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Editoriali

L'estate sta finendo

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Tempo di lettura 3 minuti Aria di smobilitazione:si torna tutti a casa

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di Loredana Leonardi

Ogni anno,  all’incirca verso la fine di agosto (ci siamo quindi),  siamo tenuti a fare i conti con quella mesta sensazione che ci travolge quando,  d’un tratto,  realizziamo che le nostre vacanze sono terminate.  Una angosciante aria di smobilitazione imperversa, mentre vento, pioggia, nuvole fanno la loro comparsa sempre piu' frequente,  rendendo il caldo e il sole estivi un ricordo fin troppo recente. 

Gli ultimi vacanzieri , fra pochi giorni,  rientreranno nelle loro città.  Riapriranno fabbriche, attività commerciali,  studi privati, scuole e si ritornerà alla vita che per qualche settimana si era dimenticata.  Uno spot pubblicitario di qualche anno fa, mostrava una donna che piange , in una vasca da bagno scrostata,  che ricorda le sue giornate di vacanza al mare ,  al sole ,  mentre il rubinetto gocciola angosciosamente.  La fine dell'estate e delle vacanze è un momento cruciale a cui non ci si abitua mai.  E' ritornare ad affrontare i problemi che si erano accantonati e non risolti; è ritornare a confrontarsi con i fastidi piccoli e grandi della vita quotidiana; è ritornare a sopportare un lavoro che spesso non si ama o non si ama più , o a cercarlo, per chi non ce l'ha. 

L'abbronzatura in poco tempo sbiadirà .  Costumi, teli da bagno,  riposti negli armadi e solo un vago odore di creme abbronzanti e di salsedine, aleggerà nell'aria ormai già molto fresca.  Una canzone bellissima di Enrico Ruggeri, dice "il mare d'inverno è un concetto che la mente non considera".  Gli ombrelloni chiusi, i manifesti già sbiaditi di concerti ed eventi estivi, il vento che solleva la sabbia nelle strade ormai deserte delle località balneari.  Poche cose sono così tristi.  E non è solo un fatto meteorologico. 

La fine dell'estate è soprattutto uno stato d'animo.  Da quando si è bambini che frequentano le elementari , la ripresa della scuola dopo la pausa estiva, è una sensazione angosciante che ci perseguita per tutta la vita.  E' la sensazione che la nostra breve vita è in grandissima parte occupata da doveri, incombenze,  noiosi,  ingrati, insoddisfacenti, non gratificanti.  E' la presa di coscienza, periodica, che si fa una vita che non ci piace, che non ci appaga. E che non si ha il coraggio di cambiare.  Quello che al sole abbagliante , su una spiaggia lambita dal mare, ci sembra facile e possibile, di colpo non lo è più, mentre incolonnati in una fila di auto , in autostrada, carichi di valige piene di ricordi,  facciamo ritorno a casa.  Ecco che la fine dell'estate e delle vacanze svela il suo vero volto.  Il volto di una vita che non sempre è quella che vorremmo. Di una vita piena di problemi, difficoltà,  che ci hanno concesso poche settimane di pausa .  Giacomo Leopardi scriveva che la felicità non esiste. è solo una breve tregua fra due lunghi momenti di sofferenza.  Questo concetto potrebbe essere applicato alle vacanze:la tregua che ci è concessa nel nostro male di vivere. 

Diversi studi condotti da prestigiose università statunitensi, hanno rivelato che l'aumento degli psicofarmaci (ansiolitici, antidepressivi ), aumenta sensibilmente al rientro delle vacanze.  Di quelle vacanze di cui non ci restano nemmeno più fotografie da riporre in una scatola e riguardare nei giorni freddi dell'inverno, per scaldarci al sole di quelle immagini, ma solo innumerevoli scatti pubblicati su facebook , su Instagram,  inviati su WhatsApp e di cui,  dopo poche settimane , non resterà più niente.  La fine dell'estate dovrebbe essere il ritorno ad una vita piena, gratificante, ritemprati dopo la pausa estiva.  Il problema non è la fine delle vacanze e dell'estate, è la ripresa di una vita che non ci piace.  Bisognerebbe avere il coraggio di cambiarla, di continuare a inseguire i propri sogni,  di avere sempre una speranza da realizzare ,  di non rassegnarsi.  Di continuare a conservare nel nostro cuore sempre un piccolo angolo di estate e di sole, di non arrendersi alle lunghe tenebre dell'inverno.  E allora la fine dell'estate sarebbe solo un sorridente e fiducioso arrivederci ,  un ritorno alle cose che amiamo ,  che nessun vento, nessuna pioggia,  nessun autunno,  potrebbero mai portarci via.
 

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Cronaca

Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

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Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

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Editoriali

19 luglio 1992: un maledetto pomeriggio

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Lo ricordo come allora quel tragico 19 luglio 1992.
Un caldo improponibile, come quello di questi giorni.
Ma era sabato e con gli storici amici del paese l’appuntamento era fisso: “… ci vediamo più tardi al chiosco, verso le 5, e poi decidiamo dove passare pomeriggio e serata …“.
E cosi facemmo!
Arrivammo un po’ alla spicciolata (cellulari, WhatsApp ed altro sarebbero arrivati anni dopo).
Per ultimo, ma non per questo meno importante, uno dei nostri amici, all’epoca cadetto alla scuola sottufficiali dei Carabinieri.
Lo sguardo basso, ferito oserei dire.
Il passo lento, non era il suo solito passo.
Gli occhi lucidi che facevano presagire che qualcosa di grave era successo.
“Hanno ammazzato pure Paolo”, furono le sue uniche indimenticabili parole.
In un momento i nostri sorrisi, la nostra voglia di festeggiare quel sabato si ruppe.
Non erano passati neanche due mesi dell’attentato di Capaci in cui Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta erano stati ammazzati per ordine della Mafia ed ora anche Paolo Borsellino e la sua scorta erano lì dilaniati dall’ennesimo atto vigliacco di Cosa Nostra.
Giovanni e Paolo incarnavano i sogni di quella nostra generazione pronta a scendere in piazza per dire “NO ALLA MAFIA”.
Una generazione che aveva fatto dell’impegno politico e sociale la propria stella polare.
Quei due uomini seppero farci capire quanto l’impegno dovesse essere sempre animato da uno spirito di sacrificio personale.
Ci fecero capire che per cambiare il mondo il primo impegno era mettersi in gioco.
Quel pomeriggio i nostri sogni di ragazzi che volevano un mondo migliore saltarono in aria come quella maledetta bomba in via d’Amelio.
Ma capimmo, anni dopo, che dalla loro morte sarebbe germogliato quel seme che avrebbe fatto crescere la pianta rigogliosa della legalità.
Oggi a più di 30 anni dalla loro morte tengo in mente due loro pensieri:

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

L’ importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza (Giovanni Falcone)
La paura è umana, ma combattetela con il coraggio (Paolo Borsellino)


Ecco paura e coraggio … le loro vite, il loro impegno, il loro sacrificio ci hanno insegnato che possono convivere e farci essere grandi uomini.

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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