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Editoriali

Banca Popolare del Lazio, tra il “nuovo che non avanza più” e le “vecchie storie”: Orwell docet

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Partito il count down per le votazioni online, che si terranno mercoledì prossimo e che decreteranno il nuovo CdA della Banca Popolare del Lazio.

Votazioni che arrivano all’indomani del clamore suscitato dalle dichiarazioni dell’imprenditore agricolo Domenico Capitani che sulle colonne di questo giornale ha caldeggiato la presentazione di una lista alternativa (lista dei Soci) a quella presentata dal Consiglio di Amministrazione. Una lista dei Soci che nelle intenzioni voleva “riportare la banca alla funzione originaria: la banca del territorio. La banca di riferimento di imprenditori e famiglie. La banca che cresce e che coinvolge l’assemblea dei soci. La Banca Popolare del Lazio dei vecchi tempi ma con uno sguardo a un futuro prosperoso.” Ma nulla è poi accaduto in quanto questa lista è stata ritirata.

Una notizia, quella della “Campagna di invasione” annunciata dall’imprenditore agricolo che con una certa dose di coraggio si è esposto in prima persona contro i “soliti noti”, che ha avuto l’effetto di suscitare nuove aspettative positive in tanti soci della banca per quello che riguarda soprattutto il valore delle azioni della banca che in questi ultimi anni sono “dimagrite”.  

Da voci di corridoio sembra che tre personaggi, additati addirittura come “traditori” per aver osato presentarsi in una lista alternativa a quella del Consiglio di Amministrazione, saranno epurati dai CdA della BPLazio e della controllata Blu Banca, nello specifico due da BPLazio e uno da Blu Banca. E sempre da voci di corridoio pare che i tre “traditori” saranno rimpiazzati da alcuni tra i promotori della seconda lista poi ritirata che doveva rappresentare una alternativa a quella del Consiglio di Amministrazione. Insomma, per dirla tutta, c’è chi ipotizza che questo sia il prezzo da pagare per la mancata presentazione della lista.

Ma vedremo nei prossimi mesi se queste voci di corridoio troveranno riscontri oggettivi. Per ora di sicuro qualche scontento in giro deve essere rimasto e sicuramente altri ne rimarranno.

Intanto vogliamo giocare al toto CDA immaginando come potrà essere composto.

Andando per esclusione, dal CdA della Blazio sono sicuri del posto i primi tre della lista, Capecelatro, Morelli e Lucidi e altrettanto sicuri sono i nuovi nomi e cioè Fabrizio Giallatini e Raffaella Romagnoli. Al primo chiediamo se intende terminare l’università oppure se ritiene che indicare nel proprio curriculum di aver sostenuto solo 13 esami universitari sia una nota di merito.

Alla dottoressa Raffaella Romagnoli chiediamo invece se si sentirà in difficoltà o quantomeno in imbarazzo a sedere nel CdA di BPLazio visto il ruolo di Presidente del Collegio sindacale ricoperto da suo padre Carlo Romagnoli. In pratica il controllore padre che controlla l’amministratrice figlia. Orbene, sarà pur vero che il dottor Carlo Romagnoli è avvezzo a ricoprire plurimi incarichi, anche in evidente conflitto di interessi, come per la vicenda della Natalizia Petroli, potendo sempre cavarsela affermando di non poter conoscere il nome di tutti i clienti che affidati dalla banca sono anche debitori delle società da lui controllate, e magari con gli affidamenti della Banca da lui controllata questi clienti pagano i debiti delle società sempre da lui controllate che a loro volta pagano il suo compenso per il lavoro professionale svolto. Ma non vogliamo credere che anche questa volta la grande mamma Banca d’Italia possa rimanere silente di fronte a un nepotismo talmente evidente da superare i confini delle opportunità.

Pensiamo, dunque, sia il caso che il dottor Carlo Romagnoli lasci il suo incarico nel Collegio sindacale della BPLazio eliminando questa a dir poco imbarazzante situazione in tutto simile alla presenza del dottor Alessandro Natalizia, che solo dopo i nostri solleciti, si è deciso infine, ad abbandonare la nave. Lasci il dottor Carlo Romagnoli il proprio posto a chi magari meglio di lui sappia essere arbitro e controllore realmente terzo, per il bene della Banca e del valore delle azioni, ormai considerate meno che carta straccia lasciata a marcire in mano ai soci, tanto ci sarà sua figlia a “coprirgli le spalle” ed evitare che qualcuno, magari uno di quelli curiosi che hanno visto la loro lista non presentata, possa andare a studiare qualche vecchio fascicolo (Millenium, Volsca, Di Giacomantonio, Protercave….).

Ma torniamo all’individuazione, per esclusione dei “traditori”, come visto cinque sono sicuri di rimanere, quindi i due che lasceranno la poltrona dovranno essere individuati tra i consiglieri Bologna, Capozzi, Patanè e Quattrociocchi. Per due di questi ultimi saranno mesi molto caldi quelli che si consumeranno prima dell’estate, forse è proprio questa logica, non condivisa, che ha indotto il bravo Professor Sambucci a dare le dimissioni non volendo essere coinvolto.

Noi almeno per uno dei quattro papabili, che ci ha gentilmente rilasciato una intervista telefonica, temiamo fortemente per la sua poltrona; del resto era già stato relegato all’ottavo posto della lista e quindi ritenuto sacrificabile dalla presentazione di una seconda lista, stiamo parlando del dottor Quattrociocchi che ha apprezzato la nostra chiamata, non condividendo l’invio di diffide da parte della Banca ad ogni nostro articolo ritenendo il diritto di cronaca un diritto costituzionalmente garantito e la disciplina a tutela delle liste di minoranza un segno di democrazia; Professor Quattrociocchi con queste sue “idee rivoluzionarie” temiamo sia destinato a lasciare il posto a chi fedelmente approva ogni attività del triumvirato, magari anche se non ha terminato l’università. A questo proposito, tra i tre componenti rimasti, solo uno è privo di titoli di studio, anche se nel suo primo curriculum ci teneva a far sapere che aveva due figli laureati e che probabilmente ha terminato la sua ragione di essere un componente del CdA. Il ragionier Paolo Bologna, dopo aver contribuito fattivamente al passaggio dal prof. Mastrostefano a quello a cui stiamo assistendo, non è più utile per la causa ed essendo riuscito a far acquistare alla Banca la società di brokeraggio nella quale sembra avesse interessi personali diretti ed indiretti, come stiamo scoprendo con altra e separata inchiesta, non potrà sottrarsi alla richiesta di alzarsi dalla poltrona.

I posteri potranno confermarci la bontà delle nostre predizioni; per ora attendiamo l’esito dell’assemblea nella certezza che non tutto è scritto, magari la Banca D’Italia deciderà di approfondire e andrà a segnalare quelle che a noi profani appaiono delle vere e proprie anomalie contenute nella Lista del Presidente (Lista Consiglio di Amministrazione), magari qualcuno dei professionisti della lista fantasma vorrà far accertare giudizialmente la legittimità delle operazioni, chissà, noi di sicuro saremo sempre vigili e presenti, anche se destinatari della ormai consueta diffida, noi di sicuro siamo coraggiosi.

Concludiamo restando fedeli a quello che è il nostro pensiero: la cultura innanzitutto. Ricordiamo quindi di leggere i grandi classici che da sempre sono faro e fondamento del sapere. Chi ricorda l’opera di George Orwell “La fattoria degli animali”? Viene descritto Napoleone, un maiale di razza berkshire antagonista principale del romanzo satirico non ha scrupoli morali, possiede delle qualità che lo hanno fatto emergere rispetto agli altri maiali, anche prima della rivoluzione. Rispetto all’idealismo del Vecchio Maggiore e di Palla di Neve (altri 2 maiali presenti nella storia), Napoleone è un opportunista e un despota, la cui crudele determinazione e capacità di persuadere gli animali meno intelligenti con l’eloquenza compensa una certa mancanza di intelligenza.

L’obiettivo di Napoleone è quello di impossessarsi della fattoria e soggiogare gli animali alla sua volontà, riesce nell’intento dopo aver partecipato alla rivolta contro il signor Jones (il fattore) e dopo aver ordinato ad alcuni cani, suoi scagnozzi, di cacciare via Palla di Neve dalla fattoria. Nel corso del suo regno Napoleone mantiene tutti i migliori vantaggi per se stesso, gli altri maiali, i cani e un gallo (suo servo) e non esita a stringere trattative con alcuni fattori per ottenere ancora più potere; alla fine mostra di essere diventato uguale agli umani che i suoi compagni della fattoria odiavano tanto, se non che peggio.

Cronaca

Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

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Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

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Editoriali

19 luglio 1992: un maledetto pomeriggio

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Lo ricordo come allora quel tragico 19 luglio 1992.
Un caldo improponibile, come quello di questi giorni.
Ma era sabato e con gli storici amici del paese l’appuntamento era fisso: “… ci vediamo più tardi al chiosco, verso le 5, e poi decidiamo dove passare pomeriggio e serata …“.
E cosi facemmo!
Arrivammo un po’ alla spicciolata (cellulari, WhatsApp ed altro sarebbero arrivati anni dopo).
Per ultimo, ma non per questo meno importante, uno dei nostri amici, all’epoca cadetto alla scuola sottufficiali dei Carabinieri.
Lo sguardo basso, ferito oserei dire.
Il passo lento, non era il suo solito passo.
Gli occhi lucidi che facevano presagire che qualcosa di grave era successo.
“Hanno ammazzato pure Paolo”, furono le sue uniche indimenticabili parole.
In un momento i nostri sorrisi, la nostra voglia di festeggiare quel sabato si ruppe.
Non erano passati neanche due mesi dell’attentato di Capaci in cui Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta erano stati ammazzati per ordine della Mafia ed ora anche Paolo Borsellino e la sua scorta erano lì dilaniati dall’ennesimo atto vigliacco di Cosa Nostra.
Giovanni e Paolo incarnavano i sogni di quella nostra generazione pronta a scendere in piazza per dire “NO ALLA MAFIA”.
Una generazione che aveva fatto dell’impegno politico e sociale la propria stella polare.
Quei due uomini seppero farci capire quanto l’impegno dovesse essere sempre animato da uno spirito di sacrificio personale.
Ci fecero capire che per cambiare il mondo il primo impegno era mettersi in gioco.
Quel pomeriggio i nostri sogni di ragazzi che volevano un mondo migliore saltarono in aria come quella maledetta bomba in via d’Amelio.
Ma capimmo, anni dopo, che dalla loro morte sarebbe germogliato quel seme che avrebbe fatto crescere la pianta rigogliosa della legalità.
Oggi a più di 30 anni dalla loro morte tengo in mente due loro pensieri:

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

L’ importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza (Giovanni Falcone)
La paura è umana, ma combattetela con il coraggio (Paolo Borsellino)


Ecco paura e coraggio … le loro vite, il loro impegno, il loro sacrificio ci hanno insegnato che possono convivere e farci essere grandi uomini.

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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