Redazione
Arezzo – I Carabinieri della Stazione di Terranuova Bracciolini (AR) hanno tratto in arresto un 64enne del Valdarno per porto abusivo di armi e oggetti atti ad offendere, violenza, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale.
Verso le 3.30 della decorsa notte alla Centrale Operativa della Compagnia di San Giovanni Valdarno perveniva una richiesta di intervento, perché in via Ponte Mocarini di Terranuova Bracciolini vi era una persona armata, che minacciava passanti.
Venivano fatte confluire sul posto oltre alla pattuglia della Stazione di Terranuova Bracciolini, anche quelle dell’Aliquota Radiomobile di San Giovanni Valdarno e delle Stazioni di Levane e Pergine Valdarno.
All’arrivo dei militari dell’Arma in via Mocarini l’uomo intimava loro di non avvicinarsi, minacciandoli con il fucile.
Dopo lunghi momenti di tensione dovuti all’agitazione dell’uomo, a fronte dei tentativi di tranquillizzarlo posti in essere dai militari dell’Arma, infine i Carabinieri riuscivano a disarmarlo e bloccarlo, sequestrandogli un coltello della lunghezza di circa 30 centimetri e una carabina ad aria compressa “Diana” calibro 4,5.
Il 64enne veniva portato presso la Caserma Carabinieri della Stazione di Terranuova Bracciolini e, dopo gli accertamenti di rito, veniva tratto in arresto e tradotto presso la Casa Circondariale di Arezzo.
Redazione
Campobasso – Sindaci e associazioni dell'area matesina si trovano, oggi, davanti al consiglio regionale del Molise per protestare contro le due centrali a biomasse autorizzate dagli uffici dell'ente. Le centrali di S. Polo e Campochiaro, in provicia di Campobasso, devono avere ora il via libera definitivo del Consiglio regionale. Intanto, i comuni e i comitati hanno chiesto al Tar di fermare la realizzazione delle centrali, perche' dannose al territorio. Intanto, è deciso l'intervento del consigliere regionale di opposizione Salvatore Micone.
L”’area del Matese – sottolinea Micone – è classificata quale area ad elevato pregio ambientalistico, definita più volte quale corridoio ecologico di fondamentale importanza per la conservazione di specie prioritarie presenti sulla dorsale appenninica ed uno snodo fondamentale per la loro conservazione. Questo è pienamente riconosciuto, non solo dalle associazioni ambientaliste e da quanti profondono il loro impegno ed interesse nella tutela dell’ambiente e della salute, ma anche dalla nostra amministrazione regionale laddove ha riconosciuto il proprio impegno nella direzione dell’Istituzione del Parco del Matese.
“Allora – sottolinea Micone . sulla base anche di considerazioni di eventuali ricadute economiche sui cittadini molisani, praticamente estranei ad ogni forma di beneficio dall’installazione di tali centrali nel loro territorio, ci si chiede, a fronte di acclarati danni all’ambiente, al suolo, all’aria, al territorio e alla salute, dov’è il contrappeso che farebbe pendere l’ago della bilancia su ipotetici vantaggi per i cittadini interessati? Come si pensa di compensare ai danni che essi e le generazioni future dovranno subire a causa degli agenti inquinanti promananti dalle centrali in questione? La risposta non c’è. Perché l’unica logica di tale farraginoso sistema è si quella economica, ma non dei cittadini, bensì unicamente di quanti abbiano proposto l’installazione delle centrali. E non bisogna fermarsi a valutazioni prettamente giuridiche legate all’ottenimento delle necessarie autorizzazioni; la politica deve fare il bene comune, il bene delle attuali e delle future generazioni. A livello istituzionale non si può mettere a tacere la coscienza su assunti di carattere puramente giuridico – amministrativo. Bisogna invece allargare l’impegno amministrativo a logiche più ampie, ad una politica di programmazione che tenga conto delle peculiarità ambientali, paesaggistiche e storiche della regione. Realizzare gli impianti significa rompere l’equilibrio con tutti gli impegni che l’Ente Regione ha il dovere morale e giuridico di portare avanti in termini di turismo, cultura e valorizzazione del territorio ed implementazione della tradizione gastronomica. Sull’area peraltro insistono numerose aziende dell’agroalimentare che sarebbero le prime a subire immediati danni economici. L’area è limitrofa poi alla zona WWF di Guardiaregia e al massiccio del Matese. E’ banale e drammatico allo stesso tempo pensare all’assurdità della scelta del sito da destinare alle biomasse, non supportato nemmeno dalle quantità di energia necessitante da parte della Regione, già produttrice di elevati quantità della medesima da diverse fonti. I risvolti sanitari poi sono allarmanti; le emissioni promananti dalle centrali comporterebbero immissioni di agenti cancerogeni sia nell’aria che nel suolo e non solo: sembrerebbe che tali sostanze vadano ad impattare con il corredo genetico comportando danni anche alle generazioni future. I rischi sanitari indotti da tale contaminazione non sono giustificati dai benefici collettivi indotti dalla realizzazione degli impianti, il cui scopo è solo quello di massimizzare gli utili dei proponenti, non essendo le biomasse una scelta obbligata né tantomeno strategica per lo sviluppo della Regione Molise”.
“Voglio concludere affermando che, secondo una logica di buon senso, di sana amministrazione e di bene comune per le presenti e per le future generazioni, questa Amministrazione, esercitando un potere in autotutela, provveda alla revoca delle autorizzazioni de quibus garantendo fattivamente quel diritto alla salute e ad un ambiente salubre costituzionalmente garantiti, senza la necessità di un percorso giurisdizionale volto al loro riconoscimento. Sarebbe un segno di civiltà e di una politica evoluta”, conclude Micone.
di Christian Montagna
Napoli – Ancora una volta, gli edifici di Napoli perdono pezzi. Poteva diventare una vera e propria tragedia, ancora più grande di quella dello scorso Luglio a via Toledo in cui perse la vita il giovane Salvatore. Ieri mattina , in via Bernini al Vomero, quartiere signorile campano, i vigili urbani di servizio in piazza Vanvitelli, hanno notato che dal fabbricato ad angolo con via Bernini, si stava staccando un grosso pezzo di cornicione. Allertati immediatamente i vigili del fuoco, i pezzi di intonaco incriminati sono stati rimossi. Transennata l’intera zona, la circolazione dei pedoni si è di conseguenza complicata. In un tratto di strada in cui numerosi sono gli esercizi pubblici per la somministrazione di cibi e bevande, si potevano avere danni molto grossi. Inoltre, la strada a quell’ora è tra le più trafficate della zona. In tutto il territorio, numerose sono le segnalazioni che quotidianamente arrivano alle forze dell’ordine. Il Vomero, in particolar modo, sta vivendo una situazione particolarmente disastrata. Napoli dunque continua a cadere a pezzi e “nisciun se n’mport”.
di Christian Montagna
Un problema che in Campania proprio non si riesce a risolvere è quello dello smaltimento dei rifiuti. Camorra, soldi spesi male, raccolta differenziata non eseguita: sono queste le principali cause del problema che per anni ha fatto balzare alle cronache la Campania. Dal primo ottobre, ai Quartieri Spagnoli, partirà la raccolta dei rifiuti porta a porta. Dure le sanzioni annunciate contro chi viola il regolamento. Gli agenti della polizia municipale e ambientale, saranno impegnati nel controllo e avranno l’obbligo di multare i trasgressori con sanzioni che possono arrivare fino a seicento euro. La stessa attenzione delle forze dell’ordine, sarà rivolta anche agli altri quartieri in cui si effettua la raccolta differenziata. Dal mese di ottobre dunque, i cassonetti per strada spariranno e tutto l’occorrente per effettuare la raccolta porta a porta sarà distribuito. Il calendario di raccolta prevede: il lunedì e il giovedì, la raccolta dalle 20 alle 22 del secco riciclabile (carta, plastica, vetro, metalli); il martedì, il venerdì e la domenica, dalle 20 alle 22, l’umido (avanzi alimentari); tutti i giorni dalle 20 alle 22 si raccoglie l’indifferenziato.
di Christian Montagna
Era il 3 maggio quando durante la finale di coppa Italia Fiorentina Napoli, il tifoso napoletano Ciro Esposito veniva ucciso in quello che è stato definito un vero e proprio agguato alla tifoseria partenopea. Una competizione sportiva insana che si è trasformata in una faida. Un’agonia di cinquanta lunghi giorni hanno accompagnato il giovane Ciro lentamente alla morte. Speranze, miglioramenti clinici e poi di nuovo complicazioni e apprensione: solo la povera madre Antonella può sapere quanto è stato difficile e doloroso quel lungo calvario. Le indagini presero subito la giusta direzione: un vero e proprio attacco era stato studiato e calcolato. Subito i video dei testimoni balzarono sul web; si individuarono i primi responsabili. Daniele De Santis, ultrà romanista, fu accusato dell’omicidio. La nazione divisa in due fazioni: chi difendeva l’omicida e chi, giustamente inorridito, stava dalla parte della povera vittima. Un accanimento mediatico ingiustificabile cercò però di ribaltare la situazione. Ancora una volta, si voleva far passare la tifoseria napoletana come errata, criminale e collusa con la camorra. Ma, quel giorno, un centinaio di tifosi era partito alla volta di Roma semplicemente per godersi lo spettacolo dei propri eroi. A qualcuno ciò non è stato concesso. Pochi giorni fa, è emerso che Gastone, Daniele de Santis, era stato accoltellato quel maledetto 3 Maggio prima di sparare. Versione però che Angelo e Sergio Pisani, legali della famiglia Esposito smentiscono dichiarando che: “De Santis, il principale responsabile dell’agguato al pullman dei tifosi azzurri e dell’omicidio di Ciro Esposito non è mai stato accoltellato come risulta e dimostrano le sue stesse dichiarazioni al giudice (nei verbali dice “ho avuto solo tante botte e non ricordo altro”)”.
“Il bluff oramai è stato scoperto e, nonostante le minacce che abbiamo ricevuto, non faremo un passo indietro e interverremo nel processo per contestare ipotesi illogiche ed azzardate. Chiederemo ai giudici di punire anche i responsabili di ogni inquinamento mediatico delle prove”. “Chiederemo ai giudici – concludono Angelo e Sergio Pisani – di punire anche i responsabili di ogni inquinamento mediatico delle prove e per la temerarietà chi fa disinformazione e tenta di nascondere o favorire i responsabili di questa tragedia diffidando tutti i media e giornalisti a pubblicare con gli stessi caratteri e titoloni l’unica triste verità finora accertata e che nessuno venne accoltellato senza scuse e mezzucci per vantare una legittima difesa da parte di gastone che ancora oggi non ricorda e spiega non solo perché ha sparato, ma quale tragedia voleva provocare quella sera di maggio”.
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Redazione
Corleone (PA) – Carabinieri della Compagnia di Corleone hanno sviluppato una complessa ed articolata attività di indagine coordinata dalla DDA di Palermo e condotta sulla famiglia mafiosa di Palazzo Adriano, operativa nell’ambito del mandamento di Corleone, a seguito della quale nella mattinata odierna sono state arrestate alcune persone per associazione mafiosa.
L’indagine ha permesso di evidenziare l’esistenza di una vera e propria organizzazione criminale, dedita prevalentemente alla commissione di reati estorsivi con il tipico metodo mafioso, e di individuare con esattezza ruoli e funzioni dei suoi appartenenti.
Le indagini, sviluppate attraverso attività tecniche e servizi di osservazione e pedinamento, hanno permesso di ricostruire l’intero assetto della famiglia mafiosa di Palazzo Adriano, nonché il suo completo inserimento all’interno del mandamento mafioso di Corleone.
L’associazione ha continuato a mantenere saldamente in mano il controllo del territorio attraverso la pressante azione estorsiva nei confronti di imprenditori ed il controllo dei pubblici appalti. Le attività investigative hanno consentito, quindi, di accertare la consumazione di più episodi di pagamento, contribuendo a delineare ulteriormente l’operatività della locale famiglia mafiosa. Tali pagamenti, nella maggior parte dei casi, hanno mantenuto la canonica percentuale del 3% dell’importo complessivo del lavoro da eseguire. In altri casi, gli associati, oltre a richiedere il pagamento della somma di denaro, hanno imposto agli imprenditori anche l’utilizzo di manodopera e l’acquisto di materie prime presso imprenditori da loro indicati.
Quanto ai metodi utilizzati, al fine di convincere le vittime alla cosiddetta “messa a posto”, la consorteria ha utilizzato il classico metodo intimidatorio della bottiglia incendiaria. Inoltre, per attirare l’attenzione degli imprenditori, gli affiliati hanno proceduto anche ad effettuare furti e danneggiamenti all’interno dei cantieri proprio nell’immediatezza dell’inizio dei lavori.
In merito alla “cassa” le indagini sul sodalizio criminale di tipo mafioso operante tra Palazzo Adriano e Corleone hanno permesso di appurare anche che quella famiglia raccoglieva i proventi delle estorsioni all’interno appunto della cassa comune, gestita direttamente dal capo famiglia e utilizzata per finanziare le diverse azioni criminali nonché le piccole spese di tutti i sodali.
Redazione
Bari – Sembrava la tipica indagine su un traffico di droga, con fornitori, acquirenti e corrieri e ramificazioni nel nord Italia. Da qualche tempo i Carabinieri del Comando Provinciale di Bari, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari (PM Carmelo RIZZO, Aggiunto Pasquale DRAGO), erano sulle tracce di quella che si stava delineando a tutti gli effetti come una banda bene organizzata di trafficanti di droga, composta da soggetti del nord barese e dell’hinterland del capoluogo pugliese. E’ bastato un contatto sbagliato e una somma consegnata troppo frettolosamente per dare una svolta drammatica all’indagine. Siamo a pochi giorni fa e una telefonata fa presagire il peggio, il capo della banda ordina di andare a prendere due del gruppo che hanno fatto sparire 45.000 euro avuti per comprare cocaina a Torino, l’ordine è chiaro, uno di loro va portato in un casolare e legato assieme ai maiali che … hanno fame … come sottolinea l’interlocutore. Così scatta il sequestro di persona all’interno della banda, uno dei due accusati, un 37enne di Palo del Colle, viene preso e portato in un casolare nelle campagne di Trani. Sono ore frenetiche, non c’è tempo, i Carabinieri individuano la masseria e, dopo una breve osservazione, scatta il blitz: la vittima viene liberata e scoppia in lacrime alla vista dei carabinieri, 3 aguzzini arrestati in flagranza di sequestro di persona a scopo di estorsione. Vengono poi eseguiti altri quattro decreti di fermo emessi dalla D.D.A. con la massima urgenza.