Omicidio Regeni, Guido D’Ubaldo: “Tenere alta l’attenzione e la scorta mediatica”. Per la famiglia i sospettati sono almeno 20

Il segretario del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Guido D’Ubaldo, ha ribadito la necessità di «tenere alta l’attenzione e la scorta mediatica». Lo ha detto nel corso della conferenza stampa convocata in Fnsi dopo le ultime rivelazioni sul caso del giovane ricercatore italiano ucciso ormai quasi tre anni fa. D’Ubaldo ha portato il saluto di tutto l’Ordine professionale e ringraziato i rappresentanti dell’Ordine del Lazio presenti in sala.

Il 4 dicembre 2018 la Procura di Roma ha iscritto i nomi di cinque persone nel registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta sulla scomparsa, sulle torture e sulla morte di Giulio Regeni.

Si tratta di Sabir Tareq, del maggiore Magdi Abdlaal Sharif, del capitano Osan Helmy, del suo stretto collaboratore Mhamoud Najem, e del colonnello Ather Kamal. (qui i loro profili)

Il procuratore capo Giuseppe Pignatone e il pm Sergio Colaiocco hanno iscritto per concorso in sequestro di persona cinque ufficiali appartenenti al Dipartimento Sicurezza nazionale e all’Ufficio dell’investigazione giudiziaria del Cairo. Il ruolo dei cinque era stato già confermato nell’informativa di un anno fa di Ros e Sco.

«Ci sono cinque indagati, appartenenti alle alte sfere dello Stato egiziano, ma noi abbiamo i nomi di venti persone che, secondo i documenti in nostro possesso, sono coinvolti nel sequestro, nelle torture e nell’omicidio di Giulio Regeni al Cairo». Lo dice la legale della famiglia, Alessandra Ballerini la quale fa nomi e cognomi, «grazie ai nostri consulenti in Egitto, che sono degli eroi, perché mettono a repentaglio la sicurezza loro e delle loro famiglie per ottenere i documenti che provano quanto denunciamo. Abbiamo venti nomi, ma sono necessariamente coinvolte molte più persone. Devono avere paura. Confidiamo che siano abbastanza avveduti da parlare per primi, che si facciano avanti. E ci affidiamo alla coscienza di chi ha torturato Giulio perché parli», incalza.

I nomi noti sono quelli dei responsabili delle indagini condotte su Giulio prima della sua morte. Tra questi, il generale a capo della National Security egiziana. «Non sappiamo se Al-Sisi sia stato informato delle indagini, ma sarebbe inusuale se così non fosse», risponde Ballerini al giornalista che le chiede fin dove arriva il coinvolgimento delle autorità egiziane. «Tra i venti nomi ci sono generali, colonnelli. Vogliamo che oggi loro sentano di non essere al sicuro. Devono sapere che se lasciano l’Egitto possono essere arrestati perché sono coinvolti nel sequestro, nelle torture e nell’omicidio di Giulio», ribadisce la legale.

Claudio Regeni ringrazia i giornalisti italiani per la loro vicinanza e i consulenti della famiglia in Egitto e poi ricorda la vicenda di Amal Fathy, da mesi in carcere per il suo sostegno alla causa dei diritti umani in Egitto, moglie di Mohamed Lotfy, «che ci aiuta a cercare verità e giustizia e per questo sta pagando un caro prezzo. Una ricerca che perseguiamo per Giulio e per tutti i Giulio e le Giulie d’Egitto e del mondo», dice il padre di Giulio.

«Grazie a tutta la squadra, perché è questo che siamo diventati: una squadra, con i legali, le associazioni, la scorta mediatica, i cittadini che ci sostengono, la Procura che ha continuato a indagare», dice Paola Deffendi, mamma di Giulio. «Continuate a starci vicino siamo in una fase importante. Non molliamo. Che lo sappiano in Egitto», ammonisce, e poi ringrazia dell’ospitalità e del sostegno la Fnsi.

Il presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana, Giuseppe Giulietti, ringrazia a sua volta la famiglia Regeni per aver scelto la sede del sindacato per la conferenza stampa e, esortando la categoria a continuare a impegnarsi per fornire la scorta mediatica a Giulio e a tutti coloro che chiedono verità e giustizia, anticipa: «Domattina saremo all’udienza del processo Cucchi per fare da scorta mediatica anche a chi non è giornalista».

Il segretario generale Raffaele Lorusso rivolge un appello ai colleghi «a raccontare tutta la verità su questo caso» e alle autorità italiane «a non voltare la testa dall’altra parte in nome di rapporti economici, commerciali e politici con l’Egitto», e poi ricorda la vicenda del giornalista pakistano Syed Saleem Shahzad, ucciso sette anni fa, sulla cui sorte non è ancora stata fatta chiarezza. E i casi di Ilaria Alpi, Miran Hrovatin, Andrea Rocchelli e Andrej Mironov, «che vedono la Fnsi impegnata anche in tribunale nella ricerca della verità».

E Luigi Manconi, direttore dell’Unar, che garantisce: «Nonostante i rapporti tra il governo italiano e quello egiziano siano sfociati in una indecorosa promiscuità, la battaglia per ottenere verità e giustizia prosegue».

A chiudere la conferenza stampa il consulente egiziano della famiglia Regeni, Ahmed Abdallah, che promette: «Chi ha rapito, torturato e ucciso Giulio pagherà per quello che ha fatto».