VERONA: TIFOSI GENOANI CON 32 TUBI IN PVC NEL PULLMAN

Redazione

Verona – La linea dura contro chi cerca lo scontro allo Stadio passa anche attraverso l'attività di prevenzione dei servizi di ordine pubblico; infatti, ieri sera, prima dell'incontro di calcio Hellas Verona – Genoa, i controlli preventivi disposti dal Questore al casello autostradale di Verona Nord nei confronti dei tifosi della squadra ospite, qui giunti a bordo di due pullman, ha sortito i suoi buoni frutti: 32 sono, infatti, i tubi in PVC pesante, ad uso idraulico, rinvenuti dalla Polizia al piano superiore di uno dei due pullman dei 150 tifosi genoani.

E' probabile che questi ultimi non si aspettassero che i controlli fossero estesi anche al loro mezzo di trasporto ma che si sarebbero limitati esclusivamente alle loro persone.

Erano camuffati come aste da bandiera, i 32 tubi, spessi e rigidi, della lunghezza minima di 75 cm. e massima di 1 metro che gli agenti hanno scovato nel vano cappelliera e sotto i sedili di coda del pullman.

Una bonifica che ha permesso di eliminare ogni proposito bellicoso da parte dei tifosi ospiti; parimenti dicasi l'equilibrio e l'organizzazione con cui il servizio è stato svolto.

Questa è l'unica nota da segnalare di una serata calcistica che, in verità, si è svolta all'insegna dello sport, come dovrebbe essere sempre!




CAMORRA SALERNO: 7 ARRESTI PER ESTORSIONE E USURA

Redazione

Salerno –  Un gruppo criminale specializzato in estorsioni ed usura è stato individuato e arrestato, questa mattina, dalla Squadra mobile di Salerno.Le sette persone arrestate sono accusate anche di associazione a delinquere di stampo camorristico.

Dalle indagini, partite a dicembre scorso dopo la segnalazione di alcuni imprenditori locali, è emerso come il gruppo agiva in danno di attività commerciali situate principalmente della provincia di Salerno, in particolare nella Piana del Sele e nell'Agro Nocerino.

Tra le società prese di mira dalla banda c'erano anche quelle che si occupano dei servizi funebri.

Durante l'indagine è subito parso chiaro agli investigatori quale fosse il ruolo di uno dei 7 arrestati che comandava il gruppo criminale.

L'uomo, conosciuto come esponente di spicco dell'organizzazione camorristica chiamata "Nuova camorra organizzata", negli anni '70 era alle dipendenze di Raffaele Cutolo del quale gestì anche la latitanza.

 



AVANTI UN ALTRO: BERGOGLIO LIQUIDA MONSIGNOR LIVIERES

di Daniele Rizzo 

Forse in fondo bastava semplicemente iniziare, fare il primo passo, e poi tutto sarebbe venuto facile, logico, consequenziale. Ma il primo passo è spesso il più difficile, perché coincide con il prendere coscienza della situazione e affrontarla, anche quando di farlo non ce ne sarebbe nessuna voglia. Ma Papa Bergoglio, il gesuita venuto da Buenos Aires, sapeva che per rivoluzionare la Chiesa non sarebbe bastato prendere il nome del personaggio cristiano forse più umile della storia ecclesiastica, Francesco appunto. Papa Bergoglio sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare di petto il male più insidioso che da tempo serpeggia e cova all’interno della Chiesa cattolica: la pedofilia.
Francesco sin dalla sua elezione ha lanciato moniti contro la pedofilia. Non a caso il 22 marzo, giorno in cui è stata formalizzata la Commissione per la tutela dei minori, si era scoperto che proprio il Papa aveva chiesto che all’interno della commissione fosse presente l’irlandese Marie Collins, già vittima di abusi. Il 13 luglio dalle pagine de La Repubblica annunciava che avrebbe affrontato con severità la pedofilia, giudicata come la lebbra della chiesa. Tante parole che hanno trovato una loro realizzazione pratica lo scorso 23 settembre, quando per ordine del Papa stesso è stato arrestato l’arcivescovo polacco Jozef Wesolowski. L’ex nunzio della Repubblica Dominicana era stato accusato di abusi e possesso di materiale pedopornografico, ma alla base dell’arresto c’era anche il pericolo di fuga e di inquinamento delle prove. A chi credeva che fosse semplicemente un’operazione di facciata che non avrebbe avuto alcun seguito dobbiamo però raccontare di un ulteriore colpo di scena all’interno del Vaticano. Nelle scorse ore Papa Francesco ha rimosso monsignor Rogelio Ricardo Livieres Plano dal ruolo di Vescovo di Ciudad del Este (Paraguay), nominando al suo posto come amministratore apostolico mons. Ricardo Jorge Valenzuela Rios. Alla base di questa decisione, annunciata da una nota della sala stampa vaticana, ci sarebbe il coinvolgimento di Livieres in episodi di malversazione e insabbiamento di alcuni casi di pedofilia; nel Bollettino Ufficiale si legge che la “gravosa decisione della Santa Sede” è “ispirata al bene maggiore dell’unità della Chiesa”.
Abituati ormai come siamo ai facili millantatori dai buoni propositi (leggasi anche “politici”) le azioni di Papa Bergoglio irrompono prepotentemente nel panorama nazionale, dimostrando che alle buone parole devono necessariamente seguire anche le azioni. Solo una “politica del fare” può ridare fiducia a tutti quei cittadini ogni giorno spettatori della “politica del dire”. Ma questa è un’altra storia. Intanto, Francesco, avanti il prossimo.




MILANO: ALLARME BOMBA IN COMUNE

Redazione

Milano – Tanta paura e panico per un'allarme bomba a Palazzo Marino, sede del comune di Milano. A quanto si apprende sono stati i carabinieri a dare l'allarme intorno alle 13 facendo evacuare l'edificio, dove lavorano circa 200 dipendenti. Al momento dell'arrivo della telefonata, il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, era a colloquio con il presidente del tribunale di Milano, Livia Pomodoro. Buona parte di Piazza della Scala e' stata transennata, sul posto sono accorse forze dell'ordine e la polizia locale. Palazzo Marino e' stato subito bonificato dagli artificieri e dall'unita' cinofila.  L'allarme che ha interessato Palazzo Marino per la presunta presenza di un ordigno non e' nuovo tra le mura di Milano. In passato, infatti, si sono gia' registrati numerosi allarmi bomba, molti dei quali rivelatisi fortunatamente infondati. Due, invece, gli episodi che hanno fatto piu' recentemente paura in piazza della Scala: il primo risale al 30 luglio del 1980 quando un ordigno esplose nella notte in piazza San Fedele, sul retro dell'edificio, e l'attentato fu rivendicato da 'gruppi armati per il contropotere territoriale'. Alla vigilia del 25 aprile del 1997, una seconda bomba deflagro' all'alba sotto la finestra del primo piano, sempre dalla parte di piazza San Fedele, devastando una parte dell'aula consigliare. In quella circostanza, l'atto fu rivendicato da Azione Rivoluzionaria. 




CAMPOBASSO: BOTTA E RISPOSTA TRA LA SEGRETERIA PD MOLISE E L'ON LAURA VENITTELLI

Redazione

Campobasso – Pubblicavamo ieri la nota dell'Onorevole Laura Venittelli (Parlamentare del Pd) che denunciava i fatti accadui durante l'assemblea dello scorso 21 settembre a Ferrazzano. "Consumato gravissimo atto nei confronti, non solo della minoranza dell’assemblea pd ,ma di tutti gli iscritti al Partito Democratico del Molise.- commentava Venittelli dichiarando anche "Il pd non ha bisogno di chi soffoca la democrazia interna , di chi nasconde le carte, di chi dichiara consapevolmente falsita’. la segretaria ne tragga le conclusioni e si dimetta." 

Riceviamo e pubblichiamo la nota di Michele Di Giglio – vice segretario regionale PD-Molise in risposta a quanto affermato dall'Onorevole Laura Venittelli.

Ecco la nota:

Provare a fermare l’attività di riforma e cambiamento del Partito Democratico molisano è lo sport del momento. Leggiamo le richieste di dimissioni dell’on. Venittelli nei confronti del segretario Micaela Fanelli.
Leggiamo di attacchi alla segreteria regionale.
La causa strumentale?
Aver avviato la procedura per l’approvazione dello Statuto del Partito che dal 2007 non c’è mai stato. Cioè, ancora una volta, aver provato a muovere l’immobilismo.

E’ tutto regolare. Abbiamo regolarmente licenziato una proposta di statuto che va di nuovo ai circoli a tutti i membri dell'assemblea, per raccogliere gli emendamenti e i contributi. Torneremo ad approvare la versione definitiva. Speriamo insieme!
Altrimenti, attendiamo i punti di merito che non convincono, aperti alla discussione.

Qui chi vuole fermare il lavoro del Pd regionale trova contro non un singolo o un organo del partito, ma i cittadini e gli elettori!
Ora sappiamo che esiste chiaramente un asse dentro il Pd che vuole lasciare le cose così come stanno.
Noi stiamo provando a innovare: la scuola di partito per migliorare la qualità degli amministratori, la sede dove discutere, le feste per affrontare i temi veri, la carta costituzionale e cioè le regole del gioco chiare.
Tutte cose già fatte o che abbiamo tentato e stiamo tentando di portare in fondo.

Il partito e i cittadini ci chiedono di andare avanti sulla strada del rinnovamento e della proposta politica adeguata ai tempi.
La segreteria chiede al segretario Micaela Fanelli di andare avanti con più forza e determinazione.

Confidiamo nelle energie che ci vengono trasmesse dal tessuto sociale molisano, dai moltissimi amministratori, dai giovani, dai militanti, dagli iscritti del PD.
A loro guardiamo e pensiamo, ancor di più quando ci troviamo continuamente sul cammino chi vuole fermare il cambiamento.
Da loro e dalle migliaia di consensi avuti dai cittadini comuni, al momento del voto per la segreteria regionale del Partito Democratico del Molise, traiamo la convinzione che bisogna continuare tenacemente a lavorare."

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24/09/2014 CAMPOBASSO, ASSEMBLEA PD MOLISE. VENITTELLI: "SOFFOCATA LA DEMOCRAZIA INTERNA"



MELANIA REA: QUELLE ACCUSE RIVOLTE A SALVATORE PAROLISI

di Christian Montagna

Una vicenda complicata e ricca di colpi di scena quella che vede come unico indagato Salvatore Parolisi nella morte della giovane Melania Rea. Ad aggravare la posizione dell’indagato, sono le altre accuse a suo carico. Proprio durante le indagini per l’omicidio della moglie, emersero alcuni comportamenti anomali degli istruttori della caserma. Dodici militari finirono sotto inchiesta. Nuovamente in tribunale e dinanzi ai pm, il Tribunale di Roma ieri ha assolto con formula piena il caporal maggiore dell’esercito. Accusato di violata consegna nell’ambito dell’inchiesta in cui sono indagati anche altri militari per presunti abusi nei confronti di soldatesse. Secondo la procura, non avrebbe rispettato gli ordini, invitando nel suo ufficio ed offrendo da bere alle soldatesse che addestrava in caserma. In tribunale, presente anche la sua ex amante ed ex allieva Ludovica Perrone. Assistito dagli avvocati Nicodemo Gentile e Federica Benguardato, è stato assolto dall’accusa poiché il fatto non sussiste. Ma Parolisi resta ancora in carcere per la condanna a trenta anni per l’omicidio di sua moglie Melania, nell’attesa del processo in Cassazione che si svolgerà a febbraio.

LA VICENDA:
E' il 18 Aprile 2011 quando di Carmela Melania Rea, di anni 29, si perdono le tracce sul Colle San Marco di Ascoli Piceno. Insieme al marito Salvatore Parolisi e alla loro bambina di diciotto mesi, sono andati a trascorrere qualche ora all'aria aperta. Secondo la ricostruzione del marito, Melania si allontana per andare al bagno dello chalet ma nessuno però la rivedrà mai tornare. Passano circa venti minuti ma Salvatore spaventato chiama i soccorsi e dà l'allarme. Subito la notizia viene diffusa in tutta la nazione, cominciano le ricerche sui territori circostanti. Si cerca e si spera di trovare un corpo ancora in vita. Il marito disperato concede numerose interviste televisive sperando al più presto di poter riabbracciare la propria amata. Una nazione che si mobilita per questa terribile scomparsa; forze dell'ordine scandagliano distese di terreno immense, ma di Melania ancora nulla.

IL RITROVAMENTO DEL CORPO
E' il 20 Aprile, due giorni dopo la scomparsa, quando una telefonata anonima intorno alle 14.40/15.00 avverte le forze dell'ordine di polizia da una cabina telefonica pubblica del centro di Teramo che non sarà mai rintracciata della presenza del corpo di Melania. A 18 km di distanza dal luogo della sparizione, in un bosco di Ripe di Civitella viene ritrovato il corpo di Melania. Ferite di arma da taglio e una siringa conficcata sul suo corpo: elementi che cercano di depistare le indagini facendo pensare ad una rapina finita male ad opera di un tossico in astinenza. Il medico Adriano Tagliabracci che effettua l'autopsia non rileva segni di strangolamento né violenza sessuale e attribuisce la causa della morte alle 35 coltellate che sono state inflitte sul suo corpo. Vicino al corpo, viene ritrovato il cellulare con la batteria scarica e un'altra sim card.
LE INDAGINI
A brancolare nel buio sono gli investigatori che cercano di trovare il colpevole. Salvatore continua a mostrarsi disperato e shoccato per quanto accaduto. Inizialmente non iscritto nel registro degli indagati, il 29 giugno, a più di due mesi dall'omicidio, gli notificano un avviso di garanzia. L'ultima persona ad aver visto Melania Rea in vita potrebbe dunque essere il suo assassino. Ma perché Salvatore avrebbe dovuto uccidere sua moglie? Si indaga nella vita privata di Salvatore, sul posto di lavoro e si cerca di ricostruire il rapporto fra i due coniugi a suon di testimonianze di amiche e conoscenti che con Melania avevano un buon rapporto. Salvatore però continua a professarsi innocente. Nessun testimone però può confermare o smentire il suo racconto. Il 19 Luglio 2011, l'inchiesta passa a Teramo per competenza territoriale e il 2 Agosto il gip conferma il fermo del caporal maggiore. Si indaga sulla vita privata di Salvatore; spuntano altre donne, transessuali e una vita non proprio serena. Melania era venuta a conoscenza di un tradimento? Potrebbe essere questo il motivo dell'omicidio? Domande queste che si pongono gli inquirenti a cui però mai nessuno potrà più rispondere.
L'ACCUSA
Secondo gli inquirenti, il tutto si è consumato in pochi minuti. Nella pineta in cui è stato ritrovato il corpo, Salvatore avrebbe provato a baciare la moglie per tentare un approccio sessuale. In seguito al rifiuto, si sarebbe scatenata la furia omicida. Nella motivazione della sentenza però compaiono anche altri elementi tra cui la relazione extraconiugale che Parolisi aveva con la soldatessa Ludovica Perrone. Viene però subito esclusa la possibilità che quest'ultimo elemento possa avere a che fare con l'omicidio. Si analizza dunque il rapporto tra i coniugi: Melania una donna troppo forte che induce il suo uomo in una situazione di sottomissione? Parolisi trova in un Ludovica un conforto alle umiliazioni subite quotidianamente dalla sua donna? Le dichiarazioni delle amiche di Melania la descrivono come frustrata e triste, soprattutto dopo la scoperta dei tradimenti del marito. Secondo il pm, le continue menzogne del Parolisi anche in tv sarebbero una confessione velata dell'omicidio. Una mole di menzogne che insieme costituiscono una confessione.
LA SENTENZA
Condannato in primo grado all'ergastolo con l'aggiunta della pena accessoria dell'isolamento diurno, Parolisi non mostra segni di pentimento. Tenta di depistare le indagini fino all'ultimo momento. Sembra utilizzare la sua bambina per apparire un padre premuroso che mai avrebbe potuto uccidere e perde la patria potestà . In secondo grado, il 30 Settembre, i giudici d'appello riducono per effetto del rito abbreviato la pena a trenta anni. Deluso però ,fanno sapere gli avvocati, Parolisi che si aspetta un qualcosa di diverso.




CAMPANIA, MALTEMPO: ALLAGAMENTI E DISAGI NEL SALERNITANO

di Christian Montagna

L’inverno sta arrivando con una certa violenza. Si sta imponendo come un gigante dopo un caldo asfissiante. E con il suo arrivo, cominciano i disagi. Allagamenti si sono registrati nel Salernitano per il maltempo. I vigili del fuoco del comando provinciale sono intervenuti a Capaccio in soccorso a due donne rimaste intrappolate nell’auto in un sottopassaggio allagato. La pioggia dunque mette in ginocchio il territorio campano. Disagi e rallentamenti anche tra Salerno e Pontecagnano. La situazione attualmente è sotto controllo; una trentina in tutto gli interventi dei vigili del fuoco. Nel basso Cilento, grossi massi si sono staccati dalle montagne invadendo la strada provinciale di Contursi Terme. Le previsioni meteo lasciano però ben sperare. Un miglioramento sarebbe in arrivo nelle prossime ore.




GENNY A’ CAROGNA IN GROSSE DIFFICOLTA'

di Christian Montagna

Napoli – Si sarebbe dovuta giocare la finale di Coppa Italia il 3 Maggio scorso tra Fiorentina e Napoli, in un clima festoso e allegro ma fu tutto tranne che questo. La vicenda che vede colpito il giovane tifoso Ciro Esposito, ucciso da un colpo di pistola prima di accedere allo stadio durante l’imboscata tesa ai partenopei, vede coinvolto anche Gennaro de Tommaso detto Genny a’ carogna. Il capo ultrà che quel giorno tentò di sedare gli animi ribelli dei tifosi, discutendo con i giocatori del Napoli sul da farsi, in pochi giorni diventò il mostro d’Italia. Televisioni e giornali, in un accanimento di massa si scagliarono a più non posso contro questo personaggio e contro la tifoseria partenopea. Accusato dei disordini avvenuti all’interno e all’esterno dello stadio Olimpico, il capo ultrà si è avvalso della facoltà di non rispondere al gip Rosaria Monaco. Conosciuto da tutto lo stivale come il simbolo della malavita e della criminalità, Genny sta scontando ai domiciliari il concorso in resistenza a pubblico ufficiale ,la violazione delle norme che puniscono l’istigazione al lancio di oggetti e l’esibizione di magliette con scritte inneggianti alla violenza.




MONTENERO DI BISACCIA: IL COMUNE SI ATTIVA PER LA SICUREZZA DEI CITTADINI

Redazione

Montenero di Bisaccia (CB) – Il sindaco Nicola Travaglini informa che l'Amministrazione ha intenzione di effettuare un'analisi puntuale del territorio comunale per candidarlo, nel breve periodo, alle misure previste nella programmazione regionale e nazionale. 
"La nostra Amministrazione comunale – dichiara il sindaco Travaglini – considera gli interventi di sistemazione idrogeologica in corso su via D'Annunzio, come un punto di partenza per la programmazione di ulteriori interventi da effettuare all'interno del paese e soprattutto nelle zone adiacenti alle grotte arenarie, dove risultano più evidenti avvallamenti e smottamenti.

A tale proposito abbiamo in animo di candidare il nostro territorio nell'ambito delle misure urgenti in materia ambientale e per la mitigazione del dissesto idrogeologico, previste nel cosiddetto Decreto Sblocca Italia, al fine di reperire le risorse necessarie per la realizzazione di nuovi lavori. La volontà è quella di garantire prioritariamente la messa in sicurezza del territorio e dei cittadini che vi abitano, al fine di poter inserire successivamente il percorso delle grotte arenarie in una sorta di circuito pedonale che arrivi a circondare l'intero paese.
Approfitto dell'occasione per ringraziare l'assessore ai Lavori Pubblici della Regione Molise Pierpaolo Nagni, per il lavoro svolto nella definizione della convenzione con la quale sono stati concessi i finanziamenti relativi all'intervento su Via D'Annunzio".




BARI, TERRORISMO: CONDANNATO L'IMAM DELLA MOSCHEA DI ANDRIA

Redazione

Andria – Si è scritta la parola fine con un bilancio di cinque condanne, a pene varianti tra i 5 e i 3 anni di reclusione, il processo con rito abbreviato davanti al gup del Tribunale di Bari a carico di 5 imputati per associazione sovversiva finalizzata al terrorismo internazionale di matrice islamista. La condanna maggiore, 5 anni e 2 mesi, ha riguardato Hachemi Ben Hassen Hosni, gia' Imam della Moschea di Andria, mentre tutti gli altri sono stati condannati a 3 anni e 4 mesi di carcere. Al centro delle indagini della Procura della Repubblica di Bari e dei carabinieri del Ros una cellula terroristica di matrice islamista con base logistica ad Andria, all'interno di un call center, gestito dal capo del gruppo. L'indagine denominata "Masrah" (teatro), ha consentito di documentare come, a partire dal 2008, gli indagati si fossero associati tra loro allo scopo di compiere atti di violenza con finalita' di terrorismo internazionale in Italia e all'estero, secondo i dettami di un'organizzazione transnazionale, operante sulla base di un complessivo programma criminoso politico-militare, caratterizzato da sentimenti di acceso antisemitismo e antioccidentalismo e dall'aspirazione alla preparazione ed esecuzione di azioni terroristiche da attuarsi contro governi, forze militari, istituzioni, organizzazioni internazionali, cittadini civili ed altri obiettivi – ovunque collocati – riconducibili agli Stati ritenuti "infedeli" e nemici; il tutto nel quadro di un progetto di "guerra santa" ("jihad"). In particolare – secondo gli investigatori – centrale nella attivita' del sodalizio e' il proselitismo, la formazione e l'addestramento finalizzati a formare in ciascun adepto un potenziale autore di iniziative terroristiche anche al di fuori di una rigida preordinazione organizzata da parte dell'intero nucleo associativo. Nel corso del processo e' stato documentato il ruolo apicale rivestito, all'interno della "cellula", dal tunisino Hachemi Ben Hassen Hosni, gia' imam della moschea di Andria e gestore di un call center sito in quel centro abitato, non solo riguardo alla sua costante e continua opera di proselitismo e indottrinamento finalizzata a formare "nuovi" adepti e consentire loro di raggiungere i territori della "jihad", con una preparazione, anche psicologica e ideologica, tale da permetterne l'immissione nel circuito terrorista, ma anche per i suoi collegamenti e rapporti con personaggi di rilievo del terrorismo internazionale. In tale quadro e' emersa l'attivita' di raccolta di fondi e di finanziamento operato dal capo della "cellula" indagata in favore dei congiunti di alcuni terroristi, effettuato attraverso canali alternativi rispetto a quelli classici, e compiuto sulla spinta dell'ideale jihadista, in relazione al quale anteporre sempre la causa comune rispetto alla soddisfazione dei bisogni personali. E' stato accertato che all'interno del call center andriese si cercavano sul web e visionavano i video pubblicati nei forum jihadisti, al fine di acquisire le necessarie cognizioni delle procedure per il confezionamento di ordigni esplosivi, per l'uso delle armi da fuoco e per il reclutamento di volontari mujaheddin da avviare ai campi di battaglia in Afghanistan, Yemen, Iraq, e Cecenia. I membri del gruppo formavano una micro-comunita' isolata e al riparo da qualsiasi "richiamo" o condizionamento esterno, in cui potere praticare la propria versione dell'Islam secondo i dettami imposti da Al Qaeda. Le attivita' investigative, che hanno trovato puntuale conferma nella sentenza emessa dal gup avevano, altresi', evidenziato l'assoluta avversione della "cellula" nei confronti non solo delle religioni diverse dall'Islam, ma anche verso l'Occidente, e, in particolare, gli Usa, Israele e l'Italia. Gli imputati, in occasione del terremoto che colpiva l'Abruzzo, il 7 aprile 2009, oltre a manifestare la gioia per quanto accaduto, avevano criticato aspramente, ritenendolo inopportuno, il proposito della comunita' musulmana residente in Italia di contribuire agli aiuti per i terremotati con i fondi raccolti per il sostegno della comune causa islamica. Il capo della cellula nutriva e manifestava radicati e incondizionati sentimenti antisionisti che, sulla base di detti sentimenti, diffondeva a livello ideologico non solo ai suoi sodali, istigandoli, in particolare, alla violenza contro gli ebrei, ma anche ad altri individui che per motivi culturali, sociali o religiosi si relazionavano con lui.




SIMONETTA CESARONI: NESSUNA PROVA CONTRO BUSCO

Redazione

Rimane un giallo l'omicidio di Simonetta Cesaroni. Non ci sarebbe nessuna prova regina che incastrerebbe Busco. Dal 7 agosto del 1990 ad oggi non si è arrivati al nome del colpevole che l'ha assassinata brutalemente in uno studio romano di via Poma. La Cassazione nelle 30 pagine delle motivazioni del proscioglimento di Raniero Busco, l'ex fidanzato della ragazza scrive: restano "punti oscuri" non spiegati e "niente affatto secondari: si pensi, tra di essi, al rinvenimento dell'agenda di Pietro Vanacore fra gli effetti personali della vittima repertati sul luogo del delitto". Sulla scena del delitto "diverse persone", sangue repertato. In un altro passaggio delle motivazioni della sentenza della Suprema corte si spiega che alla "incertezza" sulla presenza dell'imputato sul luogo del delitto quando Simonetta fu uccisa, "si accompagnano le tracce della presenza di persone diverse, il cui sangue era stato repertato". Tale incertezza, continua la Cassazione, non può "essere colmata in modo diverso: la Corte territoriale dimostra, infatti, che la ricostruzione adottata nella sentenza di primo grado è suggestiva, ma ampiamente congetturale in ordine a vari aspetti", come "l'effettuazione della telefonata da Simonetta Cesaroni a Busco all'ora di pranzo di quel giorno, il contenuto di tale telefonata, la conoscenza da parte di Busco del luogo dove la Cesaroni lavorava, la spontaneità della svestizione da parte della vittima, l'autore dell'opera di ripulitura della stanza, le modalità e i tempi di tale condotta, movente dell'omicidio, la falsità dell'alibi da parte dell'imputato". A carico di Raniero Busco non ci sono prove Non ci sono prove in grado di accusare Raniero Busco dell'omicidio di Simonetta Cesaroni, sottolineano i supremi giudici. Vi è una "mancanza di prova che fa cadere la certezza della presenza dell'imputato sul luogo del delitto al momento del delitto". In questo modo la prima sezione penale della Cassazione spiega perchè il 26 febbraio scorso, ha deciso di confermare l'assoluzione "per non aver commesso il fatto". Il morso sul seno di Simonetta attribuito a Busco è stato in primo grado considerato il segno che l'uomo sia stato sulla scena del delitto e il perno della condanna. Ora la Cassazione rileva che la tesi del morso era una delle ipotesi – non l'unica – e che ci sono due passaggi diversi – segni sul corpo di Simonetta compatibili con un morso ed eventuale morso attribuibile a Busco – entrambi "senza certezza di carattere scientifico". Infine la Suprema Corte ricorda che di questo non provato morso manca del tutto la traccia dei segni dell'arcata dentale "opponente" e la circostanza rende "evidente il pericolo di giungere a conclusioni abusive".