si trova la Dott.ssa Raffaella Romagnoli, si proprio lei, il soggetto per il quale nel comunicato correttivo si giustificavano le dimissioni di massa, dimostrando che quel comunicato correttivo era probabilmente solo fumo agli occhi dei soci.

La scoperta più interessante è costituita dal nome dell’ottavo candidato, che appare votato al sacrificio in nome della resistenza alle poltrone.

Il Dott. Bernardino Quattrociocchi colui che voci ben informate affermano aspirasse al ruolo di Presidente. Che ardire!

Fatti fuori in un sol colpo gli aspiranti Presidenti (Sambucci/Quattrociocchi), nelle nostre casuali ipotesi, non resta che individuare i primi due nomi della lista che è stata messa insieme.

Dopo una ricerca sul territorio e fatte le domande di rito, ci fanno sapere che i due nominativi posti al vertice della neo lista, dovrebbero essere il Sig. Picca, della Picca Prefabbricati di Latina, da sempre vicino ai vertici della Banca con la quale ha fatto numerose battaglie ed il Dott. Miraglia (gruppo Icot), già consigliere della Banca Popolare del Lazio cooptato proprio dagli stessi attuali vertici, e poi dimessosi in concomitanza con le ispezioni di Banca D’Italia.

La ricostruzione trova conferma nella più semplice risposta alla seguente domanda: come avrebbero potuto, i proponenti della seconda lista, trovare il nominativo di 250 soci senza avere l’elenco completo dei soci della Banca Popolare del Lazio? Non avrebbero potuto, infatti, e chi può aver consegnato ai promotori della lista compiacente l’elenco dei soci? A questa domanda siamo sicuri che con un po’ di fantasia possono rispondere i cari lettori che seguono la nostra libera e solitaria manifestazione di pensiero.

Cronaca

Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

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Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

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Editoriali

19 luglio 1992: un maledetto pomeriggio

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Lo ricordo come allora quel tragico 19 luglio 1992.
Un caldo improponibile, come quello di questi giorni.
Ma era sabato e con gli storici amici del paese l’appuntamento era fisso: “… ci vediamo più tardi al chiosco, verso le 5, e poi decidiamo dove passare pomeriggio e serata …“.
E cosi facemmo!
Arrivammo un po’ alla spicciolata (cellulari, WhatsApp ed altro sarebbero arrivati anni dopo).
Per ultimo, ma non per questo meno importante, uno dei nostri amici, all’epoca cadetto alla scuola sottufficiali dei Carabinieri.
Lo sguardo basso, ferito oserei dire.
Il passo lento, non era il suo solito passo.
Gli occhi lucidi che facevano presagire che qualcosa di grave era successo.
“Hanno ammazzato pure Paolo”, furono le sue uniche indimenticabili parole.
In un momento i nostri sorrisi, la nostra voglia di festeggiare quel sabato si ruppe.
Non erano passati neanche due mesi dell’attentato di Capaci in cui Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta erano stati ammazzati per ordine della Mafia ed ora anche Paolo Borsellino e la sua scorta erano lì dilaniati dall’ennesimo atto vigliacco di Cosa Nostra.
Giovanni e Paolo incarnavano i sogni di quella nostra generazione pronta a scendere in piazza per dire “NO ALLA MAFIA”.
Una generazione che aveva fatto dell’impegno politico e sociale la propria stella polare.
Quei due uomini seppero farci capire quanto l’impegno dovesse essere sempre animato da uno spirito di sacrificio personale.
Ci fecero capire che per cambiare il mondo il primo impegno era mettersi in gioco.
Quel pomeriggio i nostri sogni di ragazzi che volevano un mondo migliore saltarono in aria come quella maledetta bomba in via d’Amelio.
Ma capimmo, anni dopo, che dalla loro morte sarebbe germogliato quel seme che avrebbe fatto crescere la pianta rigogliosa della legalità.
Oggi a più di 30 anni dalla loro morte tengo in mente due loro pensieri:

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

L’ importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza (Giovanni Falcone)
La paura è umana, ma combattetela con il coraggio (Paolo Borsellino)


Ecco paura e coraggio … le loro vite, il loro impegno, il loro sacrificio ci hanno insegnato che possono convivere e farci essere grandi uomini.

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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